PM&AL 2016;10(1)21-26.html

Sindrome delle apnee ostruttive del sonno e rischio di incidenti stradali: doveri del medico e possibili responsabilità del paziente

Francesca Ingravallo 1, Annamaria Govi 1, Alberto Cicognani 1

1 Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Università di Bologna

Abstract

Obstructive Sleep Apnea Syndrome (OSAS) is the most common sleep disorder associated with excessive daytime sleepiness (EDS), and it is estimated to affect 1,600,000 people in Italy. Untreated OSAS is significantly associated with an increased risk of driving accidents.

This article reviews the main professional duties of physicians dealing with patients with OSAS, and the patient’s potential liability in case of sleep-related road accidents. Physician’s duties were divided into the following: 1. duties related to certification according to the law 120/2010 and the Decree 22 December 2015; and 2. duties related to patient education about the risks related to EDS and about his/her potential liability in case of driving accidents. The latter issue was reviewed in light of several Italian Supreme Court decisions about the criminal and civil liability in case of motor vehicle crashes due to sudden “sleep attack”.

Finally, since in Italy there is not a specific law requiring physicians to report the drivers affected by OSAS associated with EDS, circumstances in which physicians may (or have to) inform driving licence authorities are discussed. Indiscriminate reporting of patients is not recommended, but it should be limited to selected and actually dangerous patients.

Keywords: Excessive daytime sleepiness (EDS); Obstructive Sleep Apnea Syndrome (OSAS); Driving licence; Confidentiality; Liability

Obstructive Sleep Apnea Syndrome and road accident risk: physician’s duties and patient’s potential liability

Pratica Medica & Aspetti Legali 2016; 10(1): 21-26

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v10i1.1235

Corresponding author

Francesca Ingravallo

francesca.ingravallo@unibo.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Premessa

La Sindrome delle Apnee Ostruttive del sonno (OSAS) è il più diffuso disturbo del sonno associato a eccessiva sonnolenza diurna (ESD) e si stima che nel nostro Paese ne siano affette circa 1.600.000 persone [1]. Negli ultimi anni, numerose revisioni sistematiche della letteratura e metanalisi [2-4] hanno evidenziato l’associazione tra OSAS non trattata e incidenti stradali, i cui costi sono stati stimati in oltre 838 milioni di euro/anno in Italia [1].

Questa condizione, quando non adeguatamente trattata o qualora, seppur trattata, residui una ESD, ha dunque una non trascurabile rilevanza medico-legale in quanto, oltre a risultare molto impegnativa in caso debbano esprimersi giudizi di idoneità alla guida e alla mansione, solleva numerose questioni, anche deontologiche, riguardanti i doveri del medico che diagnostichi e/o abbia in cura un paziente affetto da OSAS, l’inquadramento giuridico dei fatti di reato conseguenti all’occorrenza di un «colpo di sonno» alla guida, e la condotta professionale da adottare in caso di pazienti con una severa ESD che rifiutino il trattamento. A questi ultimi aspetti è dedicato il presente contributo.

Doveri certificativi e informativi del medico

L’interesse per i doveri del medico che diagnostichi e/o abbia in cura un paziente affetto da OSAS è stato recentemente rinnovato dall’emanazione della Direttiva Europea 2014/85/UE [5], che ha stabilito limitazioni alla guida per i soggetti affetti da OSAS che presentano ESD ed è stata recepita in Italia con Decreto del Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti del 22 dicembre 2015 [6].

In estrema sintesi, in caso di OSAS associata a ESD i doveri professionali possono essere suddivisi in certificativi ed educativo/informativi.

Per quanto riguarda i primi aspetti, si ricorda che con la L. 29 luglio 2010, n. 120 [7] è stato introdotto l’obbligo di presentare, in caso di primo conseguimento di una patente di guida, una certificazione rilasciata dal medico di fiducia (identificabile, ai sensi della Circolare del Ministero della Salute n. 46247 del 5 novembre 2010, nel medico di medicina generale o nello specialista) riguardante i «precedenti morbosi» del candidato al rilascio della patente. Tra i precedenti morbosi in grado di interferire con la sicurezza alla guida, anche prima del recepimento della Direttiva Europea 2014/85/UE [5], l’OSAS associata a ESD rientrava a pieno titolo, tanto che nelle linee guida per la valutazione dell’idoneità alla guida elaborate dal COMLAS (oggi Società Scientifica dei Medici Legali delle Aziende Sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale) [8] era dedicato all’OSAS un intero capitolo. Una prima analisi dell’impatto della legge 120/2010 rispetto alla segnalazione di disturbi del sonno, condotta mediante la revisione di 3.185 visite effettuate in un trimestre da una Commissione Medica Locale per le patenti di guida (CML), ha tuttavia evidenziato la limitata ricaduta di tale disposizione in termini di segnalazione dei disturbi del sonno [9]. Questo è verosimilmente conseguente alla scelta del legislatore di circoscrivere l’obbligo di presentare il certificato dei «precedenti morbosi» ai soli casi di primo conseguimento di una patente di guida e dunque, in buona sostanza, di limitare l’obbligo di presentare il certificato anamnestico prevalentemente a giovani, i quali raramente hanno già ricevuto una diagnosi di OSAS [9].

Il secondo dovere certificativo è quello posto in capo agli specialisti che hanno in cura il richiedente il rilascio/rinnovo della patente di guida, ai quali il paziente può chiedere il rilascio di una certificazione attestante la diagnosi, il trattamento in corso e la relativa efficacia rispetto all’ESD. Inoltre, agli specialisti di strutture pubbliche può essere richiesto dalla CML un parere sul controllo dell’ESD ex Decreto 22 dicembre 2015 [6].

Il citato Decreto prevede, infatti, due percorsi di accertamento per l’idoneità alla guida in caso di OSAS. Il primo è imperniato sui medici autorizzati al riconoscimento dell’idoneità alla guida (c.d. medici monocratici), il secondo sulle CML. I medici monocratici sono tenuti a sottoporre i soggetti per i quali sussistono sintomi riconducibili all’OSAS a «particolare valutazione» e possono certificare l’idoneità alla guida «nei casi in cui si possa concludere per l’assenza o lieve entità di sonnolenza diurna». In caso contrario, l’accertamento dell’idoneità alla guida è demandato alle CML, che potranno autorizzare alla guida i soggetti affetti da OSAS «che dimostrino un adeguato controllo della sintomatologia presentata con relativo miglioramento della sonnolenza diurna, se del caso confermato da parere specialistico di strutture pubbliche» [6]. Precise indicazioni in merito saranno a breve emanate dal Ministero della Salute.

Per quanto riguarda i doveri educativo/informativi, si ricorda come al momento della diagnosi il medico sia tenuto a informare il paziente sia della diagnosi e delle possibili opzioni terapeutiche sia riguardo ai rischi di incidenti e infortuni legati all’ESD. Tale ultima informazione non solo rientra nell’ambito della corretta educazione sanitaria, ma si configura come un vero e proprio dovere professionale, il cui assolvimento dovrebbe essere adeguatamente documentato. Si richiama in merito una massima della Corte di Cassazione penale secondo la quale «viene meno al suo dovere il medico del pronto soccorso che somministra un farmaco al paziente senza avvisarlo che fra i possibili effetti collaterali c’è il classico “colpo di sonno” e senza raccomandargli di non mettersi alla guida per almeno dodici ore: l’avvertimento deve essere contenuto nel foglio di dimissioni da consegnare al paziente» [10].

È infine importante che i pazienti siano informati anche delle responsabilità cui possono andare incontro in caso di incidente dovuto a ESD o «colpo di sonno» alla guida [11]: anche se in Italia non esiste una legislazione in materia (come ad esempio la c.d. Maggie’s Law del New Jersey, secondo la quale chi si mette alla guida in una condizione di deprivazione di sonno può essere qualificato come «reckless driver» ai fini dell’imputazione per omicidio in caso di incidente fatale [12]), è infatti possibile delinearne alcuni possibili profili di responsabilità.

Quali possibili responsabilità per i pazienti?

Gli orientamenti della giurisprudenza penale riguardo al «colpo di sonno» si sono mossi, in estrema sintesi, su due binari: quello della non punibilità per ricorrenza del caso fortuito ex art. 45 c.p. e quello della non imputabilità per mancanza della capacità di intendere e di volere al momento del fatto ex art. 85 c.p..

Il caso fortuito è ravvisabile in quel quid imponderabile e imprevedibile che «si inserisce di improvviso nell’azione del soggetto soverchiando ogni possibilità di resistenza e di contrasto sì da rendere fatale il compiersi dell’evento cui l’agente viene a dare, quindi, un contributo meramente fisico» [13]. La Cassazione penale ha tuttavia escluso, nel caso del colpo di sonno, la ricorrenza del caso fortuito, atteso che con l’uso della comune prudenza e diligenza dell’uomo medio l’agente ben avrebbe potuto conoscere o comunque prevedere il colpo di sonno e dunque evitarlo. Esemplificative di tale orientamento risultano alcune sentenze secondo le quali «il colpo di sonno non può configurare il caso fortuito, perché preceduto da chiari sintomi, tali da indurre il guidatore prudente ad adottare le necessarie cautele» [14], e quando anche «fosse intervenuto repentinamente, senza alcun segno premonitore…esso non potrebbe affatto ritenersi imprevedibile, rivestendosi, al contrario, di connotazioni di consapevole prevedibilità, quale circostanza fisiologica prevedibilmente, appunto, indotta dalle…condizioni fisiche, “di eccezionale spossatezza”» [15].

Posto che l’incidente dovuto a colpo di sonno legato a fattori contingenti e preceduto da chiari sintomi (denominato dalla Suprema Corte «sonno fisiologico») è addebitabile al conducente a titolo di colpa, la Cassazione ha riservato un diverso trattamento al c.d. «sonno patologico», affermando che «il sonno dovuto a cause patologiche, improvviso ed imprevedibile, può costituire ipotesi di caso fortuito sempre che sia rigorosamente provato dall’imputato che invoca l’esimente» [16].

Nonostante la formulazione letterale del principio, sembra ragionevole affermare che l’attributo «improvviso ed imprevedibile», perché possa invocarsi l’esimente, debba essere richiesto non solo per l’evento «colpo di sonno», ma anche per i suoi presupposti, vale a dire la patologia comportante il rischio di manifestarsi dello stesso, sussistendo la conoscenza della quale è pur vero che l’insorgenza del sonno sarà improvvisa, ma ben difficilmente potrà affermarsi che la stessa fosse imprevedibile. Ed effettivamente, seppure in una diversa fattispecie, la Suprema Corte ha affermato che «colui che abbia subito l’asportazione chirurgica di un rene e sia consapevole della sua malattia, non può invocare tale scriminante [del caso fortuito, n.d.a.a.] qualora, essendo alla guida da cinque ore su strada di intenso traffico, sia stato colto da malore a seguito di crisi ipertensiva» [17]. La Cassazione ha inoltre stabilito che, qualora si siano verificati in precedenza «episodi di assenza di coscienza di consistente gravità» e, ciononostante, ci si ponga imprudentemente alla guida di un autoveicolo, debba essere prevista «come possibile la ripetizione di episodi dei genere, con la conseguenza che, nel caso un tale evento si verifichi, non può essere invocata l’assenza di colpa da parte del soggetto cui si imputa la produzione del danno» [18].

Mutatis mutandis, nel caso dell’OSAS, pur trattandosi di una «sonnolenza patologica», non si ritiene quindi possibile che il soggetto consapevole della malattia e dei rischi ad essa correlati possa invocare la ricorrenza del caso fortuito.

Un secondo orientamento giurisprudenziale, equiparando il «colpo di sonno patologico» all’improvviso malore, ha ritenuto che entrambe le fattispecie vadano ricondotte, in linea di diritto, «non al caso fortuito di cui all’art. 45 c.p., ma alla nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto» ex art. 85 c.p. [15, 19]. Tale tesi, tuttavia, non pare percorribile nel caso di OSAS sintomatica, in quanto, se un soggetto affetto da ESD guidando causa un incidente per un colpo di sonno, la volontarietà dell’atto non concerne l’incidente (essendo indubbio che in quel momento la volontà del soggetto sia annullata), bensì l’atto di mettersi alla guida sapendo che questa favorisce l’assopimento oppure quello di continuare a guidare nonostante i segni prodromici dell’addormentamento. In altri termini, la negligenza del soggetto e dunque, in ultima analisi, la colpa, si ravvisa nel fatto che questi ha consapevolmente violato la regola cautelare che gli impone di non mettersi alla guida finché manifesta ESD ovvero di cessare di guidare appena avverte i primi sintomi di stanchezza o comunque dopo un certo numero di ore di guida.

Inoltre, la Cassazione penale ha recentemente affermato che nel concetto di «malessere» («disagio e finanche incoercibile necessità fisica anche transitoria che non consente di proseguire la guida con il dovuto livello di attenzione») che giustifica la sosta sulla corsia di emergenza ai sensi dell’art. 157, comma 1, lett. d del Codice della Strada, sono da ricomprendersi «la stanchezza ed il torpore che sono segni premonitori di un colpo di sonno ed impongono al soggetto, per concrete esigenze di tutela per sé e per gli atri utenti della strada, di interrompere la guida» [20].

Le conseguenze del «colpo di sonno» possono dunque essere attribuite al guidatore a titolo di colpa in quanto, anche se improvviso, il «colpo di sonno» non è «imprevedibile», ed essendo anche possibile prevenirlo è, in ultima analisi, evitabile.

Sotto il profilo della responsabilità civile, la Suprema Corte ha affermato che il «colpo di sonno» è causa imputabile al guidatore come la distrazione [21], escludendo altresì il concorso di altri guidatori in considerazione del carattere «anomalo e improvviso» dei movimenti del veicolo non controllato, per cui «l’unico addebito che si può muovere al conducente investito è quello di essersi trovato in quel momento in quel luogo» [22].

Posto che l’incidente stradale causato da un «colpo di sonno» può essere addebito al conducente affetto da ESD a titolo di colpa, ci si chiede se nella condotta del guidatore che, consapevole di questo rischio, si metta alla guida possano individuarsi i profili della colpa aggravata ex art. 61 c.p., che contempla fra le circostanze aggravanti comuni quella di «avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento» [23].

In merito, non sono rinvenibili pronunce in tema di responsabilità civile o penale, ma in tema di danno erariale la Corte dei conti ha da tempo affermato che il «colpo di sonno» esclude la colpa grave salvo che le condizioni di debilitazione del conducente siano tali da rendere molto prevedibile l’incidente [24], ovvero salvo che il soggetto abbia creato le condizioni favorevoli all’evento o, pur potendo, non le abbia evitate [25]. Nella prima fattispecie si potrebbero inquadrare quei pazienti che siano costantemente sonnolenti alla guida, nella seconda i pazienti che rifiutino il trattamento ovvero quelli che, pur avendo accettato il trattamento, non siano poi complianti allo stesso. Si ricorda in merito che l’utilizzo della C-PAP (Continuous Positive Airway Pressure – ventilazione meccanica a pressione positiva continua), generalmente raccomandato ai pazienti non responsivi a trattamenti più conservativi, riduce sia l’ESD sia il rischio di incidenti e quasi incidenti e migliora in pochi giorni le performance alla guida simulata [26, 27].

Il medico può, non può o deve segnalare il paziente?

Delineati in estrema sintesi i possibili profili di responsabilità dei pazienti in caso di incidente stradale correlato a ESD, resta da chiarire se e con quali modalità i medici siano tenuti a segnalare alle autorità competenti in materia di patente di guida i pazienti affetti da OSAS che presentino una ESD tale da comprometterne l’idoneità alla guida.

Con l’abolizione del certificato anamnestico e i limiti della certificazione dei «precedenti morbosi» di cui si è detto, in pratica un soggetto affetto da OSAS può giungere all’attenzione della CML a seguito di:

  • segnalazione da parte di medici monocratici preposti all’accertamento dell’idoneità alla guida;
  • segnalazione da parte dei medici che effettuano accertamenti medico-legali (incluso quello per l’invalidità civile), i quali sono tenuti alla segnalazione nel caso in cui nel corso dell’accertamento si rilevino condizioni che possono pregiudicare la sicurezza della guida;
  • richiesta di verifica della propria idoneità alla guida da parte del paziente stesso.

Essendo quest’ultima una evenienza non frequente, la gran parte dei soggetti affetti da ESD associata all’OSAS giunge all’attenzione della CML solo al momento del rinnovo della patente di guida o a seguito di accertamenti medico-legali. Dal canto loro i medici, a fronte di pazienti i quali, posta la diagnosi, rifiutano di sospendere la guida finché il trattamento non risulti efficace a ridurre o eliminare l’ESD, oppure rifiutano il trattamento, si interrogano sui loro doveri e sulle loro responsabilità.

Preliminarmente va rilevato come la questione, che si pone al crocevia tra diversi (e a volte contrapposti) diritti e doveri, chiama in causa disposizioni di diverso rango e non si presta a soluzioni univoche; inoltre, coinvolgendo nella sua intima essenza anche il rapporto di fiducia medico-paziente, si ritiene che la stessa non possa e non debba essere risolta in un’ottica “difensivista”, vale a dire al solo fine di garantire il medico da eventuali responsabilità.

I riferimenti normativi sono rappresentati sostanzialmente da:

  • art. 103, comma 1, lettera e) del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 [28], che prevede l’obbligo per gli esercenti la professione di medico-chirurgo di informare l’ufficiale sanitario (le cui funzioni sono state demandate alle Aziende Sanitarie Locali) dei «fatti che possono interessare la sanità pubblica». Questa è la disposizione spesso invocata per argomentare l’obbligo fatto ai medici di segnalare quei pazienti i quali, alla guida di autoveicoli, potrebbero rappresentare un «pericolo pubblico». In realtà ci sono dubbi che nella nozione di «sanità pubblica» il legislatore volesse includere anche tale fattispecie. Come rilevava Aragona [29], infatti, «si tratta di contingenze di varia natura che riguardano la sanità pubblica nella sfera di competenza del ministero della sanità (medico provinciale) e del comune (ufficiale sanitario): sospetto d’inquinamento di acque potabili, adulterazione di sostanze alimentari, esalazione di gas nocivi, presenza in commercio di farmaci guasti o responsabili di effetti secondari indesiderati prima sconosciuti (teratogeni), mancata rimozione di materiali putrescibili da luoghi pubblici, sorgenti rumorose, ecc…»;
  • art. 622 c.p. (Rivelazione di segreto professionale) che stabilisce: «Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con…». È evidente che nel caso di segnalazione senza giusta causa (soprattutto senza che ricorra una delle cosiddette «cause legali» di rivelazione) del paziente alla Motorizzazione Civile o alla CML, il professionista potrebbe incorrere nella fattispecie sanzionata dal Codice penale;
  • D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 [30] e autorizzazioni generali del Garante che, in buona sostanza, autorizzano gli esercenti le professioni sanitarie al trattamento dei dati personali anche senza consenso dell’interessato nel caso il trattamento stesso sia finalizzato alla tutela/salvaguardia dell’incolumità fisica o della salute di un terzo o della collettività. Queste previsioni non fanno altro che rendere lecita la comunicazione dei dati inerenti allo stato di salute dell’interessato, nel senso che, ricorrendone i presupposti, al professionista non possono essere imputate violazioni della normativa sulla privacy;
  • art. 10 del vigente Codice di deontologia medica, nel quale si prevede che la rivelazione del segreto professionale sia ammessa «esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista dall’ordinamento o dall’adempimento di un obbligo di legge».

Complessivamente, quindi, non si rinviene nel nostro ordinamento una specifica previsione normativa da cui derivare il “dovere” di segnalare alle autorità competenti un paziente che risulti momentaneamente non idoneo alla guida a causa di una ESD. Le citate disposizioni, tuttavia, permettono di affermare che il medico potrebbe, senza che la sua condotta integri illeciti penali o deontologici, segnalare il paziente in caso di un pericolo reale e concreto che, a parere degli scriventi, va ravvisato non tanto nella malattia, quanto nell’atteggiamento del paziente stesso.

La ricorrenza di una «giusta causa» di rivelazione del segreto troverebbe infatti pratico esempio non nel caso di colui il quale giunga al medico ritenendosi affetto da una malattia potenzialmente pericolosa dando a vedere che si atterrà, con ogni verosimiglianza, alle indicazioni del medico, ma nei casi in cui il paziente, benché informato sulla situazione di pericolo anche per altri correlato alla sua malattia, non si renda conto (o non voglia rendersi conto) della effettiva incombenza e oggettività di tale pericolo e dimostri di voler continuare a guidare.

In tale caso si ritiene che, pur non potendosi escludere una sua chiamata a responsabile per avere informato chi di dovere della situazione, ben difficilmente il medico potrà essere poi in qualche modo sanzionato per una siffatta segnalazione, certamente implicante sì un possibile danno per il paziente, ma comunque anche un sicuro beneficio non solo per lui ma anche per la collettività.

Conclusioni

Conclusivamente, rientra tra i doveri professionali informare il paziente, al momento della diagnosi di OSAS e/o in presenza di una ESD, della necessità di sospendere la guida finché la terapia non si sarà dimostrata efficace e avvertirlo delle sue responsabilità in caso di incidenti alla guida. È altresì importante che il professionista documenti nella cartella clinica, nella lettera di dimissione o comunque nella certificazione rilasciata al paziente l’avvenuta comunicazione di tali informazioni. Solo quando egli ritenga che sussistano situazioni di reale e concreto (non solo potenziale) pericolo che il paziente arrechi danni a sé o a terzi, il medico può (e forse dovrebbe) segnalare il paziente alla Motorizzazione Civile o alla CML, in quanto una segnalazione indiscriminata non farebbe altro che allontanare dalle cure (che possono migliorare la sintomatologia fino al recupero della perduta o dubbia idoneità) i pazienti e quindi, in ultima analisi, arrecare un danno sicuro agli stessi e potenziale alla collettività. Si tratta, dunque, non di esonerare il medico da eventuali responsabilità, ma anzi di chiamarlo a responsabilità che gli competono, quali l’educazione sanitaria e la prevenzione.

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