PM&AL 2013;7(1)5-10.html

Direttiva Europea 2001/20/EC sulla sperimentazione clinica: implicazioni sulla ricerca clinica in Italia

Gianfranco De Feo 1, Maria Carmela Piccirillo 1, Marilena Martino 1, Alessandro Morabito 1

1 National Cancer Institute, Naples, Italy

Abstract

The European Directive 2001/20/EC legally ensured the implementation of the principles of good clinical practice in clinical trials on medicinal products in Europe. The Directive establishes specific provisions regarding clinical trials conduction in all Member States, including multicenter trials on human subject involving medicinal products, and harmonizes the practice of Independent Ethics Committees (IEC) and administrative provisions. In Italy, the European Directive was implemented by the Legislative Decree 211/2003 that considers three subsequent phases in the activation procedure of multicenter clinical trials: first, the clinical trial application submission to the IEC of both the coordinating and the participating centres as well as the administrative agreement submission to the Competent Authority of participating centres; second, the issuance of the “single” opinion by the IEC of the coordinating centre and, in case of positive opinion, the acceptance or refusal by the IEC of each participating centre; third, in case of acceptance, the administrative agreement signature between the coordinating and each participating centre. Moreover, the European Directive defines the time required for issuing of opinion by the IEC. However, the high variability of documentation “centre-specific” required by IEC plays a critical role in the time required for activation of participating centres of multicenter clinical trials. The harmonization of IECs practice in Italy and the reduction of the total number of IECs are the first step to facilitate multicenter clinical trials. Similar efforts should be made to standardize administrative procedures concerning the approval of clinical trials.

Keywords: Clinical trials; Harmonization practice; Ethics Committees; European Directive 2001/20/EC

The European Directive 2001/20/EC on clinical trials in Italy

Pratica Medica & Aspetti Legali 2013; 7(1): 5-10

Corresponding author

Dott. Gianfranco De Feo

Scientific Direction National Cancer Institute of Naples

Via Mariano Semmola 80131, Naples, Italy

tel. +390815903531

fax. +390815461688

g.defeo@istitutotumori.na.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Introduzione

La ricerca clinica è di fondamentale importanza per la valutazione dell’efficacia di nuovi approcci terapeutici in medicina e, più in generale, per lo stesso progresso scientifico. I dati sulla sperimentazione dei medicinali in Italia relativi al periodo 2007-2011 pubblicati nell’11° Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali, dimostrano che il panorama della ricerca clinica italiana è vivace sia in termini di numerosità degli studi clinici (oltre 8000 dal 2000), che di tipologia delle sperimentazioni cliniche (in prevalenza studi randomizzati di fase 3) [1]. Da tali dati si evince che l’80% circa delle sperimentazioni cliniche sono multicentriche, a riprova di una notevole maturità dei ricercatori italiani, consci evidentemente dell’importanza di una sempre maggiore condivisione degli sforzi per raggiungere un obiettivo clinico di rilievo. Non meraviglia, inoltre, che il 40% circa di tutte le sperimentazioni cliniche riguardi l’oncologia, in considerazione del fatto che nonostante i notevoli progressi compiuti negli ultimi decenni nella terapia medica dei tumori, i risultati ottenibili con le terapie standard non sono ancora soddisfacenti. Considerando invece il tipo di sponsor, il 62% circa delle sperimentazioni cliniche è promosso da aziende farmaceutiche, con il compito fondamentale di sviluppare nuovi farmaci, avendo come obiettivo dichiarato la registrazione commerciale del farmaco in sperimentazione (sperimentazioni cliniche “profit”). Esiste tuttavia una serie numerosa di interessanti quesiti scientifici, che nascono dalla vivacità culturale di ricercatori appartenenti ad Aziende Ospedaliere, Istituti a Carattere Scientifico o Università, e che costituiscono il razionale dei cosiddetti studi “spontanei”, ovvero non commissionati da aziende farmaceutiche (sperimentazioni cliniche “no-profit”). Tali studi rappresentano una fetta cospicua della ricerca clinica condotta nel nostro Paese, in particolare in oncologia, dove costituiscono il 40% circa di tutte le sperimentazioni. Tali sperimentazioni, in genere, mirano al più corretto posizionamento in terapia di un farmaco già registrato, alla definizione del miglior modo di usare un farmaco o della migliore strategia diagnostica o terapeutica e sono in qualche caso estremamente importanti per l’ottimizzazione della pratica clinica terapeutica. Sperimentazioni no-profit infatti hanno consentito di produrre, in Italia come nel resto del mondo, importanti risultati scientifici, che in alcuni casi costituiscono delle pietre miliari per la storia dell’oncologia.

Riferimenti normativi

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 211 del 2003 [2], l’Italia ha recepito la direttiva 2001/20/CE relativa all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico [3]. È stato subito chiaro che un’applicazione pedissequa di tale direttiva poteva comportare dei seri ostacoli alla realizzazione delle sperimentazioni cliniche no-profit, con pericolose conseguenze sulla sopravvivenza delle stesse e conseguente notevole danno per la comunità scientifica. La conduzione, infatti, di uno studio clinico nel pieno rispetto di tutti gli articoli di legge prevede una serie notevole di spese, tra le quali la stipula di una polizza assicurativa a copertura di eventuali danni derivanti dalla sperimentazione (il cui premio può essere particolarmente elevato in alcuni ambiti, come quello oncologico, in cui i farmaci sono spesso caratterizzati da elevata tossicità), la fornitura dei farmaci sperimentali, le spese connesse alla gestione dello studio (elevate specialmente in caso di gruppi cooperativi multicentrici, d’altra parte fondamentali per garantire agli studi una numerosità sufficiente) e le spese connesse al monitoraggio della qualità dei dati.

La successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto Ministeriale 17 Dicembre 2004, primo dei decreti attuativi della legge 211/2003, rappresenta sicuramente un’apertura importante della legislazione italiana alla conduzione delle sperimentazioni no-profit e per la prima volta in Europa definisce le regole della stessa [4]. Il messaggio essenziale di questo decreto è che le sperimentazioni no-profit non possono sacrificare, in nome di una conduzione più “economica”, una serie di requisiti di qualità sostanziale, come l’aderenza ai principi di Good Clinical Practice. Tuttavia la conduzione di tali studi può comunque essere agevolata risparmiando sulle più onerose voci di spesa. In particolare, il decreto prevede che le Amministrazioni degli Enti che agiscono da promotori no-profit possano riportare la copertura assicurativa delle sperimentazioni nell’ambito della copertura assicurativa prevista per l’attività clinica generale o di ricerca della struttura. Stabilisce poi che le Amministrazioni possano istituire un apposito fondo con il quale sostenere le spese legate all’acquisto del farmaco sperimentale. Questi rappresentano indubbiamente dei segnali positivi per la sopravvivenza delle sperimentazioni no-profit, anche se alcuni problemi sono rimasti aperti, quali le procedure di sottomissione dei protocolli clinici ai Comitati Etici, la fornitura gratuita dei farmaci fuori indicazione, il budget per pagare una polizza assicurativa ad hoc, nonché per supportare procedure di data management e di verifica della qualità dei dati.

Attivazione di una sperimentazione clinica

Per quanto riguarda le procedure di attivazione di studi clinici multicentrici, la Direttiva Europea prevede tre fasi successive:

  • sottomissione del protocollo clinico al Comitato Etico del centro coordinatore e dei centri periferici partecipanti;
  • emissione del “parere unico” da parte del Comitato Etico del centro coordinatore e, in caso di parere unico positivo, accettazione o rifiuto del parere unico da parte dei Comitati Etici di ciascun centro partecipante alla sperimentazione;
  • sottoscrizione del contratto amministrativo fra centro coordinatore e ciascun centro partecipante e attivazione dello stesso (Figura 1).

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Figura 1. Iter autorizzativo sperimentazioni cliniche multicentriche

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Figura 2. Tempo per la valutazione di un protocollo da parte dei Comitati Etici (CE), prima e dopo il Decreto Ministeriale riguardante il CTA form. Esperienza dell’Unità di Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli

Inoltre, la normativa stabilisce che il tempo massimo per l’ottenimento dei pareri dai Comitati Etici Indipendenti è di 60 giorni (30 giorni per l’emissione del parere unico + 30 giorni per l’accettazione e/o il rifiuto del parere unico) e non fa particolari differenze tra sperimentazioni cliniche profit e no-profit.

Tuttavia, come riportato nel 7° Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali, nel periodo 2000-2007 solo il 27% circa dei Comitati Etici dei centri periferici ha emesso il proprio parere nei tempi previsti dalla legge; infatti il tempo medio di emissione di tale parere è stato di 132 giorni [5].

Inoltre, nonostante la Direttiva Europea definisca le procedure per la sottomissione di un protocollo clinico multicentrico ai Comitati Etici dei centri periferici, uno studio condotto sull’attività dei Comitati Etici italiani ha riportato che le procedure e la documentazione variano notevolmente a seconda dei Comitati Etici coinvolti [6]. In particolare lo studio indica che il numero dei documenti richiesti dai Comitati Etici oscilla tra 6 e 21, che in molti casi (57%) è richiesto almeno un documento con un formato specifico per ciascun Comitato Etico e che il numero totale di copie cartacee dei documenti da presentare a ciascun Comitato Etico è compreso tra 6 e 249 [6]. Inoltre, il 27% circa dei Comitati Etici richiede, in aggiunta alle copie cartacee, anche una sottomissione per via elettronica o attraverso CD-ROM [6]. Anche questo studio conferma che il tempo mediano per l’ottenimento del parere dai Comitati Etici è di 72 giorni, in eccesso pertanto rispetto a quanto stabilito dalla normativa.

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Figura 3. Tempo per l’autorizzazione amministrativa prima e dopo il Decreto Ministeriale riguardante il CTA form. Esperienza dell’Unità di Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli

Questo scenario sarebbe dovuto cambiare con l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale (DM) del 21 Dicembre 2007, riguardante la modalità di inoltro della richiesta di autorizzazione (Clinical Trial Application – CTA) all’autorità competente e la richiesta di parere al Comitato Etico [7]. Tale decreto, denominato anche DM-CTA, è entrato in vigore il 4 luglio 2008 e ha definito le procedure operative e i documenti necessari per la richiesta di autorizzazione di uno studio clinico, ha stabilito il numero massimo di copie cartacee da inviare ai Comitati Etici e ha introdotto un documento che identifica il protocollo clinico, il promotore e i responsabili dello studio: tale documento, definito Clinical Trial Application (CTA) form, è necessario per la presentazione di un protocollo ai Comitati Etici ed è univoco per tutti i Comitati Etici.

Tuttavia, neppure l’introduzione del CTA form, previsto dal DM-CTA, ha sostanzialmente risolto il problema. Infatti, uno studio che ha valutato l’impatto del DM-CTA sulla tempistica di attivazione di studi clinici no-profit promossi dall’Unità Sperimentazioni Cliniche dell’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli [8], ha mostrato che il tempo mediano speso per la valutazione di un protocollo da parte dei Comitati Etici dei centri partecipanti non risulta essere significativamente modificato dall’entrata in vigore della suddetta normativa (Figura 2).

Allo stesso modo, non risulta modificata la tempistica per l’ottenimento dell’autorizzazione amministrativa (Figura 3).

Principali difficoltà legate all’attivazione di una sperimentazione clinica

Il tempo di attivazione di uno studio è critico per la ricerca clinica. La complessità normativa e l’alta variabilità della documentazione richiesta dai singoli Comitati Etici, nonostante l’introduzione della CTA form, sono sicuramente un problema dal punto di vista organizzativo, determinando ritardi di realizzazione degli studi e impattando in termini negativi sulle risorse strutturali e quindi anche sui costi.

Per quanto attiene la complessità normativa, è utile rimarcare come dal 1998 ad oggi si sono succedute numerose leggi in proposito che hanno finito con il dare vita a un quadro privo di una propria organicità. È necessaria pertanto una riorganizzazione della normativa di settore che, peraltro, è dettata anche dalla necessità di doversi uniformare alle disposizioni impartite dalla Unione europea.

D’altro canto è innegabile il trend negativo del numero di sperimentazioni cliniche dal 2010 ad oggi, con una riduzione delle sperimentazioni cliniche promosse a livello europeo del 15% circa. Allo stesso tempo, i costi della burocrazia e le risorse necessarie per la gestione di uno studio clinico sono raddoppiati, e i ritardi sono aumentati del 90% [9].

Stewart e coll. [10] hanno calcolato che il costo dovuto alla complessità normativa è di circa 2.700.000 dollari per anno di vita guadagnato da un singolo paziente (di gran lunga superiore ai costi dovuti ad altre misure adottate per la salute); inoltre i ritardi dovuti agli aspetti regolatori nello sviluppo di efficaci terapie si traducono in decine o centinaia di migliaia di anni di vita persi. La complessità normativa finisce per ridurre il numero di studi clinici promossi e indirettamente riduce la possibilità, per i pazienti, di accedervi. Questo implica anche aspetti etici legati al fatto che spesso per molti pazienti il partecipare a una sperimentazione, soprattutto in ambito oncologico, rappresenta l’unica possibilità di trattamento. Gli autori concludono affermando che l’attuale situazione regolatoria è inaccettabile e finisce con il sollevare anche rilevanti problemi etici [10].

È opportuno ed urgente, pertanto, riuscire a regolamentare questa complessa situazione normativa, intervenendo in maniera netta e decisa su alcuni aspetti che rappresentano soprattutto in Italia il vero collo di bottiglia per la promozione di una sperimentazione clinica.

Dove intervenire

Diversi sono i settori in cui intervenire per dare un maggiore slancio alla ricerca clinica in Italia. Sicuramente uno di questi è il regolatorio. È assolutamente necessario rivedere e semplificare la normativa relativa alla sperimentazione clinica, in quanto disporre di un quadro normativo completo, chiaro e autorevole finisce con il semplificare l’attivazione di nuovi studi clinici, e di conseguenza, con l’implementare il numero di pazienti che possono partecipare alle sperimentazioni stesse. Inoltre, un adeguamento normativo renderebbe il nostro Paese più attrattivo per gli sponsor internazionali, e questo finirebbe con l’avere risvolti positivi per i ricercatori clinici italiani e anche ovviamente per gli stessi pazienti, consentendo di poter disporre di farmaci innovativi e di maggiori opportunità terapeutiche.

Un altro punto critico è la riorganizzazione e la riduzione del numero dei Comitati Etici, che sono attualmente 245, un numero probabilmente eccessivo per il territorio italiano, che può finire con “l’ingessare” l’intero processo autorizzativo.

Peraltro, se consideriamo che su 245 Comitati Etici, quelli che hanno rilasciato almeno un parere unico in qualità di coordinatori nel periodo 2007-2010 sono 162 [11] ci rendiamo conto che la maggior parte dell’attività di questi organismi è concentrata su due terzi di essi.

Pertanto la riduzione del numero dei Comitati Etici, in particolar modo di quelli meno attivi e dunque probabilmente meno “esperti”, non solo non ridurrebbe la tutela dei diritti, la sicurezza e il benessere dei soggetti della sperimentazione, principi per garantire i quali questo strumento è nato, ma finirebbe con l’ottimizzare anche l’iter autorizzativo.

Un recente lavoro ha dimostrato che, in Italia, la maggior parte dei Comitati Etici ha le proprie procedure interne e i forms utilizzati sono molteplici, spesso “paralleli” a quelli emanati con norma. Ancora, le stesse informazioni sono richieste sia al Promotore dello studio che allo sperimentatore locale, con una ulteriore duplicazione della documentazione [12]. è evidente che una situazione così varia a livello nazionale, rende non solo difficoltosa ma anche dispendiosa l’attivazione di sperimentazioni cliniche multicentriche. Infatti, l’elevata variabilità della documentazione “centro-specifica”, dovuta anche all’elevato numero dei Comitati Etici, gioca un ruolo importante nei tempi di attivazione degli studi clinici. Gli autori di tale lavoro propongono come soluzione l’utilizzo di un form unico da applicare a livello nazionale, soluzione condivisa da oltre l’84% dei Comitati Etici che hanno partecipato all’indagine. Inoltre, gli autori ritengono che l’invio esclusivamente telematico di tutta la documentazione possa snellire ancora di più il processo di attivazione di uno studio clinico [12].

Pertanto, una riduzione del numero dei Comitati Etici, una standardizzazione dei forms utilizzati dai singoli Comitati Etici e una gestione della documentazione esclusivamente per via telematica (tramite l’Osservatorio Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali) potrebbero facilitare e snellire il processo di attivazione delle sperimentazioni cliniche multicentriche in Italia. Iniziative analoghe dovrebbero essere intraprese per standardizzare le procedure amministrative.

Molte di queste osservazioni sono i punti chiave affrontati nel Disegno di Legge sulla Sperimentazione clinica, approvato in Consiglio dei Ministri il 24/09/2010 e ratificato il 10/03/2011, ma purtroppo non ancora esecutivo.

Bibliografia

1. Agenzia Italiana del Farmaco: undicesimo Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali, 2012. Disponibile al sito: http://oss-sper-clin.agenziafarmaco.it

2. Decreto Legislativo 24 Giugno 2003 n. 211: Attuazione della Direttiva 2001/20/CE relativa all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico. Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.184 del 9/8/2003

3. Directive 2001/20/EC of the European Parliament and of the Council of 4 April 2001 on the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States relating to the implementation of good clinical practice in the conduct of clinical trials on medicinal products for human use. Official Journal of the European Communities 1-5-2001, L 121/34–44

4. Decreto Ministeriale 17 Dicembre 2004. Prescrizioni e condizioni di carattere generale, relative all’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali, con particolare riferimento a quelle ai fini del miglioramento della pratica clinica, quale parte integrante dell’assistenza sanitaria. Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22/2/2005

5. Agenzia Italiana del Farmaco: settimo rapporto nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali, 2008. Disponibile al sito: http://oss-sper-clin.agenziafarmaco.it

6. Porcu L, Poli D, Torri V, et al. Impact of recent legislative bills regarding clinical research on Italian ethics committee activity. J Med Ethics 2008; 34: 747-50

7. Decreto Ministeriale 21 Dicembre 2007. Modalità di inoltro della richiesta di autorizzazione all’Autorità competente, per la comunicazione di emendamenti sostanziali e la dichiarazione di conclusione della sperimentazione clinica e per la richiesta di parere al comitato etico. Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 3/3/2008

8. De Feo G, Signoriello S, Bryce JC, et al. Time spent for activation of non-profit studies in oncology in Italy. Plos One 2010; 5 (7)

9. Dalli J. Commissioner Dalli delivers speech on “Clinical Trial Directive – Meeting Patients’ Needs”. Brussels, Belgium, 07 March 2012

10. Stewart DJ, Whitney SN, Kurzrock R. Equipoise lost: ethics, costs, and the regulation of cancer clinical research. J Clin Oncol 2010; 28: 2925-35

11. Agenzia Italiana del Farmaco: decimo Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei Medicinali, 2011. Disponibile al sito: http://oss-sper-clin.agenziafarmaco.it

12. De Feo G, Chiabrando G, Cannovo N, et al. Harmonization of the practice of independent ethics committees in Italy: project e-submission. PLoS One 2012; 7 (11)

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