RHC 2014;5(4)149-152.html

Reviews in Health Care 2014; 5(4): 149-152

http://dx.doi.org/10.7175/rhc.v5i4.951

Editorial

Ebola: cosa abbiamo imparato

Ebola: what we have learned

Paolo Bonfanti 1, Ilaria Caramma 1

1 Struttura Complessa di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera della Provincia di Lecco, Lecco, Italy

Corresponding author

Paolo Bonfanti

pa.bonfanti@ospedale.lecco.it

Disclosure

The authors have no conflict of interests or financial disclosures

Introduzione

Da Dicembre 2013 è in corso la prima epidemia documentata di malattia da virus Ebola (EVD) in Africa occidentale. Si tratta della più grande epidemia sia per numero di focolai attivi che per numero di casi e decessi segnalati. Inoltre per la prima volta la EVD si è diffusa anche in aree urbane densamente popolate.

L’EVD è causata da un virus a RNA appartenente alla famiglia dei filovirus con una mortalità che varia dal 25 al 90% [1]. La prima epidemia è stata riconosciuta nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), causando la morte di 280 persone; negli anni successivi vi sono stati altri focolai, prevalentemente nell’Africa equatoriale, ma la diffusione è sempre stata circoscritta in quanto le epidemie si sviluppavano soprattutto in piccoli centri. Prima del 2014, in quasi 40 anni, sono stati registrati circa 1.600 decessi.

L’epidemia

I primi casi segnalati dell’attuale epidemia si sono verificati in una regione della Guinea sud-orientale vicino al confine con la Liberia e la Sierra Leone [2]. L’origine dell’epidemia non è nota, tuttavia si sospetta che i casi primari siano originati dal contatto diretto con tessuti e fluidi corporei di animali infetti. Il reservoir animale è rappresentato probabilmente dal pipistrello della frutta della famiglia dei Pteropodidi [1,3]. L’epidemia si è poi molto estesa diffondendosi rapidamente in Liberia e Sierra Leone. A fine ottobre 2014 i casi registrati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità erano più di 10.000 con un tasso di mortalità vicino al 50%. Si ritiene che in realtà tale dato sia sottostimato in quanto esistono gravi difficoltà da parte degli operatori sanitari nella raccolta di dati epidemiologici accurati. A fine ottobre è stato segnalato il primo caso in Mali, paese confinante con l’area interessata [4].

Tra i fattori che hanno determinato la drammatica evoluzione dell’attuale epidemia, vi sono la diffusione nelle grandi città, la mobilità della popolazione all’interno e attraverso le frontiere dei Paesi colpiti e la fragilità dei sistemi sanitari locali [5].

Da epidemia a pandemia

Uno degli elementi di novità dell’epidemia in corso è il rischio di trasformarsi in pandemia. I segnali di tale rischio sono da riferirsi al diffondersi della malattia in paesi distanti dalla sede in cui essa si è originata e diffusa inizialmente. Durante il mese di luglio 2014, un paziente affetto da EVD si è recato in Nigeria dando origine ad una epidemia che ha coinvolto 20 persone. Il 30 settembre 2014 è stato confermato il primo caso di Ebola fuori dall’Africa, a Dallas negli Stati Uniti d’America (USA): un paziente proveniente dalla Liberia ha sviluppato i sintomi in seguito all’arrivo, morendo nei giorni seguenti. Il dodici ottobre è stato confermato il contagio di un’infermiera che ha assistito il caso indice americano e, qualche giorno dopo, è stato segnalato un terzo caso in un’altra operatrice sanitaria. Durante gli stessi giorni, le autorità spagnole hanno confermato il primo caso autoctono di EVD in Spagna: il contagio riguardava un’infermiera in servizio all’ospedale La Paz-Carlos III di Madrid che aveva assistito un paziente spagnolo contagiatosi in Africa.

I tre casi confermati tra il personale sanitario di paesi con sistemi sanitari avanzati come USA e Spagna, hanno aperto nel mondo scientifico un importante dibattito circa la modalità di trasmissione del virus e l’adeguatezza dei dispositivi di protezione individuale attualmente raccomandati [6,7]. Pericolosi allarmismi hanno anche diffuso l’idea di possibili mutazioni del virus che ne permettano la trasmissione per via area, costringendo l’OMS a smentire ufficialmente tale ipotesi [8].

Il contagio

La trasmissione di EVD avviene per contatto diretto (attraverso ferite della pelle o mucose) con il sangue o altri fluidi corporei o secrezioni (feci, urine, saliva, sperma) di persone infette. L’infezione può verificarsi anche in caso di ferite della pelle o delle mucose di una persona sana che entra in contatto con oggetti contaminati da fluidi infetti di un paziente con Ebola; possibile anche la trasmissione per droplet. Il paziente diviene contagioso in fase sintomatica mentre non è documentata la diffusione della malattia durante il periodo di incubazione, che varia da 2 a 21 giorni. La maggior contagiosità si osserva negli stadi avanzati della malattia e nei pazienti con sintomi quali vomito ed emorragie [9,10]. Risulta quindi facilmente comprensibile la ragione per cui le categorie più a rischio di contrarre l’infezione siano gli operatori sanitari e i familiari.

Il trattamento e la prevenzione

Nonostante le molte ricerche in corso, non esiste al momento una terapia o un vaccino efficace per contrastare questa pericolosa malattia. Le uniche armi oggi a disposizione sono le comuni misure di sanità pubblica: precoce riconoscimento dei casi, isolamento, tracing dei contatti e quarantena. La dichiarazione di fine dell’epidemia in Nigeria è la dimostrazione che tali misure, se rigorosamente applicate, sono efficaci nel contenimento dell’infezione, anche in paesi africani [11].

Quali sono i punti critici emersi fino ad oggi nella gestione dell’epidemia?

Prima di tutto la sottovalutazione della gravità della situazione da parte degli organismi internazionali. La fragilità dei sistemi sanitari dei tre paesi principalmente interessati dall’epidemia era nota fin dall’inizio. La morte di molti operatori sanitari indigeni ha reso ancora più grave il ritardo nel programmare le iniziative di risposta alla crisi, rendendo lontana la fine dell’evento epidemico.

In secondo luogo l’importanza della formazione degli operatori sanitari per il corretto uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI). I tre casi di contagio avvenuti negli USA e in Spagna sono da mettere in relazione ad errori nello svolgimento delle procedure di assistenza. Indossare e, soprattutto, togliere i DPI sono operazioni complesse: può bastare un minimo errore nella sequenza di rimozione dei diversi dispositivi per rischiare l’esposizione al virus. Il riconoscimento di quanto siano cruciali tali procedure e l’esperienza dei primi mesi di epidemia ha portato i Centers of Disease Control di Atlanta a rivedere analiticamente i dispositivi da utilizzare e la corretta successione d’uso [12].

Infine la selezione dei Centri di riferimento per la gestione dei malati affetti da EVD e dei casi sospetti. Considerando i recenti avvenimenti in Europa e USA e l’esperienza accumulata negli anni passati, i pazienti affetti da EVD dovrebbero essere gestiti in Centri di riferimento con Unità ad alto isolamento e da personale adeguatamente preparato e continuamente formato [13]. Bisogna però tener conto del numero molto limitato di questo tipo di strutture e soprattutto del fatto che i pazienti con Ebola si possano presentare senza preavviso presso Centri secondari dove i malati devono essere identificati, classificati ed eventualmente ricoverati in attesa di trasferimento. Diventa quindi di vitale importanza che, anche a questo livello, ogni aspetto del processo di cura sia attentamente valutato e preparato: il personale deve essere formato sia riguardo l’utilizzo dei DPI sia riguardo l’applicazione dei percorsi assistenziali, la gestione dei campioni di laboratorio e lo smaltimento dei rifiuti [14].

Ebola è una temibile minaccia ma anche un’opportunità per ripensare e riorganizzare l’approccio alle malattie epidemiche nel terzo millennio.

Bibliografia

1. Feldmann H, Geisbert TW. Ebola haemorrhagic fever. Lancet 2011; 377: 849-62; http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(10)60667-8

2. Baize S, Pannetier D, Oestereich L, et al. Emergence of Zaire Ebola virus disease in Guinea. N Engl J Med 2014; 371: 1418-25; http://dx.doi.org/10.1056/NEJMoa1404505

3. Vogel G. Are bats spreading Ebola across sub-Saharan Africa? Science 2014; 344: 140; http://dx.doi.org/10.1126/science.344.6180.140

4. World Health Organization. Mali confirms its first case of Ebola. Ebola situation assessment, 24 October 2014. Disponibile su: http://www.who.int/mediacentre/news/ebola/24-october-2014/en

5. Fauci AS. Ebola, underscoring the global disparities in health care resources. N Engl J Med 2014; 371: 1084-6; http://dx.doi.org/10.1056/NEJMp1409494

6. Martin-Moreno JM, Llinás G, Hernández JM. Is respiratory protection appropriate in the Ebola response? Lancet 2014; 384: 856; http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(14)61343-X

7. Ryschon TW. Ebola control measures and inadequate responses. Lancet 2014; 384: 1181-82; http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(14)61346-5

8. World Health Organization. What we know about transmission of the Ebola virus among humans. Ebola situation assessment, 6 October 2014. Disponibile su: http://www.who.int/mediacentre/news/ebola/06-october-2014/en

9. Roddy P, Weatherill D, Jeffs B, et al. The Médecins Sans Frontières intervention in the Marburg hemorrhagic fever epidemic, Uige, Angola, 2005. Lessons learned in the community. J Infect Dis 2007; 196: S162–67; http://dx.doi.org/10.1086/520544

10. Alimonti J, Leung A, Jones S, et al. Evaluation of transmission risks associated with in vivo replication of several high containment pathogens in a biosafety level 4 laboratory. Sci Rep 2014; 4: 5824; http://dx.doi.org/10.1038/srep05824

11. World Health Organization. Nigeria is now free of Ebola virus transmission. Situation assessment, 20 October 2014. Disponibile su http://www.who.int/mediacentre/news/ebola/20-october-2014/en

12. Centers for Disease Control and Prevention. Guidance on Personal Protective Equipment To Be Used by Healthcare Workers During Management of Patients with Ebola Virus Disease in U.S. Hospitals, Including Procedures for Putting On (Donning) and Removing (Doffing). October 20, 2014. Disponibile su http://www.cdc.gov/vhf/ebola/hcp/procedures-for-ppe.html

13. Kortepeter MG, Martin JW, Rusnak JM, et al. Managing potential laboratory exposure to Ebola virus by using a patient biocontainment care unit. Emerg Infect Dis 2008; 14: 881-7; http://dx.doi.org/10.3201/eid1406.071489

14. Kortepeter MG, Smith PW, Hewlett A, et al. Caring for Patients With Ebola: A Challenge in Any Care Facility Ebola Containment Care. Ann Intern Med 2014 [Epub ahead of print]; http://dx.doi.org/10.7326/M14-2289

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