RHC 2012;3(3)193-207.html

Reviews in Health Care 2012; 3(3): -207

Diseases

Narrative review

La profilassi meccanica del tromboembolismo venoso nel paziente medico ospedalizzato: evidenza e linee guida

Mechanical prophylaxis of venous thromboembolism in ill hospitalized medical patients: evidence and guidelines

Luca Masotti 1, Roberto Cappelli 2, Grazia Panigada 3, Giancarlo Landini 4, Mario Di Napoli 5

1 UO Medicina Interna, Ospedale di Cecina (LI), Italia

2 Centro Trombosi, Università degli Studi di Siena, Italia

3 UO Medicina Interna, Ospedale di Pescia (PT) , Italia

4 UO Medicina Interna, Ospedale Santa Maria Nuova, Firenze, Italia

5 Servizio di Neurologia, Ospedale San Camillo dè Lellis, Rieti, Italia

Abstract

Venous thromboembolism (VTE) represents one of the leading causes of mortality and morbidity in ill medical patients. Avoiding VTE is therefore of utmost importance in clinical practice. VTE prophylaxis can be assured by pharmacological strategies, such as heparinoids, unfractioned heparin, low molecular weight heparins, fondaparinux or oral anticoagulants and, when these are contraindicated, by mechanical measures, such as graduated compression stockings (GCS) and/or intermittent pneumatic compression (ICP). However, due to the lack of solid literature evidence, VTE mechanical prophylaxis is not standardized in hospitalized ill medical patients. Much recently, findings from randomized clinical trials on VTE prophylaxis in ill medical patients, such as CLOTS I in patients with stroke and LIFENOX in patients with other kind of medical diseases, seem to increase doubts and reduce certainness in this context and recommendations from guidelines don’t help in reducing confusion. Therefore the aim of this review is to focus on mechanical prophylaxis of VTE in hospitalized ill medical patients.

Keywords

Venous thromboembolism; Prophylaxis; Graduated compression stockings; Intermittent pneumatic compression; Comorbidity; Internal medicine

Corresponding author

Dott. Luca Masotti

UO Medicina Interna, Ospedale di Cecina

Via Montanara, Località Ladronaia, 57023 Cecina (Li), Italia

Tel. +586-614212, Fax +586-614218

E-mail: luca.masotti@tin.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Background

Il tromboembolismo venoso (TEV) rappresenta l’entità clinica composta da trombosi venosa profonda (TVP) e superficiale (TVS) ed embolia polmonare (EP) [1]. Esso rappresenta una delle principali cause di mortalità e morbilità nel paziente con patologia di pertinenza medico-internistica (non chirurgica) e rappresenta la patologia maggiormente prevenibile nel paziente ospedalizzato [2]. Nel paziente medico ospedalizzato, il rischio di TEV in assenza di profilassi è del 10-20% in generale e arriva a percentuali del 40-50% in alcuni sottogruppi di patologie mediche quali l’ictus cerebrale ischemico o emorragico, percentuali del tutto simili a quelle che si verificano in pazienti con patologia chirurgica come ad esempio nella chirurgia ortopedica [3]. Le principali patologie mediche che si associano a rischio di TEV, oltre all’ictus cerebrale, sono rappresentate da scompenso cardiaco in classe NYHA ≥ 3, neoplasie, BPCO con insufficienza respiratoria specie se sottoposta a ventilazione meccanica, infarto acuto del miocardio, stati infettivi e malattie infiammatorie croniche intestinali. Il rischio aumenta notevolmente quando queste condizioni si verificano in soggetti anziani con età > 75 anni, nei soggetti con ridotta mobilità, in quelli con anamnesi di precedenti episodi di TEV e in quelli con stati trombofilici ereditari o acquisiti [2-5]. In Tabella I è riportato lo score di Padova proposto da Barbar e collaboratori per la stima del rischio di TEV nel paziente medico ospedalizzato [6]. L’impatto del TEV nel paziente medico è tale che ad oggi il 75% circa delle diagnosi di TEV nel paziente ospedalizzato avviene in pazienti medici e il 75% circa della mortalità per TEV avviene in questa tipologia di pazienti [7,8].

Fattori di rischio

Punteggio

Cancro in fase attiva

3

Pregresso TEV

3

Mobilità ridotta*

3

Conosciuta condizione trombofilica**

3

Recente (≤ 1 mese) trauma e/o chirurgia

2

Età ≥ 70 anni

1

Scompenso cardiaco NYHA III/IV e/o insufficienza respiratoria

1

IMA o ictus ischemico

1

Infezione acuta e/o malattia reumatica

1

Obesità (BMI ≥ 30)

1

Trattamento ormonale in corso

1

Tabella I. Score di Padova per la stima del tromboembolismo venoso nel paziente medico ospedalizzato. La tromboprofilassi è indicata nei pazienti con punteggio ≥ 4 [6]

* Allettato, ma si reca autonomamente ai servizi igienici

** Difetti di antitrombina, proteina C o S, fattore V di Leiden, mutazione G20210A della protrombina, sindrome da anticorpi antifosfolipidi

La profilassi del TEV nel paziente medico ospedalizzato

Le strategie per prevenire episodi di TEV sono rappresentate dalla somministrazione di farmaci antitrombotici (profilassi farmacologica) e da presidi non farmacologici (profilassi meccanica) [3]. Tali strategie possono essere combinate nel paziente ad alto rischio di TEV [3].

Studi clinici randomizzati controllati hanno chiaramente dimostrato l’efficacia, con buon profilo di sicurezza, della profilassi farmacologica con eparina non frazionata e con eparine a basso peso molecolare o fondaparinux nella riduzione del TEV nel paziente medico [2]. I più importanti trial clinici randomizzati controllati, rappresentati dallo studio MEDENOX con enoxaparina 40 mg/die [9], PREVENT con dalteparina 5000 UI/die [10] e ARTEMIS con fondaparinux 2,5 mg/die [11], hanno dimostrato di ridurre il rischio relativo di TEV durante l’ospedalizzazione nel paziente medico non affetto da ictus cerebrale nei confronti del placebo rispettivamente del 63%, 44% e 47% quando il farmaco è somministrato durante l’ospedalizzazione (Figura 1). Nei paziente con ictus, una meta-analisi ha evidenziato che la profilassi farmacologica riduce significativamente il rischio di TVP sintomatiche (riduzione di 33 eventi su 1000 pazienti trattati), riduce non significativamente il rischio di EP (riduzione di 5 eventi su 1000 pazienti trattati) e di morti totali (riduzione di 12 eventi su 1000 pazienti trattati); in presenza di un aumento non significativo del rischio di emorragia intracranica (3 eventi su 1000 pazienti trattati) ed extracranica (2 eventi su 1000 pazienti trattati) [12]. In questo contesto, lo studio PREVAIL ha dimostrato che la somministrazione profilattica di enoxaparina 40 mg/die riduce il rischio relativo di TEV del 43% rispetto ad eparina non frazionata 5000 UI x 2 volte/die nel paziente con ictus cerebrale ischemico [13]. Altri studi su particolari sottogruppi di pazienti medici hanno dimostrato che nadroparina sodica è efficace nel prevenire episodi di TEV nel paziente con BPCO riacutizzata [14] e nel paziente neoplastico in chemioterapia [15], che enoxaparina 40 mg/die è superiore all’eparina non frazionata nel paziente con scompenso cardiaco o BPCO riacutizzata [16], che bemiparina è efficace e sicura nella profilassi del TEV nel paziente medico anziano [17]. Dentali e collaboratori hanno dimostrato nella loro meta-analisi che la profilassi farmacologica del TEV nel paziente medico riduce significativamente l’incidenza di TVP, EP fatale e non fatale senza aumentare il rischio di emorragia maggiore, pur non riducendo la mortalità totale in questi pazienti [18]. Meno chiari sono i vantaggi della profilassi farmacologica dopo la dimissione del paziente, soprattutto in termini di sicurezza. Lo studio EXCLAIM con enoxaparina ha infatti dimostrato che prolungare la profilassi farmacologica oltre le due settimane riduce l’incidenza di TEV al prezzo di un incremento significativo del rischio emorragico [19]. Simili risultati emergono dagli studi in questo contesto con i nuovi farmaci anticoagulanti orali. Lo studio ADOPT con apixaban [20] e i dati preliminari dello studio MAGELLAN con rivaroxaban [21], non ancora pubblicati, hanno evidenziato la riduzione di eventi di TEV al prezzo di un incremento significativo del rischio emorragico quando somministrati per prolungare la profilassi dopo l’ospedalizzazione, soprattutto nel primo mese, periodo particolarmente a rischio di TEV nel paziente medico [22].

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Figura 1. Efficacia della profilassi farmacologica del TEV nel paziente medico non cerebrovascolare: evidenze dai grandi trial [9-11]

NNT = number needed to treat; RRR = relative risk reduction

Nonostante le solide evidenze scientifiche sull’efficacia e sulla sicurezza della profilassi farmacologica del TEV nel paziente medico, tale pratica è ancora sotto-utilizzata nella pratica clinica, come dimostrano molti studi clinici e indagini di sorveglianza [4]. Lo studio IMPROVE, tra i primi, ha dimostrato che solo il 61% dei pazienti medici che necessitano di profilassi del TEV, in base alle raccomandazioni prodotte da linee guida internazionali, la riceve effettivamente [23]. Lo studio GEMINI, condotto presso i Reparti di Medicina Interna italiani, anch’esso dimostra il sottoutilizzo della profilassi del TEV, che viene effettuata nel 58,5% dei pazienti che ne avrebbero necessità [24]. Infine lo studio ENDORSE, indagine epidemiologica eseguita su più di 37.000 pazienti medici di 32 Nazioni, dimostra che la profilassi del TEV viene eseguita in meno del 50% dei pazienti che ne troverebbero indicazione in base alle linee guida [25].

Profilassi meccanica del TEV

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Figura 2. (A). Esempio di calze elastiche a compressione graduata. (B). Esempio di compressione pneumatica intermittente. (C). Esempio di pompa venosa plantare

Oltre alla profilassi farmacologica, esistono, come detto, metodi meccanici che possono essere utilizzati quali presidi di prevenzione [3]. Essi sono rappresentati dalle calze elastiche a compressione graduata (graduated compression stockings, GCS) – le cosiddette calze antitrombo – dalla compressione pneumatica intermittente (intermittent pneumatic compression, IPC) e dalla pompa venosa plantare (venous foot pump), che, comunque, può essere ascritta a una forma particolare di IPC [3,26] (Figura 2). Il razionale della profilassi meccanica deriva dalla classica triade di Virchow relativa allo sviluppo della trombosi: stasi, danno parietale e ipercoagulabilità [26]. L’immobilità determina una veno-dilatazione che produce da un lato stasi venosa e dall’altro l’induzione di possibili danni della parete endoteliale e di fenomeni di ipercoagulabilità [26]. È pertanto intuitivo che l’utilizzo di azioni volte ad evitare la veno-dilatazione e quindi la stasi facilitando il ritorno venoso in senso centripeto sia l’obiettivo fondamentale della profilassi meccanica.

La compressione elastica graduata rappresenta la forma più diffusa ed economica di profilassi meccanica. L’incremento di pressione, differentemente apportato a seconda del grado di compressione esercitata e fornito dalle GCS, permette di ridurre l’area di sezione trasversale degli arti inferiori comportando un più rapido ritorno del sangue venoso dalla periferia al cuore con una velocità proporzionale alla pressione esercitata. Sembra che valori di pressione di 18 mmHg a livello della caviglia, 14 mmHg a livello del polpaccio e 8 mmHg a livello della coscia siano quelli ideali per un miglior ritorno venoso [26].

Gli strumenti capaci di offrire una compressione pneumatica intermittente (IPC) sono generalmente caratterizzati da manicotti che avvolgono le gambe o i piedi (pompa venosa plantare) che vengono insufflati di aria ad intermittenza provocando una sorta di “spremitura” del sangue venoso verso il cuore. La pressione che viene fornita nel momento dell’insufflazione è variabile (35-55 mmHg) così come variano i cicli di compressione (10-35 secondi) generalmente seguiti da periodi di 1 minuto di deflazione [26].

La profilassi meccanica ha dimostrato di essere efficace nel paziente chirurgico nella fase post-operatoria come misura di profilassi del TEV [27,28]. Revisioni Cochrane dimostrano che la profilassi meccanica con GCS da sola riduce della metà il rischio assoluto di TEV nel paziente post-chirurgico (13% nei pazienti con GCS vs 26% nei pazienti senza GCS; OR 0,35; 95% CI = 0,26-0,47; p < 0,00001) e contribuisce a ridurre il rischio assoluto di TEV dell’11% nei pazienti in cui le GCS sono associate a un altro metodo profilattico (4% nei pazienti con GCS in associazione a un altro metodo profilattico contro il 16% nei pazienti con GCS da sole; OR = 0,25; 95% CI = 0,17-0,36; p < 0,00001) [27,28].

Nonostante non vi siano numerose evidenze in letteratura nel paziente medico ospedalizzato, la profilassi meccanica non è pratica trascurabile in questo contesto, soprattutto negli USA, dove, secondo lo studio IMPROVE, risulta essere praticata nel 46,2% dei pazienti che eseguono profilassi [23]. Lo studio ENDORSE dimostra invece che la profilassi meccanica è globalmente utilizzata nel 8,2% dei pazienti medici ospedalizzati [25]; lo studio GEMINI dimostra che in Italia questa pratica è meno utilizzata dal momento che solo l’1,4% dei pazienti riceve questa strategia profilattica a fronte del 8% che presenta controindicazioni alla profilassi farmacologica [24].

Infatti, negli anni scorsi le linee guida di molte Società Scientifiche – una su tutte, le linee guida dell’American College of Chest Physicians (ACCP) – concordavano sul’indicazione della profilassi meccanica nel paziente medico con controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica, in particolare nel paziente con sanguinamento in atto o con condizioni cliniche ad alto rischio di sanguinamento (raccomandazione IA nelle linee guida ACCP VIII Edizione 2008) [3,29,30].

Punti

Moderata insufficienza renale (ClCr 30-59 ml/min)

1

Sesso maschile

1

Età 40-84 anni

1,5

Neoplasia in fase attiva

2

Malattie reumatiche

2

Cateteri venosi centrali

2

Ricovero in Terapia Intensiva o Unità Coronarica

2,5

Insufficienza renale severa (ClCr < 30 ml/min)

2,5

Insufficienza epatica (INR > 1,5)

2,5

Età ≥ 85 anni

3,5

Trombocitopenia (< 50 x 109 cell/l)

4

Sanguinamento nei 3 mesi precedenti

4

Ulcera gastro-duodenale in fase attiva

4,5

Tabella II. IMPROVE bleeding risk. Un punteggio ≥ 7,0 indica alto rischio di sanguinamento

Il bilancio tra rischio trombotico e rischio emorragico è infatti di fondamentale importanza per la scelta della profilassi del TEV più appropriata. Pochi studi hanno valutato il rischio di sanguinamento durante profilassi farmacologica del TEV nel paziente medico ospedalizzato. Recentemente sono stati pubblicati i dati relativi agli eventi emorragici registrati nello studio IMPROVE, già citato in precedenza [23]. Su circa 11.000 pazienti medici ospedalizzati arruolati nello studio IMPROVE senza patologie emorragiche all’ammissione ospedaliera e di cui erano disponibili dati su pregressi sanguinamenti, l’incidenza cumulativa di eventi emorragici maggiori e non maggiori verificatisi entro 14 giorni dall’ammissione ospedaliera è risultata del 3,2% (1,2% maggiori, 2,1% non maggiori ma clinicamente rilevanti), con una frequenza di sanguinamento linearmente correlata alla durata di degenza [31]. Sono stati identificati 11 fattori di rischio emorragico indipendenti (due di essi ulteriormente suddivisi: età 40-84 e ≥ 85; insufficienza renale moderata e severa), i principali dei quali sono risultati la presenza di ulcera gastro-duodenale in fase attiva (OR = 4,15; 95% CI = 2,21-7,77), sanguinamenti nei pracedenti 3 mesi (OR = 3,64; 95% CI = 2,21-5,99), trombocitopenia (conta piastrinica < 50 x 109 cell/l; OR = 3,37; 95% CI = 1,84-6,18), età > 85 anni (OR = 2,96; 95% CI = 1,43-6,15). Sulla base dei risultati ottenuti gli Autori dello studio IMPROVE hanno derivato uno score di rischio emorragico (IMPROVE bleeding risk, Tabella II), in cui ad ogni variabile è stato attribuito un punteggio pesato sul OR ottenuto. Applicando questo score, gli Autori hanno evidenziato che pazienti con punteggio ≥ 7,0 presentavano un’incidenza di eventi emorragici totali (maggiori e non maggiori ma clinicamente rilevanti) e maggiori rispettivamente del 7,9% e 4,1% contro 1,5% e 0,4% rispettivamente dei pazienti con score < 7,0 [31]. L’incidenza di sanguinamenti totali e maggiori è risultata significativamente superiore sia nei pazienti sottoposti a profilassi farmacologica rispetto ai pazienti non sottoposti a profilassi farmacologica (OR = 1,57; 95% CI = 1,21-2,05) sia in quelli sottoposti a profilassi meccanica rispetto ai pazienti non sottoposti a profilassi meccanica (OR = 2,45; 95% CI = 1,75-3,43) [30]. Occorre infine sottolineare che la percentuale di prescrizione della profilassi farmacologica in questo studio non è risultata differente nei pazienti con score < 7,0 e ≥ 7,0 (48,9% vs 49,3%), mentre è risultata significativamente superiore la prescrizione della profilassi meccanica in pazienti con score ≥ 7,0 rispetto ai pazienti con score < 7,0 (16,3% vs 8,9%) [31].

Nonostante lo score non sia stato ancora validato al di fuori della popolazione dello studio IMPROVE, l’IMPROVE Bleeding Risk rappresenta il primo tentativo di quantificare il rischio emorragico nel paziente medico ospedalizzato ed è stato inserito nelle linee guida ACCP IX Edizione 2012 come strumento potenzialmente utilizzabile per la scelta profilattica più appropriata nel paziente ospedalizzato non chirurgico [32]. Un punteggio ≥ 7,0 nello score IMPROVE dovrebbe indirizzare il clinico nella scelta della profilassi meccanica, evitando la profilassi farmacologica [31,32].

Nelle linee guida precedenti (ACCP VIII Edizione 2008) la profilassi meccanica veniva inoltre suggerita in pazienti ad alto rischio di TEV in combinazione con la profilassi farmacologica (raccomandazione IIA [3]).

Le ultime evidenze della letteratura derivanti da trial clinici hanno determinato una revisione delle indicazioni per l’utilizzo della profilassi meccanica che verranno di seguito descritte e che risultano quantomeno non univoche da parte di diverse autorevoli Società Scientifiche.

Profilassi meccanica del TEV nel paziente medico ospedalizzato: evidenze della letteratura

La principale indicazione all’uso della profilassi meccanica del TEV nel paziente medico è sempre stata, come già sottolineato, la controindicazione assoluta all’uso della profilassi farmacologica derivante dalla presenza di sanguinamento in atto e dalla presenza di condizioni cliniche ad alto rischio di sanguinamento [3]. Esistono differenti evidenze della letteratura riferite al paziente con ictus cerebrale ischemico o emorragico e al paziente medico-internistico con patologia non cerebrovascolare acuta.

Il paziente con ictus cerebrale ischemico o emorragico

Il paziente con ictus cerebrale ischemico ed emorragico rappresenta la tipologia di paziente in cui almeno per le prime ore dall’evento acuto c’è un rischio di deterioramento clinico associato alla possibilità di trasformazione emorragica dell’ischemia o all’espansione/risanguinamento dell’emorragia. Pertanto, nonostante la maggioranza delle linee guida disponibili, soprattutto americane [33-36], indichi da anni di iniziare la profilassi farmacologica appena c’è evidenza di una stabilità clinica e radiologica, questi pazienti sono spesso sottoposti a profilassi meccanica e tale pratica veniva suggerita come possibile prima scelta da parte di linee guida per la corretta gestione del paziente con ictus cerebrale delle Società Scientifiche del Regno Unito [36]. Recentemente, tuttavia, sono stati pubblicati i risultati di uno studio clinico randomizzato controllato (CLOTS I) che aveva come obiettivo di valutare l’efficacia delle GCS posizionate fino alla radice della coscia (collant) contro placebo nel paziente con ictus ischemico e/o emorragico nella profilassi della TVP sintomatica e asintomatica prossimale [37]. Lo studio CLOTS I ha fallito nel dimostrare l’efficacia delle GCS rispetto al placebo (TVP sintomatiche 2,9 vs 3,4%; OR = 0,84; 95% CI = 0,53-1,31; TVP asintomatiche 7,2% vs 7,1%; OR = 1,01; 95% CI = 0,74-1,36) e ha addirittura dimostrato di aumentare significativamente le lesioni cutanee indotte dalla compressione (5,1% vs 1,3%, OR 4,18; 95% CI = 2,40-7,27) [37]. Lo studio CLOTS I ha inoltre dimostrato la non superiorità delle GCS sul placebo nel prevenire TVP distali, EP e mortalità a 30 giorni [37]. Successivamente sono stati pubblicati i risultati dello studio CLOTS II, che aveva come obiettivo quello di confrontare l’efficacia delle GCS posizionate fino alla radice della coscia contro quelle posizionate fino al ginocchio (gambaletto elastico) [38]. Lo studio CLOTS II ha evidenziato la superiorità delle prime sulle seconde (incidenza di TVP prossimale 6,3% nel gruppo monocollant contro 8,8% nel gruppo gambaletto, OR = 0,69; 95% CI = 0,53-0,91), senza peraltro dimostrarne la superiorità in termini di riduzione significativa di TVP distali, EP e mortalità a 30 giorni [38].

Lo studio CLOTS III, in corso di svolgimento con termine previsto nel 2013, ha l’obiettivo di valutare la superiorità dell’associazione GCS + IPC sul GCS [39].

L’emorragia cerebrale rappresenta una condizione clinica che per anni è stata ritenuta una controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica del TEV e tuttora lo è per molte Società Scientifiche, come evidenziato in una recente revisione della letteratura [40]. Negli ultimi anni sono stati pubblicati studi condotti su pochi pazienti, in molti casi senza gruppo di controllo, che dimostrerebbero l’efficacia e la discreta sicurezza della profilassi farmacologica nel paziente con ictus emorragico. Nonostante alcune Società Scientifiche internazionali [35] e nazionali [41] raccomandino la profilassi farmacologica al momento della dimostrazione della cessazione del sanguinamento basandosi su questi studi (che presentano, come detto, molte limitazioni) la profilassi meccanica è stata suggerita comunque, fino a tempi molto recenti, come prima scelta profilattica in questi pazienti da parte di tutte le Società Scientifiche che hanno affrontato il problema, strategia da iniziarsi al momento dell’ospedalizzazione e da associare o meno alla profilassi farmacologica, quest’ultima invece da iniziare, come detto, dopo la dimostrazione di cessazione del sanguinamento [40]. Gli studi CLOTS I e II hanno incluso alcune centinaia di pazienti con emorragia cerebrale, ma ad oggi non è noto se questo gruppo di pazienti abbia presentato risultati differenti a quelli con ictus ischemico e pertanto al momento l’unica affermazione possibile è che anche in questi pazienti le GCS da sole non sono efficaci nella profilassi del TEV [37,38]. È invece da sottolineare come in un unico studio, lo studio VICTORIAh, la combinazione GCS + IPC sia risultata significativamente più efficace nel ridurre l’incidenza degli episodi di TEV rispetto alle GCS da sole (16,9% vs 4%) [42].

Le evidenze della letteratura sulla profilassi meccanica del TEV nel paziente con ictus cerebrale ischemico ed emorragico sono state recentemente sottoposte a una revisione sistematica Cochrane [43]. Tale revisione Cochrane, che considera anche lo studio CLOTS I, conclude per l’assenza di efficacia dei dispositivi meccanici nella riduzione degli eventi di TVP e sulla mortalità totale. In particolare la suddetta revisione evidenzia che, mentre tale asserzione è assolutamente veritiera per la profilassi con GCS, per quanto riguarda la IPC esisterebbe un trend verso una riduzione degli eventi di TVP ai limiti della significatività statistica (OR = 0,45; 95% CI = 0,19-1,10) ma non verso una riduzione di mortalità [43].

Vale la pena sottolineare, in questo ambito, il ruolo della mobilizzazione precoce come possibile strategia di profilassi del TEV nel paziente con ictus cerebrale. Essendo la restrizione di mobilità il principale fattore di rischio per lo sviluppo di eventi tromboembolici venosi, la mobilizzazione precoce dovrebbe essere sempre incoraggiata, soprattutto in pazienti con controindicazioni all’uso della profilassi farmacologica. È tuttavia una metodica di difficile standardizzazione nella pratica clinica e pertanto trova poco spazio nelle linee guida disponibili. I dati della letteratura su questo tema sono scarsi e poco convincenti; una revisione Cochrane del 2009 ha preso in considerazione un unico studio, di fase II, effettuato su 71 pazienti in Australia (studio AVERT), che ha concluso per una riduzione non significativa della mortalità e della disabilità nei pazienti precocemente mobilizzati, entro 24 ore dall’esordio dei sintomi (OR = 0,67; 95% CI = 0,25-1,79) [44,45]. Ad oggi sono disponibili i dati anche di un altro studio (studio VERITAS), effettuato nel Regno Unito su 32 pazienti, in cui la mobilizzazione precoce è stata iniziata entro 36 ore dall’esordio dell’ictus [46]. La combinazione dei due studi evidenzia che nessun paziente sottoposto a mobilizzazione precoce (entro 24-36 dall’evento ictale acuto) contro 1 paziente su 49 (2,04%) sottoposto a trattamento standard ha sviluppato episodi di TVP [47]. Non è tuttavia riportato nell’analisi dei due studi se i pazienti ricevevano profilassi farmacologica o meccanica in aggiunta alla mobilizzazione precoce [47]. La mobilizzazione precoce, quindi, seppur da incoraggiare, risulta una pratica di scarsa evidenza scientifica come mezzo di profilassi non farmacologica del TEV nel paziente con ictus cerebrale.

Il paziente con patologia medico-internistica non cerebrovascolare

Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello studio LIFENOX che confrontava l’efficacia in termini di riduzione della mortalità per tutte le cause e la sicurezza in termini di eventi emorragici dell’associazione enoxaparina 40 mg/die + GCS rispetto alle GCS da sole [48]. Lo studio, condotto in 7 Nazioni (Cina, India, Corea, Malesia, Messico, Filippine, Tunisia), non ha dimostrato differenze statisticamente significative tra i due regimi terapeutici confrontati, nella mortalità totale nel follow-up a 14 giorni (2,9 vs 2,9%; RR = 1,0; 95% CI = 0,8-1,3; p = 0,95), 30 (4,9 vs 4,8%; RR = 1,0; 95% CI = 0,8-1,2; p = 0,81) e 90 giorni (8,4 vs 8,6%; RR = 1,0; 95% CI = 0,8-1,1; p = 0,71) [48]. Lo studio non ha dimostrato differenze significative neanche per quanto riguarda l’incidenza di morti per causa cardiopolmonare, morti improvvise o morti per EP e sanguinamenti maggiori, mentre ha evidenziato un’incidenza di sanguinamenti minori significativamente più elevata nel gruppo enoxaparina + GCS (1,8 vs 1,1%; RR = 1,5; 95% CI = 1,1-2,2; p = 0,02) [48]. Dalla pubblicazione disponibile non è possibile comunque estrapolare l’incidenza di TEV non fatale (TVP e EP non fatale) e quindi se i due regimi abbiano comportato differenze significative in questi termini. Nonostante i sorprendenti dati emersi dallo studio LIFENOX, gli Autori stessi pongono importanti possibili limitazioni che dovrebbero far riflettere prima dell’estrapolazione dei dati di questo studio nella pratica clinica. Innanzi tutto gli Autori sottolineano la possibilità di limiti statistici dato che la mortalità attesa era superiore a quella osservata (7% vs 4,8%), ciò comportando una possibile sottostima dell’effetto protettivo della profilassi farmacologica nella riduzione della mortalità. In secondo luogo viene sottolineato dagli Autori la differenza etnica della popolazione studiata, come già evidenziato non caucasica, che potrebbe comportare differenze in termini di incidenza del TEV e di risposta alle strategie profilattiche utilizzate in questo studio rispetto ai precedenti trial di profilassi condotti, appunto, in popolazioni caucasiche [9-11]. Gli Autori dello studio LIFENOX riconoscono peraltro che la popolazione in studio aveva un’età media inferiore di circa 10 anni, un Body Mass Index in media inferiore di 2 punti e una rappresentanza inferiore di 10 punti percentuali di pazienti con pregressi episodi di TEV rispetto a quella dei precedenti trial come ad esempio il MEDENOX [9]. Inoltre nello studio LIFENOX non vengono riportati dati sulla mobilità [48]. Età avanzata, obesità, precedenti episodi di TEV e ridotta mobilità sono tra i principali fattori di rischio per episodi di TEV, la cui assenza o, quanto meno, ridotta distribuzione nella popolazione studiata potrebbe pesare molto in termini di mancata efficacia della profilassi farmacologica, dal momento che le sotto-analisi dei grandi trial di profilassi nel paziente medico hanno dimostrato che proprio in questi sottogruppi l’uso di eparine a basso peso molecolare o fondaparinux comportano vantaggi [9-11]. Gli Autori infine sottolineano come l’obiettivo dello studio non fosse la ricerca di eventi TEV e pertanto potrebbero essere stati persi eventi TEV asintomatici e sintomatici non fatali, sui quali la profilassi farmacologica ha ampiamente dimostrato la sua efficacia [9-11].

Tra le possibili strategie di prevenzione del TEV sia nel paziente con patologia medica cerebrovascolare che non cerebrovascolare occorre infine menzionare il ruolo dei filtri cavali. Essi sono indicati nel paziente con controindicazione assoluta alla profilassi farmacologica (sanguinamento in atto o complicanze emorragiche della profilassi farmacologica) e sono di diversa tipologia: permanenti, temporanei e rimuovibili. Questi ultimi, sempre più diffusi, permettono di prevenire episodi di EP in pazienti ad alto rischio e di essere rimossi, anche dopo alcuni mesi, una volta eliminato il fattore di rischio sottostante o terminata la controindicazione assoluta per cui erano stati inseriti [49].

Profilassi meccanica nel paziente internistico: raccomandazioni dalle più recenti linee guida

Sulla base delle evidenze disponibili, prevalentemente derivanti da studi clinici condotti in pazienti con ictus cerebrale in fase acuta e basate sui dati di letteratura censiti fino ad aprile 2011, l’American College of Physicians (ACP) nelle ultime linee guida prodotte e recentemente pubblicate, suggerisce, contrariamente a quanto fatto dalla maggioranza delle Società Scientifiche Internazionali fino a quella data, di non utilizzare le GCS come presidio profilattico del TEV nel paziente medico ospedalizzato, sia affetto da ictus cerebrale ischemico o emorragico sia affetto da altra patologia medico-internistica non cerebrovascolare, con una raccomandazione forte, di moderata qualità [50]. Nel paziente ad alto rischio di sanguinamento, in cui la profilassi farmacologica risulta controindicata, le linee guida ACP suggeriscono l’uso della profilassi meccanica del TEV mediante IPC basandosi su evidenze derivanti da studi su pazienti chirurgici ma sottolineando la mancanza di studi clinici nel paziente medico atti a valutare il ruolo della profilassi con ICP come unico presidio di profilassi [50].

Nel febbraio 2012 è stata pubblicata la IX revisione delle linee guida ACCP. Gli Autori di questa revisione suggeriscono nel paziente con ictus cerebrale ischemico che presenta restrizioni alla mobilità di effettuare il più precocemente possibile profilassi del TEV mediante strategie farmacologiche (eparine a basso peso molecolare quale prima scelta, eparina non frazionata come seconda scelta) oppure con l’utilizzo della IPC [51]. In alcuni soggetti a più alto rischio la combinazione di profilassi farmacologica e IPC potrebbe essere indicata nella riduzione del rischio di TEV [51]. Gli stessi Autori si dichiarano contro (raccomandazione IIB) l’utilizzo delle GCS [51]. Nel paziente con emorragia cerebrale e restrizione della mobilità le linee guida ACCP IX Edizione 2012 raccomandano (raccomandazione IIC) di effettuare profilassi con strategie farmacologiche (eparine basso peso molecolare o eparina non frazionata, le prime da preferire) da iniziare tra la seconda e la quarta giornata o con l’utilizzo della IPC [51]. Vale la pena sottolineare come le indicazioni sulla profilassi del TEV nell’emorragia cerebrale delle linee guida ACCP IX Edizione 2012 siano basate su due studi, rispettivamente pubblicati nel 1988 e nel 1991 [52,53], che complessivamente hanno analizzato 68 pazienti trattati con eparina non frazionata iniziata in seconda, quarta e decima giornata, e su un terzo studio [54], pubblicato nel 2009, in cui 39 pazienti trattati con enoxaparina 40 mg/die iniziata in terza giornata sono stati confrontati con 36 pazienti sottoposti a GCS (nessun ri-sanguinamento cerebrale o espansione dell’ematoma in entrambi i gruppi, 3 TVP e 1 EP asintomatiche nel gruppo enoxaparina vs 1 TVP e 1 EP asintomatiche e 1 EP sintomatica nel gruppo GCS). Anche nell’emorragia cerebrale le linee guida ACCP IX Edizione 2012 si schierano contro (raccomandazione IIB) l’utilizzo delle GCS e suggeriscono in taluni casi a particolare rischio la combinazione di profilassi farmacologica e IPC [51].

Nel paziente con patologia medico-internistica non cerebrovascolare ad elevato rischio di TEV senza sanguinamenti in atto o rischio di sanguinamento, le linee guida ACCP IX Edizione raccomandano l’utilizzo di strategie farmacologiche per la profilassi (raccomandazione IB) [50]; nel paziente a basso rischio di trombosi tali linee guida si esprimono nel suggerire nessuna strategia di profilassi [32]. Nei pazienti con sanguinamento in atto o a rischio di sanguinamento, le linee guida ACCP IX Edizione raccomandano di non utilizzare profilassi farmacologica (raccomandazione IB), bensì di utilizzare profilassi meccanica con GCS o IPC (raccomandazione IIC), salvo poi passare a profilassi farmacologica quando il sanguinamento cessa o il rischio di sanguinamento si riduce (raccomandazione IIB) [32]. Lo stesso tipo e grado raccomandazioni è valido anche nel paziente di area critica [32].

In Italia, le linee guida SPREAD per il paziente con ictus cerebrale ischemico ed emorragico, raccomandano di non utilizzare le GCS come strategia di profilassi [55]. Le linee guida SPREAD indicano, nel paziente con ictus cerebrale ischemico, di effettuare profilassi del TEV mediante eparine a basso peso molecolare o eparina non frazionata fin dal momento dell’ospedalizzazione e di non effettuare profilassi mediante GCS perché inefficace (raccomandazione grado A), mentre nel paziente con emorragia cerebrale l’indicazione è quella di effettuare profilassi meccanica, laddove possibile con IPC [55].

Le Figure 3 e 4 evidenziano possibili algoritmi di gestione della profilassi del TEV nel paziente medico-internistico ospedalizzato con ictus cerebrale o con patologia acuta non cerebrovascolare, basati sulle attuali raccomandazioni.

img_03_03.jpg

Figura 3. Possibile algoritmo per la corretta profilassi del TEV nel paziente medico-internistico non cerebrovascolare

EBPM = eparina a basso peso molecolare; ENF = eparina non frazionata; GCS = calze a compressione graduata; IPC = compressione pneumatica intermittente

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Figura 4. Possibile algoritmo per la corretta profilassi del TEV nel paziente con ictus in fase acuta

EBPM = eparina a basso peso molecolare; IPC = compressione pneumatica intermittente

Conclusioni

Dall’analisi sopra riportata emergono alcuni punti chiave:

  • la profilassi del TEV nel paziente medico è ancora sotto-utilizzata;
  • quando viene effettuata, la principale strategia è quella farmacologica;
  • il ruolo della profilassi meccanica non è chiaro, specie in sottogruppi di pazienti come quelli con ictus cerebrale ischemico ed emorragico, sebbene le più recenti linee guida, basate sullo studio CLOTS I, siano tutte concordi nel non raccomandare l’utilizzo delle GCS;
  • tra i presidi meccanici quello che sembra dare maggiori garanzie è la IPC, che tuttavia è poco diffuso nella pratica ospedaliera italiana, specie nel paziente medico.

Vanno inoltre puntualizzati altri aspetti sulla profilassi meccanica che presentano domande ancora irrisolte da studi clinici effettuati nel paziente medico. Tra questi: quando iniziare la profilassi meccanica e per quanto proseguirla, soprattutto dopo la dimissione? La profilassi meccanica associata alla profilassi farmacologica ne aumenta l’efficacia in termini di riduzione del rischio di TEV?

La profilassi meccanica del TEV nel paziente medico ospedalizzato è quindi una strategia di prevenzione non trascurabile dal momento che un paziente su dieci circa ricoverato nei Reparti di Medicina Interna italiani presenta controindicazioni alla profilassi farmacologica e quindi dovrebbe essere sottoposto a tale pratica secondo linee guida di alcune Società Scientifiche, peraltro molto autorevoli. Le evidenze scientifiche però sono poche e, in alcuni sottogruppi, negative. L’estrapolazione dell’indicazione derivante dai risultati ottenuti nei pazienti chirurgici non dovrebbe essere la strada da percorrere dato che, come è noto, i pazienti chirurgici hanno problematiche e fattori di rischio per TEV diversi da quelli medici.

Gli ultimi studi clinici randomizzati controllati sul ruolo delle GCS sembrano offrire risultati contrastanti, seppur in pazienti con problematiche mediche differenti, aumentando i dubbi in coloro che operano nell’ambito clinico. Da un lato nel paziente con ictus cerebrale ischemico ed emorragico, la profilassi con GCS non sembra offrire vantaggi in termini di profilassi rispetto al placebo e quindi non è da raccomandare come strategia di profilassi, dall’altro nel paziente medico non affetto da ictus cerebrale, la profilassi meccanica con GCS sembrerebbe offrire la stessa protezione in termini di mortalità totale della profilassi farmacologica con enoxaparina, seppur con le limitazioni ampiamente descritte relative allo studio LIFENOX. Se da un lato, in certe condizioni, la profilassi meccanica appare come l’unica strategia profilattica possibile, come nel paziente con sanguinamento in atto, dall’altra il rischio è quello di effettuarla con mezzi che non hanno determinato vantaggi come suggerito dagli studi clinici con GCS effettuati nel paziente con ictus cerebrale, determinando un aumento dei costi e della dispersione dei tempi, l’aggravio sul personale infermieristico e, talora, il discomfort del paziente oppure esaltandone il ruolo a scapito della profilassi farmacologica che ha solide evidenze scientifiche a suo favore come potrebbe avvenire valutando acriticamente i risultati dello studio LIFENOX. È pertanto fondamentale essere cauti nel recepire il risultato degli studi clinici recentemente pubblicati sulla profilassi meccanica del TEV nel paziente medico ospedalizzato e incoraggiare studi clinici multicentrici che rispondano a molti quesiti ancora irrisolti in questo contesto.

Implicazioni per ulteriori ricerche

Alcune questioni sono ancora irrisolte nel paziente medico, in particolare quando iniziare la profilassi meccanica e per quanto proseguirla, soprattutto dopo la dimissione e se la profilassi meccanica associata alla profilassi farmacologica ne aumenta l’efficacia in termini di riduzione del rischio di TEV.

La review in breve

Quesito clinico

La gestione della profilassi meccanica nel tromboembolismo venoso nel paziente medico ospedalizzato

Tipo di revisione

Narrativa

Ricerca della letteratura

Su Medline Pubmed, articoli in inglese, ricerca con le seguenti keywords: venous thromboembolism; prophylaxis; graduated compression stockings; intermittent pneumatic compression; internal medicine

Conclusioni

La profilassi del TEV nel paziente medico è ancora sotto-utilizzata e, quando viene effettuata, è spesso di tipo farmacologico. Il ruolo della profilassi meccanica non è ancora chiaro, sebbene le più recenti linee guida, basate sullo studio CLOTS I, siano tutte concordi nel non raccomandare l’utilizzo delle GCS. Tra i presidi meccanici quello che sembra dare maggiori garanzie è la IPC, che tuttavia è poco diffuso nella pratica ospedaliera italiana, specie nel paziente medico.

Limiti

Gli ultimi studi clinici randomizzati controllati sul ruolo delle GCS offrono risultati contrastanti. È pertanto fondamentale essere cauti nel recepire il risultato degli studi clinici recentemente pubblicati sulla profilassi meccanica del TEV nel paziente medico ospedalizzato e incoraggiare studi clinici multicentrici che rispondano a molti quesiti ancora irrisolti in questo contesto.

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