PM&AL 2013;7(1)17-22.html

Il contenzioso sanitario previdenziale. Il nuovo procedimento di accertamento tecnico preventivo

Mirella Mogavero 1

1 Avvocato coordinatore Avvocatura regionale INPS Piemonte

Abstract

This article examines the Italian situation related to legal litigations in case of civil invalidiy. Since the number of litigation and processes in this particular field is extremely high, there’s the need to simplify and better organize procedures and techniques. In recent years, INPS (the Italian National Social Security Institute) has developed many simplified procedures for invalidity proceedings. These include not only invalidity and disability allowance, but also old age and pension benefits. In particular, the article describes the new procedure called “accertartamento tecnico preventivo” (technical preventive assessment).

Keywords: INPS; Disability; Proceedings; Litigation

Social protection and litigation. The new technical preventive assessment

Pratica Medica & Aspetti Legali 2013; 7(1): 17-22

Corresponding author

Avv. Mirella Mogavero

mirella.mogavero@inps.it

Disclosure

L'autrice dichiara di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Introduzione

Da almeno dieci anni il nostro legislatore si è posto il problema dell’ipertrofia del contenzioso giudiziale in materia di invalidità civile e, in misura più ridotta, “assicurativa” (la situazione in cui il richiedente abbia il prescritto requisito contributivo da lavoro) e ha tentato di porvi rimedio, nella consapevolezza che esso costituisce ampia parte del contenzioso previdenziale il quale è, a sua volta, massiva e insostenibile quota del contenzioso civile del Paese.

Misure normative

Tale tentativo è stato perseguito, nel tempo, con una varia gamma di misure, finalizzare a snellire, abbreviare e rendere omogenee, con un incisivo coinvolgimento dell’INPS, le forme e i tempi del procedimento giudiziale nonché a dare certezza alle posizioni giuridiche ed effettività alle tutele. Tra esse sono presenti principalmente le seguenti innovazioni normative:

  • decadenza (2003): per le prestazioni assistenziali l’art. 42, c. 3, della legge n. 326 del 2003 ha previsto che la domanda giudiziale dovesse essere proposta all’autorità giudiziaria, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento di diniego emanato in sede amministrativa, con l’obiettivo di definire celermente le posizioni pendenti in via amministrativa, sfoltendo il ricorso al Giudice e dando certezza alle posizioni giuriche interessate;
  • legittimazione passiva dell’INPS nei giudizi (2003/2005): si è attuato un progressivo trasferimento all’INPS delle competenze in materia di invalidità civile: articolo 10 del Decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, conv.in L. 2 dicembre 2005 numero 248, DPCM 31.03.2007;
  • partecipazione dei medici INPS alle CTU (2009): il comma 6 bis art. 20 comma 5 Decreto legge 1 luglio 2009 n. 78 dispone :«Nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali e assistenziali, nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio, alle indagini assiste un medico legale dell’Ente, su richiesta, formulata, a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare apposita comunicazione al direttore delle sede provinciale dell’INPS competente. Al predetto componente competono le facoltà indicate nel secondo comma dell’articolo 194 del codice di procedura civile»;
  • INPS unico legittimato passivo nei giudizi e accentramento competenze gestionali ed economiche presso l’INPS (2009). Art. 20 comma 5 Decreto legge 1 luglio 2009 n. 78 conv. in Legge 3 agosto 2009, n. 102: possibilità di convenzioni Regioni/INPS per l’attribuzione all’INPS delle funzioni di accertamento del requisito sanitario nel contesto dell’invalidità civile (art. 18 comma 22 Legge 15 luglio 2011, n. 111 di conv. D.L. n. 98/2011);
  • obbligo di comunicazione, da parte del medico CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) all’INPS, del luogo e della data di inizio delle operazioni peritali, che in precedenza riguardava il Ministero dell’Economia e Finanze (dal 2003 art. 42 L. 236/2003;
  • previsione di nullità della CTU (2011) nel caso di mancata allegazione della ricevuta dell’avviso all’INPS delle operazioni peritali, a garanzia della possibilità effettiva, con sanzione di nullità in caso di inadempimento, di partecipazione alle stesse dei medici dell’Ente;
  • introduzione dell’istituto dell’accertamento tecnico preventivo obbligatorio (2011) e soppressione del grado d’appello nel contenzioso giudiziale di invalidità civile.

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Figura 1. Andamento storico nazionale del contenzioso giudiziario di invalidità negli ultimi anni

Posto che le verifiche statistiche hanno palesato che il decremento significativo nell’introduzione di giudizi in materia di invalidità civile si colloca successivamente al 2009, sembra potersi dedurre che il più efficace deterrente e strumento deflattivo sia stata l’introduzione di un effettivo contradditorio sanitario nell’ambito delle CTU, conseguente al previsto obbligo di partecipazione dei medici dell’INPS, previa rituale notifica all’Ente della data delle operazioni peritali.

Tale constatazione ha probabilmente orientato il legislatore verso la convinzione dell’utilità dell’introduzione di un istituto processuale sommario in cui la consulenza tecnica d’ufficio avesse dirimente centralità e definisse, essa stessa, la controversia sulla sussistenza, sul piano sanitario, del diritto alle prestazioni di invalidità civile, con un ulteriore prosieguo giudiziale solo eventuale.

Si è così scomposta la gestione giudiziale del contenzioso sanitario in una doppia scansione, che prevede l’avvio di un giudizio vero e proprio e l’approdo a una sentenza solo nell’ipotesi di avvenuto esperimento della fase sommaria e di permanente dissenso, tra le parti, sull’esito del procedimento; viene, in ogni caso, lasciato poi all’INPS, nella successiva fase amministrativa conseguente alla definizione della fase giudiziale sul requisito sanitario, il compito della verifica della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi del diritto alla prestazione stessa.

In realtà, per ridurre l’incidenza del contenzioso giudiziale, sarebbe probabilmente bastato ripristinare il filtro costituito dal previgente ricorso amministrativo, con riesame assegnato all’INPS, a garanzia di uniformità valutativa e neutralizzazione dei condizionamenti localistici (in tale direzione la deliberazione CIV INPS n. 6/2008).

L’autotutela amministrativa è, del resto, una risorsa formidabile nell’ottica di un’amministrazione pubblica interattiva e trasparente: tale strumento potrebbe essere valorizzato, in prospettiva, con la prassi di un riesame sistematico al ricevimento del ricorso avverso il verbale negativo.

L’impugnativa del diniego delle commissioni ASL avrebbe potuto, in tal modo, essere efficacemente condotta fuori dalle aule giudiziarie, che restano invece, allo stato, gravate impropriamente di un procedimento tecnicistico, con il rischio, e in assenza della necessità di deduzione giudiziale dei requisiti extrasanitari, che risultino incrementate le domande giudiziali, anche meramente esplorative, finalizzate, per lo più, al conseguimento delle spese di lite.

Il procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio

Ad ogni buon conto, l’art. 38 comma 1 del DL 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011 n. 111 (in vigore dal 1° gennaio 2012 ai sensi dell’art. 38 comma 2) – animato dagli anzidetti obiettivi di deflazione del contenzioso e attenuazione dei volumi di lavoro degli uffici giudiziari, con conseguente riduzione di spesa e di durata dei processi – ha istituito e disciplinato il procedimento di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, applicabile, con decorrenza 1 gennaio 2012, alle seguenti tipologie di giudizi:

  • controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità;
  • controversie relative a pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinate dalla Legge 12 giugno 1984, n. 222 (invalidità assicurativa).

Non risulta invece applicabile alle controversie di cui all’art. 1, c. 8, d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, sulle pensioni di vecchiaia anticipata in favore degli invalidi in misura non inferiore all’80% né alle controversie sulle pensioni ai superstiti in favore di soggetti maggiorenni inabili ex art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636.

Così dispone la norma: «I. Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984 n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell’articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell’articolo 696 bis codice di procedura civile, in quanto compatibile, nonché secondo le previsioni inerenti all’accertamento peritale di cui all’articolo 10 comma 6-bis del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248 e all’articolo 195.

II. L’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.

III. La richiesta di espletamento dell’accertamento tecnico interrompe la prescrizione.

IV. Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

V. In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell’articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza, entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.

VI. Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al primo comma, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.

VII. La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile (Comma inserito dall’art. 27 della legge 12.11.2011 n. 183 (in vigore dal 01.02.2012, ai sensi dell’art. 36 di detta legge)».

Gli apprezzabili intenti del legislatore appaiono, sotto taluni profili, frustrati dalle perplessità che il nuovo istituto processuale genera e che affannano i commentatori e gli operatori. A titolo puramente esemplificativo:

  • Che cosa fare quando sia evidente prima facie l’insussistenza del requisito amministrativo (es. ricorrente richiedente prestazioni di invalidità/inabilità civile ultrasessantacinquenne)?
  • Se le prestazioni richieste sono graduate e alternative, vanno esperiti due ATP?
  • Se si contesta la decorrenza, può esservi un’omologa parziale della CTU?
  • Vi è incompatibilità tra il Giudice dell’ATP e il Giudice della eventuale successiva causa di merito?

Il dubbio sull’efficacia interruttiva della decadenza semestrale, non esplicitata dalla norma (verosimilmente perché implicita) sta, peraltro, inducendo molti ricorrenti alla proposizione contestuale o con molteplici ricorsi della domanda di ATP unitamente alla domanda di merito (accertamento e condanna), con il risultato di una moltiplicazione dei procedimenti giudiziali e di una grave frustrazione dell’obiettivo deflattivo.

Se si ritenesse, inoltre, come la giurisprudenza è orientata a fare, che il giudizio che segue alla rituale contestazione delle conclusioni dell’ATP mantiene la sola natura di contenzioso sul mero profilo sanitario, il rischio è di un sistematico raddoppio, oltre che del costo della CTU reiterata, altresì del contenzioso, nell’eventualità di un successivo mancato rispetto o esito negativo dello spatium deliberandi di 120 giorni assegnato all’INPS per la liquidazione della prestazione, previa verifica degli ulteriori requisiti amministrativi.

Il tentativo di porre argine al macrofenomeno del contenzioso giudiziale sanitario con il procedimento di ATP appare pertanto di dubbio esito se non addirittura a risultato potenzialmente inflattivo.

I procedimenti che registrano un prosieguo giudiziale sono, del resto, numericamente rilevanti.

Ciò anche in relazione al fatto che, perdurando la vigenza dell’art 149 delle “Disposizioni attuative del Codice di Procedura Civile”, che prevede espressamente che il giudice debba valutare le nuove infermità e gli aggravamenti delle malattie già esistenti, insorti nel corso del giudizio, il richiedente, specie nelle controversie aventi ad oggetto l’indennità di accompagnamento, ha l’interesse a coltivarne e protrarne la durata, nell’auspicio, si fa per dire, che la rivalutazione dell’accertamento sanitario tenga conto di un progressivo ulteriore deterioramento delle condizioni di salute, conseguente fatalmente al decorso del tempo, con l’aspettativa di un remunerativo risultato anche in relazione al regolamento delle spese di lite.

Va tuttavia, in proposito, rammentato che la Legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”) ha introdotto, con l’art. 56 – che riguarda le domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni e indennità, comunque denominati, spettanti agli invalidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo – una disposizione che estende ad esse le medesime regole che già valgono per gli assegni e le pensioni per la cosiddetta “invalidità pensionabile”.

La norma di riferimento è, in particolare, l’art. 11 della Legge 222/1984, che vieta la presentazione di nuove domande di accertamento dello stato invalidante – per le stesse prestazioni – «fino a quando non sia esaurito l’iter di quella in corso in sede amministrativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato».

La disposizione intende dissuadere dal coltivare un prosieguo giudiziale pretestuoso e incoraggia a rinnovare l’istanza, ricorrendone i presupposti, in via amministrativa, nell’aspettativa di un accoglimento.

I numeri del contenzioso sanitario previdenziale mostrano che nelle regioni del Sud, dovendosi ragionevolmente escludere il grado esponenzialmente più diffuso di patologie invalidanti, l’invalidità civile assume i caratteri di un ammortizzatore sociale, cui si cerca di accedere in massa, e il contenzioso relativo ha un’incidenza nettamente più estesa rispetto agli altri territori del Paese.

L’invecchiamento della popolazione ha, peraltro, reso, in particolare, l’indennità d’accompagnamento una prestazione a richiesta tendenzialmente generalizzata, al pari delle correlate provvidenze della L. 104/1992, e l’introduzione, de jure condendo, di condizionamenti del diritto al reddito del richiedente appare coerente con criteri di riduzione e razionalizzazione della spesa.

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Figura 2. Contenzioso di invalidità civile. Rapporto numero di cause/popolazione

Il nuovo istituto processuale – Prospettive, utilità e insidie

Tornando al nuovo istituto processuale, appare meritevole di nota, nel disegno tracciato dal legislatore, la struttura concentrata e veloce del rito, il quale, in difetto di eccezioni della parte convenuta che rendano necessari differimenti del procedimento, dovrebbe, di massima, compendiarsi in una sola udienza. Il Giudice provvede infatti alla nomina del CTU già con il decreto di fissazione dell’udienza, sicché gli adempimenti relativi (formulazione del quesito, fissazione delle operazioni peritali, nomina dei consulenti tecnici di parte, assegnazione del termine per il deposito dell’elaborato, previo scambio della bozza con i CTP dovrebbero perfezionarsi contestualmente all’udienza stessa. Il CTU deve inviare – almeno 15 giorni prima dell’inizio delle operazioni peritali anche per via telematica – una formale comunicazione al Direttore della sede provinciale INPS competente o a un suo delegato, avendo poi cura, a pena di nullità della perizia, di allegare all’elaborato peritale l’attestazione di ricevimento di tale comunicazione.

Risulta astrattamente scongiurato – a mezzo dello strumento, praticato diffusamente nella prassi dei Tribunali, della differenziazione dei termini per trasmissione alle parti della bozza della CTU, per le osservazioni dei CTP alla medesima e per il deposito dell’elaborato definitivo che ne tenga motivatamente conto, sia pure per disattenderle (a pena di facili obiezioni in sede di contestazione), – il rischio di una dilatazione dei termini del procedimento per via di dilatorie richieste di rinvio per esame e controdeduzioni alla CTU.

La fase di contestazione formale, per la cui introduzione il giudice deve assegnare un termine perentorio, non superiore a 30 giorni, richiede il deposito in cancelleria di un atto scritto di dissenso, non necessariamente motivato, cui deve seguire, entro l’ulteriore termine perentorio di trenta giorni decorrente dal dissenso stesso, il deposito del ricorso introduttivo del giudizio, in cui siano specificati in modo circostanziato, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.

Si attua, in tal modo, una sorta di procedimento di secondo grado atipico, il cui oggetto resta tuttavia circoscritto all’accertamento sanitario e nel quale il tema in esame, che dovrebbe essere delimitato agli specifici profili medico-legali censurati nel ricorso, finirà per lo più per involgere un riesame delle condizioni invalidanti nel loro complesso.

Nel caso in cui, invece, le parti non contestino le conclusioni del CTU, il giudice, entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto per la formalizzazione del dissenso, omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio e provvede sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro i 120 giorni successivi.

Come già si è rilevato, vi è il rischio che, acclarata giudizialmente la sussistenza del requisito sanitario, talvolta all’esito delle due fasi del procedimento (ATP e giudizio susseguente al dissenso), la controversia perduri per la carenza dei requisiti amministrativi della prestazione (reddito, possesso di un valido titolo di soggiorno nel territorio nazionale, mancato ricovero gratuito, ecc.) e inneschi un nuovo ulteriore giudizio, con buona pace dell’obiettivo di deflazione del contenzioso perseguito dalla novella normativa.

La possibile gravosità dell’iter procedimentale giudiziale finisce con ostacolare l’intento del legislatore di riorganizzare tutto il contesto delle prestazioni per invalidità nel segno dell’economicità gestionale, della tracciabilità e della trasparenza, in contrapposizione ai malvezzi amministrativi ed alle consuetudini clientelari del passato, che sortivano il paradossale risultato di privilegiare i non aventi diritto, con elargizione di prestazioni non spettanti, e recare danno – per l’inesorabile lunghezza dei tempi della giustizia – ai davvero bisognosi.

I procedimenti di accertamento e di valutazione della situazione di invalidità, handicap o disabilità devono oggi essere attivati, e possono essere in seguito monitorati in ogni loro fase, solo in via telematica, ed è esclusa la possibilità di invio cartaceo di istanze o documenti diagnostici o anamnestici.

Il procedimento di accertamento dell’invalidità civile o previdenziale inizia peraltro, non con la presentazione della domanda, ma con l’inoltro – in via telematica – da parte del medico certificatore (a ciò abilitato da apposito PIN) all’INPS provinciale, competente per territorio, del certificato medico che contenga, su format predeterminati a garanzia di uniformità descrittiva e per facilitare la catalogazione dei dati, l’analitica descrizione delle patologie che supportano la richiesta di beneficio.

L’INPS, dopo la successiva presentazione, da parte del cittadino e sempre in via telematica, della domanda amministrativa di prestazione, provvederà all’invio telematico di certificazione e domanda alle Aziende Sanitarie Locali di competenza, che convocheranno a visita il richiedente e attiveranno il prosieguo del procedimento di accertamento, con il coinvolgimento, in larga parte esso pure telematico, dell’Ente previdenziale nei vari passaggi dell’iter procedimentale.

Insomma, una rivoluzione tecnologica ispirata da finalità apprezzabilissime che, tuttavia, se da una parte velocizza il procedimento amministrativo e lo sterilizza, almeno astrattamente, dalle diffuse contaminazioni e abusi del passato, dall’altra corre il rischio di inciampare nelle difficoltà e nei disagi di una parte particolarmente debole della popolazione, gli anziani in particolare, non avvezza all’uso del mezzo informatico e destabilizzata dalla “dematerializzazione della pratica”.

Analoga sfida modernizzatrice attende peraltro il procedimento giudiziale, nell’imminenza del decollo del processo previdenziale telematico, che comporterà l’inoltro e la gestione per via informatica del ricorso e di tutti gli atti del processo.

Un’attenzione istituzionale ormai costante che, pur con talune criticità, mira ad assicurare effettività e celerità di tutela alle categorie svantaggiate, in un’ottica di perseverante ammodernamento e accrescimento dell’efficienza amministrativa e dell’economicità gestionale dei servizi.

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