CMI 2013;7(Suppl 1)13-17.html

Risposta molecolare completa indotta da nilotinib in una paziente pluritrattata

Giuseppe Pietrantuono 1

1 Dipartimento di Oncoematologia, IRCCS-CROB Rionero in Vulture (Potenza)

Abstract

We reported a case report of a female patient with chronic myeloid leukemia who was treated with nilotinib after failure to imatinib, nilotinib, dasatinib.

The patient was diagnosed in 2001 and treated with imatinib, but complete cytogenetic response (CCyR) and complete hematologic response (CHR) were lost four years later. Doubling imatinib dose to 800 mg/die gave no positive results.

The patient was enrolled in clinical trial with nilotinib, but mutational analysis performed after two months showed Y253H point mutation (no nilotinib sensitive).

In April 2007 dasatinib was started and CCyR and major molecular response (MMolR) was reached. In May 2011 Bcr-Abl transcript progressively increased and mutational analysis showed a M244V point mutation.

Therapy with nilotinib 800 mg/die was started, and after six months the patient obtained a complete molecular response (CMR), surprising with disappearance of both point mutations.

Keywords: Nilotinib; Chronic myeloid leukemia; Imatinib resistance; BCR-ABL mutations

Complete molecular response induced by nilotinib in a patient previously treated with imatinib, nilotinib and dasatinib

CMI 2013; 7(Suppl 1): 13-17

Caso clinico

Corresponding author

Dott. Giuseppe Pietrantuono

ematologia45@alice.it

Perché descriviamo questo caso?

Per sottolineare che non sempre è possibile prevedere le ricadute nei pazienti in trattamento con TKI anche dopo anni di trattamento e come la scelta terapeutica è quasi sempre a favore dell’inibitore alternativo. Nel nostro caso in corso di trattamento con “terzo” inibitore la paziente ha sviluppato resistenza per la presenza della mutazione che in vitro risulta essere sensibile all’inibitore in uso. Ciò ci ha spinto a reintrodurre nilotinib, come “quarto” inibitore e come “ultima chance” di trattamento terapeutico per la paziente, ottenendo una risposta rapida e profonda

Caso clinico

Nel dicembre 2001 giunge alla nostra osservazione una donna di 57 anni, a cui viene posta diagnosi di leucemia mieloide cronica (LMC), con uno score Sokal basso. La paziente presentava iperleucocitosi, riscontrata per controllo in seguito ad astenia e assenza di splenomegalia.

Percorso terapeutico

La paziente viene sottoposta per circa tre mesi a terapia con interferone alfa (3.000.000 U/2 volte a settimana) non ottenendo alcuna risposta. Ad aprile 2002, non appena è disponibile in commercio imatinib, la paziente inizia il trattamento con 400 mg/die. Dopo 6 mesi di trattamento la paziente non raggiunge ancora una risposta citogenetica soddisfacente, pertanto imatinib viene aumentato fino a 800 mg. Dopo tre anni di terapia la paziente non ottiene ancora una risposta citogenetica e decide di non voler continuare il trattamento con imatinib, che pertanto viene sospeso a ottobre 2006.

A novembre 2006, essendo disponibile presso il nostro centro il protocollo clinico CAMN-107A2101, la paziente inizia il trattamento con nilotinib 800 mg/die. Dopo due mesi di terapia (gennaio 2007) la biologia molecolare risulta essere ancora positiva con un valore di trascritto BCR-ABL/ABL pari al 20%. A causa dell’incremento della biologia molecolare, si decide di effettuare un’analisi mutazionale anche se non prevista dal protocollo, rilevando così la presenza della mutazione Y253H, con comparsa di piastrinosi (quindi mancata risposta). Dai dati di letteratura è noto che tale mutazione risulta essere insensibile al nilotinib (Figura 1 [1]). A causa della documentata assenza di risposta sia ematologica sia molecolare, la paziente interrompe il trattamento e discontinua il protocollo clinico.

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Figura 1. Scala della sensibilità alle mutazioni per dasatinib e nilotinib determinate in vitro mediante cell proliferation assays. Shading di O’Hare: rosso, resistente, giallo, sensibilità intermedia e verde sensibile. Shading di Redaelli: rosso, altamente resistente, arancione, resistente, giallo moderatamente resistente e verde sensibile. Modificato da [1]

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Figura 2. Variazioni del trascritto BCR/ABL dopo la seconda assunzione di nilotinib

Avendo a disposizione in commercio dasatinib, ad aprile 2007 decidiamo di iniziare il trattamento con tale inibitore al dosaggio di 70 mg/bid per due mesi, successivamente ridotto a 100 mg/die come da nuova indicazione della scheda tecnica.

Nel contempo, a maggio 2010, la paziente si sottopone a un intervento di tiroidectomia per gozzo multinodulare tossico con nessuna complicanza. La paziente ottiene rapidamente una risposta molecolare maggiore con l’introduzione del nuovo trattamento, ma dopo 4 anni (maggio 2011) cominciamo a notare oscillazioni del trascritto e decidiamo una nuova indagine mutazionale che documenta la presenza di una ulteriore mutazione che si aggiunge alla precedente, ossia M244V presente in una regione di bcr-abl immediatamente precedente al P-loop, ma con documentata sensibilità a dasatinib. Si decide quindi di aumentare il dosaggio di dasatinib a 140 mg/die, ma dopo 6 mesi di terapia (novembre 2011) assistiamo a una perdita di risposta con un valore di trascritto BCR-ABL/ABL pari a 2,65 % con contemporaneo incremento delle piastrine (548x103/uL). Il successivo controllo (gennaio 2012) mostra un peggioramento della malattia con un valore di trascritto BCR-ABL/ABL aumentato fino a 30, 65% e un valore di piastrine ancora aumentato (1080 x103/uL).

Di fronte a tale quadro, avendo a disposizione trials clinici presso il nostro centro e dopo il rifiuto della paziente ad allontanarsi da casa per poter essere arruolata in protocolli sperimentali seguiti da altri colleghi, il mese successivo (febbraio 2012) si decide di iniziare nuovamente la terapia con nilotinib 800 mg/die. Dopo due mesi di trattamento (aprile 2012) assistiamo a una risposta ematologica completa e a una rapida diminuzione del trascritto BCR-ABL/ABL con un valore pari a 1,98%.

A giugno 2012 l’andamento rimane positivo: la paziente raggiunge infatti la risposta molecolare completa con un valore di trascritto BCR-ABL/ABL pari a 0,0024% (Figura 2). All’ultimo controllo di settembre 2012 la paziente conferma sia la risposta ematologica completa sia la risposta molecolare completa. Sorprendentemente, al controllo mutazionale, si documenta anche la scomparsa di entrambe le mutazioni puntiformi.

In Tabella I si riporta un breve riassunto della storia clinica della paziente.

Periodo

Evento/Trattamento

Risultato

Dicembre 2001

Diagnosi LMC

Inizio trattamento con IFN-alfa

Nessuna risposta

Aprile 2002

Inizio terapia con imatinib 400 mg/die

Assenza di risposta citogenetica

Ottobre 2002

Aumento della dose di imatinib a 800 mg/die

La paziente decide di interrompere il trattamento

Novembre 2006

Arruolamento nel protocollo CAMN-107A2101

Gennaio 2007

L’analisi mutazionale rileva la presenza della mutazione Y253H e la comparsa di piatrinosi

Aprile 2007

Inizio terapia con dasatinib 70 mg/bid e successivamente 100 mg/die (come da nuova indicazione scheda tecnica)

Risposta molecolare maggiore

Maggio 2011

Mutazione M244V

Aumento del dosaggio di dasatinib a 140 mg/die

Perdita di risposta ematologica, citogenetica e molecolare

Novembre 2011

BCR/ABL 2,65

Gennaio 2012

BCR/ABL 30,65

Febbraio 2012

Inizio terapia con nilotinib 800 mg/die

Aprile 2012

BCR/ABL 1,98

Giugno 2012

BCR/ABL 0,0024

Agosto 2012

BCR/ABL 0,0000

Risposta ematologica completa, molecolare completa e scomparsa mutazioni puntiformi

Settembre 2012

BCR/ABL 0,0000

Risposta ematologica completa, molecolare completa e scomparsa mutazioni puntiformi

Tabella I. Riassunto della storia clinica della paziente

Domande da porsi

  • Qual è l’outcome dei pazienti trattati con TKI in terza linea o successive?
  • È stato corretto nel nostro caso impiegare/reintrodurre il terzo TKI?

Discussione

È stato documentato che la terapia con imatinib determini il raggiungimento della risposta citogenetica completa (RCC) nella maggior parte dei pazienti con LMC [2]. Una parte di questi pazienti mostra una resistenza primaria o acquisisce una resistenza secondaria che compare dopo il raggiungimento della RCC. I dati clinici e preclinici hanno dimostrato come sia nilotinib sia dasatinib siano in grado di sopperire alla resistenza a imatinib in modo efficace. Tra i vari meccanismi associati allo sviluppo delle resistenze ricordiamo la scarsa compliance, le interferenze farmacologiche, la comparsa di alterazioni cromosomiche aggiuntive; tuttavia quello riscontrato più comunemente è l’acquisizione di mutazioni puntiformi all’interno del dominio chinasico di BCR-ABL [3]. La scelta dell’inibitore di tirosin chinasi (TKI) sulla base dell’esame mutazionale è una prassi comune nella nostra pratica clinica: il gruppo statunitense dell’M.D. Anderson sostiene che anche in terza linea è fondamentale che la scelta dell’inibitore avvenga sulla base dell’esame mutazionale [4]. Il gruppo inglese dell’Hammersmith, invece, non riconosce alle mutazioni un ruolo determinante per la risposta, in quanto la resistenza può essere causata anche da meccanismi BCR-ABL indipendenti [5].

Nel caso che abbiamo descritto ci siamo trovati di fronte a una paziente con una storia datata di malattia che, dopo perdita di risposta con imatinib e la comparsa di una mutazione non sensibile a nilotinib (Y253H), viene trattata con dasatinib. La paziente dopo circa 4 anni di trattamento ha quindi una perdita di risposta per la comparsa di una nuova mutazione (M244V) che è descritta come dasatinib sensibile. Viene quindi sottoposta al trattamento con nilotinib ottenendo una risposta molecolare completa in circa 6 mesi.

Nilotinib e dasatinib sono attivi contro la maggior parte delle mutazioni resistenti a imatinib, ma alcune di queste conferiscono resistenza clinica sia a nilotinib sia a dasatinib o a entrambi.

La prima mutazione che compare a inizio del trattamento con nilotinib, Y253H, è una mutazione molto comune nei casi di perdita di risposta da imatinib [1]. I risultati dello studio clinico registrativo di fase II che vedeva 281 pazienti in fase cronica, trattati con nilotinib, hanno evidenziato che nessun paziente con la mutazione T315I, Y253H, E255K/V ha raggiunto la risposta citogenetica completa entro i 12 mesi, solo il 19% una risposta citogenetica maggiore e il 35% una risposta ematologica [6]. I dati che avevamo a disposizione a suo tempo e il quadro clinico della paziente ci avevano indotto a discontinuare il protocollo e a utilizzare l’inibitore alternativo che mostrava sensibilità alla mutazione. Tuttavia, come evidenziato nel nostro caso, la perdita di risposta anche con dasatinib e la comparsa di una nuova mutazione sensibile all’inibitore in uso ci hanno spinto, all’inizio, ad un aumento di dosaggio, successivamente, trovandoci di fronte alla persistenza della non risposta e scartata la possibilità del trapianto e di un trattamento sperimentale, abbiamo deciso di reintrodurre nilotinib. Il quadro della paziente era ben chiaro, con la presenza dell’unica mutazione M244V (nilotinib-sensibile) e la presenza di una recidiva della malattia. Intanto dati di efficacia ottenuti dagli studi di fase II in seconda linea hanno dimostrato che nilotinib è una efficace opzione terapeutica nei pazienti resistenti/intolleranti a imatinib, garantendo elevate probabilità di risposta, basso rischio di progressione e un buon profilo di tollerabilità [7]. Il tasso di incidenza di raggiungimento della risposta citogenetica completa è uguale nei pazienti con o senza mutazioni nilotinib-sensibili, con la maggior parte dei pazienti che ottengono una risposta citogenetica entro 9 mesi dall’inizio del trattamento e il 28% che ottiene una risposta molecolare maggiore a 12 mesi, per entrambi i gruppi [8]. Il risultato riportato dalla nostra paziente è in accordo con quanto evidenziato anche dallo studio ENACT, in particolare nella sottopopolazione dei pazienti francesi, dove il 37% ha raggiunto una risposta molecolare maggiore entro i 12 mesi e, di questi, il 20% una risposta molecolare completa [9].

Due studi pubblicati qualche anno fa dimostrano che non esiste una cross resistenza tra dasatinib e nilotinib; inoltre il loro utilizzo può indurre risposte citogenetiche e molecolari nel caso di doppia resistenza.

Anche i dati di efficacia ottenuti sui pazienti trattati negli studi in prima linea hanno dimostrato che nilotinib è un’efficace arma terapeutica, producendo risposte molecolari rapide e profonde. Lo studio registrativo ENESTnd a 12 mesi ha evidenziato che il doppio dei pazienti in trattamento nel braccio sperimentale con nilotinib aveva ottenuto una risposta molecolare maggiore (44% nilotinib vs 22% imatinib) [10-11].

Anche l’ultimo follow up a 36 mesi rafforza la nostra scelta alla luce delle seguenti risposte: MMR 73% nilotinib vs 53% imatinib; MR4 50% nilotinib vs 26% imatinib; MR4.5 32% vs 15% risposte ottenute in tutti i rischi Sokal. A tali dati si aggiunge ancora una volta il vantaggio in termini di progressione: infatti non abbiamo osservato più alcuna progressione dopo il primo anno (0,7% nilotinib vs 4,2% imatinib). Tali dati ci confortano perché ci permettono di poter progettare protocolli di discontinuazione del trattamento, al fine di poter “curare” la malattia.

In conclusione il caso che abbiamo descritto mostra come in una paziente pluritrattata, dopo dieci anni dalla diagnosi, siamo riusciti a ottenere degli ottimi risultati. La nostra paziente in soli 6 mesi ha raggiunto una risposta molecolare completa che è mantenuta ancora oggi, unitamente a una buona tollerabilità del farmaco.

La nostra considerazione

Ormai c’è un consensus che la resistenza a secondo/terzo inibitore rappresenti una indicazione al trapianto, in quanto i TKI impiegati in terza/quarta linea hanno “minore efficacia”, e le risposte possono essere di breve durata. Purtroppo solo una piccola percentuale di pazienti è candidabile al trapianto e non sempre si hanno a disposizione protocolli sperimentali con nuovi farmaci. Tuttavia, come ha evidenziato il nostro caso, in una paziente pluritrattata l’utilizzo di interferone, imatinib e degli inibitori di II generazione con meccanismi di azione differente ci hanno consentito di operare una “terapia sequenziale” che oggi ci ha permesso di ottenere con nilotinib una risposta rapida e di portare la paziente in risposta molecolare completa

Bibliografia

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