Farmeco 2013;14(4)151-152.html

Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 2013; 14(4): 151-152

Editorial

ISPOR 2013: what's new and what's old?

Orietta Zaniolo 1, Massimiliano Povero 1

1 AdRes, Health Economics & Outcome Research, Torino

Corresponding author

Orietta Zaniolo

o.zaniolo@adreshe.com

Disclosure

The authors have no conflict of interest to report.

 

Il congresso europeo dell’International Society For Pharmacoeconomics and Outcomes Research (ISPOR) è un appuntamento fisso ormai da anni per noi di AdRes, come per la maggior parte dei ricercatori di settore, delle agenzie di consulenza, delle CRO e delle aziende farmaceutiche, soprattutto nelle figure di chi si occupa di market access. Come in ogni congresso, si assiste al sottile equilibrio fra l’aspetto scientifico e quello puramente commerciale, esattamente come fra lo scambio intellettuale che ne può derivare e il semplice desiderio della pubblica relazione, dell’incontrare partner o clienti, già fidelizzati o soltanto potenziali, del business.

La motivazione che ha spinto noi a partecipare, quest’anno come in passato, oltre a quella legata alla presentazione dei nostri lavori più interessanti prodotti durante l’anno precedente, è da ricercare nella possibilità fornita dall’ISPOR di scoprire le tendenze correnti per individuare con tempismo le nuove domande che la farmacoeconomia, prima, e il mercato, dopo, ci pongono, insieme ad eventuali nuove metodologie e i campi in cui applicarle più efficacemente.

L’obiettivo della XVI edizione dell’ISPOR, che si è tenuto dal 2 al 6 novembre 2013 al The Convention Center di Dublino, è stato efficacemente riassunto con lo slogan “Finding the Right Pieces for the Health Care Decision-Making Puzzle”. A giudicare dalle relazioni a cui è stato dato maggior rilievo, i pezzi mancanti per risolvere questo annoso puzzle sono stati individuati nella necessità di valorizzare la prospettiva dei pazienti nelle scelte economiche e di implementare modelli realistici tramite l’utilizzo di database aggiornati su campioni rappresentativi di pazienti. La quantità di dati generata ogni giorno nel mondo ha infatti un ordine di grandezza impressionante. È stato recentemente coniato il termine big data, proprio al fine di identificare insiemi di dati strutturati o destrutturati che, per le loro dimensioni, non sono gestibili utilizzando i comuni sistemi software (come i database relazionali). La disponibilità dei big data, al di là dei vincoli tecnici, apre possibilità per realizzare nuove analisi ed estrarre nuova informazione nei più svariati campi, dalla sanità alle scienze sociali. L’utilizzo dei big data per produrre dati istituzionali presenta però varie criticità legate alla complessità di gestione e alla natura “ufficiale” dei prodotti forniti, oltre a problemi legati all’affidabilità, non sempre chiara, della sorgente e la necessità di fasi preliminari di filtraggio e pulizia. Tuttavia, l’impressione emersa a Dublino, dai vari dibattiti, è quella che le potenziali opportunità fornite dai big data sono tali da spingere a fronteggiare le sfide elencate.

Questa sedicesima edizione dell’ISPOR conferma anche la crescita d’importanza dei dispositivi medici in termini di Health Technology Assessment, al punto da essere quasi equiparabili ai medicinali. Una differenza sostanziale rispetto a questi ultimi è pero da ricercare nella mancanza, in molti paesi fra cui il nostro, di un sistema regolatorio per i dispositivi medici: attualmente il loro mercato è stato spesso paragonato a una giungla. In epoca di P4 Medicine (Personalized, Predictive, Preventive, Participatory) emerge però chiara la necessità di incrociare questi due mondi sia dal punto di vista del loro utilizzo che della loro valutazione: per esempio l’FDA valuta e approva i companion diagnostic insieme con i farmaci biologici di cui testano la suscettibilità.

Accanto a questi spunti che aprono nuovi ambiti di ricerca abbiamo trovato anche vecchi temi, primo fra tutti il tema dei QALY che con i loro pro e contro, difesi o criticati dalla comunità economico-sanitaria rimangono indiscutibilmente il caposaldo delle analisi farmacoeconomiche. Un tentativo di critica costruttiva è da individuarsi in chiusura di congresso in un acceso dibattito tra Karl Claxton, uno dei volti più noti dell’ISPOR, e Rob Baltussen; il primo fervido sostenitore dei QALY, il secondo promotore della multi-criteria decision analysis (MCDA), una metodologia complessa che risolve alcune criticità evidenziabili nei QALY, ma che al momento non è ancora formalizzata e applicabile in maniera rigorosa. L’intervento si è concluso con un sostanziale pareggio: continueremo ancora per molto tempo ad utilizzare i QALY ma la MCDA attende dietro l’angolo chi saprà formalizzarla e valorizzarla al meglio.

Purtroppo anche quest’anno abbiamo notato poca apertura nella divulgazione scientifica. La complessità delle tecniche utilizzate in farmacoeconomia rendono a tutti gli effetti la nostra disciplina una scienza e in quanto scienza i risultati ottenuti dovrebbero essere divulgati in maniera chiara e trasparente, al fine di allargare la conoscenza e completare il famoso puzzle. La forte necessità di dibattici tecnici, pratici, applicati non è percepita solo da noi: le (rare) sessioni il cui titolo ne implicava la presenza hanno trovato aule gremite, posti esauriti, fiumi di domande. Riteniamo che in questo ambito il congresso non sia riuscito a fornire un aiuto valido. Dal lato umano ciò è assai comprensibile: la condivisione con il resto della comunità scientifica di percorsi, di tecniche, di razionali che sono costati mesi di lavoro e di ricerca spesso assume le sembianze del segreto svelato, dell’esclusività persa; ecco allora che le spiegazioni tecniche diventano brevi accenni, che l’esempio chiarificatore viene sostituito con un discorso generico. Dal lato scientifico non è invece giustificabile in quanto si annida proprio in questo tipo di approccio il passaggio da congresso a fiera commerciale.

Quindi per concludere, nonostante questi malumori da interventi fumosi e superficiali, la XVI edizione dell’ISPOR europeo ci lascia ottimisti, con numerosi buoni spunti di riflessione e qualche (semi)nuova sfida a cui rivolgerci.

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