PM&AL 2012;6(1)3-4.html

Il consenso informato: alcune domande e alcune risposte

Rodolfo Pacifico 1, Ennio Grassini 1

1 Centro Studi di Diritto Sanitario e Farmaceutico, Caserta

«Perché si parla ancora tanto di consenso informato, non è sufficiente che il paziente sottoscriva il modulo che ho predisposto?». «Perché sono stato chiamato in giudizio per non aver informato nonostante la firma sul modulo di consenso?». «Perché sono stato condannato a seguito dell’esecuzione di un intervento chirurgico diverso da quello prospettato?».

Sarebbe stato ragionevole pensare che dopo tanto discutere dell’argomento, alcuni quesiti potessero dirsi ormai superati o almeno accantonati in quello spazio di convinzioni individuali destinato a dissolversi nella consapevolezza che deve guidare la quotidiana attività dei professionisti della sanità, i quali confrontano il loro patrimonio di conoscenze con le esperienze reali, nell’intento di realizzare il bene della salute, migliorando le condizioni di chi si affida alle loro cure oppure pervenendo alla definitiva guarigione.

L’osservazione del consenso informato in chiave empirica, attraverso la lettura della casistica giurisprudenziale, pensiamo rappresenti il banco di prova della propria conoscenza di un tema che tutti sanno non più collocabile ai margini dell’attività professionale.

Non ci troviamo di fronte a questioni statiche; ed è questa la principale sfida dell’approccio pratico al problema, ma è anche la ragione per cui attraverso la nostra percezione, acquisita “sul campo” di una realtà dinamica, riscontriamo continuamente il ritorno di quesiti “d’altri tempi”. Il punto è che ciò che accade nel mondo giuridico non sempre supera le sue barriere, fossero anche solo linguistiche.

Ottenere l’assenso all’atto medico attraverso un percorso informativo, non significa semplicemente concludere un processo di tipo standardizzato, per lo più compendiato nei moduli precompilati. In questa accezione avremmo rilevato semplicemente il superamento di ogni conflitto, mentre sappiamo che non è esattamente così. Anzi, se così fosse stato, i primissimi arresti giurisprudenziali in materia avrebbero con molta probabilità posto fine ad ogni questione: è evidente che le cose non sono andate in questo modo e dopo poco più di tre anni dalla prima edizione del libro si è giunti ad arricchire ed aggiornare i profili cruciali affrontati nel 2008.

Decifrare ed estrapolare regole condivise per trasmetterle a coloro che le debbono utilizzare, significa anche spiegare le ragioni di fondo di quelle scelte che i tribunali hanno ritenuto inadeguate e non conformi all’ordinamento.

Il lavoro affronta le strutture cardine del consenso: il tempo di acquisizione, la forma, la molteplicità e la specificità. Attraversa casi pratici significativi, come il problema della prescrizione dei farmaci, il danno da nascita indesiderata o, ancora, quali siano i soggetti deputati a prestare il consenso e quelli deputati all’informazione, quali siano i riflessi risarcitori in caso di inadeguata o incompleta informazione.

In una realtà come quella attuale dove la condivisione dei contenuti appare ineludibile, sarebbe auspicabile che il lavoro presentato possa stimolare la discussione e il confronto continuo, consentendo ai lettori, anche attraverso la rivista e i social network1, di esprimere i dubbi e le opinioni.

1 Il Centro Studi di Diritto Sanitario e Farmaceutico – www.dirittosanitario.net – è su Facebook e su Twitter

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