PM&AL 2017;11(2)65-70.html

La tutela previdenziale della tubercolosi extra-lavorativa: sorpassati concetti medico-legali a fondamenta delle indennità per una malattia ancora in auge

Michele Sammicheli 1,2

1 Medico chirurgo specialista in Medicina Legale

2 Medico esterno convenzionato, Centro Medico Legale (CML) INPS, Siena

Abstract

The Author briefly summaries the legislative history of Italian social security cover for extra-occupational tuberculosis, and lists the economic benefits that the National Institute of Social Security (INPS) reserves for the individuals who are insured with it and suffer from this disease, describing both the administrative and health requirements. Thus, the publication attempts to place the purely conceptual medical-legal aspects on which social security for extra-occupational tuberculosis is based under the microscope of rational criticism; in this way, the medical and legal foundations for the prevalence of morbidity are examined, to reveal the anachronistic principles of a protection that, with current changes in social, geo-political and labour dynamics, remains based on laws from the 1930s and 1970s, and the principles they expressed.

Keywords: Tuberculosis; INPS (Italian National Institute of Social Security); Social Security

The social security protection of extra-occupational tuberculosis: old medical legal concepts founding the benefits for a widespread illness

Pratica Medica & Aspetti Legali 2017; 11(2): 65-70

https://doi.org/10.7175/pmeal.v11i2.1333

Corresponding author

Michele Sammicheli

sammicheli@alice.it

Disclosure

L'Autore dichiara di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

La tutela della tubercolosi extra-lavorativa nell’evoluzione storica assistenziale e previdenziale italiana

Sin dall’epoca tra le due Guerre mondiali la tubercolosi (tbc) contratta in ambiente extra-lavorativo ha avuto, in Italia, una sua tutela previdenziale, in conseguenza della recrudescenza dell’endemia tubercolare che ebbe sviluppo in quel periodo [1]. Le prime disposizioni di legge a favore dei tubercolotici, infatti, si ebbero tra il 1915 e il 1923; il 23 giugno 1927, con la legge n. 1276, si ebbe l’istituzione dei Consorzi antitubercolari provinciali, che costituirono le basi di un’organizzazione capillare a livello del territorio destinata alla lotta all’allora dilagante malattia tubercolare [2]. Passo importante nel debellare la tbc avvenne con la promulgazione, nell’ottobre del 1927, del Regio Decreto Legislativo (RDL) n. 2055, poi convertito nella legge n. 1132 del 20 maggio 1928, che rendeva obbligatoria l’assicurazione contro il morbo e normava le prestazioni curative ed assistenziali per i malati di tubercolosi, affidando all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) la gestione delle stesse. Trattavasi di una fattispecie di legge tipicamente italiana, che non aveva analoghi in Europa e che fondeva l’aspetto curativo/assistenziale nei confronti del morbo, con quello prettamente assicurativo/previdenziale di stampo medico-legale. In sostanza, la legge prevedeva la cura degli assicurati e stabiliva prestazioni economiche sia nel periodo del trattamento che nel periodo successivo alle cure. L’ampio afflato tutelante della legge consentiva di beneficiare delle prestazioni, oltre agli assicurati affetti, anche alle mogli, al marito invalido della donna assicurata, ai figli legittimi, illegittimi ed equiparati fino a 20 anni (o a 26 anni se iscritti all’Università o di qualunque età se inabili permanentemente al lavoro), ai fratelli e alle sorelle viventi a carico.

Nel 1935 il Decreto Legislativo n. 1827 sanciva il diritto al ricovero sanatoriale INPS agli assicurati con tbc. Nell’aprile del 1939, il RDL n. 636 descriveva in maniera dettagliata, per la prima volta, il rischio assicurato, stabilendo che i malati «hanno diritto al ricovero in luoghi di cura quando siano riconosciuti affetti da forma tubercolare in fase attiva […]. l’Istituto nazionale della previdenza sociale ha facoltà di integrare la cura antitubercolare con il ricovero in luoghi di cura a tipo post-sanatoriale o con cura ambulatoria o con cura domiciliare» [3]. Questo decreto legge apportava un’innovazione sostanziale, definendo che le prestazioni erano istituite per le forme tubercolari attive, con sintomi apprezzabili e non tanto per le infezioni silenti o i postumi stabilizzati, non più in fase attiva.

A partire dagli anni Cinquanta del Novecento e per circa trent’anni, sino agli inizi degli anni Settanta, si è assistito, su tutto il territorio nazionale, ad un calo delle affezioni tubercolari, vuoi per le migliorate condizioni igienico-sanitarie, vuoi per l’effetto benefico che la lotta alla tbc dei decenni precedenti aveva apportato.

Nel dicembre 1970, la legge n. 1088 introduceva miglioramenti alle prestazioni economiche e sanitarie a favore dei cittadini colpiti da tubercolosi, elencando le varie fattispecie di indennità erogate dall’INPS e istituendo, di fatto, l’assegno di cura o sostentamento (ACS). Dal 1973, tramite i Consorzi Provinciali Antitubercolari, l’INPS concedeva presso gli stessi, come prima prestazione ai propri assicurati, la cura ambulatoriale.

La legge n. 833 del 23 dicembre 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.), scindeva tra le nascenti USL (Unità Sanitarie Locali) e l’INPS la gestione curativa / assistenziale della malattia tubercolare: all’USL competeva l’erogazione delle prestazioni sanitarie e la gestione delle strutture sanatoriali, all’INPS l’erogazione delle prestazioni economiche, qualora fossero soddisfatte le condizioni che realizzavano il rischio tutelato [4].

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del Novecento, però, la malattia tubercolare ha presentato un nuovo trend epidemiologico in Italia: pur risultando stabile nella popolazione, con un tasso di circa 7 casi ogni 100.000 abitanti [5], si è assistito ad una concentrazione dei medesimi nel contesto di alcune categorie sociali, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall’Est Europeo e dai Paesi del Nord Africa e tra i soggetti immunodepressi [6], particolarmente tra i malati di AIDS. Nel marzo del 1987, la legge n. 88 elencava, infatti, nel dettaglio i provvedimenti a favore dei tubercolotici [7], in modo particolare in riferimento agli assicurati lavoratori, il cui numero era in costante aumento, anche in virtù dell’incremento degli assicurati a provenienza da Paesi ad alta endemia. L’importanza dell’impatto sociale e sanitario della tbc nei primi anni Novanta nelle cosiddette categorie a rischio veniva confermato dalle numerose voci dedicate al morbo che venivano elencate nelle tabelle di Invalidità Civile, promulgate nel febbraio 1992. Nel capitolo dedicato all’apparato respiratorio, l’unico che riporta voci specifiche, i codici dal 6013 al 6016 riguardavano gli esiti fibrotici pleurici e parenchimali conseguenti alla tbc polmonare; la valutazione oscillava tra l’11% e il 20% di incidenza sulla capacità lavorativa generica nel caso in cui gli stessi si associassero ad insufficienza respiratoria lieve, salivano al 41-50% nel caso di insufficienza respiratoria moderata, venivano valutati pari all’81-90% nel caso di insufficienza respiratoria grave e giungevano, infine, al 100% di invalidità se associati a grave insufficienza respiratoria con dispnea a riposo.

Il 1998 fu un anno particolarmente prolifico nella produzione di norme a favore della lotta alla tbc e al sostentamento dei cittadini affetti da tubercolosi a genesi extra-lavorativa. Il 6 marzo venne pubblicata la legge n. 40 in merito alla disciplina dell’immigrazione e al riguardo delle norme sulle condizioni di lavoro. Il 29 luglio, ancora, venne redatto il Decreto del Ministero della Sanità inerente le modificazioni alla scheda di notifica in caso di tubercolosi e micobatteriosi non tubercolari allegata al decreto ministeriale 15 dicembre 1990. Il 17 dicembre, infine, venne promulgato il documento di linee guida per il controllo della malattia tubercolare, su proposta del Ministro della Sanità, ai sensi dell’articolo 115, comma 1, lettera b, del Decreto Legislativo n. 112 del 31 marzo 1998. Il documento, frutto dei mutati tempi storici che vedevano la tbc in nuova preoccupante diffusione, all’articolo 1, recitava: «La tubercolosi costituisce tuttora un rilevante problema di Sanità Pubblica, per il cui controllo è necessario un intervento organico di riduzione della diffusione della malattia nella popolazione […]. Le principali attività necessarie per realizzare il controllo della tubercolosi sono, in ordine di importanza: 1) Il trattamento farmacologico e la gestione degli ammalati con tubercolosi attiva; 2) L’identificazione, la sorveglianza e il trattamento preventivo dei gruppi ad alto rischio (contatti di un caso di tubercolosi, persone con infezione da HIV, altri gruppi a rischio); 3) La vaccinazione con BCG [...] 4) La sorveglianza epidemiologica e la valutazione dei programmi di controllo» [8].

Attualmente, in Italia, si evidenziano due fasce di assicurati affetti da tubercolosi:

  • la fascia di età compresa tra i 20 e i 35 anni, a prevalente interessamento di soggetti immunodepressi e/o immigrati, la più colpita [9];
  • la fascia di età oltre i 75 anni, costituita, quindi, da soggetti non più in età lavorativa, riguardante soprattutto cittadini di origine italiana nei quali si registra la riattivazione di vecchie forme specifiche [9].

Prestazioni previdenziali INPS a tutela del lavoratore e dei suoi familiari affetti da TBC extra-lavorativa

All’INPS spetta dal 1978, come già accennato, l’erogazione delle prestazioni economiche a favore degli assicurati affetti da tubercolosi contratta per cause extra-professionali, nel caso di riscontro delle condizioni che realizzano il rischio tutelato, cioè la presenza di una malattia tubercolare in fase attiva. Il messaggio INPS n. 26078 del 16 aprile 1993 ha ulteriormente fatto luce sul rischio tutelato nel caso di assicurazione INPS contro la tbc asserendo che «solo in presenza del Mycobacterium tuberculosis potrà essere riconosciuto il rischio tutelato».

In sostanza, quindi, la tutela INPS contro la tbc consta di due parametri:

  1. la specificità dell’agente infettivo, escludendo di fatto dalla tutela tutte le forme atipiche da micobatteri non tubercolari, i cosiddetti MOTT (Mycobacteria Other Than Tuberculosis) e il M. leprae, agente eziologico della lebbra;
  2. l’attività della malattia, intesa come processo morboso abnorme dotato di un suo dinamismo evolutivo e basato sul riscontro della positività delle indagini batteriologiche, immunologiche, cliniche e/o radiologiche.

Le prestazioni economiche offerte dall’INPS, che spettano anche ai familiari dell’assicurato qualora essi stessi risultino affetti, constano di:

  • indennità giornaliera (IG);
  • indennità post-sanatoriale (IPS);
  • indennità post-ambulatoriale;
  • assegno di cura e sostentamento (ACS);
  • assegno natalizio.

Indennità giornaliera (IG)

Trattasi dell’indennità economica, stabilita dall’articolo 1 della L. 1088 del 1970, che viene corrisposta all’assicurato «durante il periodo di ricovero e di cura ambulatoriale […] per un periodo di 180 giorni, […] pari a quella che spetterebbe in caso di malattia comune ai lavoratori, assistiti a domicilio e in costanza di rapporto di lavoro, dall’Ente tenuto nei loro confronti. Detta indennità, da corrispondere anche durante le domeniche e le festività, non potrà comunque essere inferiore a lire 1.200 giornaliere […]. L’indennità è maggiorata per i familiari, considerati a carico dei lavoratori assistiti secondo le disposizioni delle leggi vigenti, di un importo pari a quello degli assegni familiari del settore industria […]. L’indennità predetta di ricovero o di cura ambulatoriale non è dovuta nei casi e per tutto il periodo in cui il lavoratore abbia diritto a percepire dal datore di lavoro l’intera retribuzione».

Requisiti per la concessione dell’IG sono, dal punto di vista amministrativo, il versamento di almeno un anno di contributi e l’astensione dell’assicurato dal lavoro. Requisito medico legale è, invece, la presenza di una affezione tubercolare specifica in fase attiva; si tratta, cioè, della fase iniziale di “accertamento del rischio” (AR), come riportato sul vecchio modello cartaceo INPS CML/ACT. Il cardine valutativo medico legale è basato, infatti, in questa prima fase, sull’isolamento colturale con dimostrazione della natura del germe cagione della malattia e sulla stadiazione clinica della stessa tramite accertamenti microscopici, il riscontro di segni clinici e/o strumentali di tbc attiva o, ancora, tramite la dimostrazione di un miglioramento, sia clinico che radiologico, del soggetto affetto dopo introduzione di terapia antitubercolare con due o più farmaci (diagnosi ex adiuvantibus) [10]. L’isolamento colturale del Mycobacterium Tuberculosis Complex (MTB Complex), cioè di un gruppo geneticamente collegato di micobatteri tipici, rappresentati dal M. tuberculosis hominis (bacillo di Koch), dal M. bovis, dal M. africanum, dal M. canettii e dal M. microti costituiva, un tempo, il fulcro diagnostico fondamentale [11]. Oggi l’affinamento delle tecniche laboratoristiche consente, più sovente, di fare diagnosi di micobatteriosi tipiche soprattutto tramite ricorso alle metodiche PCR (Polymerase Chain Reaction), al Quantiferon test o all’ELISPOT (Enzyme-linked ImmunoSPOT): trattasi di metodiche immunologiche basate nel primo caso sull’amplificazione del genoma del micobatterio, nel secondo caso sulla determinazione della quantità di interferon gamma prodotta dai linfociti T e dai monociti di un soggetto in risposta agli antigeni del M. tuberculosis e nel terzo caso sulla determinazione di una proteina espressa dal M. tuberculosis.

A differenza dell’indennità di malattia, l’IG non ha i 3 giorni di carenza ed è erogabile oltre il limite dei 180 giorni, per tutto il periodo di durata delle cure antitubercolari; cessa alla guarigione anatomico-clinica o alla stabilizzazione di malattia (la fruizione della terapia antitubercolare cosiddetta “di mantenimento”, di solito basata su di un unico farmaco, è indice di stabilizzazione del quadro anatomo-clinico, considerandosi terminata la fase attiva di malattia, cioè il processo morboso abnorme dotato di un suo dinamismo evolutivo).

Indennità post-sanatoriale (IPS)

Si tratta dell’indennità economica, normata nell’articolo 2 della L. 1088 del 1970, che viene corrisposta all’assicurato «successivamente ad un periodo non inferiore a 60 giorni di ricovero in un luogo di cura per tubercolosi». L’ IPS ha una durata di 24 mesi (pari a 730 giorni, cioè 2 anni), non è rinnovabile e non è cumulabile con l’indennità giornaliera (IG) prevista dall’ articolo 1 della medesima legge.

Indennità post-ambulatoriale

Trattasi di indennità economica biennale, stabilita all’articolo 5 della legge n. 419 del 6 agosto 1975, che spetta agli assicurati dopo un periodo di cura ambulatoriale per tubercolosi non inferiore a 60 giorni e, in misura ridotta alla metà, ai familiari a carico, ai pensionati o titolari di rendita e ai loro familiari. È integrativa della retribuzione e decorre dal giorno successivo a quello di conclusione della cura o per guarigione o per stabilizzazione clinica.

Assegno di cura e sostentamento (ACS)

L’articolo 4 della L. 1088 del 1970 recita: «Agli assistiti contro la tubercolosi e loro familiari a carico, spetta a domanda, dopo il periodo di trattamento post-sanatoriale di cui al precedente articolo 2, un assegno per un periodo di due anni di cura o di sostentamento […]. Tale assegno è concesso agli assistiti ed ai loro familiari a carico la cui capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle loro attitudini sia ridotta a meno della metà per effetto o in relazione alla malattia tubercolare. L’assegno è rinnovabile di due anni in due anni, permanendo la predetta riduzione. Ai familiari a carico di età inferiore agli anni 15 l’assegno è concesso qualora siano accertate minorazioni che rendano necessario un ulteriore trattamento a titolo di cura o di sostentamento. Qualora nel corso di godimento dell’assegno il minore compia il quindicesimo anno di età ai fini del rinnovo biennale della concessione dell’assegno medesimo si applica il criterio di cui al comma precedente». L’assegno di cura e sostentamento nasce con una duplice finalità: da un lato finanziare economicamente le ulteriori cure per il trattamento dei postumi della malattia tubercolare, dall’altro fornire i mezzi materiali alla supplementazione alimentare di cui necessita l’assicurato in fase di convalescenza dalla malattia attiva, appunto il sostentamento. L’ACS ha durata di 24 mesi ed è rinnovabile, anche più volte, senza limiti di tempo.

Requisiti amministrativi per la fruizione dell’ACS sono rappresentati dall’aver goduto dei trattamenti previsti agli articoli 1 e 2 della legge n. 1088 e la necessità che la domanda di richiesta dell’ACS venga presentata dall’assicurato all’INPS entro 90 giorni dalla data di cessazione del trattamento post-sanatoriale (nel caso di domanda tardiva, la prestazione decorrerà dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della stessa).

Requisito medico-legale per la fruizione dell’ACS è, invece, la riduzione della capacità di guadagno in occupazioni confacenti a meno della metà per effetto o in relazione alla malattia tubercolare. A differenza dell’invalidità pensionabile, normata dalla legge n. 222 del 1984 [12], quindi, si valuta non una capacità di lavoro in attività confacenti, ma una capacità di guadagno, parametro valutativo che integra la validità del soggetto con fattori di natura non biologica, come quelli inerenti il mercato del lavoro e, quindi, necessariamente, la ricollocabilità dell’assicurato nel variegato mondo lavorativo in cui lo stesso si trova ad operare.

Assegno natalizio

È un assegno corrisposto all’assicurato affetto da tbc nel mese di dicembre, in misura pari a 30 giorni del trattamento previdenziale più favorevole, erogato nel mese.

Considerazioni medico-legali sulla vigente normativa per la TBC in Italia: un esempio emblematico del raffronto tra vecchi concetti medico-legali e nuovi bisogni assistenziali

Numerosi sono gli spunti di discussione nel merito della tutela previdenziale della malattia tubercolare extra-lavorativa.

Per ciò che concerne la dimostrazione del rischio tutelato si può affermare, senza ombra di dubbio, che la stessa abbia subito un’evoluzione con il trascorrere del tempo: dall’isolamento colturale del germe e dalla dimostrazione clinica della tbc attraverso metodica ex adiuvantibus si è passati, sempre più, alla documentazione del rischio tutelato, cioè della malattia tubercolare specifica in fase attiva, attraverso tecniche di ingegneria genetica. In altre parole, il rilievo della sussistenza del rischio tutelato ha subìto un’evoluzione in rapporto coi tempi e un adeguamento alle tecniche mediche che via via sono sorte.

Discorso ben diverso, invece, deve farsi nel merito dei requisiti medico-legali attinenti la validità del soggetto, che si prendono tutt’ora in esame in fase di concessione o meno dell’assegno di cura e sostentamento. La disamina di un caso emblematico giunto all’osservazione del Centro Medico Legale (CML) di afferenza può essere chiarificatrice al riguardo.

La protagonista del caso è una donna di anni 78, pensionata, che non ha mai svolto alcuna attività lavorativa. Nel luglio 2013 ha ricevuto una diagnosi di tubercolosi linfonodale toracica, che esami batteriologici hanno confermato essere imputabile a M. tuberculosis hominis. Ha avuto in godimento l’IG per circa due anni, fino al gennaio 2015 e, quindi, l’IPS, dal febbraio 2015 fino al febbraio 2017, come da prescrizione normativa della legge 1088 del 1970. Alla cessazione dell’IPS, i figli della donna hanno presentato domanda per ACS. L’assicurata è stata, quindi, sottoposta a visita medico-legale presso il CML competente per il territorio. La donna è sofferente di aterosclerosi cerebrale associata a decadimento cognitivo e turbe comportamentali, è affetta da diabete mellito in terapia con antidiabetici orali e da depressione maggiore ricorrente in terapia farmacologica. Dal marzo 2015 ha un riconoscimento, in ambito di invalidità civile, di «ultrasessantacinquenne invalido con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita» (L. 508/88), con diagnosi di «decadimento mentale moderato-severo con associata depressione. Artrodesi lombare e successivo cedimento post-traumatico. Cardiopatia ipertensiva. Protesi di ginocchio. TBC linfonodale». L’esame obiettivo, espletato nel corso della visita per accertamento dei requisiti sanitari per l’ACS, mette in evidenza un soggetto in «scadenti condizioni generali. Accessibile al colloquio, disorientato nel tempo e parzialmente orientato nello spazio con tono dell’umore deflesso. Marcate deformità artrosiche delle mani. Rachide con stento motorio. La deambulazione avviene a piccoli passi e con frequente richiesta di aiuto da parte di terza persona, al pari dei passaggi posturali». Dalla disamina della documentazione sanitaria, in particolare dai referti delle visite di controllo effettuate presso il centro di malattie infettive nei vari anni, emerge che la donna ha avuto una buona evoluzione della malattia tubercolare linfonodale, che era stata inizialmente trattata con un cocktail di cinque farmaci antitubercolari e che, ora, è controllata solo con isoniazide (Nicozid©), stante il reperto di riduzione delle linfoadenopatie. Il medico esaminatore esprimeva un giudizio medico-legale per cui «la capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle attitudini del soggetto NON è ridotta a meno della metà per effetto o in relazione alla malattia tubercolare – La persona NON ha il requisito sanitario per fruire dell’assegno di cura o sostentamento».

Il caso precedente, fra i tanti che potevano essere portati, è emblematico del palese anacronismo che intercorre tra l’età del soggetto e il giudizio medico-legale nel merito del quale l’esaminatore deve esprimersi. Si viene, cioè, a disquisire riguardo alla riduzione della capacità di guadagno per effetto o in relazione alla malattia tubercolare nel caso di un assicurato ben oltre l’età lavorativa, che non aveva mai svolto alcuna attività lucrativa in età giovane - adulta e, per giunta, attualmente del tutto disautonomo nell’espletamento degli atti quotidiani della vita.

Il concetto di capacità di guadagno, che si permea degli aspetti socio-economici che possono gravare sulla capacità lucrativa dell’assicurato, rappresenta un concetto ormai superato nella valutazione medico-legale in ambito di invalidità e inabilità pensionabili. L’articolo 10 del Regio Decreto di Legge n. 636 del 14 aprile 1939 asseriva, al comma 1, che «si considera invalido l’assicurato la cui capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente per infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo del suo guadagno normale per gli operai, a meno della metà per gli impiegati». La capacità di lavoro, intesa come la validità psico-fisica che trova impiego proficuo nelle attività per le quali l’assicurato ha una sua attitudine, si permea di fattori ambientali e sociali sino a divenire capacità di guadagno. In sostanza, la capacità di guadagno assorbe la capacità di lavoro proiettandola nel contesto sociale, economico e lavorativo nel quale l’assicurato viene a muoversi; con altre parole, la capacità di guadagno è l’applicazione pratica, con fini economico-remunerativi, della capacità di lavoro. Il concetto di capacità di guadagno, nel corso degli anni, è stato progressivamente sostituito dalla disamina bio-medica della capacità di lavoro, per una serie di motivazioni. Innanzi tutto, la ponderazione dei fattori socio-ambientali e lavorativi diveniva complessa in quanto doveva prevedere, oltre ad una valutazione biologico-medica, anche un’approfondita disamina di geo-economia del lavoro; ancora, la valutazione della capacità di guadagno, risentendo molto dei fattori esogeni all’assicurato, creava valutazioni medico-legali difformi, la cui eterogeneità era più dipendente dai fattori ambientali, cioè economici e sociali extra-corporei, che dai fattori bio-medici legati alla validità dell’assicurato. In sostanza, nella valutazione dell’invalidità, si è cercato di evitare l’influenza di fattori ambientali e sociali, che potesse creare difformità “geografiche” nell’espressione del giudizio medico legale stesso [13]. La legge n. 222 del 1984 ha, per i predetti motivi, legato il concetto dell’invalidità pensionabile alla capacità di lavoro in attività confacenti, una sorta di capacità di lavoro semi-specifica, non più collegata ai fattori dell’economia di mercato nel quale l’assicurato veniva a muoversi. Tredici anni prima, con la legge n. 118 del 13 marzo 1971, anche l’invalidità assistenziale veniva rapportata ad una capacità di lavoro generica, prettamente manualistica, considerando invalidi i «cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali, che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa inferiore ad un terzo» [14]. Ma il mutamento concettuale che è stato proprio della valutazione dell’invalidità, sia civile che pensionistica, non ha trovato analoga evoluzione nel contesto della normativa per le prestazioni previdenziali a favore della tubercolosi; si è rimasti, cioè, ancorati ad una legge di quasi 80 anni fa (il Regio Decreto del 1939) e, in modo particolare, ai concetti medici sulla quale la stessa si fondava.

È indubbio che risulti, palesemente, improprio dover legare una prestazione assistenziale di cura e sostentamento di un soggetto ultrasessantacinquenne ad una capacità di guadagno. Pur comprendendo il carattere squisitamente assicurativo sociale della prestazione in questione, non sarebbe forse auspicabile, per il soggetto avanti con gli anni, doversi confrontare con parametri medico-legali di altra fattispecie? Si potrebbe, forse, traslare il concetto geriniano di validità [15] e quello relato di capacità di guadagno verso il parametro di «difficoltà permanente a svolgere le funzioni ed i compiti propri dell’età» tipico dell’invalidità civile? Ancora, si potrebbe legare la concessione dell’assegno di cura e sostentamento del soggetto non più in età lavorativa agli stessi princìpi che regolano la concessione nel giovane sotto i 15 anni di età, cioè il semplice accertamento sanitario di minorazioni che rendano necessario un ulteriore trattamento a titolo di cura o di sostentamento?

Restano questi quesiti aperti, ad oltre 47 anni dall’istituzione, con la legge n. 1088 del 1970, delle “moderne” indennità in favore del malato tubercolare e a quasi 80 anni dalla nascita della tutela previdenziale della tubercolosi extra-lavorativa con il Regio Decreto Legge n. 636 del 1939.

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