Reviews in Health Care 2011; 2(Suppl 1): 69-76
Scale prognostiche nell’emorragia cerebrale
Clinical Grading scales in intracerebral haemorrhage
Mario Di Napoli 1
1 UOC Neurologia, Ospedale Generale San Camillo de’ Lellis, Rieti
Abstract
Intracerebral haemorrhage (ICH) represents a subtype of stroke with a higher risk of long-term disability and mortality than any other form of stroke. Despite greater understanding of ICH pathophysiology, treatment options for this devastating condition remain limited. A lack of a standard, universally accepted clinical grading scale for ICH has contributed to reduce availability of optimised treatment regimens, and designing effective clinical trials protocols reducing communication among physicians. A number of ICH grading scales and prognostic models have been developed for mortality and/or functional outcome, particularly 30 days after ICH onset. Several reliable scales have been externally validated in heterogeneous populations. Presently, the ICH score developed by Hemphill and colleagues has showed a greater diffusion due to a good sensibility, specificity and reproducibility together with an easy use. The actual modified versions of this scale have shown only a limited impact on prediction although it is possible to improve prediction of this scale introducing new selected biomarkers. Before an extensive use of these prognostic scale in clinical practice, expansive, prospective, multi-center clinical outcome studies are mandatory to clearly define all aspects of ICH, establish ideal grading scales, and standardised management protocols to enable the identification of novel and effective therapies in ICH.
Keywords
Intracerebral haemorrhage; Clinical Grading scale; Score; ICH score; Validation; Outcome measures; Mortality; Functional outcome
Disclosure
L’Autore dichiara di non avere conflitti di interesse di tipo finanziario in merito ai temi trattati nel presente articolo
L’osservazione clinica dell’esistenza di una associazione tra alcune caratteristiche della patologia in esame e la relativa prognosi rappresenta una forma primordiale di modello prognostico. Solo successivamente, grazie all’introduzione di analisi statistiche sofisticate e all’utilizzo dei computer, è stato possibile costruire dei modelli multivariati nei quali il contributo dei singoli fattori in studio, nei confronti di una specifica finalità, poteva essere considerato simultaneamente e le loro collinearità e interazioni potevano essere esaminate. I modelli di previsione prognostica sono in ultima analisi un tentativo di fornire una risposta clinica circa le possibilità di sopravvivenza e di recupero dei pazienti e di facilitare le decisioni su alcuni aspetti del processo di cura del paziente.
Nel caso specifico dell’emorragia cerebrale spontanea (ECS) lo sviluppo di adeguati mezzi di previsione prognostica risulta di particolare interesse pratico. L’ECS rappresenta circa il 10-15% di tutti gli ictus con una mortalità del 25-30% entro tre mesi [1]. Nonostante il progredire delle conoscenze sulla fisiopatologia dell’ECS, il trattamento rimane tuttora inefficace e di supporto.
Da un punto di vista prettamente clinico, lo sviluppo di modelli e scale prognostiche nell’ECS ha essenzialmente due finalità: la prima, determinare la prognosi, sia essa a breve o a lungo termine, a livello di mortalità/sopravvivenza o risultato/prognosi (outcome, secondo la terminologia anglosassone) funzionale; la seconda, esaminare il ruolo di alcune caratteristiche cliniche, neuroradiologiche o biochimiche in modo da precisarne lo specifico contributo alla fisiopatologia dell’ECS e quindi identificare dei potenziali obiettivi di intervento mirato. Praticamente, significa analizzare con i metodi dell’analisi logistica multivariata il peso delle singole variabili di interesse, siano esse cliniche, neuroradiologiche o di laboratorio, definite variabili dipendenti, prese sia singolarmente che nel loro complesso, opportunamente pesate, data la coesistenza di possibili fattori di confondimento, più o meno noti, sulla variabile indipendente, precedentemente definita nel contesto di uno studio clinico osservazionale o nell’ambito di uno studio clinico randomizzato.
Negli ultimi 20 anni, grazie all’utilizzo dell’analisi multivariata, sono state identificate numerose variabili cliniche e/o strumentali capaci di predire la prognosi nell’ECS, e in particolare la mortalità a breve termine. Le variabili più note sono sintetizzate nella Tabella I [2-5]. Oltre quelle descritte sono state identificate anche altre variabili prognostiche quali la presenza di idrocefalo, la localizzazione sottotentoriale dell’ematoma, i valori di pressione arteriosa sistolica e media all’ingresso e l’iperglicemia, ma su di esse il consenso e l’effettivo valore prognostico rimangono ancora controversi.
Variabili prognostiche |
Volume dell’ematoma |
Glasgow Coma Scale (GCS) |
Estensione intraventricolare dell’emorragia |
Età avanzata |
Localizzazione dell’emorragia (profonda) |
Edema cerebrale massivo (spostamento della linea mediana, erniazione) |
Espansione dell’ematoma |
Tabella I. Variabili cliniche predittive della prognosi in soggetti con ECS
Tutti questi modelli prognostici sono stati sviluppati e applicati in diversi e specifici scenari clinici e in generale essi risultano particolarmente accurati e facilmente applicabili all’interno dello scenario clinico in cui sono stati sviluppati. La loro applicabilità in scenari clinici differenti presenta delle limitazioni legate alla difficoltà di applicazione pratica del singolo modello matematico sviluppato e, eccetto alcuni casi, questi modelli non sono stati confermati in casistiche differenti e indipendenti. Inoltre, il loro utilizzo come ausilio nell’effettuare l’accettazione dei pazienti all’arrivo in Ospedale, per identificare quei soggetti con scarsa/nulla possibilità di sopravvivenza, a cui quindi sospendere le cure, potrebbe portare a quel fenomeno definito con terminologia anglosassone di selffulfilling prophecy che i clinici e i ricercatori dovrebbero tenere presente quando si utilizzano tali scale dato che tale effetto, come è stato dimostrato [6], inficia la validità predittiva di tali modelli. Nei soggetti con ECS la sospensione precoce delle cure rappresenta il principale fattore indipendente predittivo di mortalità a breve e a lungo temine [7,8]. In aggiunta, la somiglianza dei fattori che predicono sia la mortalità a breve termine sia la disabilità a lungo termine, suggeriscono che sebbene una terapia più aggressiva possa ridurre e in qualche modo prevenire la mortalità a breve termine, la prognosi funzionale a lungo termine di tali pazienti rimarrà comunque povera con una severa invalidità residua. Infine, una delle limitazioni principali di questi modelli è rappresentata dall’impossibilità di predire con una relativa certezza la prognosi nella maggior parte dei pazienti. Di solito l’accuratezza di questi modelli è verificata utilizzando il rapporto osservati/attesi in uno specifico scenario di una particolare categoria di pazienti rispetto allo scenario osservato in una popolazione specificata. Mentre i rendimenti di tali modelli sono generalmente buoni nel loro complesso, limitando l’osservazione a casi di minore o intermedia gravità il potere predittivo risulta scarso; questo perché tali modelli non sono in grado di classificare i pazienti in maniera accurata per cui non si discostano nella loro previsione dalla storia naturale della ECS, il che li rende poco utili nella corrente pratica clinica. Per questo motivo, negli ultimi anni sono state introdotte in questi modelli di previsione prognostica delle variabili fisiopatologiche con l’auspicio di differenziare soprattutto quei pazienti con prognosi incerta in cui l’appropriato intervento terapeutico potrebbe significativamente migliorarne la prognosi e ridurne l’invalidità residua. Un esempio è l’utilizzo dei marcatori biochimici della risposta infiammatoria della fase acuta che migliorano la categorizzazione dei pazienti con ECS a basso e medio rischio di mortalità (Figura 1) [9].
Figura 1. L’inclusione nella scala di Hemphill (HS) di variabili prognostiche legate alla risposta infiammatoria durante la fase acuta dell’emorragia cerebrale spontanea (ECS) determina un miglioramento della predittività soprattutto nelle classi di rischio intermedio dove la predittività di tale scala prognostica risulta meno efficace, come dimostrato dal confronto delle curve di beneficio netto. Modificata da [9]
BG = glucosio ematico; CRP = proteina C-reattiva; WBC = leucociti
Una scala prognostica è quindi importante per la valutazione clinica, la standardizzazione e per la comunicazione tra clinici. Una scala clinica ideale facilita la definizione della prognosi, la selezione al miglior trattamento possibile per i pazienti, come pure permette un confronto chiaro tra gli studi clinici, la qualità delle cure, la selezione dei pazienti e l’efficacia del trattamento all’interno degli studi clinici randomizzati [10]. Una scala efficiente ed efficace minimizza inoltre i costi riducendo i trattamenti medici inutili.
Le caratteristiche delle più recenti scale prognostiche con le rispettive misure di efficienza sono riportate nella Tabella II per la mortalità intraospedaliera, per la mortalità e il recupero funzionale a tre mesi [11]. Tutte le scale dimostrano una eccellente discriminazione per quanto riguarda la mortalità intraospedaliera e a tre mesi, senza significative differenze tra loro. Meno efficaci risultano nella previsione del recupero funzionale a tre mesi [11-17]. La più nota tra queste è la scala proposta da Hemphill (HS) e collaboratori [12] che include il punteggio alla GCS (Glasgow Coma Scale), il volume della ECS, la presenza di inondazione ventricolare, la sede sottotentoriale e l’età avanzata (Tabella III) [12]. La HS ideata negli Stati Uniti è stata sottoposta a validazione esterna in varie popolazioni indipendenti tra di loro con caratteristiche socioculturali ed economiche dissimili dall’originario campione di derivazione dimostrando una buona riproducibilità e predittività anche in altre popolazioni. La HS è stata anche validata per predire il recupero funzionale a un anno mostrando che l’aumento del punteggio alla HS era associato a una più bassa probabilità di recupero funzionale [18]. Quest’ultimo aspetto comunque non è stato ancora replicato in altri studi.
Scale |
AUC |
(95% IC) |
Indice di Youden |
Cut-off |
Sensibilità |
Specificità |
PPV |
NPV |
pLR |
nLR |
PTP pos |
PTP neg |
Mortalità intra ospedaliera |
||||||||||||
Original ICH score (HS) [12] |
0,863 |
(0,775-0,950) |
0,532 |
2 |
1 |
0,532 |
0,48 |
1 |
2,137 |
0 |
0,476 |
0 |
Modified ICH score [13] |
0,854 |
(0,760-0,949) |
0,545 |
3 |
0,8 |
0,745 |
0,57 |
0,9 |
3,137 |
0,268 |
0,572 |
0,103 |
mICH-A score [14] |
0,855 |
(0,765-0,944) |
0,616 |
6 |
0,85 |
0,766 |
0,61 |
0,92 |
3,632 |
0,196 |
0,607 |
0,077 |
mICH-B score [14] |
0,845 |
(0,752-0,931) |
0,587 |
5 |
0,8 |
0,787 |
0,62 |
0,9 |
3,756 |
0,254 |
0,615 |
0,098 |
New ICH score [13] |
0,828 |
(0,726-0,931) |
0,531 |
3 |
0,85 |
0,681 |
0,53 |
0,91 |
2,664 |
0,220 |
0,531 |
0,086 |
Essen ICH score [15] |
0,913 |
(0,846-0,980) |
0,701 |
7 |
0,85 |
0,851 |
0,71 |
0,93 |
5,705 |
0,176 |
0,708 |
0,070 |
ICH grading scale (ICH-GS) [16] |
0,873 |
(0,790-0,957) |
0,61 |
9 |
0,95 |
0,66 |
0,54 |
0,97 |
2,794 |
0,076 |
0,543 |
0,031 |
Simplified ICH score (sICH) [17] |
0,928 |
(0,870-0,986) |
0,766 |
8 |
1 |
0,766 |
0,65 |
1 |
4,274 |
0 |
0,645 |
0 |
Mortalità a 3 mesi |
||||||||||||
Original ICH score (HS) [12] |
0,861 |
(0,773-0,949) |
0,57 |
3 |
0,76 |
0,81 |
0,7 |
0,85 |
4 |
0,296 |
0,704 |
0,149 |
Modified ICH score [13] |
0,875 |
(0,788-0,962) |
0,569 |
4 |
0,64 |
0,929 |
0,84 |
0,81 |
9,014 |
0,387 |
0,842 |
0,187 |
mICH-A score [14] |
0,85 |
(0,755-0,945) |
0,673 |
6 |
0,84 |
0,833 |
0,75 |
0,9 |
5,029 |
0,192 |
0,749 |
0,102 |
mICH-B score [14] |
0,85 |
(0,753-0,947) |
0,657 |
5 |
0,8 |
0,857 |
0,77 |
0,88 |
5,594 |
0,233 |
0,769 |
0,121 |
New ICH score [13] |
0,818 |
(0,710-0,925) |
0,514 |
3 |
0,8 |
0,714 |
0,63 |
0,86 |
2,797 |
0,280 |
0,624 |
0,142 |
Essen ICH score [15] |
0,908 |
(0,837-0,978) |
0,705 |
7 |
0,8 |
0,905 |
0,83 |
0,84 |
8,421 |
0,220 |
0,833 |
0,116 |
ICH grading scale (ICH-GS) [16] |
0,841 |
(0,745-0,938) |
0,57 |
9 |
0,88 |
0,69 |
0,63 |
0,91 |
2,838 |
0,173 |
0,628 |
0,093 |
Simplified ICH score (sICH) [17] |
0,92 |
(0,858-0,983) |
0,569 |
9 |
0,64 |
0,929 |
0,84 |
0,81 |
9,014 |
0,387 |
0,842 |
0,187 |
Recupero funzionale a tre mesi |
||||||||||||
Original ICH score (HS) [12] |
0,864 |
(0,764-0,964) |
0,577 |
2 |
0,765 |
0,812 |
0,93 |
0,52 |
4,069 |
0,289 |
0,928 |
0,479 |
Modified ICH score [13] |
0,851 |
(0,753-0,950) |
0,537 |
2 |
0,725 |
0,812 |
0,93 |
0,48 |
3,856 |
0,338 |
0,924 |
0,519 |
mICH-A score [14] |
0,912 |
(0,840-0,985) |
0,718 |
4 |
0,843 |
0,875 |
0,96 |
0,64 |
6,744 |
0,179 |
0,955 |
0,363 |
mICH-B score [14] |
0,896 |
(0,816-0,975) |
0,655 |
3 |
0,843 |
0,875 |
0,94 |
0,62 |
6,744 |
0,179 |
0,955 |
0,363 |
New ICH score [13] |
0,738 |
(0,618-0,857) |
0,412 |
4 |
0,41 |
1 |
1 |
0,35 |
∞ |
0,588 |
1 |
0,652 |
Essen ICH score [15] |
0,928 |
(0,859-0,997) |
0,721 |
4 |
0,784 |
0,937 |
0,98 |
0,58 |
12,44 |
0,230 |
0,975 |
0,423 |
ICH grading scale (ICH-GS) [16] |
0,876 |
(0,785-0,968) |
0,522 |
9 |
0,647 |
0,875 |
0,94 |
0,44 |
5,176 |
0,403 |
0,942 |
0,562 |
Simplified ICH score (sICH) [17] |
0,887 |
(0,801-0,973) |
0,675 |
7 |
0,863 |
0,812 |
0,94 |
0,65 |
4,5904 |
0,168 |
0,936 |
0,349 |
Tabella II. Area sotto la curva (AUC), indice di Youden, sensibilità, specificità, valore predittivo positivo (PPV), valore predittivo negativo (NPV), rapporto di probabilità positivo (pLR), rapporto di probabilità negativo (nLR), probabilità a posteriori positiva (PTP pos) e negativa (PTP neg) al limite del massimo valore dell’indice di Youden per la mortalità intra-ospedaliera e per la mortalità e il recupero funzionale a tre mesi. Adattata e modificata da [11]
Per superare alcuni limiti della HS sono state proposte alcune modifiche per incrementare la predittività della stessa [11]. Le principali e le più note sono elencate nella Tabella II. Nel loro insieme tali modifiche comprendono nuove variabili cliniche o differenti categorizzazioni delle variabili già incluse nella HS (Figura 2). Complessivamente tali modifiche tendono a migliorare il potere predittivo della HS, sebbene queste modifiche risultino spesso clinicamente poco significative.
Componenti |
Punteggio |
|
GCS |
3-4 |
2 |
5-12 |
1 |
|
13-15 |
0 |
|
Volume ECS (cc) |
≥ 30 |
1 |
< 30 |
0 |
|
Emorragia intraventricolare |
Yes |
1 |
No |
0 |
|
Origine sottotentoriale |
Yes |
1 |
No |
0 |
|
Età (anni) |
≥ 80 |
1 |
< 80 |
0 |
|
Punteggio totale |
0-6 |
Tabella III. La scale di Hemphill (ICH score)
La HS e le versioni modificate della scala sono semplici, facili da usare e predicono la mortalità e il recupero funzionale con un’accettabile accuratezza e riproducibilità in maniera pressoché sovrapponibile con minime differenze tra loro [11]. Lo scopo della ricerca attuale nel campo è quello di creare una scala prognostica semplice, facilmente applicabile e che possa predire in maniera eguale sia la mortalità sia la prognosi funzionale. Molte delle scale ricordate sono state validate esternamente dimostrando un’accettabile predittività. Tutte sono state sviluppate in maniera rigorosa utilizzando metodologie sia di tipo clinico sia statistico e tutte potenzialmente possono essere accettabili per l’utilizzo clinico. È tuttavia possibile migliorarne la predittività introducendo ulteriori variabili, selezionate in base a precisi criteri clinici e fisiopatologici [9]. Tale aspetto dovrà tendere a migliorare la predittività soprattutto nelle categorie a rischio lieve-intermedio dove tutte le attuali scale sono meno efficaci. Sfortunatamente al momento non risulta chiaro quale di queste scale sia la migliore, anche se sicuramente la HS risulta la più studiata e validata. Questo perché non esistono studi prospettici comparativi sufficientemente ampi da permettere un’accurata validazione delle differenti scale proposte [11]. Fino a quando tali risultati non saranno disponibili la scelta di una scala nella valutazione clinica di pazienti con ECS deve essere fatta con estrema cautela tenendo conto della patogenesi, delle terapie in atto e del livello di cure in quanto complessi aspetti sociali, culturali, economici, religiosi, difficilmente prevedibili a priori, e variabili in base alle singole caratteristiche socio-culturali delle singole popolazioni in studio, possono intervenire nel determinismo della prognosi di questi pazienti. Un esempio di quanto sopra è l’impatto che può avere la sospensione delle cure nel determinismo della prognosi dei pazienti con ECS e il relativo impatto sulla predittività delle scale prognostiche [6]; tale aspetto dovrebbe essere accuratamente valutato nella progettazione e nella validazione di una scala prognostica per ECS [6]. La limitazione delle cure e la sua sospensione sono comuni dopo una ECS e si sono dimostrati fattori predittivi indipendenti di una prognosi infausta [7,8]. È ovvio che il potere predittivo di una scala prognostica risulterà inflazionato all’interno di uno scenario clinico caratterizzato da un alto tasso di sospensione delle cure [6-8].
Figura 2. Scale prognostiche nell’emorragia cerebrale spontanea a confronto. Nella figura per ogni scala prognostica sono rappresentate le singole variabili con le relative categorizzazioni ed i rispettivi punteggi attribuiti dagli autori per calcolare il punteggio totale della scala considerata
In conclusione, la continua elaborazione delle attuali scale prognostiche e di nuove scale nella ECS porterà allo sviluppo di una scala prognostica ideale la quale dovrà mantenere la semplicità e la facilità di impiego delle scale attuali, tener conto dell’inizio dell’insorgenza dei sintomi e dell’inizio del trattamento, mantenere una predittività prognostica lungo tutto il percorso ospedaliero dei pazienti, non essere influenzata dalla sospensione delle cure, e incorporare quelle nuove variabili derivanti dalle nuove acquisizioni di fisiopatologia della ECS. Lo sviluppo di una tale scala contribuirà significativamente al miglioramento delle cure di questi pazienti spesso considerati “figli di un Dio minore” tra i pazienti con patologia cerebrovascolare e contribuirà allo sviluppo di nuovi e più efficaci protocolli clinico-terapeutici.
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