RHC 2011;2(3)147-159

Reviews in Health Care 2011; 2(3): 147-159

Disease

Narrative review

Le infezioni batteriche nel paziente con cirrosi epatica

Bacterial infections in patients with liver cirrhosis

Giacomo Zaccherini 1, Vittoria Bevilacqua 1, Barbara Benazzi 1, Luca Santi 1, Paolo Caraceni 1, Mauro Bernardi 1

1 UO Semeiotica Medica. Dipartimento di Medicina Clinica. Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Azienda Ospedaliera di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi

Abstract

Bacterial infections represent a frequent complication of liver cirrhosis carrying a significantly greater risk of morbidity and mortality as compared to that observed in non-cirrhotic patients. Such unfavourable prognosis is related to the systemic complications (liver and renal failure, shock, coagulopathy, multiple organ failure) induced by a series of pro-inflammatory and immunological systems which are activated by bacteria and their pathogenetic products.

The epidemiology of bacterial infections in cirrhosis has changed in the last years with a marked increase of Gram+ infections and the emergence of multi-resistant bacteria.

The severity of liver disease represents the major clinical factor predisposing to bacterial infections, which are asymptomatic or paucisymptomatic at presentation in almost half of the cases. Aim of this review is to summarise the clinical and therapeutic aspects of bacterial infections in cirrhotic patients. The most common sites of infection are the urinary tract, ascites, blood, lungs and soft tissues.

Beside antibiotics, it has been proposed the administration of human albumin to prevent the development of renal failure in patients with spontaneous bacterial peritonitis and, more recently, the use of hydrocortisone to treat cirrhotic patients with septic shock.

Keywords

Liver cirrhosis; Bacterial infections; Spontaneous bacterial peritonitis; Antibiotic-resistance

Corresponding author

Prof. Mauro Bernardi

UO Semeiotica Medica

Azienda Ospedaliera di Bologna Policlinico S. Orsola-Malpighi

Via Albertoni 15, 40138 Bologna

Tel. 051 6362939 - Fax 051 6362930

E-mail: mauro.bernardi@unibo.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di tipo finanziario in merito ai temi trattati nel presente articolo

Aspetti generali

La cirrosi epatica è una patologia relativamente frequente: in Italia ne sono affetti circa 300/100.000 abitanti ed è tra le prime 10 cause di morte (18/100.000 abitanti nel 2002) [1]. La distribuzione della prevalenza nelle diverse fasce di età dimostra che la malattia colpisce la popolazione giovane-adulta (25-54 anni) in misura relativamente maggiore rispetto ad altre patologie croniche invalidanti, come le malattie cardiovascolari e la broncopneumopatia cronica ostruttiva [2]. Pertanto, essa rappresenta un grave problema sanitario, a causa sia della sua elevata mortalità, sia degli elevati costi diretti e indiretti sul piano socio-sanitario.

Nella cirrosi avanzata si sviluppano complicanze che possono avviare una serie di eventi potenzialmente letali. Fra le più frequenti vi sono le infezioni batteriche, caratterizzate da un’elevata mortalità ospedaliera attribuibile, in circa la metà dei casi, all’infezione stessa. Contribuiscono a questa prognosi infausta il peggioramento della funzione epatica e il coinvolgimento di altri organi/apparati: insufficienza renale e circolatoria, disfunzione cardiaca, coagulopatia, encefalopatia, insufficienza surrenalica relativa, che possono provocare insufficienza multiorgano (MOF) e decesso entro alcuni giorni o settimane [3]. Le infezioni batteriche sono quindi una frequente, e forse la più importante, causa di insufficienza epatica acuta-su-cronica (AoCLF), condizione che attende ancora una definizione ampiamente condivisa, ma è fra le principali responsabili della mortalità nei pazienti in lista d’attesa per trapianto epatico.

Aspetti epidemiologici

Circa un terzo dei pazienti ricoverati per cirrosi presenta un’infezione batterica: il 60% di tali infezioni è diagnosticata al momento del ricovero o nelle 48 ore precedenti (infezione acquisita in comunità), mentre il restante 40% si sviluppa durante la degenza (infezione nosocomiale). Pertanto, l’incidenza di infezioni nosocomiali nei pazienti cirrotici ospedalizzati è nettamente più elevata di quella riscontrata nella popolazione generale (5-7%).

Le infezioni del paziente cirrotico interessano più frequentemente le vie urinarie (20-40%): circa 2/3 dei casi presenta batteriuria (crescita di batteri > 105/ml in assenza di sintomi urinari) e nei rimanenti un’infezione completa (batteriuria associata a leucocituria, febbre e sintomi urinari). Le altre sedi più frequentemente interessate sono il liquido ascitico (23-25%), il sangue (12-21%) e le vie respiratorie (13-17%) (Figura 1). Nell’85% circa dei casi risulta essere presente una singola sede di infezione, nel restante 15% sono coinvolte sedi multiple.

L’importanza clinica delle complicanze infettive è notevole se si prende in considerazione l’elevata mortalità ospedaliera dei pazienti cirrotici con infezione batterica (16%), rispetto a quella dei pazienti non infetti (7%). La prognosi peggiore si associa a infezione del liquido ascitico e batteriemia rispetto agli altri tipi di infezione [4-7].

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Figura 1. Prevalenza della localizzazione delle infezioni batteriche nel paziente con cirrosi epatica

PBS = peritonite batterica spontanea

Aspetti eziologici

Gli esami colturali permettono di isolare un germe patogeno in circa la metà dei pazienti con infezione batterica. L’agente eziologico è rappresentato da bacilli Gram-negativi nel 50% dei casi e da cocchi Gram-positivi nell’altro 50% [5]. Le infezioni acquisite in comunità sono sostenute prevalentemente da germi Gram-negativi, mentre le infezioni nosocomiali da germi Gram-positivi. La peritonite batterica spontanea (PBS) e le infezioni delle vie urinarie sono principalmente sostenute da bacilli Gram-negativi, quali E. coli e Klebsiella pneumoniae. I cocchi Gram-positivi sono, invece, prevalenti nelle batteriemie, spontanee o conseguenti a procedure invasive. Le infezioni delle vie respiratorie sono prevalentemente sostenute da S. pneumoniae se acquisite in comunità, e da bacilli Gram-negativi e stafilococchi in caso di infezione nosocomiale [6] (Figura 2).

Nel complesso, i germi più frequentemente isolati sono E. coli, S. aureus, S. pneumoniae, e K. pneumoniae [4-6].

Negli anni più recenti, le caratteristiche microbiologiche delle infezioni batteriche contratte da soggetti affetti da cirrosi epatica sono cambiate a causa di un incremento delle forme sostenute da germi multiresistenti come conseguenza sia del sempre più diffuso utilizzo di profilassi primaria e secondaria con norfloxacina, ciprofloxacina o trimetoprim/sulfametossazolo [8], sia delle frequenti ospedalizzazioni e del sempre maggiore impiego di tecniche invasive.

Nei pazienti cirrotici in profilassi con chinolonici, la prevalenza di infezioni sostenute da ceppi chinolonico-resistenti è maggiore del 20% [7,9]. La profilassi cronica con norfloxacina sembra essere anche responsabile dell’emergenza di colonie di batteri Gram-negativi resistenti al trimetoprim-sulfametossazolo. Si ritiene che l’emergere di ceppi batterici chinolonico-resistenti sia un’evenienza non infrequente anche in pazienti in profilassi cronica con trimetoprim/sulfametossazolo. Altro dato emergente è il crescente riscontro di batteri Gram-negativi tipo Enterobacteriaceae multiresistenti, cioè resistenti a tre o più dei seguenti antibiotici: piperacillina/tazobactam, cefepime, meropenem, amikacina o gentamicina, ciprofloxacina [10,11].

Per quanto riguarda la flora batterica Gram-positiva, sono stati isolati germi meticillino-resistenti, soprattutto S. aureus meticillino-resistente (MRSA), in poco meno del 20% dei campioni fecali prelevati da cirrotici ricoverati per malattia avanzata, tra i quali la prevalenza di infezioni conclamate sostenute da MRSA è stata stimata attorno al 2-5% dei casi. Anche il rischio di emergenza di MRSA sembra essere legato da una parte alla profilassi cronica con norfloxacina e a precedenti trattamenti antibiotici, dall’altra alla maggior gravità della malattia sottostante. Infatti, una prevalenza di MRSA del 77% è stata osservata in pazienti ricoverati in reparti di terapia intensiva con sepsi, precedentemente sottoposti a profilassi cronica con norfloxacina [12]. Si ritiene che nella popolazione di pazienti cirrotici posti in lista di attesa per trapianto di fegato, la prevalenza di infezioni sostenute da MRSA si aggiri attorno al 25%. Il rischio di infettarsi con ceppi MRSA prima del trapianto riveste un significato prognostico negativo, perché è associato a una maggior probabilità di sviluppare sepsi severe nel post-trapianto e a una maggior durata dell’ospedalizzazione.

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Figura 2. Prevalenza di batteri Gram-negativi, Gram-positivi o entrambi nelle infezioni acquisite in comunità o nosocomiali nei pazienti con cirrosi epatica. Modificata da [7]

PBS = peritonite batterica spontanea

Aspetti fisiopatologici

L’elevata suscettibilità alle infezioni batteriche presentata dal paziente cirrotico è riconducibile a un complesso insieme di fattori e aumenta parallelamente alla gravità della cirrosi [13]. Oltre a questa considerazione generale, sono state identificate alcune condizioni cliniche sicuramente associate a un’elevata incidenza di infezioni, come il sanguinamento gastrointestinale, pregresse PBS e una bassa concentrazione proteica nel liquido ascitico (< 1,5 g/l), associata a grave insufficienza epatica e/o renale o a iponatremia [14,15]. A queste si aggiungono l’ospedalizzazione, le pratiche diagnostico-terapeutiche invasive e la presenza di comorbilità, quali alcolismo, diabete mellito e malnutrizione.

Il meccanismo fondamentale, che rende ragione dell’elevata frequenza di infezioni nel paziente cirrotico, è rappresentato dalla traslocazione batterica, che consiste nel passaggio di batteri mobili e non e dei loro prodotti, come le endotossine, dal lume alla parete intestinale e da qui ai linfonodi mesenterici e al torrente circolatorio [16]. La traslocazione batterica riconosce una genesi multifattoriale, cui concorrono un’eccessiva crescita batterica nell’intestino tenue, un’alterata motilità e un’aumentata permeabilità intestinale. Nei pazienti cirrotici con ascite, l’incidenza di traslocazione batterica è approssimativamente del 30-40%, con una frequenza maggiore nella classe C di Child-Pugh. Non sorprende, quindi, che i livelli sierici di endotossine, rilasciate dai germi Gram-negativi, e di peptidoglicani/lipopeptidi, rilasciati dai cocchi Gram-positivi, siano frequentemente elevati nei pazienti cirrotici, in particolare con ascite, anche in assenza di qualsiasi segno di sepsi.

La concomitante compromissione delle difese antibatteriche, quali la depressione del sistema reticolo-endoteliale e le alterazioni funzionali dei granulociti neutrofili e dell’immunità umorale aspecifica e cellulo-mediata, facilita l’attecchimento di infezioni nelle varie sedi, incluso il liquido ascitico [3,5,6,17].

I batteri e i loro prodotti sono in grado di attivare il sistema immunitario con aumento del rilascio di mediatori come NO, TNF-α, IL-1, IL-6, in grado di indurre la sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) la cui progressione culmina nell’insufficienza multiorgano (MOF) [3,17]. Infatti, la presenza in circolo di tossine evoca cascate citochiniche che portano al rilascio di mediatori in grado di interferire con numerosi sistemi vasoattivi, molti dei quali già implicati nella genesi delle alterazioni emodinamiche proprie della cirrosi in stadio avanzato. Si aggravano così la vasodilatazione arteriosa, l’iporeattività vascolare verso i vasocostrittori e la funzionalità cardiaca, tutti fattori implicati nella patogenesi della sindrome circolatoria iperdinamica [18]. Ne consegue che le infezioni batteriche si associano frequentemente (fino al 33% in caso di PBS e al 27% in caso di infezioni a diversa localizzazione) a insufficienza renale acuta, che comporta un tasso assai elevato di mortalità intra-ospedaliera e a 3 mesi [19,20]. È interessante notare che i pazienti cirrotici con PBS presentano una più alta concentrazione plasmatica e ascitica di TNF-α e IL-6 nel caso sviluppino insufficienza renale [21].

Le endotossine e le citochine, inoltre, sono in grado di indurre l’endotelio e le mastcellule a rilasciare sostanze eparinoidi e l’attivatore tissutale del plasminogeno, che induce fibrinolisi, e di interferire quindi negativamente con il processo di aggregazione piastrinica [3,17].

Le infezioni possono aggravare, inoltre, la funzione epatica in pazienti con cirrosi, e un’insufficienza epatica severa consegue spesso alla presenza contemporanea di cirrosi e shock settico. Sia le endotossine sia le citochine causano necrosi epatocitaria attraverso alterazioni della microcircolazione epatica. Un ruolo fondamentale in questo tipo di danno epatico è rivestito dalle cellule del Kupffer, che sono fonte di specie altamente reattive dell’O2 e dell’NO in grado di determinare perossidazione lipidica e danno epatico [3,17].

Più recentemente, è emerso come la sepsi nei pazienti con cirrosi sia frequentemente associata a insufficienza surrenalica. Essa è correlata alla gravità dell’insufficienza epatica e delle alterazioni emodinamiche e si associa a un significativo incremento della mortalità [22].

Infine, il quadro generale è reso ancora più complesso da dati recenti, incentrati sul concetto di “paralisi immunitaria”. Questa dimostrata entità, definita come una riduzione dell’espressione dell’antigene HLA-DR nei monociti, e quindi una riduzione nella produzione di citochine pro-infiammatorie stimolate dal lipopolisaccaride, è correlata alla gravità della sepsi [23]. Infatti, nei pazienti con cirrosi avanzata e nel contesto di insufficienza epatica acuta-su-cronica, sono state descritte le riduzioni dell’espressione di HLA-DR e della produzione in vivo di TNF-α [24,25]. Il significato clinico e prognostico della paralisi immunitaria nello specifico contesto del paziente con cirrosi complicata da infezione batterica rimane comunque ancora da definire.

Aspetti clinici e terapeutici

Presentazione clinica

Le infezioni nel paziente con cirrosi epatica sono clinicamente evidenti solo nel 55% circa dei casi e i sintomi/segni più frequenti sono rappresentati da dolore addominale, dispnea, encefalopatia epatica, ascite tesa e febbre. Nel restante 45% dei casi sono clinicamente silenti, in particolare le infezioni del liquido ascitico, delle vie urinarie e del sangue [3-6]. La diagnosi di SIRS è caratterizzata dalla presenza di almeno 2 dei seguenti criteri: alterazioni della temperatura corporea (< 36 °C o > 38 °C), tachicardia (frequenza > 90 bpm), tachipnea (> 20 atti/minuto) e alterazioni della conta leucocitaria (< 4.000 o > 12.000 cellule/mm3). Essa può essere difficoltosa nei pazienti cirrotici, poiché essi presentano, di base, leucopenia (per la sindrome da ipersplenismo), tachicardia e ipotensione arteriosa (per la sindrome iperdinamica) e iperventilazione (per l’encefalopatia epatica). Inoltre, è di comune osservazione clinica il fatto che, in caso di infezione, l’incremento della temperatura corporea possa essere assai modesto, e che alcuni pazienti presentino febbricola sporadica o subcontinua, in assenza di infezione documentabile con le tradizionali tecniche microbiologiche.

Prima di considerare i principali tipi di infezione, bisogna sottolineare che le indicazioni attualmente riportate nella letteratura scientifica per il trattamento delle infezioni batteriche nel paziente cirrotico si basano su studi ormai datati e di piccola numerosità, con la parziale eccezione di quelli dedicati alla PBS. Inoltre, le conoscenze su come il grado di insufficienza epatica, l’ipoalbuminemia e la presenza di ascite modifichino la farmacodinamica e la farmacocinetica degli antibiotici sono estremamente limitate. Pertanto, un obiettivo della ricerca epatologica dei prossimi anni è sicuramente rappresentato dalla definizione di nuovi schemi di terapia in termini di scelta, dosaggio e modalità di somministrazione degli antibiotici, al fine di rispondere efficacemente alle nuove sfide che i cambiamenti epidemiologici e lo sviluppo di ceppi resistenti stanno attualmente proponendo.

Principali sedi di infezione

Peritonite batterica spontanea (PBS)

Clinica

È definita dalla presenza di una quota di granulociti neutrofili > 250/µl di liquido ascitico, indipendentemente dalla positività degli esami colturali su ascite e sangue.

Raramente i pazienti affetti da PBS manifestano il quadro dei sintomi e segni tipico della peritonite generalizzata, presentandosi, al contrario, asintomatici in una considerevole percentuale dei casi. Le manifestazioni di presentazione più frequenti sono rappresentate dalla febbre e dal dolore addominale isolati. I pazienti possono presentare altri aspetti clinici all’esordio, come encefalopatia epatica e insufficienza renale (Figura 3). La diagnosi di certezza si ottiene con la paracentesi, che dovrebbe essere eseguita di routine su tutti i pazienti cirrotici con ascite ricoverati in ospedale. I campioni di liquido ascitico devono essere raccolti in flaconi per emocolture al letto del paziente, al fine di ottimizzare la crescita e l’isolamento della specie batterica su cui eseguire l’antibiogramma, che risulterà particolarmente utile nei pazienti che non rispondono alla terapia empirica. Poiché circa la metà dei casi di PBS è associata a batteriemia, le colture su sangue aumentano la possibilità di isolare il patogeno responsabile. Inoltre, per escludere altre infezioni, che possono presentarsi con caratteristiche simili a quelle della PBS, dovrebbero essere eseguiti parallelamente un’urinocoltura e una radiografia del torace.

La diagnosi precoce e il tempestivo e corretto trattamento della PBS ne hanno ridotto grandemente la mortalità, che attualmente non supera il 20-25%.

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Figura 3. Prevalenza di sintomi e segni clinici al momento della diagnosi di peritonite batterica spontanea

Terapia

Le cefalosporine di III generazione rappresentano la terapia di prima scelta e vengono somministrate usualmente per via endovenosa per almeno 7 giorni. Il farmaco più comunemente impiegato è cefotaxime, in dosaggi di 3-6 g/die divisi in 2-3 somministrazioni. Altri studi hanno documentato che ceftriaxone (2 g ev/24 h) è altamente efficace nel trattamento della PBS, con tassi di risoluzione e di mortalità sovrapponibili a cefotaxime [26,27].

Ciprofloxacina, somministrata per 7 giorni ev o, alternativamente, ev per i primi 2 giorni e quindi per via orale per i restanti 5 giorni, presenta un’efficacia simile a cefotaxime, seppur con costi più elevati. L’associazione amoxicillina/acido clavulanico, prima ev (1-2 g ogni 8 ore) e successivamente per via orale (500 mg ogni 8 ore), presenta tassi di sopravvivenza sovrapponibili al cefotaxime, ma con costi decisamente inferiori. Infine, la terapia orale con ofloxacina (400 mg/12 h) si è dimostrata efficace come cefotaxime nella PBS non complicata [26,27].

Si raccomanda la ripetizione di una paracentesi diagnostica a 48 ore dalla diagnosi, paracentesi che documenta una risposta alla terapia in caso di riduzione > 25% del numero di neutrofili su liquido ascitico [3,26,27]. In caso di mancata risposta e in mancanza di indicazioni dagli esami colturali, i carbapenemici possono rappresentare una valida terapia antibiotica empirica di secondo livello. Ovviamente, la scelta dell’antibiotico deve essere basata sull’antibiogramma in caso di positività degli esami colturali.

Recentemente, Sort e colleghi hanno dimostrato come l’utilizzo di albumina, somministrata a un dosaggio di 1,5 g/kg alla diagnosi e di 1 g/kg in terza giornata, in associazione alla terapia antibiotica, riduce significativamente l’incidenza di insufficienza renale (33% vs 10%) e la mortalità ospedaliera (29% vs 10%) rispetto ai pazienti trattati solo con antibiotici [19] (Figura 4). Ulteriori studi sono auspicabili al fine di verificare se dosaggi inferiori di albumina garantiscano la stessa efficacia e se tutti i pazienti cirrotici beneficino dell’infusione di albumina o se tale effetto sia circoscritto a un sottogruppo di pazienti più gravi.

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Figura 4. Percentuale di risoluzione dell’infezione, insorgenza di insufficienza renale, mortalità intraospedaliera e a 3 mesi in pazienti con cirrosi epatica e peritonite batterica spontanea trattati con antibiotico (cefotaxime) associato o meno a infusione di albumina umana (1,5 g/kg di peso corporeo il primo giorno e 1,0 g/kg di peso corporeo il terzo giorno)

Profilassi antibiotica e antibiotico-resistenza

Come dimostrato da uno studio di Fernández e colleghi, la profilassi antibiotica con norfloxacina può significativamente modificare il decorso clinico dei pazienti con cirrosi avanzata: essa incide positivamente sull’insorgenza di PBS e sindrome epatorenale, e migliora la sopravvivenza di questi pazienti [28]. Il regime posologico più utilizzato è rappresentato da norfloxacina 400 mg/die per os. In alternativa, può essere impiegata l’associazione trimetoprim/sulfametossazolo (1 cpr della preparazione “forte” al giorno per 5 giorni alla settimana). Questi trattamenti profilattici hanno significativamente ridotto le recidive di PBS e altre infezioni batteriche, ma hanno determinato, come già accennato, l’emergere di ceppi batterici Gram-negativi resistenti ai chinolonici e a trimetoprim/sulfametossazolo, oltre che un generale incremento delle infezioni sostenute da germi Gram-positivi. Tuttavia, nonostante lo sviluppo di resistenza ai chinolonici, i batteri Gram-negativi rimangono, in una percentuale consistente di casi, sensibili alle cefalosporine di III generazione [26,27].

Infezioni delle vie urinarie

Le vie urinarie sono la più frequente localizzazione di infezione batterica nel paziente cirrotico, in particolare nei portatori di catetere vescicale, con un’incidenza nettamente superiore nei pazienti di sesso femminile. Tali infezioni si presentano spesso in modo asintomatico e la batteriuria isolata rappresenta sovente il quadro di presentazione. Essendo sostenute in prevalenza da germi Gram-negativi, in assenza di isolamento del patogeno la terapia empirica può avvalersi di trimetoprim/sulfametossazolo, amoxicillina/acido clavulanico o cefalosporine per os, mentre l’impiego dei chinolonici (norfloxacina, ofloxacina, ciprofloxacina) è attualmente limitato dalla diffusione della resistenza verso questa classe di antibiotici [5].

Infezioni delle vie respiratorie

Le polmoniti sono una complicanza frequente del paziente con cirrosi epatica specialmente se in fase avanzata. Accanto ai già descritti fattori di rischio, va ricordata la sindrome restrittiva che consegue alla sopraelevazione e ipomobilità del diaframma in caso di ascite massiva o alla presenza di idrotorace. Quest’ultimo può essere sede di infezione batterica con caratteristiche simili a quelle già descritte per la PBS: infatti la diagnosi può essere posta quando il numero di granulociti neutrofili nel liquido pleurico è maggiore di 250/µl, indipendentemente dalla positività degli esami colturali.

Non esistono studi specificamente dedicati al trattamento delle polmoniti nel paziente con cirrosi epatica. Pertanto, gli schemi di terapia antibiotica devono basarsi sulle linee guida elaborate per la popolazione generale, tenendo presente che il paziente con cirrosi epatica è da considerarsi un paziente immunodepresso, spesso ospedalizzato o comunque in contatto con strutture sanitarie, malnutrito e sottoposto a profilassi o terapia antibiotica per infezioni recidivanti.

Infezioni dei tessuti molli

Le infezioni dei tessuti molli, in particolare le linfangiti degli arti inferiori o della parete addominale, sono relativamente frequenti nel paziente cirrotico con edemi declivi e ascite. S. aureus e S. pyogenes sono i microrganismi maggiormente implicati come agenti eziologici, ma anaerobi e Enterobacteriaceae possono talvolta complicare tali infezioni [29]. La terapia empirica si avvale di penicilline semisintetiche, cefalosporine di III generazione e chinolonici, valutando sempre la presenza di fattori di rischio per lo sviluppo di infezioni sostenute da ceppi resistenti (ospedalizzazioni o contatti recenti con il servizio sanitario, manovre invasive, profilassi antibiotica, gravità della sottostante cirrosi, malnutrizione).

Endocarditi

Il trattamento empirico delle endocarditi prevede l’impiego di penicilline in associazione con aminoglicosidi. Va ricordato, tuttavia, che, nel paziente cirrotico, gli aminoglicosidi inducono spesso insufficienza renale acuta organica (necrosi tubulare) e sono perciò da riservare solo in caso di gravi infezioni in grado di compromettere la sopravvivenza del paziente e non responsive ad altri regimi antibiotici di associazione [5].

Principali complicanze cliniche indotte dalle infezioni batteriche

Insufficienza renale

La sindrome epatorenale costituisce la principale causa di decesso in pazienti con PBS e rappresenta l’estrema conseguenza delle alterazioni della funzione circolatoria che caratterizzano la cirrosi. Tale peggioramento dell’emodinamica non sembra essere imputabile unicamente a un’esacerbazione della vasodilatazione arteriosa periferica, ma anche a una riduzione della gittata cardiaca conseguente ad alterazioni della funzione ventricolare e ad anomalie elettrofisiologiche (disaccoppiamento elettro-meccanico, incompetenza cronotropica e prolungamento dell’intervallo QT) che nel complesso hanno portato all’adozione delle definizione di cardiomiopatia cirrotica [21]. L’utilizzo di albumina in associazione alla terapia antibiotica, rispetto ai pazienti trattati solo con antibiotici, è in grado di ridurre significativamente l’incidenza di insufficienza renale e la mortalità ospedaliera. Tale effetto potrebbe essere conseguente non solo all’espansione della volemia efficace, ma anche alle proprietà non oncotiche di questo emoderivato, in particolare la capacità di legare citochine e NO o i suoi effetti antiossidanti [30].

Gli studi di Terra e colleghi hanno dimostrato come l’insufficienza renale acuta rappresenti una complicanza frequente (27%) anche nei pazienti con sepsi non correlata alla PBS. Lo sviluppo di insufficienza renale in questo contesto determina un marcato peggioramento del tasso di sopravvivenza, con una mortalità intraospedaliera del 45% e una mortalità a 3 mesi di oltre il 60% [20]. Recentemente, infine, Fasolato e colleghi hanno dimostrato che le infezioni batteriche a sede sotto-diaframmatica comportano un maggiore rischio di sviluppare insufficienza renale rispetto alle infezioni in sedi sopra-diaframmatiche [31].

Sanguinamento gastrointestinale

Esiste una stretta e ben documentata correlazione tra sanguinamento da rottura di varici esofago-gastriche e infezioni batteriche, che possono interessare fino al 66% dei casi (20% nelle prime 48 ore, 35-66% nelle successive 2 settimane) [16]. A loro volta, le infezioni rappresentano un importante fattore predittivo indipendente di fallimento nel controllo dell’emorragia, di precoce recidiva di sanguinamento e di mortalità [32]. Pertanto, si raccomanda l’adozione di profilassi antibiotica, che si è dimostrata in grado di ridurre significativamente non solo l’incidenza di infezioni, ma anche la mortalità. I regimi antibiotici utilizzati più frequentemente consistono nella somministrazione di norfloxacina per os (400 mg ogni 12 ore) o ceftriaxone ev (2 g ogni 24 ore) nei pazienti con malattia epatica avanzata.

Insufficienza adrenergica

Recentemente è stato dimostrato come l’insufficienza adrenergica sia una complicanza frequente (50% dei casi) nei pazienti critici con cirrosi e sepsi severa. Essa è correlata alla severità dell’insufficienza epatica, a un’accentuazione delle alterazioni emodinamiche e a un significativo incremento della mortalità. In un’analisi retrospettiva, l’utilizzo endovenoso di idrocortisone (50 mg ogni 6 ore) si è associato a una maggiore risoluzione dello shock settico e della sopravvivenza del paziente. Da tali iniziali risultati emerge l’opportunità di condurre studi prospettici randomizzati finalizzati a verificare l’eventuale efficacia di un supplemento di corticosteroidi nel migliorare le alterazioni emodinamiche, la disfunzione multiorgano e la sopravvivenza nei pazienti affetti da cirrosi e sepsi [22].

Sepsi e shock settico

I pazienti con cirrosi epatica presentano un aumentato rischio di sviluppare sepsi, shock settico e insufficienza multiorgano in conseguenza di un’infezione batterica [33]. La mortalità dei pazienti cirrotici con sepsi si avvicina al 70% dei casi ed è significativamente superiore a quella che si osserva nei pazienti non cirrotici. Per tale ragione, i pazienti cirrotici con sepsi, shock settico e insufficienza d’organo dovrebbero essere trasferiti in reparti di terapia intensiva in grado di offrire monitoraggio continuo, supporto sia emodinamico con vasopressori e fluidi sia respiratorio di tipo meccanico e trattamenti extracorporei renali e, in casi selezionati, epatici.

La review in breve

Quesito clinico

Le infezioni batteriche rappresentano una complicanza grave e frequente della cirrosi epatica. Esse sono responsabili, direttamente o indirettamente, di elevati tassi di morbilità e mortalità e sono una delle principali cause di ospedalizzazione. Lo scopo della review è quindi quello di esaminare gli aspetti clinici e terapeutici delle infezioni batteriche nel paziente cirrotico

Tipologia della revisione

Narrativa

Ricerca della letteratura

Su PubMed con le seguenti keywords: liver cirrhosis, bacterial infections, spontaneous bacterial peritonitis, antibiotic-resistance

Conclusioni

La severità dell’insufficienza epatica è il principale fattore di rischio di infezione nel paziente con cirrosi. Il passaggio di batteri e di loro prodotti dal lume intestinale al circolo ematico (traslocazione batterica) rappresenta il principale meccanismo di attivazione dei meccanismi pro-infiammatori e immunologici implicati nella compromissione dell’emodinamica sistemica, della funzionalità epatica e renale e del bilancio emocoagulativo che si verificano in corso di infezione batterica sino allo sviluppo di insufficienza multiorgano. Le infezioni nel paziente con cirrosi epatica sono silenti o paucisintomatiche in quasi la metà dei casi. Le vie urinarie, il liquido ascitico (peritonite batterica spontanea), i polmoni, il sangue e i tessuti molli rappresentano le principali sedi di infezione batterica. Accanto alla terapia antibiotica, la somministrazione di albumina umana viene utilizzata per la prevenzione dell’insufficienza renale nella terapia della peritonite batterica spontanea e, più recentemente, idrocortisone per la terapia dello shock settico.

Aree grigie

Le conoscenze epidemiologiche, fisiopatologiche e cliniche su cui si basa l’attuale approccio diagnostico-terapeutico derivano nella maggioranza dei casi da studi ormai datati e realizzati su pochi pazienti.

Implicazioni per ulteriori ricerche

Le infezioni batteriche sono uno dei principali problemi clinici da affrontare nei pazienti con cirrosi epatica. Nonostante questo, le conoscenze epidemiologiche, fisiopatologiche e cliniche su cui si basa l’attuale approccio diagnostico-terapeutico derivano nella maggioranza dei casi da studi ormai datati e realizzati su pochi pazienti. Pertanto, la ricerca epatologica dei prossimi anni dovrà essere finalizzata a definire:

  • attuale epidemiologia delle infezioni batteriche e delle antibiotico-resistenze;
  • caratterizzazione degli eventi fisiopatologici causati dall’infezione e loro relazione con lo sviluppo di complicanze e mortalità;
  • nuovi predittori (clinici, biologici, genetici) di infezione nei pazienti con cirrosi avanzata ma stabile;
  • nuovi predittori (clinici, biologici, genetici) di esito in pazienti con cirrosi e infezione batterica;
  • influenza dell’insufficienza epatica, ipertensione portale, ipoalbuminemia e ascite sulla farmacodinamica e la farmacocinetica delle principali classi di antibiotici;
  • nuovi schemi di terapia in termini di scelta, dosaggio e modalità di somministrazione degli antibiotici in grado di rispondere efficacemente ai cambiamenti epidemiologici e all’emergenza di antibiotico-resistenza;
  • ruolo di farmaci, quali, ad esempio, albumina, idrocortisone, vasocostrittori, da utilizzare nel trattamento delle infezioni batteriche insieme alla terapia antibiotica.

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