Reviews in Health Care 2011; 2(Suppl 1): 109-114
Profilassi del tromboembolismo venoso in pazienti con emorragia cerebrale spontanea
Prophylaxis of venous thrombosis in patients with spontaneous intracerebral bleeding
Emanuele Rezoagli 1, Walter Ageno 1, Luca Masotti 2, Daniel Godoy 3, Mario Di Napoli 4, Maurizio Paciaroni 5, Alejandro Rabinstein 6
1 Dipartimento di Medicina Clinica, Università dell’Insubria, Varese
2 Medicina Interna, Ospedale di Cecina, ASL 6 Livorno
3 Neurorianimazione, Sanatorio Pasteur, Catamarca, Argentina
4 Neurologia, Ospedale Generale San Camillo de’ Lellis, Rieti
5 Stroke Unit e Divisione di Medicina Cardiovascolare. Università degli Studi di Perugia
6 Neuroscience Intensive Care Unit, Mayo Clinic, Rochester, USA
Abstract
Spontaneous intracerebral haemorrhage (SIH) represents a severe clinical event that is associated with high rates of mortality and morbidity. Only a minority of SIH patients receive surgical treatment, whereas the majority are treated conservatively. Venous thromboembolism (VTE) is one of the most common complications in SIH patients and a potential cause of death. Because of the lack of adequate evidences from the literature, the risk to benefit ratio of pharmacologic prophylaxis of VTE, represented on the one hand by hematoma enlargement and/or rebleeding and on the other hand by an expected reduction of the risk of VTE, remains controversial. Mechanical prophylaxis is a potentially safer alternative, but the efficacy of this approach is uncertain. In the absence of specific clinical guidelines containing clear-cut recommendations, physicians have insufficient tools to assist their therapeutic decisions.
Keywords
Intracranial bleeding; Deep vein thrombosis; Pulmonary embolism; Prophylaxis; Low molecular weigh heparin; Unfractionated heparin; Physical methods
Disclosure
Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo
L’emorragia cerebrale spontanea (ECS) deriva dalla rottura dei vasi cerebrali [1]. L’evidenza radiologica di ECS al momento dell’ictus è presente nel 10-15% di tutti i pazienti con ictus cerebri [2]. L’incidenza di ECS è 24,6/100.000 abitanti/anno in tutto il mondo (range = 1,8-129,6/100.000 abitanti/anno) [3]: è stimato che più di due milioni dei circa 15 milioni di ictus cerebri siano ECS, ogni anno [2]. Negli ultimi decenni, i ricoveri in Ospedale per ECS sono aumentati del 18% [4]. L’ECS è gravata sia da un alto tasso di mortalità, che è vicino al 40% a 30 giorni dall’evento acuto (range = 13,1-61%) [3], con la metà dei decessi che si manifesta entro i primi 2 giorni [2], e a circa il 54,7% a un anno (range = 46-63,6%) [3]; sia da un alto tasso di morbilità, motivo di completo recupero a 12 mesi di solo il 12-33% dei pazienti, a causa delle sequele neurologiche residue [3].
I pazienti con ECS hanno un rischio di risanguinamento o di progressione del sanguinamento relativamente alto, specialmente entro le prime 24 ore [5,6], che diventa molto alto nei pazienti che assumono terapia anticoagulante al momento dell’evento [7]. Un aumento del volume dell’ematoma è visibile nel 38% dei soggetti nelle prime 24 ore e nei due terzi di questa popolazione tale ingrandimento diviene evidente nella prima ora dall’inizio della sintomatologia [1,5]. L’incremento dell’ematoma sembra essere causato o dal continuo sanguinamento dal sito iniziale o da un ulteriore sanguinamento da piccoli vasi adiacenti danneggiati, che provocano emorragie satelliti alla periferia del coagulo [1,8,9]. L’espansione dell’ematoma è stata ricondotta a svariati fattori di rischio tra cui l’abuso alcolico, ematomi con conformazioni irregolari, ipofibrinogenemia, ridotti livelli di protrombina, diabete mellito e patologie epatiche [1,5,10-16]. L’ampliamento dell’ematoma è direttamente associato con il peggioramento della prognosi, dunque tutti gli sforzi che puntino a limitare questa crescita sono di estrema importanza [5,6,17].
I pazienti con ECS hanno un rischio incrementato di sviluppare complicanze tromboemboliche venose [18,19], fino a quattro volte più alto rispetto a quello dei pazienti con ictus ischemico [20]. Una revisione del database del National Hospital Discharge Survey dal 1979 al 2003, che include più di 1,6 milioni di pazienti con ECS, rivela un’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) sintomatico del 1,93%, con embolia polmonare (EP) nel 0,68% dei pazienti e trombosi venosa profonda (TVP) nel 1,37% [21]. Complessivamente, l’incidenza stimata di TEV sintomatico si attesta attorno al 2-3%, con un valore di mortalità legato a EP del 5% di questi pazienti [22].
Diviene dunque chiaro che la prevenzione del TEV dovrebbe diventare un importante risultato da raggiungere nella gestione di pazienti con ECS.
Il primo obiettivo è quello di identificare la presenza di fattori predittivi di TEV dopo ECS. Sulla base di risultati di pochi studi sono stati individuati i seguenti fattori che si associano a un più alto rischio di sviluppo di TEV [23-26]:
- età avanzata;
- sesso femminile;
- obesità;
- immobilizzazione prolungata;
- paralisi degli arti;
- localizzazione lobare;
- ampio diametro dell’ECS;
- punteggio maggiore o uguale a 12 della National Institute of Health Stroke Scale (NIHSS).
A questo potrebbe aggiungersi l’effetto di farmaci impiegati per il reversal in emergenza della terapia anticoagulante, come i concentrati del complesso protrombinico, il plasma fresco congelato, la vitamina K1 e soprattutto il fattore VII ricombinante attivato [27]. È possibile che questi trattamenti portino a un aumento del rischio di TEV, ma l’entità di tale rischio non è completamente nota [27,28].
La profilassi meccanica con le calze elastiche a compressione graduata (CECG) e/o con la compressione pneumatica intermittente (CPI) si è dimostrata efficace nei pazienti chirurgici per la prevenzione del TEV ed è considerata la prima scelta nei soggetti con controindicazioni alla profilassi farmacologica [29]. Più recentemente sono stati pubblicati i risultati dei trials CLOTS (Clots in Legs Or sTockings after Stroke) I e II [30,31]. Lo studio CLOTS I, che ha arruolato circa 2.500 pazienti, 232 dei quali inclusi per ECS, ha fallito nel dimostrare che le CECG a monocollant (sopra il ginocchio) potevano ridurre il rischio di TVP sintomatica e asintomatica nei pazienti con ictus cerebri rispetto al placebo (10% vs 10,5% di eventi di TVP rispettivamente) [30]. Lo studio CLOTS II, che ha arruolato 365 pazienti con ECS, ha mostrato una riduzione nell’incidenza delle TVP prossimali dall’8,8% nei pazienti che indossavano CECG a gambaletto (sotto il ginocchio) al 6,3% nei pazienti che indossavano CECG sopra il ginocchio [31]. Sfortunatamente, nessuno dei due trial ha riportato una sotto-analisi ad hoc per i pazienti con ECS. Uno studio ha confrontato le CECG da sole con CECG associate a CPI per la profilassi del TEV dopo ECS e ha concluso che l’associazione delle due strategie ha determinato una significativa riduzione del rischio di TEV rispetto all’utilizzo delle sole CECG (16,9% vs 4%) [32], a conferma del suggerimento generale secondo cui la combinazione della CPI con le CECG possa migliorare l’efficacia della singola strategia terapeutica.
Un numero ridotto di studi ha analizzato il ruolo della profilassi farmacologica nei pazienti con ECS [33-41]. Di questi studi, che hanno incluso nel complesso più di 1.700 pazienti con ECS, tre erano trial randomizzati controllati (RCT), di cui uno però era in parte un duplicato, con l’aggiunta di 22 nuovi pazienti ai 46 arruolati nel precedente studio [33,34,40], mentre sei erano studi retrospettivi di coorte [35-39,41], tre dei quali con un gruppo di controllo [36-38].
Gli outcome maggiormente considerati nei diversi studi sono stati: l’incremento di volume dell’ECS [37-41], la ripresa dei sanguinamenti [33-36] e gli eventi di TEV [33-41].
Gli studi hanno valutato sia eparina non frazionata (ENF) sia eparine a basso peso molecolare (EBPM) e il trattamento veniva iniziato entro 48 ore dal ricovero in Ospedale in un’elevata percentuale di pazienti ed entro 4 giorni nella maggioranza dei casi.
Recentemente, Paciaroni e colleghi hanno realizzato una meta-analisi di questi studi, includendo alla fine nell’analisi quattro studi controllati, di cui due RCT [42]. Gli Autori hanno riportato una significativa riduzione del rischio di EP sintomatica e asintomatica (risk ratio (RR) = 0,37; IC 95% = 0,17-0,80), senza alcun effetto sul rischio di TVP sintomatica e asintomatica (RR = 0,77; IC 95% = 0,44-1,34; p = 0,36) e nessun effetto sul rischio di mortalità da qualunque causa (RR = 0,76; IC 95% = 0,57-1,03). Dato di interesse, non vi sono stati segnali di incremento del rischio di aumento volumetrico dell’ematoma (RR = 1,42; IC 95% = 0,57-3,53) [42]. Né gli studi disponibili, né la meta-analisi degli stessi sono comunque sufficienti per trarre delle informazioni fondate su solide evidenze.
Dopo la pubblicazione di questa meta-analisi, Wu e collaboratori hanno pubblicato uno studio sulla sicurezza della profilassi farmacologica nei pazienti con ECS, con o senza sanguinamento intra-ventricolare [41]. Questo studio ha mostrato che sia l’EBPM che l’ENF sono efficaci nel ridurre il rischio di TEV, ed entrambe sono sicure rispetto all’ingrossamento dell’ematoma, somministrate sia entro 48 ore sia entro quattro giorni [41].
Per quanto riguarda le linee guida disponibili [2,20,43-49], esiste una certa uniformità nelle raccomandazioni, che sono ovviamente basate su livelli di evidenza molto bassi, riflettendo la necessità di studi clinici più rigorosi e meglio progettati. Tutte le linee guida sostanzialmente concordano sul ruolo della profilassi meccanica nei pazienti con ECS per prevenire il TEV, e suggeriscono di iniziare la loro applicazione il prima possibile. Sebbene con un basso grado di raccomandazione, più linee guida sostengono l’associazione delle CECG e della CPI. C’è sicuramente maggior cautela quando si raccomanda la profilassi farmacologica e questa raccomandazione non è condivisa da tutte le linee guida. In generale, si suggerisce di considerare l’uso di strategie farmacologiche per pazienti ad alto rischio di TEV, ma solo dopo che la stabilizzazione del paziente sia documentata, ovvero dopo la dimostrazione della cessazione del sanguinamento valutata sia in base alla stabilità clinica sia per mezzo di una TC di controllo.
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