Reviews in Health Care 2012; 3(Suppl 1): 15-25
Congress report
Diagnosi delle infezioni fungine invasive
Diagnosis of invasive fungal infections
Anna Maria Barbui 1, Corrado Girmenia 2, Giorgio Limerutti 3
1 S.C. Microbiologia A.S.O. San Giovanni Battista, Torino
2 Clinica Ematologia, Università di Roma “La Sapienza”
3 S.C. Radiologia Diagnostica Centrale, A.S.O. San Giovanni Battista, Torino
Abstract
A proper diagnostic strategy of invasive fungal infections (IFI) is a very important component in the management of infectious complications in hematological patients. A good diagnostic approach should be adapted to the patient in relation to the underlying disease, stage of disease, localization of infection and immune status. None of the diagnostic markers can be entirely adopted for medical decision making, and sometimes it’s useful to use the combination of several microbiological tests.
The diagnosis of IFI must therefore have a multidisciplinary approach that includes clinical suspicion, microbiological results and radiological evidence.
Keywords
Invasive fungal infections; Diagnosis; Hematology
Disclosure
Il presente Congress Report è stato supportato da Astellas Pharma SpA.
Approccio diagnostico del paziente neutropenico febbrile
Gli strumenti a disposizione per un corretto approccio diagnostico alle infezioni fungine sono nel complesso pochi e normalmente disponibili in ogni centro ematologico (Tabella I).
Esami microbiologici |
Esami clinici e strumentali |
Colonizzazione Secrezioni respiratorie
Esame colturale
Ricerca antigeni fungini nel siero (GM, BG, mannoproteina, antigene criptococcico capsulare) Diagnostica molecolare |
TC
Ecografia addome Esame obiettivo della cute Fondo dell’occhio |
Tabella I. Strumenti per la diagnosi di infezione fungina invasiva
BG = β-D-glucano; GM = galattomannano
Per effettuare una corretta diagnosi di infezione fungina è inoltre utile conoscere la patogenesi dell’infezione e le comuni vie di ingresso dei patogeni. Per quanto riguarda l’infezione endogena da Candida e da altri lieviti si verifica un’iniziale colonizzazione del tratto gastroenterico, per documentare la quale è sufficiente un esame colturale delle mucose. Quando, dopo la colonizzazione, i lieviti infiltrano la mucosa e la sottomucosa può essere utile anche un accertamento bioptico e, infine, quando il fungo attraversa la membrana basale, supera l’interstizio, entra in circolo e invade gli organi interni, oltre agli esami microbiologici, in particolare le emocolture, è necessario effettuare anche esami strumentali.
Analogamente per Aspergillus, che nella maggior parte dei casi ha come porta di ingresso le vie respiratorie, l’esame colturale e la ricerca del galattomannano (GM) documentano la presenza del microrganismo nelle vie respiratorie, ma, da soli, non sono in grado di differenziare una colonizzazione da un’infezione invasiva. In tal caso la ricerca del GM nel sangue, gli esami strumentali (principalmente la TC del torace), un’eventuale indagine bioptica e la loro correlazione clinica possono permettere una diagnosi di infezione invasiva, se pur con vari livelli di certezza diagnostica.
Il valore predittivo di una colonizzazione da lieviti è generalmente molto basso e aumenta in caso di colonizzazione di più sedi. Diverso è il significato della colonizzazione da parte di particolari patogeni, come Candida tropicalis, Geotrichum capitatum e Trichosporon spp., i quali si caratterizzano per elevata patogenicità e probabilità di invadere la parete intestinale e gli organi profondi durante le fasi di grave neutropenia. Per quel che riguarda il valore predittivo dell’isolamento di funghi filamentosi, bisogna innanzitutto valutarne la tipologia, il genere e se possibile la specie. L’isolamento di Aspergillus, zygomiceti, Fusarium, Scedosporium e Acremonium ha un elevato significato predittivo per infezione invasiva, mentre se isoliamo Penicillium, Cladosporium o Alternaria dalle vie respiratorie nella maggior parte dei casi si tratta di sola colonizzazione. Ovviamente il significato clinico dell’isolamento di questi patogeni dipende anche dalla tipologia di paziente: alta probabilità di infezione se vengono isolati in pazienti con leucemia acuta, neutropenici o allotrapiantati in terapia steroidea, molto più bassa in altre categorie di pazienti.
Gli antigeni fungini
Ogni antigene fungino presenta caratteristiche biologiche e significato diagnostico molto specifico e l’interpretazione dei dati delle antigenemie dipende da diversi fattori, tra cui la patologia di base del paziente, la presenza o meno di una reazione flogistica, che può contrastare la liberazione dell’antigene nel torrente circolatorio, la localizzazione dell’infezione, la cinetica dell’antigene, la modalità di prelievo del campione e l’eventuale trattamento antifungino in atto. In Tabella II sono riportate le principali caratteristiche degli antigeni fungini.
Antigene |
Significato diagnostico |
Falsi positivi |
Campioni |
GM |
|
|
|
BG |
|
|
Siero |
Mannoproteina |
|
|
Siero |
Antigene criptococcico |
Cryptococcus |
Trichosporum |
|
Tabella II. Antigeni fungini e diagnosi di infezione invasiva
Galattomannano (GM)
Conoscere la cinetica del GM è fondamentale per la corretta interpretazione dei risultati del test e per riconoscere eventuali falsi positivi e falsi negativi. Il GM è una proteina secretoria che viene prodotta dalla parte terminale delle ife di Aspergillus durante la crescita ifale. Durante la fase angioinvasiva, tipica nel paziente neutropenico, un’elevata quantità di antigene viene liberata nel torrente circolatorio. Questo giustifica l’elevato potere predittivo positivo del test durante un’infezione acuta in corso di neutropenia, che si manifesta spesso radiologicamente con nodulo e alone perilesionale, indice di angioinvasione e infarcimento emorragico. Al contrario, un’infezione più tardiva, al di fuori del periodo di neutropenia, si associa a una reazione flogistica che limita l’angioinvasività del microrganismo e ostacola la liberazione in circolo del GM. Per tale motivo, spesso, in presenza di un chiaro micetoma da Aspergillus il test antigenico dal siero risulta negativo, mentre molto sensibile rimane il test effettuato a livello delle secrezioni respiratorie.
β-D-glucano (BG)
Il BG è un antigene strutturale di parete, non secretorio come il GM, che viene liberato solo alla morte del fungo. Anche in questo caso sono stati osservati tanti falsi positivi, soprattutto in pazienti critici (in dialisi, trattati con antibiotici betalattamici, ecc.), molto poco in pazienti ematologici. Come documentato dallo studio ECIL-3 [1] questo tipo di test presenta molti limiti di impiego nei pazienti oncoematologici: la sensibilità infatti non è elevata (49,6%) e per avere una buona specificità (98,9%) è necessario avere due campioni positivi consecutivi. Molti aspetti dell’uso del BG nei pazienti ematologici, soprattutto trapiantati, risultano ancora poco chiari, pertanto il test andrebbe utilizzato con cautela in questa categoria di pazienti e in ogni caso affiancato ad altre indagini cliniche e microbiologiche.
Strategie diagnostiche
Non esistono regole codificate su come pianificare la strategia diagnostica delle infezioni fungine in oncoematologia, gli strumenti diagnostici e la modalità del loro impiego variano infatti in relazione alla tipologia del paziente. In sintesi, una strategia diagnostica può basarsi su una sorveglianza continua durante tutto il periodo a rischio e indipendentemente dai segni clinici (surveillance driven), o in uno sforzo diagnostico guidato da un segno clinico (febbre persistente) o microbiologico che si limita quindi a particolari momenti della storia clinica del paziente (clinically driven).
Questi due diversi approcci sono stati impiegati in varie esperienze riportate in letteratura ed entrambi hanno condotto a risultati positivi, in quanto, aumentando la capacità diagnostica, hanno ridotto l’impiego empirico degli antifungini e contribuito alla crescita della coscienza epidemiologica delle infezioni fungine. Come riassunto in Tabella III, la scelta dell’approccio migliore viene effettuata sulla base della tipologia di paziente: è ovvio, per esempio, che in un paziente con bassa incidenza di infezione fungina, come un soggetto sottoposto a trapianto autologo o con patologia ematologica cronica, come la leucemia linfatica cronica o le mielodisplasie, non ha senso effettuare una sorveglianza del GM sierico per tutto il periodo della malattia, ma è preferibile una strategia clinically driven basata sull’attenta osservazione di segni e sintomi che possono far sospettare un’eventuale infezione fungina. Al contrario, in un paziente a elevato rischio infettivo, che potrebbe sviluppare una grave infezione fungina senza manifestazioni cliniche di rilievo, come può succedere nei pazienti trapiantati con GvHD in trattamento steroideo, sembra più indicata una sorveglianza durante tutto il periodo a rischio al fine di garantire una diagnosi precoce.
Strategia |
Indicazione clinica |
Surveillance driven |
|
Clinically driven |
|
Tabella III. Strategie nella diagnosi delle infezioni fungine in ematologia
Diagnosi microbiologica in corso di profilassi antifungina
In un recente editoriale di Maertens e colleghi [2] è stato segnalato un possibile ruolo della profilassi con posaconazolo nella riduzione della sensibilità diagnostica del GM, determinando quindi una ridotta documentazione, più che una reale riduzione delle infezioni da Aspergillus. Questa conclusione deriva in parte da uno studio di Marr e colleghi [3] che, valutando 3 trial clinici, in cui venivano considerati pazienti in profilassi o in terapia empirica antifungina, dimostrava come la sensibilità del test, in corso di trattamento attivo nei confronti di funghi filamentosi, scendesse dall’89% al 52% usando un cut off di 0,5. In realtà l’impatto della profilassi con posaconazolo sulla sensibilità diagnostica del test del GM non è stato rilevato in una recente casistica [4] nella quale il GM rimaneva il miglior test diagnostico nei casi di aspergillosi, che insorgevano nonostante profilassi con posaconazolo. Nei pazienti trattati con posaconazolo, infatti, si riducevano, non solo le aspergillosi provate o probabili, ma anche i casi di infezione polmonare possibile, in contrasto quindi con quanto ipotizzato da Maertens e colleghi. Risultati analoghi sono stati osservati anche in altri importanti studi di profilassi con posaconazolo [4-7] in cui gli unici casi di aspergillosi documentati nel braccio posaconazolo sono stati diagnosticati grazie al dosaggio del GM sierico (Tabella IV).
Autore, tipo di studio |
Antifungini;popolazione |
Casi di aspergillosi |
|||||
Profilassi mould active |
Profilassi non mould active |
||||||
Totali (n.) |
Solo GM positivo n. (%) |
Isolamento Aspergillus n. (%) |
Totali (n.) |
Solo GM positivo n. (%) |
Isolamento Aspergillus n. (%) |
||
Girmenia [4], retrospettivo |
Posaconazolo vs AmB orale; leucemia mieloide acuta |
15 |
13 (87) |
2 (13) |
25 |
19 (76) |
6 (24) |
Cornely [5], randomizzato |
Posaconazolo vs fluconazolo o itraconazolo; leucemia mieloide acuta o sindrome mielodisplasica |
7 |
6 (86) |
1 (14) |
15 |
12 (80) |
3 (20) |
Ullman [6], randomizzato |
Posaconazolo vs fluconazolo; trapianto allogenico di cellule staminali con GvHD severo |
3 |
3 (100) |
0 |
17 |
4 (24) |
13 (76) |
Vehreschild [7], retrospettivo |
Posaconazolo vs polieni topici; leucemia mieloide acuta |
2 |
2 (100) |
0 |
11 |
11 (100) |
0 |
Totale |
27 |
24 (89) |
3 (11) |
68 |
46 (68) |
22 (32) |
Tabella IV. Diagnosi microbiologica nei pazienti con aspergillosi invasiva in recenti studi clinici controllati
Conclusioni
Un’attenta strategia diagnostica delle infezioni fungine è cruciale per guidare la complessa gestione delle complicanze infettive nel decorso della malattia ematologica e andrebbe adattata al paziente in relazione alla malattia di base, alla fase di malattia, alla localizzazione dell’infezione e allo stato immunitario. Infine, un’adeguata strategia diagnostica è importante, non solo per la scelta terapeutica in ogni singolo paziente, ma anche per un’adeguata coscienza epidemiologica istituzionale.
La diagnostica microbiologica: antigeni e DNA
Dal punto di vista microbiologico la diagnosi di infezione fungina invasiva (IFI) è ancora una sfida aperta perché gli strumenti a disposizione non sono né così sensibili né così precoci per poter dare informazioni per una terapia pre-sintomatica. La diagnosi di IFI deve pertanto avere un approccio multidisciplinare, che comprende il sospetto clinico, le evidenze radiologiche e i referti microbiologici. In particolare, i marcatori microbiologici sono la coltura dei funghi, la ricerca degli antigeni (GM e BG) e la ricerca del DNA fungino.
Galattomannano (GM)
È un polisaccaride associato a proteine ed è un componente della parete fungina. Può essere ricercato nel siero, nel liquido bronco alveolare (BAL) e in altri fluidi biologici. Ha una capacità antigenica molto elevata, è stato pertanto costruito un anticorpo monoclonale che ha permesso l’assemblaggio di un test molto specifico, con una sensibilità analitica piuttosto buona. È infatti in grado di rilevare 1 ng/l di GM nel campione e l’indice di positività, dopo anni di discussione, è stato fissato in 0,5, valore che rappresenta un compromesso tra sensibilità e specificità clinica. Nelle diverse popolazioni la sensibilità e la specificità possono infatti essere diverse, in relazione alla patogenesi dell’infezione e all’età del paziente (adulti o pediatrici). Si tratta quindi di un test che va interpretato, anche perché vi sono molti fattori (biologici ed epidemiologici) che ne influenzano la performance (Tabella V), come evidenziato nelle ultime linee guida ECIL [8], che comunque ne suggeriscono l’utilizzo nei pazienti ematologici con un grado di evidenza molto elevato (AII) [8].
La ricerca del GM nel BAL rappresenta un indice diagnostico molto precoce perché il fungo generalmente entra attraverso le vie aeree, si sviluppa prima negli alveoli e poi può dare origine a un’infezione angioinvasiva, quindi solo in seguito troveremo il GM nel siero. Il dosaggio di GM nel BAL inoltre mostra elevata sensibilità e specificità, purtroppo però non può essere utilizzato come prelievo di follow up, ma solo quando si hanno dei sintomi clinici come conferma di un sospetto di diagnosi.
Fattori biologici |
Fattori epidemiologici |
|
|
Tabella V. Fattori biologici ed epidemiologici che influenzano il rilevamento di GM nell’aspergillosi invasiva [8]
β-D-glucano (BG)
È un componente della parete fungina non specifico per Aspergillus, in quanto presente in moltissimi funghi in quantità più o meno elevata, per esempio negli zygomiceti e nel Criptococcus è presente in quantità molto inferiore. Non ha buone capacità antigeniche, pertanto non è stato possibile mettere a punto un test immunoenzimatico, ma è stato allestito un test di agglutinazione dell’estratto di amebociti di limulus che ha una specificità per BG, ma è sicuramente molto inferiore di un test che utilizza anticorpo monoclonale. Il test è più complesso rispetto al GM, non è stato ancora definito in modo univoco il cut off da adottare e non vi sono dati sulla performance del test in altri fluidi biologici quali il BAL. Per tutte queste ragioni l’ECIL raccomanda questo test con un’evidenza inferiore rispetto al GM (BII) [9]. In Tabella VI sono riportati i fattori che possono influenzare la ricerca di GM e BG.
GM |
BG |
|
Falsi positivi |
||
Antibiotici β-lattamici |
Piperacillina/tazobactam |
Piperacillina/tazobactam/amoxicillina/clavulanato |
Endotossinemia da Gram- |
- |
+ |
Mucosite severa |
+ |
+ |
Neonati |
+ |
+ |
Insufficienza renale |
+ |
+ |
Soluzioni contenenti gluconato |
+ |
- |
Emoderivati filtrati |
- |
+ |
Emodialisi, membrane di cellulosa |
- |
+ |
Garze e altri device |
- |
+ |
Colonizzazione fungina |
+ (BAL) |
+ |
Altre infezioni fungine |
Istoplasma |
Tutti i funghi, Candida |
Falsi negativi |
||
Precedente terapia antifungina |
+ |
Echinocandine (?) |
No neutropenia |
+ |
- |
Anticorpi anti-GM |
+ |
- |
Tabella VI. Fattori che possono influenzare il significato clinico di galattomannano (GM) e β-D-glucano (BG)
Ricerca del DNA
È possibile ricercare il DNA di Aspergillus attraverso l’amplificazione genica (PCR). Tecnicamente questo è un test estremamente sensibile perché può rilevare la presenza di pochissime copie di DNA specifico di un certo microrganismo. Ci sono numerosi lavori in letteratura che descrivono i risultati ottenuti con la PCR, tuttavia questi studi non sono facilmente confrontabili tra loro in quanto differiscono in merito agli aspetti tecnici tipici del test (target utilizzato, tipo di primer, metodica, estrazione di DNA, possibilità di contaminazione dei reagenti utilizzati per il test, ecc.). Per questo motivo nel 2006 è stata istituita la EAPCRI (European Aspergillus PCR Initiative) che si sta preoccupando di standardizzare un protocollo di consenso per l’utilizzo della tecnica di PCR nella ricerca del DNA fungino. Altri aspetti da considerare per l’uso di questo test sono il tipo di campione da utilizzare: nei campioni respiratori infatti ci può essere una colonizzazione, una contaminazione, oppure possono essere presenti conidi o ife con significato clinico diverso. Nel sangue generalmente c’è un basso livello di DNA fungino, che può essere libero o legato alle cellule fagocitarie, nel siero invece si trova DNA circolante libero ed è quindi più semplice da gestire. Il siero potrebbe pertanto essere il campione ideale, ma il test di PCR deve ancora essere standardizzato.
Le prospettive per l’utilizzo della metodica sono incoraggianti: uno studio del 2009 [9] ha evidenziato come la presenza di DNA fungino era evidente molti giorni prima dell’infezione invasiva e un risultato di PCR positivo ha mostrato una buona sensibilità, ma una specificità non eccellente, migliorata da due test positivi di PCR. Inoltre, da una metanalisi del 2009 [10], condotta nonostante l’estrema eterogenicità degli studi, sia la specificità che la sensibilità del test sono risultate discrete, sia con uno che con due test positivi. È quindi possibile che, lavorando sul miglioramento delle metodica, in futuro potrà essere utilizzata come test diagnostico.
Marcatori e diagnosi
Un modo per migliorare l’utilizzo dei marcatori nella diagnosi di IFI è lo studio della cinetica dei marcatori stessi a livello dei vari campioni biologici. Da uno studio in vitro [11], in cui è stata valutata la presenza di GM, BG e DNA in una cultura fungina, è stato osservato che GM e BG sono rilasciati nel medium di coltura durante la fase di crescita. Il BG sembra essere rilasciato più tardivamente di GM, ma si è anche visto che la cinetica del rilascio può essere differente a seconda delle condizioni di nutrienti. Il DNA di Aspergillus non viene individuato durante la crescita perché generalmente viene rilasciato quando si rompono le ife, cioè quando c’è un danno alle cellule del fungo che in vivo potrebbe essere dovuto alla risposta dell’ospite. Un altro studio sempre in vivo [12] ha messo in evidenza che, quando c’è presenza di sangue in cultura, il GM e il DNA possono essere rilevati quasi contemporaneamente, con un picco di GM più precoce del DNA, che viene rilasciato nel medium dopo l’apoptosi dei macrofagi che hanno fagocitato le cellule fungine. Per quanto riguarda l’uomo, dallo studio di Cordonnier del 2009 [13] è emerso che il GM era significativamente più alto nei pazienti gravemente neutropenici e, analogamente, la carica fungina era più elevata in pazienti con esito sfavorevole. La terapia antifungina, diminuendo la quantità di fungo che si sviluppa, diminuisce il livello di GM e quindi una diagnosi di IFI attraverso l’uso di questi marcatori deve essere valutata a seconda dell’immunocompromissione del paziente. In presenza di pazienti non neutropenici, infatti, possono esserci delle colonizzazioni, con valori anche elevati di GM su BAL, che però non sono significativi per l’infezione invasiva.
Conclusioni
Nessuno dei marcatori disponibili può essere assolutamente affidabile per la gestione delle IFI, devono pertanto essere valutati in modo diverso a seconda del tipo di paziente e del grado di immunocompromissione. È importante utilizzare strategie diagnostiche differenti a seconda dei fattori di rischio dei pazienti e in alcune situazioni è utile utilizzare la combinazione di più test microbiologici.
Il ruolo del radiologo
Il ruolo dell’imaging è quello di riconoscere un’eventuale lesione nel più breve tempo possibile, pertanto, siccome la localizzazione più frequente di IFI è il polmone, la prima indagine da effettuare è il radiogramma del torace, anche se spesso all’esordio è negativo o fornisce quadri aspecifici.
La metodica che fornisce maggiori informazioni sulla patologia polmonare è la TC perché fornisce dei dettagli anatomici molto importanti ed è in grado di evidenziare porzioni molto fini del parenchima polmonare. L’indagine per lo studio del parenchima polmonare nelle IFI si effettua senza mezzo di contrasto con acquisizione volumetrica, utilizzando la minor dose di radiazioni possibile. La possibilità di acquisire un volume consente di ricostruire a posteriori delle immagini a strati sottili del parenchima polmonare (0,5-1 mm) e quindi di avere una grande quantità di informazioni anatomiche.
Definizioni di semeiotica radiologica
- Consolidazione parenchimale: area di parenchima con densità aumentata, che maschera le normali strutture polmonari, con conseguente mancata visualizzazione delle strutture vascolari.
- Nodulo: opacità ovalare tondeggiante della densità delle parti molli, che maschera bronchi e vasi ed è circondata da parenchima normalmente aerato.
- Iperdensità a vetro smerigliato (ground glass): area di aumentata densità del parenchima polmonare nel cui contesto sono ancora riconoscibili le strutture vascolari e bronchiali.
Figura 1. Nodulo (A) e consolidazione (B)
Le aspergillosi polmonari
Le alterazioni radiologiche indotte da Aspergillus dipendono sia dalla carica infettante sia dalla risposta immunitaria del paziente [14], sulla base delle quali si possono riconoscere cinque categorie di aspergillosi: saprofitica, broncopolmonare allergica, semi-invasiva, invasiva delle vie aeree e angioinvasiva.
L’aspergillosi saprofitica è data dal formarsi di un micetoma all’interno di una cavità polmonare preesistente, solitamente tubercolare. L’aspergillosi broncopolmonare allergica in genere insorge in pazienti con una storia di asma bronchiale che si protrae nel tempo ed è data dalla reazione allergica del paziente al fungo. È tipica la presenza di bronchiectasie e irregolarità delle strutture bronchiali prossimali con infiltrati e bronchi ripieni da secreti.
L’aspergillosi semi-invasiva è una forma rara, con necrosi tessutale e infiammazione granulomatosa simile a quelle riscontrate nella riattivazione tubercolare. Si manifesta in pazienti con modesta compromissione immunitaria (alcolisti, diabetici) e ha andamento subdolo prolungato nel tempo. L’aspergillosi invasiva delle vie aeree è caratterizzata dalla presenza di Aspergillus a livello della membrana basale delle vie aeree prossimali, si associa ad HIV, trapianti di organi solidi e a diabete. Può presentarsi in diverse forme, molto frequentemente il radiogramma è normale senza alterazioni e quando ci sono alterazioni in genere sono di tipo bronchiolitico.
L’aspergillosi angioinvasiva è la forma più frequente di infezione fungina invasiva nei pazienti immunodepressi. Da un punto di vista anatopatologico le ife del fungo ostruiscono i vasi, con formazione di noduli necrotico-emorragici, espressione di zone di infarto polmonare. Le manifestazioni radiologiche possono essere molto diverse e qualche volta coesistenti; si possono rilevare piccoli noduli (< 1 cm), noduli di dimensioni maggiori (> 3 cm), fino a vere e proprie masse o consolidazioni parenchimali a distribuzione segmentaria (Figura 1). Infatti, a seconda delle dimensioni del vaso che viene invaso sarà diversa l’estensione della porzione di parenchima coinvolta e alterata.
I segni radiologici
Ci sono dei segni radiologici che possono essere utili nel definire una lesione parenchimale di possibile origine fungina, i più comuni sono l’halo sign, il reversed halo sign e l’air crescent sign.
Halo sign
È dato dalla presenza di alone di attenuazione a vetro smerigliato disposto a contornare una lesione nodulare e rappresenta l’espressione anatomo-patologica dell’infarcimento emorragico, che viene a formarsi alla periferia del nodulo infartuale (Figura 2). L’ halo sign non è patognomonico ed è riscontrabile in molte patologie polmonari, tuttavia, in un corretto contesto clinico, come quello del paziente immunodepresso febbrile, è altamente suggestivo di IFI invasiva.
Il problema dell’halo sign è la sua breve durata, come evidenziato in uno studio del 2001 [15], in cui sono stati presi in esame 25 pazienti con diagnosi definitiva di aspergillosi. All’esame TC, utilizzato per monitorare i pazienti, la frequenza con cui si manifestava l’halo sign decresceva con l’aumento del tempo intercorso tra la comparsa dei sintomi e l’esecuzione dell’indagine (100% al giorno 0, 68% al giorno 3, 22% al giorno 7 e 19% al giorno 14). Eseguendo la TC dopo una settimana nel paziente febbrile è possibile reperire una consolidazione parenchimale aspecifica che non aiuta la diagnosi. In un lavoro del 2007 [16] l’halo sign è stato considerato il dato radiologico più importante per iniziare la terapia antimicotica ed è stato associato a un miglior outcome dei pazienti trattati.
Figura 2. Halo sign
Figura 3. Reversed halo sign
Reversed halo sign
È definito come un’area focale di ground glass circondata da un anello di consolidazione parenchimale (Figura 3) e, come l’halo sign, può essere riscontrato in diverse patologie polmonari [17]. Nel 2008 lo studio di Wahba e colleghi [18] ha riscontrato il reversed halo sign in 8 su 189 casi di IFI e di questi 8 casi, 7 erano zigomicosi. Negli anni seguenti sono comparsi altri lavori, che hanno confermato la presenza di reversed halo sign in casi di mucor [19,20].
Air crescent sign
È la comparsa di un’escavazione all’interno dell’area infartuale presente all’esordio di un’IFI; è in genere eccentrica ed è l’espressione del riassorbimento del tessuto necrotico alla periferia della lesione, che avviene con la ripresa dell’attività midollare (Figura 4). Comparendo nella fase di guarigione della lesione iniziale è un segno molto tardivo e quindi poco utile per l’inquadramento precoce della malattia.
Figura 4. Air crescent sign
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