RHC 2012;3(3)153-178.html

Reviews in Health Care 2012; 3(3): 153-178

Drugs

Narrative review

Differenziazione farmacologica ed economica dei farmaci biologici utilizzati per il trattamento dell’artrite reumatoide in Italia

Biologic agents for the treatment of rheumatoid arthritis in Italy

Patrizia Berto 1,2, Mario Eandi 3

1 ANALYTICA LA-SER Italia, Verona, Italy

2 Professore a Contratto - Facoltà di Farmacia Università di Padova

3 Cattedra di Farmacologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Torino

Abstract

Rheumatoid arthritis (RA) is a chronic, progressive and degenerative illness, which affects about 0.5% of the adult population with significant social costs. In Italy there are approximately 300,000 people with RA, with twice as many women than men. RA causes progressive deformity and disability and is associated with numerous co-morbid conditions that reduce the life expectancy of 5-10 years. The costs of RA have a serious impact on the entire community, especially in terms of disability, hospitalization and medical care. In Italy has been estimated that cost of illness could reach about 1,600 million euros, of which over two thirds are represented by indirect costs. The treatment of RA is evolving and the introduction of biological drugs has resulted in a significant progress in terms of therapeutic possibilities. Etanercept, the only soluble receptor of TNF-α currently approved appears to be cost-effective and it is recommended by major guidelines for the treatment of RA.

Keywords

Rheumatoid arthritis; Cost-efficacy; Economics; Italy; Anti-TNF-α

Corresponding author

Dott.ssa Patrizia Berto

ANALYTICA LA-SER Professore a Contratto – Facoltà di Farmacia

Università degli Studi di Padova

E-mail: patrizia.berto@la-ser.com

Disclosure

Il presente articolo è stato realizzato con il contributo di Pfizer Italia srl

L’artrite reumatoide

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica a eziologia sconosciuta a patogenesi immunitaria con interessamento sistemico e coinvolgimento selettivo delle articolazioni diartrodiali. In particolare, il bersaglio patogenetico della malattia è la membrana sinoviale, elemento costitutivo delle articolazioni diartrodiali. Per le caratteristiche di aggressività ed erosività, l’AR tende a evolvere verso la distruzione dei capi ossei iuxta-articolari, con progressiva disabilità e anchilosi terminale. Nella maggior parte dei casi la malattia è caratterizzata da un decorso cronico che, attraverso riacutizzazioni e remissioni, conduce a una progressiva distruzione delle articolazioni, con deformità e perdita della normale funzione, a invalidità e anche a una riduzione dell’aspettativa di vita. Il carattere cronico e progressivamente invalidante dell’AR fa sì che i costi di malattia a essa associati, sia diretti sia indiretti, abbiano un pesante impatto sulla collettività. L’introduzione dei farmaci biologici ha determinato un notevole progresso nella cura della patologia, ampliando la scelta terapeutica e le possibilità di remissione nei pazienti più difficili da trattare.

La presente review ha lo scopo di presentare una panoramica sull’artrite reumatoide e sul profilo clinico ed economico dei farmaci biologici anti-TNF-α disponibili in Italia, con particolare riferimento ai costi sociali di malattia e al rapporto di costo-efficacia delle diverse molecole.

Epidemiologia

Gli studi epidemiologici sull’AR riportano, a seconda della razza, del sesso e della latitudine, valori altamente diversificati di prevalenza (da 0,3% a 5% circa) e di incidenza [1]. È dimostrato un prevalente interessamento del sesso femminile, colpito circa due/tre volte di più del sesso maschile. Abbastanza rara negli uomini sotto i 45 anni, l’incidenza nel sesso maschile tende poi ad aumentare con il progredire dell’età, mentre l’incidenza nel sesso femminile aumenta fino ai 45 anni, resta a plateau fra i 45 e i 75 anni e quindi decresce nell’età senile. Per quanto riguarda la realtà italiana, nel 1998 è stata condotta un’indagine epidemiologica nella regione Liguria [2] su un campione di 3.294 pazienti con età maggiore o uguale a 16 anni (età media 48,3 anni; femmine 53,7%). I risultati hanno evidenziato una prevalenza media di AR dello 0,33% (0,13% nei maschi e 0,51% nelle femmine). Da uno studio successivo, condotto nelle Marche nel 2005 [3] su un campione di 2.155 soggetti afferenti a medici di medicina generale, è risultata una prevalenza di AR dello 0,46%. In uno studio condotto in Sardegna sempre nel 2005 è invece riportata una prevalenza media dello 0,46% nella popolazione generale, con 0,73% nelle donne e 0,19% negli uomini [4]. Il numero di pazienti con artrite reumatoide in Italia risulta quindi compreso, a seconda della stima applicata, in un’ampia forbice. Una rassegna del 2009, che ha preso in esame studi relativi a tutta Europa, stima per l’Italia un numero complessivo di 235.000 pazienti, con una prevalenza dello 0,49% [5]. Per quanto riguarda i dati di incidenza uno studio condotto nel 2008 in Toscana [6] riporta un’incidenza complessiva dello 0,98‰ (IC95%: 0,64–1,32), in particolare 1,42‰ (IC95%: 0,85–1,99‰) per le donne e 0,51‰ (IC95%: 0,16–0,87‰) per gli uomini. L’età media di insorgenza era 47,7 anni nelle femmine e 54,9 nei maschi [6].

Eziopatogenesi e meccanismi molecolari

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria derivante da un risposta autoimmune sistemica e, sebbene non sia ancora chiaro in che modo tale risposta venga innescata, un ruolo chiave nella patogenesi dell’AR sembrerebbe averlo la generazione di autoanticorpi (come per esempio il fattore reumatoide – FR) che contribuiscono alla formazione di immunocomplessi nelle cellule di rivestimento sinoviali e nei vasi sanguigni infiammati. Il FR, che rivolge la propria attività verso il frammento Fc dell’immunoglobulina G ,è l’unico autoanticorpo inserito fra i criteri diagnostici della malattia formulati dall’American College of Rheumatology (ACR) anche se non è specifico per l’AR [7]. Pertanto, il fatto che la quantità di FR presente nel siero si correli poco con l’attività clinica della malattia e con il danno articolare, fa propendere per una scarsa rilevanza patogenetica, sebbene esso partecipi al fenomeno flogistico locale attraverso l’attivazione del complemento. Una volta attivata, la risposta autoimmune coinvolge le membrane sinoviali causando iperplasia cellulare negli strati superficiali e infiltrazione di cellule infiammatorie (CD4+, cellule T e cellule B, plasmacellule, macrofagi e neutrofili) nello strato sottostante, nel quale secernono grandi quantità di citochine infiammatorie, quali Tumor Necrosis Factor (TNF)-α, interleuchina 1 (IL-1), interleuchina 6 (IL-6), chemochine e proteasi, che a loro volta promuovono la secrezione di citochine infiammatorie. Il risultato finale del processo infiammatorio è la formazione di una membrana sinoviale infiammata e invasiva, chiamata panno sinoviale, che stimola la distruzione articolare attraverso la degradazione della cartilagine e l’erosione ossea attraverso l’attivazione degli osteoclasti [8]. In particolare, il TNF-α (Figura 1), una citochina pro-infiammatoria prodotta dai macrofagi e dalle cellule T attivate, svolge un ruolo essenziale sia nella sinovite che nelle lesioni erosive osteo-cartilaginee e sembra essere al vertice nella cascata delle citochine che intervengono nella patogenesi dell’AR [9]. Le funzioni biologiche del TNF si esplicano sia localmente che a livello sistemico. Il TNF viene prodotto da macrofagi, linfociti e sinoviociti, modula la crescita e la differenziazione cellulare, stimola la lipolisi, attiva l’apoptosi cellulare, induce la sintesi di altre molecole citochimiche ed è in grado di amplificare la risposta dei linfociti Th1, direttamente implicati nella patogenesi dell’AR. Il TNF induce inoltre la sintesi di NO, l’espressione molecolare di molecole di adesione, favorisce la migrazione cellulare nei siti di infiammazione, la proliferazione fibroblastica e dei sinoviociti simil-fibroblasti, la neoangiogenesi, indispensabile per la proliferazione dei pannociti e l’iperplasia del panno sinoviale.

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Figura 1. Il ruolo centrale del TNF-α nell’erosione articolare e nel danno cartilagineo. Modificata da [9]

Decorso clinico

L’esordio dell’AR è solitamente subdolo e avviene nel volgere di diverse settimane o mesi, ma nel 10-20% dei pazienti la malattia può iniziare all’improvviso. I sintomi iniziali consistono generalmente in astenia, sensazione di malessere o diffuso dolore muscolo-scheletrico, mentre le articolazioni tendono a essere interessate in uno stadio più tardivo. L’interessamento articolare tipicamente causa una poliartrite periferica simmetrica a carattere aggiuntivo, che vede più comunemente colpite le piccole articolazioni delle mani, dei polsi e delle caviglie, in senso centripeto. Meno comune è l’interessamento delle grandi articolazioni quali spalla, gomito e anca. Nel suo stadio iniziale, l’AR è caratterizzata da dolore e dai segni propri della flogosi, come calore, tumefazione, perdita funzionale ed eritema in corrispondenza delle articolazioni colpite. Un altro aspetto comune è la rigidità articolare mattutina di lunga durata, che s’instaura principalmente al risveglio o dopo riposo funzionale, debolezza e facile affaticabilità. Tra i segni clinici assume particolare rilievo la tumefazione articolare che è causata dal versamento articolare, dall’ipertrofia-iperplasia della membrana sinoviale e dall’edema dei tessuti molli periarticolari [8,10]. Le articolazioni delle mani sono quelle più frequentemente coinvolte nella malattia, in particolare è caratteristico l’interessamento delle interfalangee prossimali, delle metacarpo-falangee e del carpo. Oltre alle strutture articolari la malattia può colpire tendini, guaine tendinee e borse sierose; sono inoltre presenti manifestazioni extra-articolari a carico di diversi distretti quali cute, muscoli, sistema nervoso periferico e centrale, osso, cuore, polmone, rene, apparato gastrointestinale, occhio e sistema reticolo-endoteliale [10].

Aumento del rischio di mortalità e comorbilità

L’AR è una malattia infiammatoria immunomediata e sistemico-cronica che, con l’alterazione dei meccanismi molecolari che controllano il livello dei fattori pro-infiammatori (citochine e TNF-α), conduce a un aumento del rischio di comorbilità e mortalità nel corso della vita del paziente [11,12]. L’AR presenta di per sé un maggiore rischio di mortalità, con un tasso circa doppio rispetto alla popolazione generale e con un tasso standardizzato per sesso ed età di circa 1,6 [13]. L’aspettativa di vita nei pazienti con AR è ridotta di circa 5-10 anni, con punte fino a 17 anni secondo alcuni studi [14] e la mortalità aumenta marcatamente con l’aggravarsi della malattia [15]. Le più comuni cause di morte (Figura 2) sono le malattie cardiovascolari (39,6%), le neoplasie (16,8%), le infezioni (14,3%) e le malattie respiratorie (9%) [16]. L’AR presenta anche un alto grado di comorbilità: in uno studio su 7.818 pazienti che iniziavano la terapia con farmaci biologici, il 58% di essi aveva almeno una condizione concomitante e il 25% due o più patologie. Le più prevalenti comorbilità erano le malattie cardiovascolari, la depressione, l’ulcera peptica e le malattie respiratorie [12]. In particolare, i pazienti con AR presentano un rischio due volte maggiore di soffrire di malattie cardiovascolari come infarto e stroke [16].

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Figura 2. Principali cause di mortalità nei pazienti con artrite reumatoide

Diagnosi

Al suo esordio l’AR presenta, nella maggioranza dei casi, segni e sintomi che possono essere sottovalutati sia dal paziente, sia dal medico; nel corso dei mesi successivi si manifestano le caratteristiche deformità articolari e diventano più evidenti e rilevanti le alterazioni radiologiche e biochimiche.

Secondo la classificazione dell’American College of Rheumatology (ACR) del 1987 [7] la diagnosi di AR viene posta con la presenza di almeno 4 dei seguenti criteri (con persistenza dei primi 4 per almeno 6 settimane):

  • rigidità articolare mattutina di almeno 1 ora;
  • tumefazione (artrite) di 3 o più articolazioni osservata da un medico;
  • tumefazione (artrite) delle interfalangee prossimali, metacarpo-falangee e dei polsi;
  • tumefazione (artrite) simmetrica;
  • noduli reumatoidi;
  • positività del fattore reumatoide;
  • erosioni e/o osteoporosi articolari alle mani e/o ai polsi.

Inoltre, è importante la determinazione degli indici di flogosi (VES, PCR, fibrinogeno, 1- e α2-globuline) nel valutare l’attività della malattia e il monitoraggio della risposta alla terapia. Esami importanti nella valutazione prognostica sono rappresentati dal fattore reumatoide (FR) e dagli anticorpi antipeptidi citrullinati ciclici (anti-CCP) [8]. Infine, un altro elemento importante è dato dalla diagnostica per immagini; infatti, le erosioni ossee costituiscono la più caratteristica espressione radiologica dell’AR e, quando queste sono in fase iniziale, l’ecografia consente di evidenziarle anche laddove la radiologia tradizionale non consente, permettendo anche di documentare la presenza di distensioni anche minime della capsula articolare, di raccolte di liquido sinoviale intra- e periarticolari (cisti sinoviali, borsiti) e di proliferazione sinoviale.

Terapia

Il trattamento dei pazienti con AR ha lo scopo di controllare il dolore, la rigidità e la tumefazione articolare dovuti all’infiammazione, di minimizzare e ritardare il danno articolare e la conseguente perdita di funzionalità, di ridurre le comorbilità e di migliorare la qualità di vita dei pazienti [8]. Di conseguenza, un trattamento farmacologico efficace deve, sin dall’esordio della malattia, ritardarne la progressione, al fine di ridurre al massimo il danno articolare e l’invalidità progressiva, con un conseguente abbattimento dei costi legati al paziente (maggior produttività, riduzione degli interventi chirurgici, dei ricoveri e del ricorso ai servizi sociali) e a ricoveri nei reparti di terapia intensiva o di lungo-degenza [17].

I farmaci tradizionali impiegati nella fase iniziale dell’AR sono i cosiddetti farmaci antireumatici modificanti la malattia (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs – DMARD), quali metotrexato (MTX), sulfasalazina, ciclosporina, leflunomide e sali d’oro. Questi farmaci hanno dimostrato di migliorare segni e sintomi dell’AR, con un rallentamento del danno articolare e un conseguente senso di benessere iniziale. Tuttavia, non sono efficaci nell’arrestare la progressione della malattia e i sintomi clinici dell’infiammazione. Inoltre, spesso, la terapia con DMARD deve essere interrotta a causa di effetti tossici a carico del midollo osseo, del fegato o di reazioni idiopatiche polmonari [18]. I recenti progressi nello studio della patogenesi dell’AR, in particolare sul ruolo chiave delle cellule T e B e delle citochine infiammatorie (TNF e IL-6), hanno portato all’identificazione di nuovi target terapeutici verso i quali sono specificatamente indirizzati i farmaci biologici utilizzati per la gestione dell’artrite reumatoide [8]. I farmaci biologici sono infatti altamente selettivi e hanno la capacità di interferire a vari livelli della cascata di citochine innescata nella fase infiammatoria di numerose malattie autoimmuni (artrite reumatoide, artrite psoriasica, psoriasi, spondilite anchilosante, malattia di Chron, colite ulcerosa).

I biologici approvati in Italia per il trattamento delle malattie sopra citate si dividono in 4 grandi famiglie a seconda del target terapeutico:

  • inibitori del TNF-α (ATC L04AB): etanercept (Enbrel®), infliximab (Remicade®), adalimumab (Humira®), golimumab (Simponi®), certolizumab pegol (Cimzia®);
  • anticorpi monoclonali antineoplastici (ATC L01XC): rituximab (Mabthera®);
  • immunosoppressori selettivi (ATC L04AA): abatacept (Orencia®);
  • inibitori dell’interleuchina (ATC L04AC): anakinra (Kineret®), tocilizumab (RoActemra®), ustekinumab (Stelara®).

Gli inibitori del TNF-α

Il TNF-α rappresenta la citochina chiave nel processo infiammatorio alla base dell’AR. Il TNF è presente in due forme, solubile (sTNF) e di membrana (mTNF), entrambe sono biologicamente attive e si legano a due recettori specifici: TNFR1, che viene espresso dalla maggior parte delle cellule a eccezione degli eritrociti, e il TNFR2 che viene espresso principalmente dalle cellule endoteliali ed ematopoietiche [19].

I farmaci biologici appartenenti alla famiglia degli inibitori del TNF-α agiscono mediante sequestro del TNF in forma attiva, con formazione di complessi e blocco dell’interazione con i recettori del TNF solubili e di membrana. In base al meccanismo d’azione gli anti-TNF-α si dividono a loro volta in anticorpi monoclonali (adalimumab, infliximab, certolizumab e golimumab) e recettori solubili del TNF (etanercept).

Struttura

Infliximab è un anticorpo monoclonale chimerico costituito da una regione variabile murina legata a una regione costante IgG1 umana, mentre golimumab e adalimumab sono anticorpi monoclonali di origine umana, ricreati mediante la tecnica del DNA ricombinante, e certolizumab è un frammento Fab di anticorpo ricombinante umanizzato coniugato con polietilenglicole. Etanercept è l’unico recettore solubile del TNF-α attualmente disponibile ed è una proteina di fusione tra il frammento Fc di una IgG1 umana ed il dominio extracellulare del recettore p75 del TNF (Figura 3) [19].

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Figura 3. Struttura degli anti-TNF-α [19]

Meccanismo d’azione

Gli anticorpi monoclonali sono immunoglobuline classiche con una porzione Fc e due bracci che possono legare due subunità monomeriche di TNF all’interno di un trimero oppure formare un crosslink tra due omotrimeri di TNF, formando grandi immunocomplessi polimerici (PM dai 4.000 ai 14.000 kDA) [20].

Certolizumab è univalente e, non possedendo il frammento Fc, non fissa il complemento. Etanercept si comporta come se fosse univalente in quanto si lega a un singolo trimero di TNF in rapporto 1:1, formando piccoli complessi monometrici dal peso molecolare di 180-300 kDa (Figura 4) [20]. Inoltre, etanercept lega TNF-α e LT-α formando con essi complessi relativamente instabili, e di conseguenza esercita sul TNF solo una neutralizzazione transitoria simile alla condizione fisiologica [19].

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Figura 4. Formazione complessi monometrici e polimerici tra anti-TNF e TNF

Infliximab

Adalimumab

Golimumab

Etanercept

Certolizumab

Struttura

Anticorpo monoclonale

Anticorpo monoclonale

Anticorpo monoclonale

Proteina di fusione

Anticorpo monoclonale pegilato

Completamente umano

No (25% di origine murina)

Ligando

TNF

TNF

TNF

TNF e LT-α

TNF

Peso molecolare (kDa)

150

150

150

150

65

Emivita (gg)

8-10

10-14

12 ± 3

3

14

Via di somministrazione

e.v.

s.c.

s.c.

s.c.

s.c.

Frequenza di somministrazione

Ogni 8 settimane

Ogni 2 settimane

Ogni mese

Ognisettimana

Ogni2 settimane

Alta selettività per TNF-α

Legame con sTNF e mTNF

Legame con LT-α

No

No

No

No

Complesso con TNF

Polimerico

Polimerico

Polimerico

Monomerico

Monomerico

Fissazione del complemento

No

No

Causa lisi e morte cellulare

No

No

Tabella I. Riassunto delle caratteristiche e delle proprietà dei diversi anti-TNF-α [19,20,23]

Sebbene tutti gli anti-TNF siano in grado di bloccare i recettori di membrana del TNF, la formazione di complessi polimerici tra TNF e anticorpi monoclonali in alcune circostanze può avere effetti agonisti sulle cellule bersaglio. Ciò può comportare apoptosi cellulare e fissazione del complemento, con conseguente danneggiamento o lisi di tutte le cellule che esprimono il TNF di membrana, quali: linfociti T, macrofagi, cellule dendritiche e cellule degli organi maggiormente stressati (miociti, epatociti, etc.) [21-23].

In Tabella I sono riassunte le caratteristiche principali degli anti-TNF-α attualmente disponibili.

Indicazioni

In Tabella II sono riassunte le indicazioni approvate in Italia per i farmaci biologici anti-TNF.

Etanercept

Infliximab

Adalimumab

Golimumab

Certolizumab

AR negli adulti nelle forme da moderata a grave in monoterapia o + MTX quando la risposta ai DMARD è inadeguata

X

X

X

X

X

Artrite giovanile poliarticolare in monoterapia o + MTX

In pz > 2 anni se risposta inadeguata a MTX

-

In pz > 4 anni se risposta inadeguata ai DMARD

-

-

Artrite psoriasica nella forma attiva e progressiva in adulti con risposta inadeguata ai DMARD

X

X

X

X

-

Spondilite anchilosante in adulti nelle forme gravi e attive con risposta inadeguata ai DMARD

X

X

X

X

-

Psoriasi a placche in adulti nella forma da moderata a grave che non rispondono o sono intolleranti ad altre terapie sistemiche

X

X

X

-

-

Psoriasi pediatrica a placche

In pz > 6 anni non adeguatamente controllati da terapie sistemiche o fototerapia

-

-

-

-

Morbo di Crohn

-

In adulti e bambini (6-17 anni) con malattia in fase attiva grave che non hanno risposto a terapie convenzionali

In monoterapia o + corticosteroidi in malattia attiva grave con inadeguata risposta a un ciclo di corticosteroidi/immunosoppressori

-

-

Colite ulcerosa in adulti con malattia in fase attiva da moderata a severa che non hanno risposto a terapie convenzionali

-

X

-

-

-

Tabella II. Indicazioni approvate per i farmaci biologici anti-TNF [24-28]

MTX = metotrexato

Efficacia comparativa

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Figura 5. Variazione rispetto al basale nel punteggio totale di Sharp modificato a 24 e 52 settimane nel trial TEMPO. Modificata da [29]

L’avvento dei farmaci biologici ha determinato un importante progresso terapeutico nella gestione dell’AR, in quanto ha permesso di superare i limiti di efficacia e tollerabilità dei farmaci tradizionali (DMARD). La superiorità dei biologici rispetto ai DMARD è stata infatti dimostrata in studi di efficacia comparativa presenti in letteratura.

Lo studio randomizzato, in doppio-cieco TEMPO (Trial of Etanercept and Methotrexate with Radiographic Patient Outcome) [29] ha confrontato la sicurezza e l’efficacia di etanercept (ETN) con metotrexato (MTX), in monoterapia o combinati, in 682 pazienti con artrite reumatoide attiva, che non avevano risposto al trattamento con DMARD diversi da MTX. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere ETN 25 mg s.c. 2 volte a settimana, oppure fino a 20 mg MTX orale ogni settimana, oppure ETN + MTX. L’endpoint primario di efficacia è stato l’area sotto la curva delle risposte ACR (ACR-N AUC) alla 24esima settimana, mentre l’endpoint primario radiografico è stata la variazione dal baseline alla 52esima settimana di trattamento, del danno totale articolare, valutato mediante il punteggio di Sharp modificato (somma dei punteggi relativi all’erosione e al restringimento dello spazio articolare).

Dopo 24 settimane di trattamento l’ACR-N AUC è risultato maggiore nel gruppo di combinazione (18,3%; IC95%: 17,1–19,6), rispetto a quello trattato con solo ETN (14,7%; IC95%: 13,5–16,0) o solo MTX (12,2%; IC95%: 11,0–13,4). Inoltre, la differenza di ACR-N AUC tra la terapia combinata e il solo MTX è stata di 6,1 (IC95%: 4,5–7,8; p < 0,0001) e tra ETN e MTX di 2,5 (IC95%: 0,8–4,2; p < 0,0034) [29]. Il trattamento con ETN + MTX si è rilevato più efficace dei trattamenti singoli anche nel ritardare la progressione del danno articolare, che si è arrestata nel gruppo trattato con ETN + MTX (-0,54; IC95%: -1–-0,07), è risultata molto modesta nel gruppo trattato con ETN (0,52; IC95%: -0,1–1,15) ed è risultata più elevata nel gruppo trattato con MTX (2,80; IC95%: 1,08–4,51) (Figura 5).

Il valore negativo nel gruppo ETN + MTX indica un arresto, se non un’inversione, del danno articolare, inoltre, la percentuale di pazienti senza progressione (Sharp ≤ 0,5) a 52 settimane è stata dell’80% (IC95%: 74–85) nel gruppo in terapia combinata, del 68% (IC95%: 61–74) nel gruppo ETN (p = 0,0043 per ETN + MTX vs ETN) e del 57% (IC95%: 50–64) nel gruppo MTX (p < 0,0001 per ETN + MTX vs MTX). Inoltre, la percentuale di pazienti senza progressione alla settimana 52 è stato significativamente maggiore nel gruppo ETN, rispetto a quello MTX (p = 0,0213). Lo studio ha dimostrato che la terapia combinata ETN + MTX è più efficace, rispetto al trattamento con i singoli farmaci, nella riduzione dell’attività dell’AR, nel miglioramento funzionale e nel ritardo della progressione riscontrata radiograficamente, inoltre il trattamento in monoterapia con ETN è risultato più efficace di quello con MTX [29].

I risultati emersi dallo studio TEMPO sono stati confermati nello studio COMET (Combination Of Methotrexate and Etanercept Trial) [30], condotto su 542 pazienti MTX naive con AR precoce, da moderata a severa, per confrontare il trattamento con MTX in monoterapia con la combinazione MTX + ETN. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere MTX (da 7,5 mg a 20 mg a settimana) oppure lo stesso dosaggio di MTX + ETN 50 mg/settimana. Gli endpoint primari a 52 settimane sono stati la remissione clinica, valutata mediante il punteggio DAS28 (Disease Activity Score in 28 joint), e la non progressione radiografica valutata mediante il punteggio di Sharp modificato (mTSS, valuta l’erosione articolare e il restringimento dello spazio articolare). Alla 52esima settimana di trattamento la percentuale di pazienti in remissione clinica (DAS28 < 2,6) è stata significativamente maggiore nel gruppo MTX + ENT, rispetto al gruppo in monoterapia (50%; IC95%: 44–56 vs 28%; IC95%: 23–33) con una differenza tra le due strategie del 22,05% (IC95%: 13,96–30,15; p < 0,0001). Tali differenze statisticamente significative sono state evidenziate già a partire dalla 2° settimana di trattamento (Figura 6) [30].

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Figura 6. Percentuale di pazienti in remissione a 52 settimane nello studio COMET. Modificata da [30]

Analogamente, è stata riscontrata una percentuale maggiore di pazienti in non progressione radiologica (mTSS ≤ 0,5) nel gruppo in terapia combinata (80%; IC95%: 75–85), rispetto al terapia con solo MTX (59%; IC95%: 53–65), con una differenza statisticamente significativa del 20,98% (IC95%: 12,97–29,09; p < 0,0001). Risultati simili sono stati ottenuti per mTSS ≤ 0 (Figura 7) [30].

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Figura 7. Percentuale di pazienti in non progressione radiografica alla settimana 52. Modificato da [30]

mTSS = punteggio di Sharp modificato

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Figura 8. Confronto di efficacia (ACR50) tra farmaci biologici e placebo (un valore > 1, indica un’efficacia superiore per il biologico, rispetto al placebo). Modificato da [31]

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Figura 9. Confronto indiretto di efficacia (ACR50) tra i diversi farmaci biologici. Modificato da [31]

Per quanto riguarda il confronto di efficacia tra i farmaci biologici, non esistono studi comparativi diretti nell’artrite reumatoide. Un confronto indiretto su efficacia e sicurezza di 6 farmaci biologici (abatacept, adalimumab, anakinra, etanercept, infliximab e rituximab) è stato effettuato in una metanalisi pubblicata nel 2009 dalla Cochrane Collaboration [31]. L’analisi ha ricercato nella Cochrane Library gli studi condotti per valutare efficacia e sicurezza biologici vs placebo (la valutazione della sicurezza verrà trattata in seguito). L’efficacia è stata definita come ACR50 ≥ 50% dal baseline, in quanto rappresenta la variabile analizzata nella maggior parte degli studi registrativi effettuati nell’artrite reumatoide. I risultati della metanalisi, nel confronto verso placebo e nel confronto indiretto tra biologici sono riassunti in Figura 8 e 9 [31].

Sicurezza

L’utilizzo di farmaci biologici nella cura dell’AR ha permesso di ridurre alcuni effetti collaterali tipici dei farmaci tradizionali (DMARD), quali il rischio di linfomi o di infezioni gravi [19]. Tra i biologici, i dati di sicurezza riportati nelle schede tecniche e rilevati da studi di letteratura evidenziano un miglior profilo di tollerabilità di etanercept, rispetto agli altri anti-TNF-α, in termini di rischio di infezioni acute, TBC, comparsa di tumori maligni (linfomi e tumori solidi) ed epatotossicità [19,24,32-37]. La metanalisi della Cochrane Collaboration [31], presentata precedentemente, ha valutato la sicurezza dei farmaci biologici sulla base del numero di abbandoni della terapia a causa di effetti collaterali. Dal confronto dei biologici vs placebo, etanercept ha mostrato il miglior profilo di sicurezza, rispetto agli altri farmaci (Figura 10), inoltre dal confronto indiretto tra i diversi biologici è emerso che adalimumab, anakinra e infliximab presentano una significativa maggiore probabilità di reazioni avverse e sospensione rispetto a etanercept (Figura 11).

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Figura 10. Confronto di sicurezza tra farmaci biologici e placebo (un valore < 1, indica una sicurezza superiore per il biologico, rispetto al placebo). Modificato da [31]

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Figura 11. Confronto indiretto di sicurezza tra i diversi farmaci biologici. Modificato da [31]

Una review Cochrane del 2011, ha esaminato gli eventi avversi di 9 farmaci biologici (etanercept, adalimumab, infliximab, golimumab, certolizumab, anakinra, tocilizumab, abatacept, rituximab) in 163 RCT (50.010 partecipanti) e 46 studi di estensione (11.954 partecipanti) [38]. Rispetto al controllo è emerso un significativo aumento dell’incidenza di eventi avversi totali, abbandono di terapia a causa di eventi avversi e riattivazione di TBC. Mentre la differenza di incidenza di eventi avversi gravi, infezioni gravi, linfoma e insufficienza cardiaca congestizia non è significativamente diversa tra biologici e controlli [38]. In particolare, infliximab e adalimumab sono stati associati a un numero maggiore di effetti collaterali, rispetto al controllo; certolizumab è stato associato a un rischio significativamente più elevato di infezioni gravi rispetto al controllo (OR: 3,51, IC95%: 1,59–7,79) e infliximab ha mostrato un rischio significativamente più elevato di abbandoni di terapia dovuti a eventi avversi (OR: 2,04, IC95%: 1,43–2,91). Confronti indiretti hanno mostrato che abatacept e anakinra erano associati a un rischio significativamente inferiore di eventi avversi gravi, rispetto alla maggior parte degli altri biologici; abatacept ha anche mostrato minore probabilità rispetto a infliximab e tocilizumab di essere associato a infezioni gravi. Anche se il numero complessivo di pazienti era relativamente basso, certolizumab è stato associato a probabilità significativamente più elevate di infezioni gravi rispetto a etanercept, adalimumab, abatacept, anakinra, golimumab, infliximab e rituximab; infine, etanercept, abatacept, adalimumab e golimumab hanno mostrato di causare, rispetto a infliximab, un rischio significativamente minore di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi [38].

Nel 2011 sono stati pubblicati anche i risultati di un’analisi retrospettiva di coorte svolta sulla base dei dati di 5 grandi database statunitensi per il decennio 1998-2007 [39]. Dei 139.611 pazienti con diagnosi di artrite reumatoide (altri 45.188 pazienti avevano invece una diagnosi di malattia infiammatoria intestinale e 51.732 di psoriasi o spondilo-artropatie) ne sono stati individuati 35.235 che nel decennio di studio avevano iniziato un trattamento farmacologico. Di questi ne sono stati selezionati 10.484 trattati con agenti anti-TNF-α (etanercept, infliximab o adalimumab) e altrettanti trattati con farmaci non-biologici (idroclorochina, leflunomide o sulfasalazina dopo precedente trattamento con metotrexato). Sulla variabile principale di esito, lo studio ha dimostrato che, nei primi 12 mesi dall’avvio del trattamento, il tasso di ospedalizzazione per infezioni gravi nel gruppo anti-TNF-α era simile rispetto ai farmaci non-biologici (HR: 1,05; IC95%: 0,91–1,21); nel confronto interno tra anti-TNF-α, infliximab è apparso associato a un maggiore numero di infezioni gravi rispetto a etanercept (HR: 1,26; IC95%: 1,07–1,47) e adalimumab (HR: 1,23; IC95%: 1,02–1,48) (Figura 12) [39].

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Figura 12. Tasso di incidenza e rischio di infezioni severe tra i diversi anti-TNF-α. Modificato da [39]

Incremento del dosaggio

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Figura 13. Percentuale di pazienti con incremento della dose dopo 18 mesi di terapia nello studio DART [43]

Gli anticorpi monoclonali anti-TNF-α determinano più facilmente l’induzione di anticorpi neutralizzanti, con conseguente riduzione dell’effetto farmacologico e la necessità di ridurre l’intervallo tra le somministrazioni o di incrementare il dosaggio con il proseguire della terapia. Per esempio, nel caso di infliximab l’incremento del dosaggio sarebbe necessario nel 43-57% dei pazienti [40,41], mentre il trattamento con adalimumab mostrerebbe una riduzione dell’efficacia del 17% dei soggetti trattati [42]. Al contrario, la struttura molecolare di etanercept rende meno probabile lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti, pertanto non sono richiesti aumenti di dosaggio nel corso della terapia e il costo annuo per paziente a carico del SSN rimane fisso [41].

A conferma di tali dati, nel 2011 sono stati pubblicati i risultati a 18 mesi dello studio retrospettivo osservazionale DART (anti-TNF Drug utilization and dosing patterns Assessment: a Retrospective observational study of subjects Treated for rheumatoid arthritis) [43], i cui risultati a 12 mesi erano stati pubblicati nel 2007 [44]. Lo studio ha preso in esame le cartelle cliniche di 739 pazienti con AR trattati con etanercept (dosaggio iniziale 49,9 mg/settimana), infliximab (dosaggio iniziale 3,2 mg/ogni 8 settimane) o adalimumab (dosaggio iniziale 40,1 mg/ogni 2 settimane) allo scopo di valutare l’incremento di dosaggio dei tre farmaci biologici all’interno della reale pratica clinica. Come illustrato in Figura 13, i risultati a 18 mesi hanno mostrato che il trattamento con etanercept ha richiesto un incremento di dose in una percentuale significativamente minore di pazienti (2,5%), rispetto ad adalimumab (9,6%; p < 0,001) e infliximab (35%; p < 0,001).

Persistenza e switch: osservazioni dalla pratica clinica

Almeno un terzo dei pazienti affetti da AR trattati con gli antagonisti del TNF-α presenta una risposta inadeguata, una perdita di efficacia o effetti collaterali che costringono alla sospensione. La persistenza del trattamento può essere pertanto considerata indicativa del mantenimento dell’efficacia nel tempo e dell’assenza di effetti collaterali gravi.

Uno studio osservazionale condotto in Italia sui dati presenti nel database LOHREN (Lombardy Rheumatology Network) [45], ha valutato la persistenza a 12, 24 e 36 mesi, del trattamento con etanercept, adalimumab e infliximab in 1.064 pazienti con AR. Il tasso di persistenza totale è stato del 78,8% a 12 mesi, del 65,2% a 24 mesi e del 52,9% a 36 mesi. In particolare, a 36 mesi, la percentuale di pazienti ancora in trattamento con etanercept era significativamente più alta (62,5%), rispetto a quelli trattati con infliximab (49,1%) o adalimumab (53,6%), come riportato in Figura 14 [45].

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Figura 14. Persistenza al trattamento a 36 mesi [45]

In caso di fallimento o di abbandono di un primo anti-TNF, è stato evidenziato che, in virtù delle differenze nella struttura e nel meccanismo d’azione l’impiego di un secondo o terzo farmaco, dove il primo abbia fallito, possa rappresentare un’alternativa terapeutica efficace [46], con una percentuale del 73% di pazienti che rimangono in terapia con il secondo anti-TNF dopo 15 mesi dall’interruzione del primo [47].

In particolare, uno studio del 2007 [48] ha valutato l’efficacia di etanercept in 95 pazienti con AR dopo fallimento di infliximab (34 fallimenti primari, 38 con iniziale risposta e poi recidiva e 23 con problemi di tossicità). A 12 settimane dall’inizio del trattamento con etanercept il 61% dei pazienti ha presentato una risposta da buona a moderata (valutata con il punteggio EULAR) e, tra tutti i pazienti, il 38% ha evidenziato un 20% di miglioramento dei criteri ACR (42% per i non responder primari e 34% per i secondari) e di questi il 24% ha raggiunto ACR50 e il 15% l’ACR70 (Figura 15). Inoltre, nello studio, nonostante la breve durata (12 settimane), non sono stati riportati fenomeni di tossicità nei pazienti che avevano sospeso infliximab per questo problema. La somministrazione di etanercept dopo fallimento di infliximab, sembrerebbe pertanto una strategia efficace, soprattutto in quei pazienti che non avevano risposto a infliximab [48].

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Figura 15. Percentuale di responder a etanercept dopo fallimento di infliximab [48]

NR = Non Responder

Impatto sociale dell’artrite reumatoide

Conseguenze sulla capacità lavorativa

L’artrite reumatoide è una malattia invalidante, progressiva e cronica che influisce pesantemente sulla qualità di vita non solo dei pazienti, ma anche dei loro familiari.

A causa della malattia, infatti, i pazienti sono costretti a modificare il proprio stile di vita, con ripercussioni nella sfera sociale e lavorativa. Secondo uno studio americano [49], infatti, entro i primi 10 anni dalla diagnosi circa il 50% dei pazienti diventa inabile al lavoro e incapace di svolgere le normali attività quotidiane. Le percentuali aumentano nel corso degli anni e con il progredire della malattia arrivando al 60% dopo 15 anni e al 90% entro i 30 anni, mentre a 20 anni dalla diagnosi circa 1 paziente su 4 necessita di protesi articolare. Tutto ciò implica un aumento significativo del costo sociale di malattia, con una componente preponderante rappresentata dai costi indiretti, come evidenziato da uno studio tedesco del 2006 [50] che imputava circa il 70% dei costi totali di malattia ai costi indiretti (rappresentati da disabilità e assenze dal lavoro) e il restante 30% ai costi diretti (visite, farmaci, ricoveri, chirurgia, analisi e test di laboratorio).

I progressi terapeutici compiuti nel corso degli ultimi anni, grazie anche all’avvento dei farmaci biologici, hanno contribuito non solo a migliorare la gestione della patologia e a ridurne la progressione, ma anche a ridurre i costi sociali dovuti all’inabilità e alle assenze lavorative. Nel 2010, infatti, sono stati pubblicati i risultati di un’indagine, anche questa tedesca, condotta su oltre 38.700 allo scopo di investigare le differenze nel trattamento, nel grado di malattia e delle assenze dal lavoro tra il 1997 e il 2007 [51]. Nel corso degli anni le prescrizioni di combinazioni di DMARD sono aumentate dall’8% al 23%, mentre nel 2007 sono stati prescritti farmaci biologici al 16% dei pazienti. Ciò si è accompagnato a una diminuzione del grado di attività della malattia (DAS28 da 4,5 a 3,4) e del numero di giorni di assenza dal lavoro a causa dell’AR (da 27,2 a 8,8 giorni/pz/anno) [51].

Costo di malattia in Italia

Nel 2001 in Italia i costi diretti e indiretti associati all’AR erano stati stimati intorno a 1.600 milioni di Euro l’anno [52].

Nel 2002 un altro studio italiano ha analizzato i costi di malattia dell’AR in base alla gravità della malattia [53]. Sono stati presi in considerazione i costi diretti (ospedalizzazioni, trattamenti farmacologici, procedure diagnostiche e costi non medici), i costi indiretti (perdita di produttività e cure informali) e i costi intangibili dovuti alla perdita di qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. I risultati hanno evidenziato un significativo aumento (p < 0,0005) dei costi sociali, sia diretti sia indiretti, all’aumentare della gravità della patologia, come riportato in Figura 16. In particolare i costi diretti variano da un minimo di 1.643 €/pz/anno a un massimo di 5.696 €/pz/anno, mentre quelli indiretti sono compresi in un range di 2.074-17.249 €/pz/anno [53].

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Figura 16. Costi diretti e indiretti per paziente con artrite reumatoide per stadio di gravità della patologia [53]

I costi indiretti rappresentano, quindi, la principale componente di costo per la gestione di questa patologia e questo dato è suffragato anche da una ricerca del CENSIS del 2008 [54], secondo la quale in Italia più di 1/5 dei malati di AR sperimenta modificazioni consistenti del proprio profilo lavorativo. In particolare, il 39,1% riporta di aver ridotto parzialmente l’orario di lavoro a causa della malattia, l’8,0% ha cambiato attività lavorativa, il 32,2% ha dovuto optare per un pensionamento prematuro, il 10,3% ha dovuto fare richiesta di pre-pensionamento mentre il 10,4% è stato costretto a lasciare il lavoro in modo definitivo [54].

Voce di costo

€/pz/anno

Costi diretti

Spesa farmaceutica

576,3

Terapie non farmacologiche

67,9

Presidi e ausili ortopedici

11,1

Assistenza

629,6

Visite centro reumatologico

6,7

Visite di controllo e accertamenti diagnostici

107,7

Totale

1.399,4

Costi indiretti

Assistenza gratuita

3.970,2

Mancato reddito

5.880,4

Totale

9.850,6

TOTALE costi diretti + costi indiretti

11.250,0

Tabella III. I costi sociali dell’artrite reumatoide [54]

Come evidenziato in Tabella III i costi diretti rappresentano circa il 25% dei costi totali del paziente, di questi circa il 50% è determinato dalla spesa per l’assistenza medica e ospedaliera (interventi di chirurgia sostitutiva, ospedalizzazioni, analisi diagnostiche e di laboratorio, supporto sociale, protesi articolari), il 25% dai farmaci (sia per la cura dell’AR e delle patologie concomitanti, sia per il trattamento degli effetti collaterali). I costi indiretti rappresentano il restante 75% e a incidere maggiormente è il mancato reddito a causa di pensionamento o ritiro anticipato dal lavoro [54].

Valutazioni economiche

Costi di trattamento

In Tabella IV sono riportati dosaggi e costi dei farmaci biologici per l’AR [55].

Farmaco

Unità posologiche

Dosaggio e via di somministrazione

Prezzo di cessione osped. (€)*

Somministrazioni (n°/anno)

Spreco per somministrazione (€)

Costo all'ospedale per anno (€)**

Note

Certolizumab – Cimzia®

2 siringhe pre-riempite 200 mg/ml

400 mg(sett. 0, 2, 4 );

200 mg (q2 sett); s.c.

€ 683,05

26°

-

€ 9.904 il 1° anno, € 8.880 dal 2° anno

Dal secondo anno la dose di mantenimento è di 200 mg ogni 2 settimane.

Infliximab – Remicade®

1 fl 100 mg

3 -7,5 mg/kg infusione e.v. di 2 ore q8 sett

€ 466,25

7,5#

23,3-58,3

€ 6.992 -17.484

Il dosaggio standard è di 3 mg/kg a somministrazione che può essere aumentato fino a max di 7.5mg/kg. con l'utilizzo di 2 fl nel dosaggio da 3mg/kg e 5 fl nel dosaggio da 7mg/kg

Etanercept – Enbrel®

1 fl 25 mg

50 mg sc, q1 sett.

€ 119,70

52

-

€ 12.448

-

1 fl 50 mg

€ 239,39

Adalimumab – Humira®

1 pen o sir 40 mg

40 mg sc 1 q2 sett o q1 sett

€ 465,88

26-52

-

€12.113 - €24.226

Il dosaggio standard è di 40 mg ogni 2 sett, per i pazienti che in monoterapia mostrano una riduzione nella risposta possono beneficiare di un aumento della dose a 40 mg di adalimumab ogni settimana

Rituximab – Mabthera®

1 fl 500 mg

1 g infusione ev di 2 ore q6-12 mesi

€ 1.318,19

2-4

-

€5.273 - €10.545

Un ciclo di terapia è costituito da 2 somministrazioni di 1000 mg a distanza di 2 sett, che possono essere ripetute ogni 6-12 mesi. E' stato quindi calcolato il costo per un ciclo all'anno e per 2 cicli.

Abatacept – Orencia®

1 fl 250 mg

750 mg infusione ev di 30 minuti q4 sett

€ 337,55

13,5#

-

€ 13.671

Per i pazienti con peso compreso tra i 60 e i 100 kg il dosaggio è di 750 mg (3 fl di farmaco) a somministrazione

Anakinra – Kineret®

1 sir 100 mg

100 mg sc/die

€ 30,60

365

-

€ 11.170

-

Golimumab – Simponi®

1 pen o 1 sir 50 mg

50 mg sc q1 mese

€ 973,18

13,5#

-

€ 13.138

-

Tocilizumab – RoActemra®

1 fl 80 mg/ml

8 mg/kg q4 sett.

€ 136,12

13,5#

68

€ 12.863

Il costo è stato calcolato per un pz di 65 kg, considerando l'utilizzo di un fl da 400 mg e 2 fl da 80 mg

1 fl 200 mg/ml

€ 340,28

1 fl 400 mg/ml

€ 680,57

Tabella IV. Costo dei trattamenti per AR calcolati per un paziente adulto di 65 kg. Modificato da [55]

* prezzo all’ospedale ex factory incluso di sconti obbligatori

** costo di terapia/paziente incluso lo spreco

° n° di somministrazioni dal secondo anno in poi

# n° di somministrazioni derivante dalla media dei primi due anni

Rapporto di costo-efficacia

Il rapporto costo-efficacia di trattamenti che possono modificare la storia naturale di una patologia cronica progressiva come l’AR deve essere valutato a lungo termine. Obiettivo di un’analisi economica basata sullo studio TEMPO (descritto in precedenza) è stato la stima del rapporto costo-efficacia del trattamento di combinazione ETN + MTX, rispetto alle due monoterapie, in pazienti con AR attiva, utilizzando un modello che ha preso in considerazione sia lo stato funzionale sia l’attività della malattia [56].

L’analisi di costo-efficacia ha incluso i 682 pazienti arruolati nello studio TEMPO, lo stato funzionale è stato valutato in base all’Health Assessment Questionnaire (HAQ) e l’attività della malattia è stata misurata mediante il Disease Activity Score (DAS). I dati relativi al consumo di risorse e attrezzature in rapporto all’attività della malattia sono tratti da un’indagine condotta in Svezia e per la stima dei costi diretti e indiretti si è fatto riferimento alla realtà svedese. Lo studio dimostra che i costi totali sono correlati con lo stato funzionale. È stato calcolato che il trattamento per 10 anni con la combinazione ETN + MTX comporta, rispetto al trattamento in monoterapia con MTX, un aumento dei costi pari a 14.221 euro e un guadagno degli anni di vita ponderati per la qualità della vita (QALY) pari a 0,38 (Tabella V).

Costi(€)

Differenza vs MTX (€)

Effetti(QALY)

Differenza vs MTX (QALY)

Costo per QALY guadagnato vs MTX (€)

MTX

162.695

-

3,08

-

-

ETN

181.271

18.577

3,23

0,15

Dominato

ETN + MTX

176.915

14.221

3,46

0,38

37.331

Tabella V. Analisi farmacoeconomica dello studio TEMPO. Modificato da [56]

Questi valori determinano un rapporto costo-efficacia incrementale di 37.331 €/QALY. Questa analisi farmacoeconomica, basata su un modello che incorpora la valutazione dello stato funzionale della malattia e dell’attività della malattia, dimostra che il costo per QALY guadagnato con il trattamento di combinazione ETN + MTX, rispetto a MTX in monoterapia, rientra nel range considerato accettabile. Il fatto che la combinazione abbia un rapporto costo-efficace migliore di ETN in monoterapia non significa tuttavia che la monoterapia non debba essere presa in considerazione, da un punto di vista clinico, per il singolo paziente.

Il confronto di costo-efficacia di etanercept (ETN) vs adalimumab (ADA) nel trattamento dell’artrite reumatoide è stato effettuato da uno studio italiano [57] in cui l’efficacia è stata valutata sulla base del controllo della flogosi e il ritardo di progressione del danno articolare. Sono stati confrontati i costi e l’efficacia dei seguenti protocolli terapeutici in un’ipotetica coorte di pazienti con artrite reumatoide di grado da moderato a grave, resistenti ad almeno un DMARD: ADA 40 mg ogni 2 settimane, ADA 40 mg/settimana, ETN 25 mg 2 volte/settimana, ADA 40 mg ogni 2 settimane + MTX 12,5 mg/settimana, ETN 25 mg 2 volte/settimana + MTX 12,5 mg/settimana. Le probabilità di raggiungere una risposta secondo i criteri dell’American College of Rheumatology (NO ACR, ACR20, ACR50 e ACR70) o di sviluppare reazioni avverse sono state calcolate in base a dati disponibili in letteratura. I costi dei farmaci e i costi per il consumo di altre risorse sanitarie sono riferiti all’Italia.

Il rapporto di costo-efficacia medio per ogni paziente che ha raggiunto ACR20 è risultato 19.129 euro per ETN in monoterapia, 29.242 euro per ADA in monoterapia ogni 2 settimane e 48.831 euro per ADA in monoterapia ogni settimana. Considerando l’associazione con MTX, il rapporto costo-efficacia è risultato 16.897 euro per ETN e 20.293 per ADA (Figura 17). Il valore medio del costo incrementale per QALY è risultato favorevole a etanercept sia in monoterapia sia in associazione con MTX (Tabella VI). Il costo aggiuntivo per QALY guadagnato per il passaggio da ADA monoterapia/2 settimane a ETN monoterapia è stato calcolato in 2.251 euro.

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Figura 17. Rapporto costo-efficacia di adalimumab (ADA) ed etanercept (ETN) in monoterapia (A) e in associazione con metrotressato (MTX) (B). Modificato da [57]

Dosaggio

Costo(€)

Efficacia(QALY)

Rapportocosto-efficacia (€)

RapportoΔC/ΔE (€)

Monoterapia

ADA

40 mg/2 settimane

13.451,54

0,584

23.033,46

ADA

40 mg/settimana

26.369,04

0,614

42.946,32

Dominato*

ETN

25 mg 2 volte/settimana

13.582,13

0,642

21.155,97

2.251,55

Terapia combinata

ADA + MTX

40 mg/2 settimane + 12,5 mg/settimana

13.637,31

0,661

20.631,33

-

ETN + MTX

25 mg 2 volte/settimana + 12,5 mg/settimana

13.855,63

0,692

20.022,59

7.042,58

Tabella VI. Rapporto costo-efficacia per QALY guadagnato per diverse strategie di trattamento. Modificata da [57]

* l’alternativa adalimumab (ADA) 40 mg/settimana è dominata, ossia è più costosa e meno efficace vs etanercept (ETN)

Un valutazione di costo-efficacia di etanercept, infliximab e adalimumab è stata condotta dall’Assessment Group del NICE [58]. In particolare, il modello sviluppato dal NICE ha valutato il rapporto di costo-efficacia incrementale (Incremental Cost Effectiveness Ratio – ICER) dell’aggiunta di uno dei tre anti-TNF-α a un protocollo terapeutico già in atto per il trattamento dell’AR, in confronto al medesimo protocollo terapeutico senza l’aggiunta dell’anti-TNF. Il modello è stato popolato mediante i dati derivati dagli studi condotti dalle aziende produttrici dei farmaci e da quelli derivati da una review sistematica della letteratura, e viene simulato il percorso clinico tipico di un paziente con AR. L’efficacia viene valutata in QALY, i costi valutati comprendono il trattamento farmacologico e il monitoraggio e i pazienti vengono seguiti fino alla morte. La prospettiva utilizzata per la valutazione dei costi è stata quella del Sistema Sanitario inglese e non prende in considerazione i costi sostenuti dai pazienti e dalle famiglie.

I risultati del modello hanno evidenziato che il trattamento in prima linea con etanercept (in monoterapia o in associazione con MTX) è più costo efficace sia di adalimumab (in monoterapia o in associazione con MTX) sia di infliximab + metotrexato (Figura 18).

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Figura 18. ICER dei diversi anti-TNF utilizzati in prima linea di trattamento in monoterapia (A) o associati a MTX (B) [58]

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Figura 19. Costo-efficacia degli inibitori del TNF in terza linea di trattamento. La soglia di costo-efficacia fissata dal NICE è di circa 30.000 £/anno [58]

Come evidenziato in Figura 19 etanercept ha dimostrato una maggiore costo-efficacia, rispetto agli altri due anti-TNF, anche nel trattamento di 3° linea, cioè in seguito al fallimento di due DMARD [58].

Con riferimento a quanto indicato dal NICE gli inibitori del TNF-α etanercept, infliximab e adalimumab sono raccomandati per il trattamento dell’AR attiva nei pazienti che non rispondono adeguatamente alla terapia con due DMARD, incluso metotrexato (se non controindicato). Etanercept e adalimumab possono essere usati anche in monoterapia, mentre infliximab può essere somministrato solamente in associazione con metotrexato. I farmaci possono essere valutati dopo un periodo di trattamento di almeno sei mesi [58].

Una recentissima linea guida del NICE per l’AR prende in considerazione l’utilizzo dei biologici dopo il fallimento di un primo anti-TNF-α [59]. In questi casi rituximab, in associazione con MTX, è raccomandato dopo fallimento di almeno un anti-TNF-α. Comunque, in caso di controindicazioni o eventi avversi a rituximab, è possibile passare a un altro biologico: etanercept, adalimumab, infliximab o abatacept (tutti in associazione con MTX). Se MTX è controindicato o sospeso per eventi avversi, si può usare etanercept o adalimumab in monoterapia.

Costi indiretti

I costi indiretti rappresentano una componente primaria dell’impatto sociale della malattia. Un’analisi economica si è occupata di valutare i costi indiretti nello studio COMET (precedentemente descritto) [60]. In tale studio i pazienti trattati con ETN + MTX hanno riportato un numero di giorni assenza dal lavoro che era circa la metà di quello riportato dai pazienti trattati con MTX in monoterapia. In pratica, il gruppo ETN + MTX aveva lavorato, mediamente in un anno, da un minimo di 22 a un massimo di 37 giorni in più rispetto al gruppo MTX. Questi dati, con aggiunta la componente di ridotta produttività sul lavoro (il cosiddetto “presenteismo”), si traducevano, nella prospettiva nella società britannica, in un impatto economico per paziente che poteva arrivare a 2.968 sterline annue. Da sottolineare infine che, alla fine del primo anno, la probabilità di interrompere il lavoro a causa della malattia era del 24% nel gruppo MTX e dell’8,6% nel gruppo ETN + MTX (Figura 20).

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Figura 20. Probabilità di interrompere il lavoro a causa di AR nel corso di 52 settimane. Modificata da [60]

Conclusioni

L’artrite reumatoide (AR) è una malattia cronica, progressiva e degenerativa che colpisce circa lo 0,5% della popolazione adulta con ingenti costi sociali, umani e individuali. In Italia 235.000 persone sono affette da AR, con un numero di donne doppio rispetto a quello degli uomini. L’AR provoca deformità e invalidità progressiva, associandosi a numerosi stati morbosi che riducono l’aspettativa di vita media di 5-10 anni.

I costi dell’AR hanno un pesante impatto su tutta la collettività, soprattutto in termini di invalidità, ospedalizzazione ed assistenza medica. In Italia si è stimato che possano arrivare a circa 1.600 milioni di euro, di cui oltre i due terzi sono rappresentati dai costi indiretti (produttività persa) e la restante parte da costi diretti (ospedalizzazione, chirurgia, assistenza medica e farmaceutica).

La terapia dell’artrite reumatoide è in continua evoluzione; prima dell’introduzione dei farmaci biologici, per i pazienti più difficili da trattare esistevano pochissime probabilità di ricevere trattamenti in grado di indurre remissione della malattia. L’introduzione dei farmaci biologici ha rivoluzionato questo paradigma, determinando un rilevante progresso dal punto di vista delle possibilità terapeutiche. D’altro canto, negli ultimi anni il dibattito dei decisori di spesa si è spostato dal generale riconoscimento dell’innovazione a quello della sostenibilità del sistema, con l’obiettivo primario di poter controllare la spesa sanitaria, e farmaceutica in particolare, senza tagliare le prestazioni.

Etanercept permette di conciliare la riconosciuta first in class efficacia ed efficienza (è raccomandato dalle principali linee guida) con impatto sul budget delle strutture sanitarie prevedibile rispetto alle altre terapie con farmaci biologici.

Implicazioni per future ricerche

È importante continuare a studiare l’utilizzo di anti-TNF in pazienti che hanno fallito un precedente inibitore del TNF, per stabilire le migliori sequenze terapeutiche. Inoltre sarebbero necessari studi che valutino la qualità della vita a lungo termine dei pazienti con AR.

Bibliografia

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