RHC 2011;2(Suppl 1)39-43

Reviews in Health Care 2011; 2(Suppl 1): 39-43

Monitoraggio clinico-neuroradiologico dei pazienti con stroke emorragico: dove, come e quando?

Clinical and neuroradiological monitoring of patients with haemorrhagic stroke: where, how and when?

Giovanni Orlandi 1, Alberto Chiti 1

1 Clinica Neurologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Abstract

Clinical evaluation of patients with stroke, immediately followed by a neuroradiological exam (generally CT scan) is essential for the diagnosis of haemorragic stroke. First-line diagnostic work-up at Emergency Department should be performed as soon as possible after stroke onset in order to limit the consequences of the disease. In particular, cases with clotting abnormalities and/or needing surgical evaluation must be rapidly assessed and treated. Patients without indication to neurosurgery in the emergency setting show a better long-term prognosis (reduced disability/mortality) if admitted to dedicated ward (“Stroke Unit”) rather than general ward. In the acute phase of the disease, blood pressure monitoring appears essential to prevent haematoma growth, which represents a predictor of poor outcome. Nowadays, an on-going international randomized clinical trial (INTERACT 2) is testing if an aggressive reduction of blood pressure (beyond the thresholds suggested by current guidelines) may improve prognosis. Moreover, clinical and instrumental prevention, assessment and treatment of potential complications (such as hyperglicemia, cerebral oedema, seizure, deep venous thrombosis) stand for additional prognostic key-issues. On top of that, further neuroradiological evaluation (with CT, CTA, MRI/MRA and/or endovascular tecniques) in properly selected patients is helpful for the diagnosis and eventually the treatment of the underlying cause of haemorrhage. Finally, advanced neuroimaging, in addition to laboratory exams, could improve the management of patients who has haemorrhagic stroke while taking oral anticoagulants.

Keywords

Haemorragic stroke; Neuroradiological evaluation; Neuroimaging; Stroke Unit

Corresponding author

Dott. Giovanni Orlandi

E-mail: g.orlandi@neuro.med.unipi.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di tipo finanziario in merito ai temi trattati nel presente articolo

La sola valutazione clinico-anamnestica del paziente con ictus non consente di stabilirne la natura (ischemica o emorragica), che può essere definita mediante una neuroimmagine (TC/RM) al momento dell’arrivo in Pronto Soccorso. La fase pre-ospedaliera della gestione del paziente con ictus emorragico risulta pertanto “indifferenziata” rispetto a quella dei casi con ictus ischemico, risultando improntata dall’imperativo di “raggiungere presto il posto giusto”. Tale impostazione, nata per implementare sul territorio la trombolisi in casi selezionati con ictus ischemico, si rivela utile anche per i pazienti con ictus emorragico, che potranno beneficiare di un rapido inquadramento diagnostico e della precoce messa in atto di misure terapeutiche finalizzate a limitare i danni della malattia. In tutti i pazienti con ictus, insomma, sembra valido il principio “time is brain”, secondo cui è necessario minimizzare il tempo tra esordio dei sintomi e avvio di un adeguato iter diagnostico-terapeutico integrando opportunamente la fase pre-ospedaliera con quella ospedaliera.

All’arrivo del paziente in Pronto Soccorso, il medico del Dipartimento di Emergenza e Urgenza e il neurologo confermeranno la diagnosi clinica di ictus, provvedendo a valutare lo stato di vigilanza (mediante la Glasgow Coma Scale), a monitorare i parametri vitali (respirazione, pressione arteriosa, frequenza e ritmo cardiaco) e a eseguire ECG e stick glicemico/prelievi venosi per valutare glicemia, funzione epatico-renale e assetto emo-coagulativo. L’entità del deficit neurologico può essere definita mediante la National Institute of Health Stroke Scale (NIHSS), validata a livello internazionale e utile anche per monitorare l’evoluzione del quadro clinico. Come già sottolineato, la tappa diagnostica fondamentale per determinare la natura dell’ictus è la rapida esecuzione di una neuroimmagine: per la notevole affidabilità, la maggiore disponibilità sul territorio e la maggiore rapidità di esecuzione, la TC cranio risulta generalmente la metodica di scelta rispetto alla risonanza magnetica (RM). Se la TC mostra aree di iperdensità indicative di ictus emorragico (ematoma intraparenchimale o emorragia subaracnoidea), il passo successivo nell’algoritmo della gestione del paziente riguarda l’indicazione a richiedere una consulenza neurochirurgica (anche per via telematica laddove non sia presente una UO dedicata ma sia disponibile il servizio di tele-consulenza mediante condivisione delle immagini). L’indicazione alla consulenza deve essere attentamente valutata per evitare consulenze inappropriate che ritarderebbero la presa in carico del paziente, oltre a sovraccaricare/dirottare inutilmente l’attività del neurochirurgo. Secondo le linee guida italiane sull’ictus cerebrale SPREAD 2010 [1], esiste sicura indicazione alla consulenza neurochirurgica nei seguenti casi:

  • emorragia subaracnoidea;
  • emorragia cerebellare con quadro di deterioramento neurologico o con segni di compressione del tronco e segni di idrocefalo secondario;
  • emorragia parenchimale di grandi o medie dimensioni associata a rapido deterioramento neurologico.

È da rilevare che stanno emergendo evidenze, più deboli rispetto alle precedenti e da considerare al momento in un contesto sperimentale, che indicherebbero il potenziale beneficio dell’evacuazione dell’ematoma per via minimamente invasiva (endoscopica/stereotassica).

Nell’ambito della consulenza neurochirurgica devono essere considerati anche i risultati degli esami di laboratorio, specie nei pazienti in terapia anticoagulante orale. L’individuazione di anomalie dell’assetto emo-coagulativo (quali ridotta conta piastrinica ed elevato INR) impongono infatti una loro rapida correzione, che, oltre a essere una misura terapeutica rilevante di per sé, assume particolare valore per stabilire il timing dell’intervento neurochirurgico. Relativamente alla correzione dell’INR in pazienti con ictus emorragico, vi sono forti evidenze che supportano l’impiego del complesso protrombinico, secondo il seguente schema:

  • INR 2-3: da 9 a 25 U/kg di fattore IX;
  • INR 4-6: 35 U/kg di fattore IX;
  • INR > 6: 50 U/kg di fattore IX.

Tale somministrazione deve essere accompagnata da quella di vitamina K per via endovenosa; il complesso protrombinico è preferibile rispetto al plasma fresco congelato, dotato di minor rapidità d’azione e gravato dal rischio di scompenso emodinamico per sovraccarico di volume (necessità di somministrare 15-20 ml/kg).

Il paziente che non ha indicazioni all’intervento neurochirurgico in emergenza/urgenza si avvantaggia del ricovero in unità di degenza dedicate (Stroke Unit) rispetto al ricovero in regime di degenza ordinaria. Tale evidenza è stata supportata anche da un importante studio multicentrico italiano (ProSIT), pubblicato su Lancet nel 2007 [2]. In particolare, l’outcome combinato morte/disabilità a due anni dall’evento risultava ridotto per tutti i pazienti con ictus, ma in misura più rilevante per quelli con ictus emorragico. Durante la degenza, risulta critico il monitoraggio della pressione arteriosa e dell’assetto emocoagulativo ai fini dell’interruzione dell’emorragia e della prevenzione del risanguinamento.

Le linee guida 2010 dell’American Heart Association/American Stroke Association (AHA/ASA) [3] per la gestione del paziente con emorragia intracranica spontanea pongono i valori soglia per il trattamento della pressione arteriosa indicati in Tabella I.

Valori

Raccomandazioni

Se PS > 200 mmHg o PAM > 150 mmHg

Prendere in considerazione la riduzione aggressiva della pressione sanguigna con infusione endovenosa continua, con monitoraggio frequente della pressione (ogni 5 minuti)

Se PS > 180 mmHg o PAM > 130 mmHg e possibilità di pressione intracranica elevata

Monitorare la pressione intracranica e ridurre la pressione sanguigna usando somministrazione endovenosa continua o intermittente e mantenendo nel contempo la pressione di perfusione cerebrale ≥ 60 mmHg

Se PS > 180 mmHg o PAM < 130 mmHg e non vi è evidenza di elevata pressione intracranica

Considerare una modesta riduzione di pressione sanguigna (es. PAM = 110 mmHg o pressione sanguigna target = 160/90 mmHg) usando somministrazione endovenosa continua o intermittente per tenere sotto controllo la pressione. Riesaminare il paziente ogni 15 minuti

Tabella I. Raccomandazioni delle linee guida [3] per il trattamento della pressione elevata nei pazienti con emorragia intracranica spontanea. Le raccomandazioni qui indicate sono di classe C

PS = pressione sistolica; PAM = pressione arteriosa media

Tali valori soglia sono stati recentemente rivalutati nell’ambito di studi randomizzati appositamente disegnati. In particolare, lo studio INTERACT (Intensive Blood Pressure Reduction in Acute Cerebral Haemorrhage Trial) [4] ha mostrato che il trattamento precoce (entro sei ore dall’esordio dei sintomi) e intensivo della pressione arteriosa (pressione arteriosa sistolica target = 140 mmHg), rispetto al trattamento secondo le suddette linee guida, si associava a una riduzione significativa dell’aumento volumetrico dell’ematoma (valutato a 24 e 72 ore), mentre non venivano osservate variazioni significative in merito alle dimensioni dell’edema peri-ematoma. Lo studio INTERACT 2, attualmente in corso, ha lo scopo di valutare se a tale favorevole outcome neuroradiologico (ottenuto mediante il raggiungimento dei valori pressori target) corrisponde anche un favorevole outcome clinico.

Il trattamento precoce e aggressivo della pressione arteriosa al fine di ridurre la crescita dell’ematoma ha un forte razionale, dato che l’incremento volumetrico dell’emorragia avviene soprattutto nelle prime ore dall’esordio dei sintomi [5] e che tale incremento è uno dei fattori prognostici sfavorevoli per il paziente, risultando associato ad aumentata mortalità/disabilità. Altri fattori prognostici sfavorevoli sono rappresentati dal volume iniziale dell’ematoma, dal basso punteggio alla Glasgow Coma Scale alla presentazione e dalla presenza di emorragia intraventricolare [6]. Rost e collaboratori [7] hanno elaborato uno score per predire l’outcome funzionale dei pazienti con emorragia intracerebrale primitiva (FUNC score), caratterizzato da un punteggio assegnato in base al volume iniziale dell’ematoma, all’età del paziente, alla localizzazione dell’ematoma, al punteggio alla Glasgow Coma Scale e all’assenza/presenza di pregresso deterioramento cognitivo (Tabella II).

Parametro

Valore

Punteggio

Volume iniziale dell’ematoma

< 30 cc

4 punti

30-60 cc

2 punti

> 60 cc

0 punti

Età del paziente

< 70 anni

2 punti

70-79 anni

1 punto

≥ 80 anni

0 punti

Localizzazione dell’ematoma

Lobare

2 punti

Profonda

1 punto

Sottotentoriale

0 punti

Glasgow Coma Scale

≥ 9

2 punti

≤ 8

0 punti

Pregresso deterioramento cognitivo

Assenza

1 punto

Presenza

0 punti

Tabella II. FUNC score

Secondo il FUNC score, maggiore è il punteggio complessivo ottenuto, maggiore è la possibilità di outcome favorevole (indipendenza funzionale) a tre mesi dall’evento.

Tra le possibili complicazioni della fase acuta di particolare rilievo ai fini prognostici risultano l’iperglicemia, l’edema cerebrale perilesionale con effetto massa, le crisi epilettiche e la trombosi venosa profonda, per la gestione delle quali le già citate linee guida 2010 dell’AHA/ASA formulano specifiche raccomandazioni [3]. In particolare, viene raccomandato il monitoraggio della glicemia con valori target di normoglicemia (non vengono posti cut-off restrittivi in quanto sia l’iperglicemia sia l’ipoglicemia risultano prognosticamente sfavorevoli). Per il trattamento dell’edema perilesionale con effetto massa sono raccomandati agenti osmotici (mannitolo o glicerolo), il cui impiego non è indicato in profilassi; non è indicato nemmeno l’uso di steroidi. Il trattamento con farmaci antiepilettici è indicato sia in caso di episodi critici clinicamente evidenti, sia in pazienti con compromissione della vigilanza che presentino crisi elettriche. Ai fini della profilassi della trombosi venosa profonda, è raccomandata in prima istanza la compressione pneumatica intermittente in aggiunta alle calze elastiche; minori evidenze supportano la somministrazione sottocutanea di eparina a basso peso molecolare o non frazionata tra 1 e 4 giorni dall’esordio dei sintomi.

Il timing della neuroimmagine (TC/RM) di controllo durante la fase acuta deve essere stabilito in base all’evoluzione clinica e consente di valutare, oltre all’edema e alle modificazioni dell’emorragia, eventuali cause di sanguinamento (quali neoplasie e malformazioni artero-venose) suscettibili di ulteriore inquadramento diagnostico-terapeutico neuroradiologico (es. studio angiografico con embolizzazione di malformazione artero-venosa) e/o neurochirurgico.

Nei pazienti con ictus emorragico in corso di terapia anticoagulante orale per la profilassi di eventi tromboembolici appare critico il timing del ripristino della suddetta terapia a seguito della stabilizzazione dell’emorragia. Pur non esistendo un preciso algoritmo ed essendo necessaria una valutazione del rapporto rischio/beneficio (bilancio tra rischio emorragico e rischio tromboembolico) nel singolo paziente, alcuni Autori hanno fornito elementi utili al riguardo. In particolare, Phan e collaboratori [8] hanno mostrato che il rischio di eventi tromboembolici in tali pazienti è relativamente basso nelle prime due settimane dall’emorragia (pur sospendendo la terapia anticoagulante orale); inoltre Majeed e collaboratori [9] hanno suggerito che il timing ottimale per il ripristino della terapia anticoagulante orale potrebbe collocarsi tra 10 e 30 settimane dall’evento. Ulteriori elementi utili per meglio stratificare il rischio emorragico nel singolo paziente potrebbero derivare dalla determinazione del numero, dell’entità e della localizzazione di microsanguinamenti subclinici (microbleeds), valutati mediante particolari metodiche di RM (sequenze gradient-echo o SWI) e dallo studio dei possibili pathways molecolari associati a tale rischio (quali quelli che coinvolgono l’attività di metalloproteinasi della matrice come MMP-9) [10,11].

Bibliografia

1. SPREAD (Stroke Prevention And Educational Awareness Diffusion). Ictus cerebrale: linee guida italiane di prevenzione e trattamento. VI edizione. Stesura del 15 marzo 2010

2. Candelise L, Gattinoni M, Bersano A, Micieli G, Sterzi R, Morabito A; PROSIT Study Group. Stroke-unit care for acute stroke patients: an observational follow-up study. Lancet 2007; 369: 299-305

3. Morgenstern LB, Hemphill JC 3rd, Anderson C, Becker K, Broderick JP, Connolly ES Jr, et al. Guidelines for the management of spontaneous intracerebral hemorrhage. A guideline for healthcare professionals from the American Heart Association/American Stroke Association. Stroke 2010; 41: 2108-29

4. Anderson CS, Huang Y, Arima H, Heeley E, Skulina C, Parsons MW, et al. Effects of early intensive blood pressure-lowering treatment on the growth of hematoma and perihematomal edema in acute intracerebral hemorrhage. The Intensive Blood Pressure Reduction in Acute Cerebral Haemorrhage Trial (INTERACT). Stroke 2010; 41: 307-12

5. Brott T, Broderick J, Kothari R, Barsan W, Tomsick T, Sauerbeck L, et al. Early hemorrhage growth in patients with intracerebral hemorrhage. Stroke 1997; 28: 1-5

6. Davis SM, Broderick J, Hennerici M, Brun NC, Diringer MN, Mayer SA, et al. Hematoma growth is a determinant of mortality and poor outcome after intracerebral hemorrhage. Neurology 2006; 66: 1175-81

7. Rost NS, Smith EE, Chang Y, Snider RW, Chanderraj R, Schwab K, et al. Prediction of functional outcome in patients with primary intracerebral hemorrhage: the FUNC score. Stroke 2008; 39: 2304-9

8. Phan TG, Koh M, Wijdicks EFM. Safety of Discontinuation of Anticoagulation in Patient With Intracranial Hemorrhage at High Thromboembolic Risk. Arch Neurol 2000; 57: 1710-3

9. Majeed A, Kim YK, Roberts RS, Holmström M, Schulman S. Optimal timing of resumption of warfarin after intracranial hemorrhage. Stroke 2010; 41: 2860-6

10. Lovelock CE, Cordonnier C, Naka H, Al-Shahi Salman R, Sudlow CL, Edinburgh Stroke Study Group, et al. Antithrombotic Drug Use, Cerebral Microbleeds, and Intracerebral Hemorrhage. A systematic review of published and unpublished studies. Stroke 2010; 41: 1222-8

11. Hwang BY, Appelboom G, Ayer A, Kellner CP, Kotchetkov IS, Gigante PR, et al. Advances in neuroprotective strategies: potential therapies for intracerebral hemnorrhage. Cerebrovasc Dis 2011; 31: 211-22

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