Reviews in Health Care 2012; 3(2): 113-125
Drugs
Narrative review
Utilizzo degli ESA nei pazienti con insufficienza renale cronica
Erythropoiesis-stimulating agents in patients with chronic kidney disease
Mario Eandi 1
1 Cattedra di Farmacologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Torino
Abstract
Anemia is a frequent complication of chronic kidney disease (CKD) due to the inability of the kidneys to release sufficient erythropoietin to regulate the production of red blood cells. Administration of erythropoiesis-stimulating agents (ESAs) is highly effective in correcting anemia of CKD. The ESAs currently approved in Italy are epoetin alfa, epoetin beta, epoetin theta, darbepoetin alfa, CERA and biosimilars epoetin alfa and epoetin zeta. All the ESAs are effective in correcting renal anemia and increasing hemoglobin levels, but the choice of which to use should also take into account their pharmacokinetics and pharmacodynamics, their administration route, and economic issues. However, regarding the optimal use of ESAs an issue that remains controversial is the most appropriate dose conversion between epoetin alfa and darbepoetin alfa. In fact clinical experience demonstrates that the dose relationship between epoetin alfa and darbepoetin alfa is non proportional across the dosing spectrum. In this review is presented an update on the latest available evidence in the treatment of anemia in CKD patients, with particular reference to the definition of the correct conversion ratio EPO:DARB.
Keywords
Chronic kidney disease; Anemia; Erythropoiesis-stimulating agents; Dose conversion; Darbepoetin alfa
Disclosure
Il presente articolo è stato realizzato con il contributo di Amgen Dompè SpA Italia
Introduzione
L’insufficienza renale cronica (IRC), consistente in una riduzione graduale, progressiva e irreversibile della funzionalità renale, comporta la comparsa frequente di anemia come una delle principali e più frequenti complicazioni. La carenza di produzione endogena di eritropoietina è la causa più comune di anemia nel paziente con IRC [1,2]. L’introduzione nella pratica clinica di eritropoietine umane ricombinanti (rHuEPO), prodotte su scala industriale mediante tecniche di ingegneria genetica, è stata una delle più importanti innovazioni terapeutiche nel trattamento dei pazienti in dialisi e dei pazienti con IRC. Infatti, la disponibilità di agenti stimolanti l’eritropoiesi (ESA) ha rivoluzionato le modalità di trattamento dell’anemia dei pazienti con IRC, consentendo di mantenere livelli adeguati di emoglobina (Hb) senza dover ricorrere a trasfusioni di sangue [3-10]. Somministrati in modo personalizzato in base alle caratteristiche del paziente, gli ESA compensano la carenza di eritropoietina e stimolano l’eritropoiesi. Attualmente in Italia gli ESA autorizzati sono epoetina alfa, epoetina beta, epoetina teta, darbepoetina alfa, CERA (Continuous Erythropoietin Receptor Activator) e i biosimilari epoetina alfa ed epoetina zeta. Tutti gli ESA disponibili sono efficaci nel correggere l’anemia nell’IRC e nell’aumentare i livelli di Hb; pertanto, la scelta del farmaco da somministrare al singolo paziente dovrebbe tener conto delle specifiche caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche, delle differenti posologie e vie di somministrazione, nonché dei risvolti economici dei diversi ESA [11]. Tuttavia, in merito all’uso ottimale degli ESA, alcuni punti rimangono tutt’ora oggetto di discussione: in particolare il fattore di conversione EPO:DARB (epoetina alfa:darbepoetina alfa), utile per la definizione della dose di darbepoetina alfa in caso di switch da epoetina alfa, non è ancor stato definito univocamente. In questa review verrà presentato un aggiornamento sulle ultime evidenze disponibili nel trattamento delle anemie nei pazienti con IRC, con particolare riferimento alla definizione del corretto rapporto di conversione EPO:DARB.
Anemia nell’IRC
Stadio |
Descrizione |
GFR (ml/min/1,73 m2) |
1 |
Danno renale con GFR normale o aumentato |
≥ 90 |
2 |
Danno renale con GFR leggermente diminuito |
60-89 |
3 |
GFR moderatamente diminuito |
30-59 |
4 |
GFR severamente diminuito |
15-29 |
5 |
Malattia renale in stadio avanzato |
< 15 (o dialisi) |
Tabella I. Classificazione in stadi dell’insufficienza renale cronica. Modificata da [17]
L’insorgenza di anemia è molto comune nei pazienti con IRC a causa di inadeguata produzione di eritropoietina da parte dei reni. Viene definita anemia la riduzione del 20% della concentrazione media normale di emoglobina (Hb) per età e sesso, ovvero quando Hb < 11 g/dl nei due sessi prima della pubertà e nelle donne in età fertile e quando Hb < 12 g/dl nei maschi adulti e nelle donne in menopausa [12]. Più recentemente, sia l’aggiornamento delle linee guida della National Kidney Foundation (Kidney Disease Outcomes Quality Initiative – KDOQI) del 2007 [13], sia il gruppo di lavoro dell’European Renal Best Practice (ERBP) del 2009 [14], hanno rivisto i livelli di Hb che definiscono una situazione di anemia, portando a 12 g/dl il limite nelle donne e a 13,5 g/dl quello per gli uomini [13,14]. La carenza di emoglobina endogena comporta una ridotta stimolazione del midollo osseo con conseguente riduzione di produzione, maturazione e apoptosi dei globuli rossi in eritropoietina. Altri fattori quali mancanza di ferro, carenze nutrizionali, infiammazione, iperparatiroidismo secondario ed emorragie, possono contribuire alla patogenesi di anemia nell’IRC, sebbene con un ruolo marginale rispetto all’inadeguata sintesi di eritropoietina [15]. Alcune tra le principali complicanze dell’IRC, quali disfunzione ventricolare sinistra, insufficienza cardiaca, riduzione della resistenza allo sforzo, riduzione della qualità di vita, sono strettamente correlate all’anemia e migliorano in seguito alla correzione dello stato anemico [16].
L’anemia insorge precocemente e si aggrava con la progressione della malattia renale, frequentemente si osserva per valori di filtrazione glomerulare (GFR) < 30-40 ml/min/1,73 m2, corrispondenti allo stadio 3-4 della classificazione del Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO), riportata in Tabella I [17], ma è consigliabile che la valutazione dello stato anemico cominci già con GFR < 60 ml/min/1,73 m2 [12,18].
Epidemiologia
In Italia, mentre il Registro Italiano di Dialisi e Trapianto (RIDT) rende disponibili i dati relativi all’immissione in dialisi e all’attività di trapianto renale [19], vi è una scarsa disponibilità di dati relativi alla prevalenza di IRC prima che si arrivi al trattamento sostitutivo. Nel 2009 il numero di pazienti sottoposti a trattamento sostitutivo con dialisi risultava essere di circa 764 pazienti per milione di abitanti, per un totale di quasi 46 mila pazienti, di cui il 10% era sottoposto a dialisi peritoneale e il restante 90% a trattamento emodialitico [19]. Applicando i tassi di prevalenza dell’IRC ottenuti da uno studio di tipo osservazionale condotto in Piemonte nel 2004 [20] alle percentuale di pazienti anemici con IRC emersi dal Kidney Early Evaluation Program (KEEP) [21] è possibile ottenere una stima della prevalenza di IRC e anemia in Italia (popolazione al 01/01/2011 [22]) per stadio di IRC (Tabella II).
Stadio |
Pazienti affetti da IRC [20] |
Pazienti affetti da IRC, anemici [21] |
||
% |
n. |
% |
n. |
|
5 |
0,06 |
36.375,87 |
77 |
28.009,42 |
4 |
0,27 |
163.691,39 |
63 |
103.125,58 |
3 |
0,8 |
485.011,54 |
20 |
97.002,31 |
2 |
2,5 |
1.515.661,05 |
18 |
272.818,99 |
Tabella II. Stima della prevalenza di IRC e anemia in Italia (popolazione italiana al 01/01/2011 = 60.626.442 [22]) per stadio di gravità
Agenti stimolanti l’eritropoiesi (ESA)
Meccanismo d’azione e farmacocinetica
Il trattamento dell’anemia nel paziente con IRC si basa sulla correzione di eventuali stati carenziali (ferro e vitamina B12) e sulla somministrazione di agenti stimolanti l’eritropoiesi (ESA), analoghi dell’eritropoietina endogena con profilo di efficacia e sicurezza simile [23]. Il meccanismo d’azione degli ESA è lo stesso dell’ormone endogeno: si legano al recettore per l’eritropoietina situato sulle cellule progenitrici del midollo osseo, stimolando la proliferazione e la differenziazione degli eritrociti immaturi. Gli ESA presentano alcune differenze nella sequenza aminoacidica, ma soprattutto differiscono nella struttura terziaria e quaternaria a causa di un numero maggiore di glicosilazioni con strutture ramificate (o, nel caso di CERA, a peghilazione); ne consegue una differente affinità recettoriale, spesso ridotta rispetto all’eritropoietina endogena, e una diversa emivita di eliminazione, spesso aumentata, come nel caso di darbepoetina alfa [24]. Negli ultimi anni, in seguito a perdita del brevetto di epoetina alfa, sono stati sviluppati e introdotti in commercio alcuni ESA biosimilari. Attualmente in Italia sono disponibili epoetina alfa (Eprex®), epoetina beta (Neorecormon®), epoetina teta (Eporatio®), darbepoetina alfa (Aranesp®), CERA (Mircera®) e due biosimilari dell’epotina alfa, identificati con due diverse Denominazione Comuni Internazionali (DCI): epoetina alfa biosimilare (Abseamed®, Binocrit®, Epotina alfa Hexal®) ed epoetina zeta (Retacrit®, Silapo®) che hanno ottenuto dalle Autorità Regolatorie l’approvazione per le stesse indicazioni del prodotto originator di riferimento epoetina alfa (Eprex®) [25]. È inoltre presente una nuova eritropoietina (epoetina teta) che presenta un profilo intermedio tra le tradizionali short-acting e darbepoetina [25].
Utilizzo in terapia
La prescrizione delle eritropoietine a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano è regolamentata dalla Determinazione del 2 Novembre 2010 (GU n. 270 del 18-11-2010) [26]. Tale determinazione aggiorna il piano terapeutico AIFA per la prescrizione a carico del SSN delle eritropoietine (ex Nota 12) di cui alla Determinazione del 18 Marzo 2009. La prescrizione di questi ESA risulta a carico del SSN per il trattamento dell’anemia (Hb < 11 g/dl e suo mantenimento tra 11 e 12 g/dl) associata a insufficienza renale cronica in pazienti adulti e pediatrici (epoetina teta e CERA solo in pazienti adulti), sia in trattamento dialitico che in trattamento conservativo e per il trattamento dell’anemia (Hb < 10 g/dl) in pazienti oncologici che ricevono chemioterapia antiblastica. CERA non risulta attualmente indicato per il trattamento sintomatico dell’anemia in pazienti oncologici, ma solo per il trattamento dell’anemia in pazienti adulti affetti da IRC. Epoetina alfa, epoetina beta ed epoetina zeta hanno inoltre indicazione per il trattamento nell’ambito di programmi di predonazione per incrementare la quantità di sangue autologo [26].
Livelli target di emoglobina
|
Tabella III. Target di Hb indicati dalle linee guida SIN del 2007. Modificato da [16]
Il livello minimo di emoglobina da raggiungere con la terapia, fissato dalle linee guida delle diverse comunità scientifiche internazionali, deve essere non inferiore a 10 g/dl, mentre non vi è ancora accordo sul limite massimo raggiungibile, sebbene venga consigliato di non superare i 12 g/dl a causa di potenziali rischi evidenziati al raggiungimento di tali livelli [13,16,27,28]. Indicazioni più recenti consigliano un target range di Hb = 11-12 g/dl, senza eccedere intenzionalmente i 13 g/dl [14,29]. In linea generale il limite superiore di Hb dovrebbe essere stabilito individualmente considerando il rischio di potenziali complicazioni. Secondo una metanalisi del 2010, infatti, elevati target di Hb (circa 12 g/dl), rispetto a target inferiori (9,5-11,5 g/dl), porterebbero a un rischio maggiore di ictus, ipertensione, trombosi e potenziale aumento del rischio di morte, eventi cardiovascolari gravi e insufficienza renale terminale (End Stage Renal Disease – ESRD) [30]. In Tabella III vengono riportate le indicazioni delle linee guida della Società Italiana di Nefrologia (SIN) del 2007 [16] mentre in Tabella IV vengono riportati i target di Hb proposti dalle linee guida internazionali.
La risposta individuale alla terapia con ESA è molto varia, pertanto non è possibile prevedere a priori né la dose di induzione né quella di mantenimento in quanto ci può essere una variabilità anche di 10 volte da paziente a paziente per uno stesso target di Hb [12]. Solitamente viene avviata una terapia a dosaggi bassi che vengono gradualmente aumentati fino a ottenere il target di Hb desiderato. Nell’anemia di grado moderato, cioè valori Hb = 8-10 g/dl, il target di Hb viene raggiunto nella maggior parte dei pazienti dopo 2 mesi di trattamento con epoetina al dosaggio di 4.000-10.000 UI/settimana (20-50 mcg/settimana di darbepoetina alfa). Circa il 5-10% dei pazienti rispondono invece a posologie superiori (12.000-30.000 UI/settimana), mentre nei pazienti in fase conservativa sono di norma sufficienti dosaggi inferiori. L’obiettivo di Hb = 11-12 g/dl viene mantenuto nel 90-95% dei pazienti con 1.000-30.000 UI/settimana di epoetina (5-15 mcg/settimana di darbepoetina alfa), in presenza di adeguate riserve di ferro [12]. Numerosi studi clinici hanno dimostrato che la somministrazione di darbepoetina alfa consente di mantenere i livelli target di Hb in un’elevata percentuale di soggetti affetti da IRC; alcuni studi controllati hanno inoltre dimostrato che in pazienti dializzati il passaggio del trattamento con epoetina a quello con darbepoetina alfa consente di mantenere più efficientemente le concentrazioni di Hb nel range desiderato in virtù dello schema posologico che prevede una sola somministrazione ogni 1-2 settimane, contro le 2-3 somministrazioni a settimana richieste da epoetina [31,32].
EBPG, 2004 [27] |
KDOQI, 2007 [13] |
ERBP, 2008 [14] |
Hb >11 g/dl; Hb <14 g/dl in dialisi e < 12 g/dl se malattia CV severa, diabete, arteriopatia arti inferiori |
Hb = 11-12 g/dl; non superare intenzionalmente i 13 g/dl |
Hb = 11-12 g/dl; non superare intenzionalmente i 13 g/dl |
Tabella IV. Target di Hb per il trattamento antianemico nei pazienti con IRC proposti dalle linee guida internazionali
Fattore di conversione EPO:DARB
Il fattore di conversione EPO:DARB è tutt’ora oggetto di discussione e non esistono linee guida in merito. Tuttavia numerose evidenze sperimentali e osservazionali hanno dimostrato la non corrispondenza del fattore di conversione, basato sul confronto tra i rapporti massa/attività, da epoetina tre volte a settimana a darbepoetina alfa 1 volta a settimana di 200 UI:1 mcg. Tale rapporto infatti non tiene conto delle variabili farmacocinetiche e farmacodinamiche delle due molecole [33,34]. Studi di confronto tra eritropoietine in pazienti in dialisi hanno permesso di evidenziare come nella pratica clinica nei pazienti passati da epoetina beta a darbepoetina alfa secondo un fattore di conversione 200:1, sia stato successivamente possibile o necessario ridurre le dosi iniziali di darbepoetina alfa per mantenere il target terapeutico [33,35]. Anche nelle metanalisi di Bonafont et al. del 2009 [36], che ha preso in esame i dati relativi a 9 studi condotti su un totale di 836 pazienti con IRC in dialisi, che erano passati da epoetina alfa o epoetina beta a darbepoetina alfa, la dose iniziale di darbepoetina alfa che era stata calcolata secondo il rapporto 200:1 ha subito una riduzione media del 30% [36]. L’analisi dei risultati clinici e farmacoeconomici a lungo termine (120 settimane) di una coorte di pazienti dializzati in una realtà emodialitica italiana, e coinvolti in uno studio osservazionale retrospettivo multicentrico [37], ha stimato il fattore di conversione tra epoetina beta e darbepoetina alfa nel rapporto medio di 280:1 [38]. Tali dati confermano i risultati precedentemente ottenuti da Tolman et al. in uno studio controllato [39], randomizzato e monocentrico condotto su 217 pazienti anemici in emodialisi (di cui 162 hanno completato il follow-up) che ha comparato l’efficacia clinica di una somministrazione sottocutanea (sc) settimanale di epoetina beta e darbepoetina alfa in pazienti in trattamento con epoetina beta 3 volte/settimana (dose mediana circa 6.000 UI/settimana). In seguito a randomizzazione a metà dei pazienti è stata somministrata epoetina beta e ai restanti darbepoetina alfa, entrambi 1 volta/settimana. Per il calcolo della dose equivalente di darbepoetina alfa è stato inizialmente applicato il fattore di conversione classico di 200:1, in seguito le posologie di entrambi i farmaci sono state modificate con l’ausilio di un programma informatico messo a punto per mantenere costanti i livelli target di Hb [39]. Al baseline i due gruppi presentavano concentrazioni simili di Hb (darbepoetina alfa: 11,86 ± 1,4 g/dl; epoetina beta: 11,73 ± 1,7 g/dl) e nel corso dei 9 mesi di studio non sono state osservate variazioni significative (Figura 1). Il confronto tra le dosi di farmaco somministrate nel primo e nell’ultimo mese ha evidenziato una significativa riduzione nella dose media di darbepoetina alfa da 0,59 a 0,46 μg/kg/settimana (p = 0,002), mentre nello stesso periodo la dose media di epoetina beta, necessaria per mantenere i livelli target di Hb, è aumentata del 24% da 107,5 a 133,2 IU/kg/settimana (p = 0,002) (Figura 2). La riduzione statisticamente significativa della dose di darbepoetina alfa evidenzia la non corrispondenza del rapporto di conversione 200:1, che in questo caso viene aumentato fino a circa 290:1 [39].
Figura 1. Media delle concentrazioni di Hb ottenute con darbepoetina alfa (DA) ed epoetina beta (EB) nel corso dei 9 mesi dello studio di Tolman et al. Modificato da [39]
Figura 2. Dosi medie (IC95%) di darbepoetina alfa (DA) ed epoetina beta (EB) somministrate nel corso dei 9 mesi dello studio di Tolman et al. Modificato da [39]
Il Manitoba Renal Program ha valutato il fattore di conversione EPO:DARB in pazienti anemici con IRC in emodialisi, in dialisi peritoneale e in pre-dialisi [40]. Lo studio ha comparato i dati relativi a 857 pazienti che ricevevano darbepoetina alfa (604 in emodialisi, 142 in dialisi peritoneale e 111 in pre-dialisi) e 746 pazienti che ricevevano epoetina alfa (482 in emodialisi, 153 in dialisi peritoneale 111 in pre-dialisi). I livelli di Hb ottenuti sono stati simili nei due gruppi, ma i dosaggi dei due farmaci hanno evidenziato in ogni gruppo fattori di conversione superiori al classico 200:1, come riportato in Tabella V [40].
Epoetina alfa |
Darbepoetina alfa |
Fattore di conversione |
|
Emodialisi |
|||
n. |
482 |
604 |
244:1 |
Hb (g/dl) |
11,36 (IC95%: 11,29-11,42; p = 0,082) |
11,44 (IC95%: 11,37-11,51; p = 0,082) |
|
Dose media/settimana |
12.939 UI (ev) |
53,1 μg (ev) |
|
Dialisi peritoneale |
|||
n. |
153 |
142 |
222:1 |
Hb (g/dl) |
11,39 (IC95%: 11,15-11,63; p = 0,047) |
11,78 (IC95%: 11,48-12,07; p = 0,047) |
|
Dose media/settimana |
9.273 UI (sc) |
41,8 μg (sc) |
|
Pre-dialisi |
|||
n. |
111 |
111 |
219:1 |
Hb (g/dl) |
11,42 (IC95%: 11,19-11,65; p = 0,572) |
11,51 (IC95%: 11,31-11,70; p = 0,572) |
|
Dose media/settimana |
5.516 UI (sc) |
25,2 μg (sc) |
Tabella V. Livelli di Hb, dosi medie di ESA e fattore di conversione nei tre gruppi di pazienti nel Manitoba Renal Program. Modificata da [40]
ev = somministrazione endovena; sc = somministrazione sottocutanea
Uno studio multicentrico del 2008 ha valutato il reale fattore di conversione EPO:DARB sulla base della variazione di dose di darbepoetina alfa necessaria per mantenere stabili i livelli di Hb [41]. I pazienti in emodialisi con livelli di Hb stabili e in trattamento con epoetina alfa o epoetina beta (somministrazione sc o ev) sono passati a darbepoetina alfa ev a un dosaggio calcolato sulla base del rapporto 200:1. Il periodo di osservazione è stato di 20 settimane durante le quali, sulla base dei livelli di Hb veniva aggiustata la dose di darbepoetina alfa somministrata. I paziente che hanno concluso il follow-up sono stati 100 e in tutti i livelli di Hb si sono mantenuti costanti (11,8 ± 0,6 g/dl), mentre la dose media di darbepoetina alfa è stata ridotta da 34,7 ± 2,1 a 26,0 ± 1,8 μg/settimana (p < 0,0001), come rappresentato in Figura 3. La riduzione della dose è risultata strettamente dipendente dalla dose iniziale di epoetina; in coloro che assumevano dosi di epoetina < 5.000 UI/settimana non è stato infatti necessario alcun aggiustamento di dose, mentre per dosi di 7.000-10.000 UI/settimana di epoetina è stata necessaria una riduzione di dose del 37%. Nessuna differenza nella dose di darbepoetina alfa è stata invece evidenziata sulla base del tipo di epoetina (alfa o beta) o della via di somministrazione (ev o sc) [41].
Figura 3. Dosi medie settimanali di darbepoetina alfa nel 20 mesi di follow-up. Modificato da [41]
Uno studio del 2009 ha calcolato, mediante due metodi empirici, il fattore di conversione EPO:DARB in un sottogruppo di 104 pazienti con IRC non dializzati, arruolati in uno studio clinico condotto nel 2006 [42]. È stata valutata la dose di darbepoetina alfa da somministrare (1 volta/2 settimane) ai pazienti precedentemente in trattamento con epoetina alfa (1 volta/settimana o 1 volta/2 settimane) per mantenere i livelli di Hb compresi tra 11 e 13 g/dl. Uno dei metodi utilizzati per la valutazione del fattore di conversione è una previsione basata sulla regressione delle dosi medie settimanali di darbepoetina alfa nel corso del periodo di studio (settimana 25-33) alle dosi settimanali di epoetina alfa somministrate nelle due settimane di screening; il secondo metodo utilizzato, dopo aver calcolato il rapporto di conversione per ogni paziente, ne ha calcolato la media riferita all’intera popolazione in studio. Infine è stata condotta un’analisi di sensibilità sui diversi sottogruppi. Con l’analisi di regressione si è ottenuto un fattore di conversione pari 330,6:1 mentre con il secondo metodo è pari a 375,6:1. L’analisi di sensibilità condotta per entrambi i metodi di analisi ha indicato che il fattore di conversione varia sulla base delle caratteristiche di base dei soggetti in esame con una variazione pari a 302-380:1 per il primo metodo (Figura 4) e un range 348-427:1 per il secondo [42].
Figura 4. Analisi di sensibilità per sottogruppi sul rapporto di conversione epoetina alfa:DARB nell’analisi di regressione. Modificato da [42]
Risultati analoghi sono stati ottenuti da uno studio del 2010 che ha calcolato il fattore di conversione sulla base dei dati presenti nelle cartelle cliniche di 337 pazienti in emodialisi [43]. Anche in questo caso, come nello studio di Horowitz sono stati utilizzati due metodi matematici per il calcolo del rapporto EPO:DARB, in particolare con l’analisi di regressione è stato ottenuto un rapporto di 320:1 mentre con l’analisi delle medie aritmetiche il rapporto ottenuto è di 350:1 (Tabella VI) [43].
Analisi di regressione |
Analisi delle medie |
||
Analisi generale |
n. |
337 |
337 |
Fattore di conversione (IC95%) |
320 (298-344) |
350 (319-381) |
|
Analisi di sensibilità |
Hb = ± 0,5 g/dl |
||
n. |
122 |
122 |
|
Fattore di conversione (IC95%) |
313 (282-348) |
330 (289-375) |
|
Hb = ± 0,8 g/dl |
|||
n. |
179 |
179 |
|
Fattore di conversione (IC95%) |
311 (283-342) |
333 (294-372) |
Tabella VI. Fattori di conversione ottenuti nell’analisi di Sharma del 2010 [43]
Aspetti economici
In Italia la scelta dell’ESA viene fatta dai responsabili della spesa sanitaria (payers) principalmente confrontando il costo di acquisto delle alternative disponibili, spesso assumendo impropriamente che l’equivalenza terapeutica sia direttamente correlabile al numero di Unità Internazionali indicate nelle posologie standard pubblicate nelle schede tecniche dei vari prodotti. Gli studi sopra citati indicano chiaramente come, nella pratica clinica corrente, per ottenere un equivalente controllo dell’anemia nei pazienti con IRC, il rapporto di dosi tra epoetina e darbepoetina alfa sia notevolmente differente rispetto a quanto previsto dalle schede di registrazioni. In particolare, l’uso di darbepoetina alfa, invece di un ESA a breve emivita, consente di ottenere risultati clinici equivalenti con un significativo risparmio di darbepoetina alfa, da un 30% a oltre il 50%, rispetto al rapporto di conversione 200:1 previsto dalla scheda di registrazione. Questo fatto si traduce immediatamente in un risparmio economico sull’acquisto di darbepoetina alfa e, soprattutto, dovrebbe indurre i decisori a confrontare il costo di acquisto dei vari ESA avendo come riferimento la stima delle dosi equivalenti necessarie mediamente per i pazienti con IRC nel corso di un mese o di un anno di trattamento. Lo studio condotto da Giotta et al. [38] di alcuni anni or sono aveva indicato che lo switch da epoetina beta a darbepoetina alfa, ai prezzi allora correnti per il SSN italiano, comportava un risparmio medio per paziente di circa 700 Euro nei primi 6 mesi dopo lo switch. Il mercato degli ESA negli ultimi anni è stato complicato dall’introduzione di alcuni biosimilari che hanno comportato una sensibile riduzione dei prezzi di riferimento assunti nelle gare di acquisto predisposte dalle Aziende Ospedaliere e/o dalle Aziende Sanitarie Locali. Mentre il criterio della concorrenza tra biosimilari è fortemente auspicabile anche per razionalizzare la spesa farmaceutica mediante una riduzione generale dei prezzi di una classe di farmaci, del tutto criticabile è, a parer mio, la decisione assunta da alcuni decisori istituzionali di acquistare un solo ESA, tra i vari disponibili, sulla base del prezzo minimo di gara, prescindendo da ogni considerazione comparativa dei profili di efficacia, tollerabilità, maneggevolezza e utilità dei vari prodotti in gara. I biosimilari non sono soggetti al criterio di sostituibilità, eppure, in molti casi i pazienti con IRC si trovano nelle condizioni di dover cambiare ESA in seguito all’esito delle gare indette dagli ASO o dalle ASL/Regioni, sebbene il medico non sia obbligato a modificare la terapia sulla base dell’esito delle gare. Si consideri, inoltre, che la risposta ai diversi ESA presenta una discreta variabilità sia inter- che intra-individuale: perciò è utile poter disporre di diversi prodotti “simili” per poter soddisfare al meglio i bisogni individuali del singolo paziente.
Il costo di acquisto non è l’unico fattore di costo rilevante per il SSN. Il numero e la modalità delle somministrazioni comportano costi differenziali talvolta significativi per il consumo di materiali accessori necessari e per l’eventuale tempo dedicato a tali operazioni dal personale sanitario e amministrativo. Darbepoetina alfa può essere somministrata da un minimo di una volta al mese a un massimo di una volta a settimana, con un sensibile risparmio sui costi dei materiali e dei tempi di lavoro del personale sanitario, rispetto agli ESA a breve emivita che devono essere somministrati 2-3 volte a settimana per ottenere risultati equivalenti. La frequenza e modalità delle somministrazioni incidono pesantemente anche sui costi diretti, indiretti e intangibili che sono a carico dei pazienti e comportano un aggiuntivo onere finanziario. Sotto questo aspetto l’uso di darbepoetina alfa rappresenta un significativo risparmio anche per i pazienti a causa del ridotto numero di somministrazioni necessarie e una migliore compliance associata alla flessibilità di somministrazione per meglio adeguarsi alla personalizzazione della terapia.
Conclusioni
L’insorgenza di anemia è la principale complicanza dell’IRC a causa di inadeguata produzione di eritropoietina da parte dei reni. Il trattamento dell’anemia nel paziente con IRC prevede la correzione di eventuali stati carenziali e la somministrazione di agenti stimolanti l’eritropoiesi (ESA). Attualmente in Italia gli ESA autorizzati sono epoetina alfa, epoetina beta, epoetina teta, darbepoetina alfa, CERA e i biosimilari epoetina alfa, epoetina zeta. Tutti gli ESA sono efficaci nel correggere l’anemia renale e nell’aumentare i livelli di Hb, il cui target range è stato fissato dalle linee guida internazionali in 11-12 g/dl, senza eccedere intenzionalmente i 13 g/dl. Efficacia e sicurezza degli ESA sono stati ampiamente dimostrati, a parte i biosimilari per i quali mancano i dati a lungo termine, tuttavia alcuni punti sul loro utilizzo in terapia rimangono tutt’ora non definiti. In particolare, in questa review si è cercato di presentare una panoramica sulle evidenze più recenti che hanno tentato di definire il reale e corretto rapporto di conversione EPO:DARB. Da tempo, infatti, è stata dimostrata la non corrispondenza del fattore di conversione 200 UI:1 mcg basato sul confronto tra i rapporti massa/attività che però non tiene conto delle variabili farmacocinetiche e farmacodinamiche delle varie molecole. Studi di confronto hanno evidenziato come nella pratica clinica in pazienti passati da epoetina alfa a darbepoetina alfa secondo un fattore di conversione 200:1 sia stato successivamente possibile ridurre le dosi iniziali di darbepoetina alfa pur mantenendo il target terapeutico di Hb. Queste osservazioni sottolineano l’importanza di valutare la costo-efficacia comparativa degli ESA per prendere decisioni razionali che portano a una maggiore efficienza nella spesa sanitaria, con particolare riferimento alla spesa farmaceutica.
Implicazioni per ulteriori ricerche
È importante continuare a ricercare il corretto rapporto di conversione EPO:DARB in modo che i decisori siano in grado di scegliere razionalmente l’ESA più costo-efficace sulla base delle dosi equivalenti reali.
La review in breve |
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Quesito clinico |
Presentazione delle ultime evidenze disponibili nel trattamento delle anemie nei pazienti con IRC, con particolare riferimento alla definizione del corretto rapporto di conversione EPO:DARB |
Tipologia di revisione |
Narrativa |
Ricerca della letteratura |
Ricerca su PubMed degli articoli in lingua inglese utilizzando le seguenti parole chiave: Chronic kidney disease; Anemia; Erythropoiesis-stimulating agents; Dose conversion; Darbepoetin alfa |
Conclusioni |
La non corrispondenza del fattore di conversione 200:1, evidenziata nella pratica clinica nei pazienti passati da epoetina alfa a darbepoetina alfa, consente a parità di risultati clinici un significativo risparmio di dose di quest’ultima (dal 30 al 50% in meno) che si traduce in un immediato risparmio economico |
Aree grigie |
Mancanza di dati di sicurezza ed efficacia a lungo termine dei biosimilari |
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