RHC 2014;5(3)117-133.html

Reviews in Health Care 2014; 5(3): 117-133

http://dx.doi.org/10.7175/rhc.v5i3.933

 Disease

Narrative review

Valutazione e gestione della lesione cerebrale traumatica al Pronto Soccorso

The first hours of traumatic brain injury. Evaluation and management in emergency room

Gustavo René Piñero 1, Azul Ferrari 2, Nicolás Muñoz Cruzado 2, Daniel Agustín Godoy 3

1 Terapia intensiva e d’Emergenza, Professore associato di Medicina d’urgenza e terapia intensiva – Ospedale Municipale “Leónidas Lucero”, Bahia Blanca, Argentina

2 Servizio di Medicina D’urgenza – Ospedale Municipale Ospedale Municipale “Leónidas Lucero”, Bahia Blanca, Argentina

3 Unità di Terapia Neurointensiva; Sanatorio Pasteur, Catamarca, Argentina

Abstract

The traumatic brain injury is a common disease worldwide and it represents the leading cause of death and disability in different age groups, with an incidence of particular concern in adolescents and young adults. The Glasgow Coma Scale remains the best method for the initial classification of these patients and to define the route of administration. Since many deaths occur within the first two weeks of the event, it is necessary to optimize the training of health professionals to improve the management of patients with traumatic brain injury and reduce the morbidity and mortality. The primary objective of the first approach is to prevent secondary brain injury and to identify any intracranial lesions that require urgent treatment. The present review aimed to show how to approach to the patients with TBI in Emergency Room.

Keywords

Traumatic Brain Injury; Emergency Room; Glasgow Coma Scale

 Corresponding author

Gustavo René Piñero

E-Mail: gusrepi@gmail.com

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse in merito agli argomenti citati nel presente articolo.

Introduzione

La lesione cerebrale traumatica (TBI – Traumatic Brain Injury), più comunemente nota come trauma cranico, è una malattia diffusa in tutto il mondo e rappresenta la principale causa di morte e disabilità in diversi gruppi di età, con un’incidenza particolarmente preoccupante negli adolescenti e nei giovani adulti [1]. I gruppi più colpiti sono i giovani tra i 15 e i 24 anni e gli over 75 [2]. Nai pazienti politraumatizzati, la presenza di TBI aumenta la mortalità, che risulta essere tre volte superiore rispetto alla mortalità per traumi multipli senza coinvolgimento neurologico.

La TBI rappresenta un grave problema di salute nei paesi sviluppati e in via di sviluppo per via degli alti costi associati al trattamento acuto, alla riabilitazione e ai costi sociali dovuti agli anni di lavoro persi. I costi economici e sociali sono molto elevati e le conseguenze permanenti sulla personalità e sullo stato mentale possono essere devastanti sia per il paziente sia per i famigliari.

La maggior parte dei TBI che si osservano nella pratica clinica quotidiana sono di tipo chiuso, ma una percentuale sempre più in aumento è rappresentata dai TBI aperti di tipo penetrante, solitamente causati da lesioni da arma da fuoco, sia volontarie che accidentali. Gli incidenti stradali sono la causa più comune di trauma cranico chiuso, seguiti dalle cadute. Nei giovani adulti le cause sono per lo più gli incidenti stradali, mentre per i bambini e gli anziani sono le cadute. Il consumo di alcol rappresenta un fattore importante in quasi tutte le cause di trauma cranico e, soprattutto, nei giovani, è presente in circa il 50% dei casi di TBI.

Si stima che negli Stati Uniti ogni anno circa 2 milioni di persone subiscano un trauma cranico, e tale incidenza è 8 volte maggiore al numero di diagnosi di cancro al seno, e 34 volte più elevata del numero di nuovi casi di AIDS /HIV. Statistiche accurate sulla morbilità e la mortalità non sono disponibili in molti paesi pertanto l’entità di questa situazione è senza dubbio sottovalutata; tuttavia, viene stimata una prevalenza di circa 200 TBI ogni 100.000 abitanti (con differenze piuttosto ampie tra paese e paese) [1-3].

Ogni TBI può essere causa di un periodo di disabilità, almeno 5 milioni di persone negli Stati Uniti oggi vivono con esiti di diversa natura secondaria a TBI. La mortalità complessiva dovuta a TBI è diminuita negli ultimi anni, arrivando a circa 20-25% nei centri specialistici per la gestione del trauma. Mentre i progressi nella cura iniziale, la diagnosi precoce e il trattamento hanno aiutato in parte al calo della mortalità, le conseguenze della TBI sono in aumento per via della maggiore sopravvivenza e della maggior conoscenza dell’evoluzione e della prognosi a lungo termine [4].

Dal momento che molti decessi si verificano entro le prime due settimane dell’evento, è necessario ottimizzare la formazione degli operatori sanitari per migliorare la cura dei pazienti con trauma cranico e ridurre la morbilità e la mortalità. Indipendentemente da quanto sia grave la lesione, l’obiettivo dell’intervento d’urgenza è quello di evitare il trauma cranico secondario e identificare eventuali lesioni intracraniche che richiedono un trattamento urgente. In questa review vengono illustrate le procedure per valutare, classificare e gestire in urgenza il paziente con TBI.

Fisiopatologia

La lesione cerebrale acuta nel trauma cranico è dinamica e in continua evoluzione. Si riconoscono due tipi principali di lesione: il danno primario, che si verifica subito dopo l’impatto, e il danno secondario che ha il suo esordio minuti o ore dopo il trauma e rappresenta la causa principale del peggioramente nell’evoluzione della lesione primaria.

Danno primario

Può portare a lesioni funzionali o strutturali, reversibili e irreversibili, focali o diffuse. Microscopicamente il danno primario è caratterizzato da lesione cellulare, lacerazioni, strappo e retrazione degli assoni, rottura e torsione vascolare. Il danno assonale diffuso (Diffuse Axonal Injury, DAI) rappresenta l’indicatore principale di danno cerebrale diffuso, compreso il danno cerebrale ipossico o ischemico. Il danno assonale diffuso è determinato dalla rotazione della sostanza grigia sulla sostanza bianca per effetto della forza lineare o angolare esercitata sugli assoni, con conseguente rottura fisica o funzionale (assotomia). Macroscopicamente è caratterizzato dalla presenza di lesioni piccole e multiple in aree encefaliche specifiche, come il centro semiovale della sostanza bianca subcorticale di entrambi gli emisferi cerebrali, il corpo calloso, il quadrante dorso laterale del mesencefaleo, i peduncoli cerebellari e il bulbo. La cascata tossica che ne consegue è formata da diversi componenti, quali la liberazione di radicali liberi dell’ossigeno, perossidazione lipidica, trombosi del microcircolo, infiammazione, apoptosi e formazione di edema (vasogenico o citotossico) [5,6].

Danno secondario

Alterazioni sistemiche

Alterazioni del SNC

  • Ipotensione arteriosa
  • Ipossia
  • Iper/ipocapnia
  • Ipertermia
  • Iper/ipoglicemia
  • Iper/iponatriemia
  • Anemia
  • Ipertensione endocranica
  • Ematoma cerebrale
  • Edema cerebrale
  • Convulsioni
  • Vasospasmo
  • Idrocefalia
  • Infezioni del SNC

Tabella I. Principali alterazioni sistemiche e del SNC in caso di danno secondario

Può essere di origine cerebrale o sistemica, la sua prevenzione o trattamento precoce rappresenta l’essenza della gestione del paziente con TBI. In caso di origine sistemica, l’insorgere di ipossia e ipotensione rappresentano il segnale principale di esito sfavorevole [7,8]. In Tabella I sono riportati i principali danni di origine sistemica e neurologica sintomo di danno secondario.

Uno dei fenomeni più temuti nella gestione del paziente con TBI è l’insorgenza di ipertensione intracranica, che può essere causato dall’espansione dell’ematoma, dallo svilppo di edema cerebrale e dalla presenza di congestione vascolare e ostruzione del drenaggio venoso o del liquido cefalorachidiano [9].

Dai referti degli esami autoptici è stato possibile individuare due tipologie predominanti di lesioni nel paziente con TBI: l’ischemia e lo spostamento delle strutture cerebrali. Alcuni studi anatomo-patologici hanno dimostrato una prevalenza di lesioni ischemiche che va dal 75% al 90%, tali eventi sono solitamente associati alla presenza di ipertensione intracranica (30-80% a seconda dello studio considerato) o sono causati da alterazioni sistemiche quali ipossia e ipotensione. Il grado in cui tali alterazioni influenzano la prognosi finale del paziente dipende da altre condizioni quali l’età e la presenza di grave trauma extra-neurologico associato [10].

La frequenza di presentazione delle lesioni secondarie può variare a seconda del momento in cui si cerca di identificare la stessa; per esempio, uno studio condotto in ambito pre-ospedaliero ha dimostrato la maggior frequenza di ipossiemia, rispetto all’ipertensione arteriosa; viceversa, uno studio condotto in ospedale ha mostrato il contrario cioè una maggior frequenza di ipertensione arteriosa rispetto all’ipossiemia [6]. Quel che è certo è che indipendentemente dall’ambito in cui ci si trova, pre-ospedaliero, terapia d’urgenza o unità di terapia intensiva, l’obiettivo principale rimane quello di evitare e limitare i danni secondari.

Classificazione

Punteggio

Risposta oculare

Spontanea

4

A stimolo verbale

3

A stimolo doloroso

2

Nessuno

1

Risposta verbale

Orientata

5

Confusa

4

Parole inappropriate

3

Parole incomprensibili

2

Nessuna

1

Risposta motoria

Obbedisce ai comanda

6

Localizza il dolore

5

Si ritira di fronte al dolore

4

Flessione inappropriata allo stimolo doloroso

3

Estensione inappropriata allo stimolo doloroso

2

Nessuna

1

Tabella II. Punteggi relativi alle tre funzioni valutate nella scala di Glasgow

La classificazione del paziente con trauma cranico è essenziale per poter definire le linee guida di trattamento clinico e neuroradiologico. Per anni la scala di Glasgow (sviluppata da Graham Teasdale e Bryan Jennett) è stata utilizzata per valutare la gravità del trauma mediante un punteggio attribuito alla risposta oculare, verbale e motoria del paziente (Tabella II) [11,12].

La somma dei tre punteggi costituisce l’indice Glasgow che classifica il trauma in grave (GCS ≤ 8), moderato (GCS = 9) e lieve (GSC ≥ 14).

È fondamentale eseguire l’esame neurologico e la valutazione del GSC in assenza di condizioni che possano alterare il risultato degli esami. Diversi fattori possono infatti potenzialmente influenzare la valutazione del Glasgow score alterando la classificazione del paziente: per esempio la gravità di un paziente con trauma cranico lieve, potrebbe essere sovrastimata in moderata o moderata/grave [13-18]. Tali fattori comprendono:

  • la mancanza di formazione o di esperienza nell’utilizzo della scala di Glasgow da parte del personale medico;
  • l’intossicazione da alcol;
  • la sedazione farmacologica;
  • l’intubazione, in quanto impedisce la valutazione del componente verbale della scala;
  • l’assunzione di droghe;
  • la presenza di trauma maxillofacciale, in quanto impedisce la corretta valutazione dei componenti oculari e verbali;
  • la presenza di danni secondari quali iportensione arteriosa, ipossiemia, ipoglicemia, ipotermia e iponatriema. In questi casi è necessario ripetere la valutazione del GSC dopo aver corretto tali situazioni.

Nel paziente con TBI il consumo di alcol non si traduce in una riduzione clinicamente significativa del Glasgow score, tuttavia potrebbe ritardare gli interventi diagnostici e terapeutici necessari [19,20].

Sulla base del punteggio ottenuto sulla scala di Glasgow e della valutazione clinica del paziente, Stein e Spettel hanno svilupato una classificazione del trauma cranico di maggiore utilità nella pratica clinica [21]. Tale classificazione prevede anche la categoria di TBI minimo e prende in esame, oltre al GSC, l’intervallo di incoscienza o di amnesia dell’episodio (Tabella III).

Entità del trauma

Caratteristiche cliniche

Minimo

GSC = 15, senza perdita di conoscenza

Lieve

GSC = 14-15, con perdita di conoscenza per meno di 5 minuti, o amnesia dell’episodio, o perdita della memoria

Moderato

GSC = 9-13, o perdita di conoscenza per più di 5 minuti, o deficit neurologico focale

Grave

GSC = 3-8

Tabella III. Classificazione del trauma cranico sulla base del GSC e delle caratteristiche cliniche del paziente [21]

Indipendentemente dalla classificazione iniziale, nei pazienti con TBI minimo, lieve e moderato, sono stati descritti alcuni fattori di rischio di lesione intracranica che permettono di ottimizzare la gestione neuroradiologica del paziente [22-24]. Tali fattori sono:

  • età > 65 anni;
  • vomito (soprattutto se ricorrente);
  • segni clinici di frattura depressa o frattura della base cranica;
  • presenza di coagulopatia;
  • pazienti anticoagulati e/o antiaggregati;
  • frattura dimostrata da radiologia convenzionale;
  • abuso di alcol e droga;
  • convulsioni post-trauma;
  • amnesia persistente;
  • comportamento e funzione cognitiva anomali anche dopo 4 ore dall’evento;
  • precedenti interventi neurochirurgici;
  • GSC < 15 dopo 2 ore dalla lesione;
  • compromissione neurologica e deficit neurologico focale;
  • mal di testa severo dopo 4 ore dall’evento;
  • meccanismo di lesione ad alto rischio/lesioni multiple.

In Tabella IV vengono mostrate le percentuali di rischio di complicanze in pazienti con TBI minimo, lieve e moderato.

Classificazione clinica

Rischio di lesioni intracraniche

Rischio di lesioni chirurgiche

Minimo senza fattori di rischio

Quasi 0%

Quasi 0%

Minimo con fattori di rischio

Raro

0,2%

Lieve

15%

2,5%

Moderato

30%

8%

Tabella IV. Percentuali di rischio di complicanze in pazienti con TBI minimo, lieve e moderato

Colpisce il fatto che nel XXI secolo con i progressi che sono stati compiuti nei metodi d’immagine, vi sia ancora una classificazione puramente clinica. Le classificazioni cliniche infatti sono molto utili per decidere quali studi per immagini realizzare e quali linee guida di gestione intraprendere, ma non aiutano a stabilire la severità clinica e la prognosi del paziente, soprattutto nei pazienti con TBI moderato in cui l’evoluzione del trauma è molto eterogeneo.

Recentemente uno studio condotto da Grote e colleghi ha osservato, in un database di circa 18.000 pazienti con TBI, una mortalità dell’8,9% nei pazienti con GSC = 13-14 e una mortalità quasi doppia (15,9%) nei pazienti con GSC = 9-12 [25]. Anni prima Ortiz e colleghi avevano pubblicato uno studio su una casistica di 109 pazienti con TBI lieve o moderata “complicata”, cioè pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva con GSC < 9. La valutazione prospettica di questi pazienti ha evidenziato che circa il 90% apparteneva alla categoria moderata e che la mortalità in questo gruppo era del 53,7%, molto al di sopra di quella evidenziata in alcuni studi in pazienti con TBI grave [26].

Focalizzandosi sui pazienti con TBI moderato e GSC = 9-13, esistono 65 combinazioni possibili delle tre componenti della scala (oculare, verbale e motoria), molte delle quali evidenziato un danno cerebrale severo [18]. Ciò evidenzia la vulnerabilità di una scala di valutazione che prende in considerazione solo l’esame clinico del paziente. Con l’avvento degli studi tomografici, una gran parte dei pazienti con TBI lieve e tutti i pazienti con TBI moderato e grave vengono sottoposti a diagnostica per immagini. Una classificazione moderna della gravità clinica del TBI dovrebbe tenere conto anche dei reperti tomografici, in modo da poter valutare l’intervento medico/chirurgico da intraprendere.

La Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) viene universalmente utilizzata e viene considerata tecnica d’elezione nella fase acuta di TBI, per via della sua ampia disponibilità [15,26-31]. Inoltre, permette di identificare il tipo e la gravità della lesione, ha buona sensibilità nell’individuare eventuali accumuli di sangue, e rappresenta un ottimo strumento prognostico [13,15,27].

Sebbene la TAC sia una rappresentazione dell’anatomia in un determinato momento, non deve essere intesa come un metodo che fornisce informazioni statica, ma al contrario se sia ha ben presente la natura dinamica ed evolutiva delle lesioni cerebrali e tale ragionamento viene applicato alla lettura dei vari referti della della TAC, sicuramente se ne otterrà maggiore beneficio in termini di informazioni fornite [27,31,32]. La classificazione di Marshall (Tabella V) permette di classificare correttamente i pazienti secondo il tipo di lesione iniziale: si fa riferimento alla prima TAC eseguita e a quelle successive che modificano, nella fase acuta, la diagnosi iniziale.

Classe

Definizione

Lesione diffusa I

Nessuna patologia intracranica visualizzabile alla TAC

Lesione diffusa II

Cisterne visibili con spostamento della linee mediana (shift) di 0-5 mm e/o lesioni ad alta-media densità < 25 cm3

Lesione diffusa III

Cisterne compresse od assenti con shift della linea mediana di 0-5 mm. Lesioni ad alta-media densità < 25 m3

Lesione diffusa IV

Shift della linea mediana > di 5 mm. Lesioni ad alta-media densità < 25 m3

Massa evacuata

Qualsiasi lesione chirurgicamente evacuata

Massa non evacuata

Lesioni ad alta-media densità > 25 cm3 non evacuate chirurgicamente

Tabella V. Classificazione tomografica di trauma cranico chiuso (Classificazione di Marshall)

Classe

Prognosi favorevole

Lesione diffusa I

Senza evoluzione: 87%

Con evoluzione: 80%

Lesione diffusa II

Senza evoluzione: 62%

Con evoluzione: 38%

Lesione diffusa III

Senza evoluzione: 37%

Con evoluzione: 57%

Lesione diffusa IV

Senza evoluzione: 21%

Con evoluzione: 75%

Tabella VI. Classificazione tomografica del trauma cranico: valutazione prognosi [31]

Fattori prognostici

Punteggio

Cisterne basali

Normali

0

Compromesse

1

Assenti

2

Shift della linea mediana

Nessuna deviazione o < 5 mm

0

Deviazione > 5 mm

1

Lesione della massa epidurale

Presente

0

Assente

1

Sangue intraventricolare

Assente

0

Presente

1

Gli autori hanno aggiunto un punto addizionale alla somma per renderla numericamente più simile alla componente motoria del GSC

+1

Tabella VII. Rotterdam score [32]

Sulla base della classificazione di Marshall, Sevadei e i colleghi dell’EBIC (European Brain Injuy Consortium) hanno dimostrato l’utilità pronostica della valutazione della “peggiore TAC” ottenuta nell’evoluzione clinica del paziente (Tabella VI) [31].

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Figura 1. Rotterdam score e mortalità

Alcuni anni dopo Mass e colleghi hanno valutato il valore predittivo della classificazione di Marshall e di modelli alternativi sviluppati a partire da un’analisi di regressione logistica. Una volta convalidato il valore predittivo della classificazione originale hanno osservato una migliore performance del modello originale quando venivano aggiunte nuove variabili, quali la presenza di emorragia subaracnoidea ed emorragia intraventricolare. Il nuovo score che è stato sviluppato (Rotterdam score) utilizza inoltre come fattori prognostici lo spazio occupato dalle lesioni e lo stato delle cisterne basali [32] a partire dal referto della TAC (Tabella VII).

Gestione iniziale del TBI

La gestione del paziente con trauma cranico, indipendetemente dalla gravità dello stesso, rappresenta una grande sfida per il medico e il suo team. Per affrontare correttamente la situazione è importante ricordare due aspetti nella gestione di questi pazienti: l’approccio sistemico e l’approccio sistematico. L’approccio sistemico si riferisce al fatto che i pazienti possono essere politraumatizzati pertanto anche se a prima vista la lesione predominante sembra essere quella cranica, è obbligo del medico escludere la presenza di lesioni extra-neurologiche che potrebbero rappresentare un’ulteriore causa di deterioramento clinico-neurologico. D’altra parte, per poter diagnosticare, o escludere, e classificare la gravità della lesione è necessario procedere seguendo le procedure standard per la gestione del paziente traumatizzato in generale, e del paziente con trauma cranico, in particolare. Nella gestione iniziale del paziente con TBI gli sforzi devono essere focalizzati a limitare e/o prevenire lesioni secondarie, nonchè a identificare precocemente le lesioni che necessitano di neurochirurgia o di terapia neurointensiva. In particolare, le priorità terapeutiche in questa fase sono: mantenere o ripristinare l’omeostasi per prevenire e curare le possibili cause di lesione secondaria (raggiungimento delle 6 N riportate in Figura 2) [9] e la prima assistenza e il ripristino delle funzioni vitali. In particolare:

  • Nel paziente cosciente:
    • attuare ABCDE primario;
    • maschera O2 con reservoir;
    • controllare la pressione arteriosa e dei segni vitali, evitare ipotensione;
    • controllare le 6 N (Figura 2);
    • effettuare esame neurologico rapido e diretto (valutazione del livello di coscienza con il Glasgow score e valutazione delle pupille: dimensioni, simmetria e reattività alla luce);
    • valutare se si è in presenza di solo trauma cranico di paziente politraumatizzato.

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Figura 2. Le 6 N da raggiungere nel mantenimento/ripristino dell’omeostasi [9]

  • Nel paziente incosciente:
    • attuare ABCDE primario con immobilizzazione della colonna cervicale;
    • assicurare libertà delle vie aeree con intubazione orotracheale mediante la sequenza di intubazione rapida;
    • effettuare esame neurologico rapido e diretto (valutazione del livello di coscienza con il Glasgow score e valutazione delle pupille: dimensioni, simmetria e reattività alla luce) prima della sedoanalgesia;
    • valutare se si è in presenza di solo trauma cranico di paziente politraumatizzato
    • focalizzare il trattamento per evitare ipossia e ipotensione;
    • idratare con soluzione salina 0,9% o Ringer lattato;
    • garantire normovolemia e stretto controllo del sodio plasmatico;
    • stretto controllo della pressione arteriosa media;
    • controllare la glicemia;
    • garantire la normotermia con metodi fisici;
    • attuare sedazione e analgesia;
    • nei pazienti con evidenza clinica o tomografica di effetto di massa o ipertensione intracranica, chiedere immediato consulto neurochirurgico, potrebbe essere necessario un breve periodo di iperventilazione (PCO2 30-35 mmHg) e uso di mannitolo (0,75-1 g/kg).

I pazienti con alterazioni dello stato di coscienza (GSC < 9) richiedono sempre l’instaurazione di una via aerea definitiva mediante intubazione endotracheale sotto sedazione e analgesia secondo protocollo. Le indicazioni generali per l’intubazione oro-tracheale del paziente con TBI sono [33,34]:

  • GSC < 9;
  • perdita di riflessi della via aerea;
  • aritmia respiratoria:
  • frequenza respiratoria < 10 o > 35 per minuto;
  • agitazione;
  • shock;
  • PaO2 < 60 mmHg con FiO2 = 0,4;
  • PaCO2 < 25 o > 45 mmHg;
  • trauma facciale grave.

Criteri di imaging

In pazienti adulti con TBI, la TAC è indicata entro la prima ora quando è presente almeno uno dei seguenti fattori di rischio:

  • GSC < 13 alla valutazione iniziale del Pronto Soccorso;
  • GSC < 15 dopo 2 ore dall’ingresso al Pronto Soccorso;
  • sospetta frattura del cranio esposta o depressa;
  • segni clinici di frattura della base cranica;
  • convulsioni post-traumatiche
  • deficit neurologico focale;
  • più di 1 episodio di vomito.

Nei pazienti con TBI senza indicazione per esplorazione tomografica e che si rivelano antiaggregati e/o anticoagulati, si deve effettuare la TAC entro 8 ore dalla lesione. Nel contesto del paziente politraumatizzato, quando vi è necessità di un intervento chirurgico d’emergenza, è preferibile effettuare la TAC prima dell’ingresso in chirurgia [23,24,35]. Ad ogni modo, tali raccomandazioni dipendono dallo stato emodinamico del paziente in quanto non si devono inviare i pazienti instabili a effettuare la TAC.

In molti pazienti con TBI grave, la TAC iniziale può essere nella norma, pertanto è spesso necessario ripetere l’esame [36]. Come raccomandazione pratica suggeriamo:

  • in caso la TAC iniziale sia normale: ripeterla dopo circa 24 ore, ma nel caso in cui il paziente abbia manifestato ipotensione arteriosa o coagulopatia, ripeterla entro 12 ore;
  • in caso di TAC iniziale anomala:
    • effettuata 6 ore dopo l’evento traumatico se il paziente non presenta fattori di rischio, ripetere dopo 24 ore
    • effettuata prima delle 6 ore dall’evento e/o il paziente presenta fattori di rischio, ripetere entro le 12 ore.
  • Tutti i pazienti con TBI che presentano deterioramento dello status neurologico (calo di 2 o più punti al GSC, comparsa di nuovi deficit neurologici o convulsioni durante il periodo di osservazione) si deve ripetere la TAC d’urgenza.

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Figura 3. Algoritmo di gestione in pronto soccorso del paziente con TBI

Molti pazienti con trauma cranico possono presentare una lesione associata al rachide cervicale, è necessario effettuare indagini per identificare eventuali lesioni cervicali nel caso in di [35]:

  • GSC < 13 alla valutazione iniziale;
  • intubazione;
  • non è tecnicamente possibile effettuare radiografia semplice;
  • radiografia semplice anomala o con immagini di sospetta lesione;
  • è necessario scartare urgentemente una possibile lesione della colonna (per esempio prima di un intervento che può richiedere la manipolazione del collo);
  • paziente politraumatizzato;
  • nei pazienti stabili e vigili nei quali vi è sospetto clinico di lesione della colonna cervicale, si deve effettuare la TAC se [35]:
    • età ≥ 65 anni;
    • meccanismo di lesione pericoloso: caduta da un’altezza maggiore di 1 metro o 5 gradini; carico assiale sul cranio (per esempio impatto automobilistico ad alta velocità, espulsione dalla vettura, pedone investio, incidente in bicicletta);
    • Deficit neurologico focale o periferico;
    • parestesie degli arti inferiori o superiori.

In Figura 3 è riassunto l’algoritmo della gestione iniziale in urgenza del paziente con TBI.

Quando chiamare il neurochirurgo?

La gestione del trauma cranico è multidisciplinare, tuttavia è importante sottolineare che vi sono situazioni in cui la presenza del neurochirurgo è imprescindibile. In particolare, è necessario il consulto con il neurochirurgo in caso di:

  • TAC patologica;
  • coma persistente dopo le manovre di rianimazione iniziale;
  • stato confusionale inspiegabile che persiste da più di 4 ore;
  • peggioramento del GSC (soprattutto la diminuzione della risposta motoria);
  • segni neurologici focali progressivi;
  • crisi convulsive senza recupero completo;
  • frattura depressa;
  • trauma penetrante sospetto o confermato;
  • presenza di fistula liquorale o altro segno di frattura alla base del cranio (occhi di procione, segno di Battle, rinorragia, otoragia, otorrea).

Indicazioni alla chirurgia

Sebbene le indicazioni chirurgiche possono variare nei diversi centri neurochirurgici, in linea generale si considera la chirurgia nei seguenti casi [37]:

  • ematoma extradurale sintomatico > 30 cm3 (o 10 mm), indipendentemente dal GSC;
  • ematoma subdurale acuto, se spessore > 10 mm o deviazione della linea mediana > 5 mm;
  • ematomi/contusioni > 25 cm3 in particolare se in presenza di almeno uno dei seguenti segni alla TAC:
    • deviazione della linea mediana > 5 mm;
    • compressione della cisterna perimesencefalica;
    • compressione del ventricolo laterale omolaterale;
    • dilatazione compensatoria del ventricolo laterale controlaterale.

Indicazioni per il monitoraggio della pressione intracranica

L’ipertensione intracranica è una delle principali causa di mortalità in fase acuta nei pazienti con TBI, per questo motivo è importate riconoscere e identificare i pazienti a rischio. Nei soggetti individui con TBI grave è necessaria la collocazione di un sensore di pressione intracranica. Inoltre può essere utile, a discrezione del medico curante, considerare il trattamento dell’ipertensione intracranica nei seguenti casi [38-42]:

  • TBI moderato o lieve con TAC patologica associato a trauma multiplo che necessita di ventilazione meccanica assistita;
  • TBI moderato nell’immediato post-operatorio (tranne ematoma extradurale);
  • nei centri in cui si dispongono tecnologie non invasive di monitoraggio della pressione intracranica si monitorano alcuni segni indiretti di ipertensione. Per esempio con il doppler transcranico si misura l’indice di pulsatilità, mentre con l’ecografia oculare si misura il nervo ottico e il diametro della guaina che lo circonda. Dimensioni pari a 5,7-6 mm sono indice di ipertensione intracranica (sensibilità dell’87-95% e specificità che varia dal 79 al 100%).

Criteri di ammissione all’unità di terapia intensiva

Si deve considerare il ricovero in terapia intensiva:

  • nei pazienti con TBI grave;
  • nei pazienti con TBI penetrante
  • nei pazienti con TBI moderato e
    • TAC patologica;
    • TAC senza miglioramento dello status neurologico o deterioramento dello status iniziale;
    • postoperatorio per evacuazione di massa;
    • politrauma indipendentemente dal risultato della TAC;
    • impossibilità di monitoraggio clinico neurologico nel reparto d’emergenza o in reparto.

Prognosi

Definire la prognosi di un paziente con TBI al momento dell’arrivo in ospedale può essere complesso e spesso non vi sono gli elementi necessari per pronunciarsi correttamente. Vi sono infatti diversi fattori correlati alla natura stessa del TBI che rendono problematico stabilire una prognosi, per esempio [43,44]:

  • la complessità della patologia;
  • l’eterogeneità nella presentazione clinica;
  • le limitazioni nella valutazione clinica della gravità della situazione;
  • la fisiopatologia varia e diversa, con un’ampia gamma di lesioni anatomopatologiche e di meccanismi di danno;
  • le risorse umane e tecnologiche disponibili al momento dell’evento.

Le scale attualmente utilizzate sono di grande utilità per predire la mortalità a 30 giorni e prognosi sfavorevole a 6 mesi (mortalità compresa), ma ancora non sono affidabili per predire la morbilità che può sviluppare il TBI al momento del ricovero. Classicamente si utilizza la GSC e principalmente la componente motoria, per prevedere le conseguenze a brevissimo termine. Studi più recenti hanno evidenziato che le componenti verbale e oculare possono essere utilizzati come fattori prognostici, soprattutto nei pazienti con TBI moderato [45]. Un’altra variabile prognostica utilizzata storicamente è l’età del paziente, tuttavia uno studio più recente condotta sui pazienti dello studio CRASH, ha evidenziato che l’età influisce solamente nei pazienti con più di 40 anni [46]. Anche la presenza di ipotensione arteriosa e traumi extracerebrali maggiori rappresentano variabili utilizzate in diversi modelli per definire la prognosi [45,46].

La TAC rappresenta uno strumento di grande utilità per stabilire l’evoluzione e la prognosi del paziente con TBI, anche se non è stata stabilita una relazione statisticamente significativa [45]. Dai dati ottenuti dai referti dei pazienti dello studio CRASH è stato evidenziato che la compressione delle cisterne perimesencefaliche e la presenza di emorragia subaracnoidea traumatica si associa a prognosi negativa [50]. La proteina S100β presente nelle cellule gliali e e di Schwann è elevato nel sangue e nel liquor in risposta al danno. Si tratta di un marker biochimico di danno cerebrale significativamente associato con esiti sfavorevoli nel breve, medio e lungo termine nel trauma cranico moderato e grave [47].

Riassumendo si può concludere che i diversi modelli prognostici che sono stati sviluppati (IMPACT, CRASH, TBI prognosis, ecc.) [45,46,48,49] sono basati sui dati ottenuti dai grandi studi. Queste scale utili per definire obiettivamente la prognosi del paziente con TBI sono state validate in diverse parti del mondo, con il vantaggio addizionale di poter essere adattate a ciascun paese. Includono variabili cliniche (età, ECG, stato delle pupille, presenza di ipossia e ipotensione), referti di imaging e parametri di laboratorio (es. Livelli di glucosio ed emoglobina) [48,49]. Sebbene non sia possibile raccomandare l’utilizzo di un solo score per condurre una corretta prognosi sull’evoluzione di un paziente con TBI, l’utilizzo di questi strumenti può aiutare ad avere una visione più obiettiva dell’evoluzione il paziente.

Conclusioni

Il trauma cranico è una patologia eterogenea, dinamica e in continua evoluzione, l’obiettivo principale del primo soccorso è di evitare lesioni cerebrali secondarie che potrebbe peggiorare la prognosi del paziente. La Glasgow Coma Scale rimane il metodo migliore per la classificazione iniziale di questi pazienti e definire il percorso di gestione. Nell’approccio iniziale al paziente con TBI è essenziale evitare i fattori di rischio di lesione secondaria, principalmente ipossiemia e ipotensione arteriosa, inoltre è fondamentale ricontrollare periodicamente lo status neurologico al fine di rilevare cambiamenti nel tempo.

Quesito clinico

Presentare una panoramica sull’approccio iniziale al paziente che si presenta al pronto soccorso con trauma cranico.

Tipologia di revisione

Narrativa

Conclusioni

Indipendentemente da quanto sia grave la lesione, l’obiettivo dell’intervento d’urgenza è quello di evitare il trauma cranico secondario e identificare eventuali lesioni intracraniche che richiedono un trattamento urgente.

Aree grigie

Mancanza di una scala universale di valutazione della prognosi.

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Appendice I

Esempi di classificazione di TBI sulla base della TAC e del GSC all’arrivo in ospedale.

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Paziente di 24 anni, maschio con GSC = 7/15, la TAC non evidenzia lesioni spontaneamente iperdense, sono presenti cisterne perimesencefaliche senza spostamento degli indicatori della linea mediana. Classificazione di Marshall: LED I

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Paziente di 19 anni, maschio con GSC = 9/15. Alla TAC si evidenziano lesioni spontaneamente iperdense < 25 cm3, compatibili con contusioni cerebrali cortico/subcorticali multiple, piccola collezione subdurale e presenza di emorragia subaracnoidea, cisterne perimesencefaliche presenti con spostamento degli indicatori della linea mediana inferiore a 5 mm. Classificazione di Marshall: LED II

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Paziente di 31 anni, femmina con GSC = 5/15. Alla TAC si osservano lesioni spontaneamente iperdense < 25 cm3, compatibili con contusioni cerebrali frontali, presenza di emorragia subaracnoidea, cisterne perimesencefaliche assenti, con spostamento degli indicatori della linea mediana inferiore a 5 mm. Classificazione di Marshall: LED III

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Paziente di 56 anni, maschio, con GSC = 7/15. Alla TAC si osservano lesioni spontaneamente iperdense frontali bilaterali < 25 cm3, compatibili con collezioni subdurali acute, con spostamento degli indicatori della linea mediana maggiore a 5 mm. Classificazione di Marshall: LED IV

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Paziente di 23 anni, maschio, con GSC = 6/15. Alla TAC si osservano lesioni spontaneamente iperdense frontotemporali > 25 cm3, compatibili con ematoma subdurale acuto, con spostamento degli indicatori della linea mediana maggiore a 5 mm e segni di ernia subfalciale. Classificazione di Marshall: LMNE – ematoma subdurale acuto

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Paziente di 16 anni, maschio, con GSC = 8/15. Alla TAC si osserva lesione spontaneamente iperdensa temporo/parietale destra > 25 cm3, compatibile con ematoma extradurale acuto. Classificazione di Marshall: LMNE – ematoma extradurale

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Paziente di 52 anni, maschio, con GSC = 13/15. Alla TAC si evidenzia lesione spontaneamente isodensa frontotemporale destra > 25 cm3, compatibile con ematoma subdurale acuto isodenso, con spostamento degli indicatori della linea mediana > 5 mm, segni di ernia subfalciale. Classificazione di Marshall: LMNE – ematoma subdurale acuto isodenso

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