CMI 2013;7(Suppl 1)9-12.html

Efficacia e tollerabilità del trattamento con nilotinib in II linea in paziente affetto da coronaropatia

Elisa Roncoroni 1, Maria Luisa Pioltelli 1, Anna Maria Frustaci 1, Ester Pungolino 1, Enrica Morra 1

1 S.C. Ematologia, Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano

Abstract

The possible cardiotoxicity of tyrosine kinase inhibitors (TKIs) is a topic of extreme interest because in the clinical practice it is frequent the management of elderly patients, in which are common comorbidities and polypharmacotherapies. Several studies have been conducted to evaluate the cardiotoxicity intrinsic to TKIs, but the results are, however, often discordant between in vitro studies and clinical practice.

We present a case report about a male patient with several numerous comorbidities: COPD, diabetes mellitus and coronary artery disease. After the failure of imatinib therapy, the patient has switched in second-line to nilotinib therapy, 400 mg twice a day. The therapy was discussed and arranged with the cardiologists, with strict monitoring of cardiac and metabolic parameters.

The therapy with nilotinib has allowed to obtain an optimal response according to the ELN guidelines and, from the sixth month of treatment, a major molecular response was obtained. From the standpoint of cardiologists, the patient has maintained a good compensation, despite the permanence of anginal symptoms, which required repeated therapeutic adjustments.

Our case shows that nilotinib may be a well tolerated and effective therapy in a patient suffering from a major heart disease, maintaining a close clinical and cardiologic monitoring.

Keywords: Nilotinib; Cardiotoxicity; Coronary artery disease

Efficacy and tolerability of treatment with line II nilotinib in a patient with coronary artery disease

CMI 2013; 7(Suppl 1): 9-12

Caso clinico

Corresponding author

Dott.ssa Elisa Roncoroni

elisa.roncoroni@ospedaleniguarda.it

Perché descriviamo questo caso

La possibile cardiotossicità dei TKI è di estremo interesse, con risultati discordanti tra studi in vitro e pratica clinica: il nostro caso evidenzia come nilotinib possa rappresentare una terapia ben tollerata ed efficace anche in un paziente affetto da una importante cardiopatia, purché sottoposto a uno stretto monitoraggio clinico e cardiologico

Caso clinico

Nel 2009, un paziente di 75 anni eseguiva degli esami di routine, con riscontro di leucocitosi (WBC 40,3 x 109/l) e piastrinosi (PLT 516 x 109/l), con emoglobina nei limiti. Nel sospetto di una neoplasia mieloproliferativa cronica venivano prescritti esami di approfondimento, tra cui:

  • uno striscio di sangue periferico, che mostrava la presenza di elementi della serie granulocitaria in vari stadi maturativi;
  • la ricerca su sangue periferico della mutazione V617F del gene JAK2, risultata negativa;
  • la ricerca su sangue periferico del riarrangiamento BCR/ABL p210, risultata positiva in percentuale pari al 78%.

L’esame obiettivo e l’ecografia dell’addome mostravano una milza nei limiti di normalità e la radiografia del torace evidenziava un quadro di BPCO.

Veniva quindi posta diagnosi di leucemia mieloide (LMC) cronica Philadelphia-positiva.

In anamnesi si segnalavano ipertensione arteriosa controllata farmacologicamente, ipercolesterolemia familiare e dislipidemia, diabete mellito di tipo 2 in terapia con ipoglicemizzanti orali e una pregressa ulcera gastrica.

Il paziente presentava, inoltre, un’anamnesi positiva per cardiopatia ischemica. Al 1986 risaliva, infatti, un episodio di IMA non Q, senza esiti. Nel 1991 il paziente veniva sottoposto a una prima procedura di angioplastica, con confezionamento di 5 by-pass aortocoronarici. Nel 2007 veniva ripetuta una seconda procedura di angioplastica, con confezionamento di un by-pass aortocoronarico. Nel novembre 2009, infine, veniva eseguita una terza coronarografia, complicata da edema polmonare, con riscontro di coronaropatia trivasale e degenerazione del graft venoso per CD. Dopo trattamento farmacologico e posizionamento di contropulsatore aortico, veniva posizionato uno stent a livello del graft venoso. Data l’instabilità del quadro cardiologico si rendeva necessario mantenere una doppia terapia antiaggregante, con acido acetilsalicilico e clopidogrel. Da allora il paziente è in follow up cardiologico, con riferita sintomatologia anginosa, solo parzialmente controllata dalla terapia cardiologica in atto.

Una volta confermata la diagnosi di LMC, il paziente veniva sottoposto a terapia citoriduttiva con idrossiurea, con discreto controllo dell’emometria (GB 5 x 109/l, PLT 902 x 109/l). Da segnalare il riscontro di importante anemizzazione (Hb 6,6 g/dl), con concomitante riscontro di carenza marziale, secondaria a sanguinamento gastrico, dovuto alla terapia con acido acetilsalicilico, per cui il paziente veniva sottoposto a trasfusione di globuli rossi filtrati e a supplementazione marziale endovenosa.

Un mese più tardi si iniziava la terapia con imatinib alla posologia di 400 mg/die. L’idrossiurea veniva nel contempo scalata fino a sospensione.

Il monitoraggio di malattia è stato fatto mediante FISH e RT-qPCR, con cadenza trimestrale (Tabella I), da sangue periferico. Si è preferito, infatti, non ricorrere a manovre di valutazione midollare, in considerazione della necessità di mantenere una doppia terapia antiaggregante, data l’instabilità del quadro cardiologico.

Periodo

Risposta citogenetica

Risposta molecolare

Risultato secondo le Linee Guida ELN

+3 mesi (Mar 2010)

Risposta citogenetica minima (Ph+ 72%)

BCR/ABL 23% (IS)

Risposta ottimale

+6 mesi (Giu 2010)

Risposta citogenetica minore (Ph+ 65%)

BCR/ABL 22,8% (IS)

Risposta subottimale

+9 mesi (Set 2010)

Risposta citogenetica minore (Ph+ 44%)

BCR/ABL 17,2% (IS)

Failure

+12 mesi (Dic 2010)

Risposta citogenetica minore (Ph+ 63%)

BCR/ABL 36% (IS)

Failure

Tabella I. Monitoraggio del paziente in corso di terapia con imatinib

Dopo 6 mesi di terapia con imatinib il paziente presentava una risposta subottimale secondo i criteri ELN del 2009, attribuibile a possibili interazioni farmacologiche, con conseguente riduzione della biodisponibilità di imatinib; si decideva, pertanto, di procrastinare il cambio di terapia con gli inibitori di tirosin chinasi (TKI) di seconda generazione, anche in considerazione delle numerose comorbilità del paziente. Sono pertanto stati modificati i farmaci interferenti assunti dal paziente, quali statine e ipoglicemizzanti, e si sostituiva esomeprazolo con rabeprazolo.

I controlli di FISH e biologia molecolare dopo 9 e 12 mesi, tuttavia, confermavano un quadro di failure; poiché tale quadro non risultava più imputabile a interferenze farmacologiche, si rendeva necessario valutare il passaggio a terapia di II linea con nilotinib o dasatinib. Le numerose comorbilità del paziente (BPCO, diabete mellito e soprattutto le problematiche cardiologiche) non incoraggiavano nessuna delle due terapie. Dopo un lungo confronto con i cardiologi di riferimento, nel febbraio 2011 si decideva di iniziare la terapia di II linea con nilotinib 400 mg x 2/die, tenendo sotto stretto monitoraggio il paziente dal punto di vista cardiaco e metabolico. Dopo circa un mese dall’inizio di nilotinib, si verificava un episodio di anemia con conseguente angina da discrepanza. Nonostante tale evento intercorrente, non attribuibile a nilotinib ma al sanguinamento gastroenterico secondario alla doppia terapia antiaggregante assunta dal paziente, il trattamento con nilotinib è stato ben tollerato e continuato senza sospensioni, senza alcun riscontro né di alterazioni della funzione sistolica del ventricolo sinistro all’ecocardiogramma né di alterazioni elettrocardiografiche (in particolare l’intervallo QT è rimasto costantemente entro i limiti di normalità).

Il monitoraggio della risposta in corso di nilotinib è stato effettuato tramite le valutazioni da sangue periferico riportate in Tabella II.

Periodo

Risposta citogenetica

Risposta molecolare

Risultato secondo le Linee Guida ELN

+3 mesi (Mag 2011)

Risposta citogenetica completa

BCR/ABL 1,3% (IS)

Risposta ottimale

+6 mesi (Ago 2011)

Risposta citogenetica completa

Risposta molecolare maggiore

BCR/ABL 0,047% (IS)

Risposta ottimale

+9 mesi (Nov 2011)

Risposta citogenetica completa

Risposta molecolare completa

BCR/ABL negativo

Risposta ottimale

+12 mesi (Dic 2011)

Risposta citogenetica completa

Risposta molecolare completa

BCR/ABL 0,0031% (IS)

Risposta ottimale

+18 mesi (Giu 2012)

Risposta citogenetica completa

Risposta molecolare completa

BCR/ABL 0,0066% (IS)

Risposta ottimale

Tabella II. Monitoraggio del paziente in corso di terapia con nilotinib

La terapia con nilotinib ha pertanto consentito l’ottenimento di una risposta ottimale, in accordo alle linee guida ELN, a tutti i controlli effettuati. Dopo 3 mesi di terapia, infatti, è stata ottenuta una risposta citogenetica completa, poi mantenuta durante tutto il successivo follow up, mentre a partire dal sesto mese di trattamento è stata ottenuta una risposta molecolare maggiore, mai riscontrata precedentemente in corso di trattamento con imatinib. Dal punto di vista cardiologico, il paziente ha mantenuto un buon compenso, nonostante la permanenza di una sintomatologia anginosa, che ha richiesto ripetuti aggiustamenti terapeutici.

Discussione e conclusioni

Il problema della possibile cardiotossicità dei farmaci inibitori delle tirosin chinasi è di estremo interesse in quanto, nella pratica clinica, è frequente la gestione di pazienti anziani, nei quali sono comuni la presenza di comorbilità e l’impiego di farmaci interferenti, spesso metabolizzati dallo stesso complesso enzimatico (CYP450) impiegato per i TKI.

In considerazione anche di questa realtà clinica, sono stati condotti numerosi studi volti a valutare la cardiotossicità intrinseca ai TKI, con risultati però discordanti tra studi in vitro e pratica clinica. Studi in vitro hanno infatti dimostrato un ruolo degli inibitori delle tirosin chinasi nella determinazione di una miopatia tossica: i cardiomiociti in coltura, in corso di esposizione a imatinib o nilotinib, vanno incontro ad attivazione di risposte allo stress da parte del reticolo endoplasmatico, collasso dei potenziali di membrana mitocondriali, rilascio dei citocromi c nel citosol, riduzione del contenuto cellulare di ATP e morte cellulare. Una ulteriore problematica è rappresentata dal fatto che i TKI non colpiscono selettivamente la proteina di fusione BCR/ABL, ma anche altri bersagli. Sia imatinib sia i TKI di seconda generazione, ad esempio, esercitano un’azione inibitoria anche su KIT, coinvolto nei processi riparatori dopo eventi ischemici miocardici, e su ABL, che svolge un ruolo protettivo dallo stress ossidativo.

Tuttavia questi dati ottenuti in vitro non sono stati confermati nella comune pratica clinica, in quanto la cardiotossicità in corso di terapia con TKI è un evento avverso possibile, ma raro. Ad esempio, per quanto riguarda nilotinib, studi che ne prevedevano un impiego sia come prima sia come seconda linea di terapia, con un follow up mediano di 18 mesi, non hanno evidenziato una cardiotossicità significativa.

Questo caso, in cui il paziente già era affetto da una importante cardiopatia, ne è la conferma: mantenendo infatti uno stretto monitoraggio clinico e cardiologico, nilotinib si è dimostrato un’alternativa ben tollerata e di sicura efficacia.

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