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Reviews in Health Care 2014; 5(4): -160

http://dx.doi.org/10.7175/rhc.v5i4.952

Disease

Narrative review

Stratificazione prognostica dell’embolia polmonare acuta: cosa cambia dalle linee guida 2014 della Società Europea di Cardiologia?

Prognostic stratification of pulmonary embolism: what does it change from 2014 European Society of Cardiology guidelines?

Luca Masotti 1, Giancarlo Landini 1, Gianni Lorenzini 2, Irene Chiti 3, Grazia Panigada 3

1 Medicina Interna, Ospedale Santa Maria Nuova, Firenze, Italy

2 Medicina Interna, Ospedale di Borgo San Lorenzo, Borgo San Lorenzo (FI), Italy

3 Medicina Interna, Ospedale di Pescia (PT), Italy

Abstract

Prognostic stratification is of utmost importance for clinical management of acute pulmonary embolism (PE). Clinical presentation, echocardiography and biomarkers represented the key points on which recommendations of European Society of Cardiology (ESC) released in 2008 were based. In fact, in 2008 the ESC prognostic model suggested to divide acute PE in high risk, heamodynamically unstable, based on presentation with shock or hypotension, and non high risk, haemodynamically stable. The non high risk PE was divided in intermediate rand low risk PE based on echocardiographic and biomarkers signs of right heart dysfunction (RHD) and myocardial damage. This approach was not an academic speculation but permitted to define the early mortality risk (>15% in high risk, 3-15% in intermediate risk, <1% in low risk) and bring the most appropriate treatment. Over the years it became clear that co-morbidity influenced the early mortality risk and may define better the low mortality risk. Practical clinical scores, such as the Pulmonary Embolism Severity Index, PESI, in its original or simplified version, demonstrated to have high prognostic power to identify high (early mortality risk over 10%) and low risk (early mortality risk ≤ 1%) patients. Furthermore, it has become clear that the combination of ESC prognostic model, based on haemodynamics, and clinical prognostic scores may improve the prognostic stratification of acute PE, especially for patients with intermediate risk in whom the range of early mortality risk is wide The latest version of ESC recommendations on management of acute PE released in August 2014 go toward this direction and suggest to divide the non high risk PE in low or intermediate risk taking in account the PESI score. In this review we describe the prognostic strategy of acute PE suggested from the latest version of ESC recommendations.

Keywords

Pulmonary embolism; Prognosis; Severity index; Guidelines

Corresponding author

Luca Masotti

Medicina Interna

Ospedale Santa Maria Nuova, Firenze

luca.masotti@tin.it

Disclosure

The authors have no conflict of interests or financial disclosures

Introduzione

L’embolia polmonare (EP) rappresenta una delle principali emergenze in ambito cardiovascolare per le non trascurabili prevalenza e incidenza e per l’elevate mortalità e morbilità che ne conseguono. Cardini del management di questa patologia sono rappresentati dalla prevenzione, dalla diagnosi precoce, dalla stratificazione prognostica del rischio di mortalità in fase acuta, dal trattamento anticoagulante parenterale ed orale e dalla prevenzione delle ricorrenze e delle complicanze come l’ipertensione polmonare cronica post-embolica [1].

Una volta posta diagnosi di EP, uno degli aspetti fondamentali nel moderno management di questa patologia è, come sottolineato, la stratificazione prognostica finalizzata alla stima del rischio di mortalità in fase acuta ed al conseguente trattamento e setting assistenziale appropriato in cui erogarlo [2].

Negli ultimi anni le evidenze di letteratura hanno permesso di dimostrare che la stratificazione prognostica può essere effettuata basandosi su rilievi clinici, strumentali e di laboratorio [2,3]. In Tabella I vengono riassunti i principali predittori clinici, strumentali e di laboratorio (biomarker) di prognosi negativa, mentre in Tabella II viene evidenziata il potere predittivo di alcuni di essi.

Parametri clinici

Shock/Ipotensione

PA sistolica ≤ 90 mmHg

PESI originale

classi III, IV, V

PESI semplificato

≥ 1

Shock index (FC/PAS)

> 1

Parametri strumentali

ECG a 12 derivazioni

Presenza e numero di derivazioni con onde T invertite sulle precordiali

Ecardiografia transtoracica

Presenza di segni di RHD

Angio-TC polmonare

CPTE index, prossimalità e bilateralità del trombo, rapporto VDx/Vsin > 1

Parametri di laboratorio

Incremento di

Troponina I o T, BNP o NT-proBNP, hFABP

Tabella I. Principali indicatori di prognosi negativa nei pazienti con EP in fase acuta. Modificata da [2]

ECG

Angio-TC polmonare

Troponine

BNP

NT-proBNP

Sensibilità

% (95% CI)

70 (46-86)

65 (35-85)

81 (23-100)

88 (65-96)

93 (14-100)

Specificità

% (95% CI)

57 (47-66)

56 (39-71)

84 (77-90)

70 (64-75)

58 (14-92)

Valore predittivo negativo

% (95% CI)

60 (55-65)

58 (51-65)

73 (68-78)

76 (73-79)

81 (65-97)

Valore predittivo positivo

% (95% CI)

58 (53-63)

57 (49-64)

75 (69-80)

67 (64-70)

63 (50-76)

Tabella II. Capacità predittiva di mortalità dei singoli test nell’EP. Modificata da [3]

I parametri clinici, l’ecocardiografia e i biomarker rappresentavano i cardini su cui erano basate le raccomandazioni pubblicate nel 2008 dall’ European Society of Cardiology (ESC) [4]. Infatti il modello prognostico del 2008 suggeriva la suddivisione dell’EP acuta in ad alto rischio, emodinamicamente instabile, sulla base della presenta di shock o ipotensione, e non ad alto rischio, emodinamicamente stabile. I pazienti non ad alto rischio erano a loro volta classificati a rischio intermedio o basso sulla base della presenza o meno di segni di danno ventricolare destro o di danno miocardico. L’ultima versione delle raccomandazioni dell’ESC sulla gestione dell’EP acuta pubblicate nel 2014 suggeriscono invece di suddividere i pazienti con EP non ad alto rischio nelle categorie a rischio basso o intermedio tenendo conto del Pulmonary Embolism Severity Index (PESI score) che ha dimostrato di avere un elevato potere prognostico [5]. In questa review vengono descritte le strategie prognostiche per l’EP acuta suggerite dalle linee guida ESC del 2014, evidenziando le principali differenze con la precedente versione pubblicata nel 2008.

Stratificazione prognostica nelle linee guida ESC 2008

Nel 2008 la Società Europea di Cardiologia (ESC) propose un modello di stratificazione prognostica basato fondamentalmente su parametri emodinamici clinici o rilevati mediante ecocardiografia e sulla stima di biomarcatori di disfunzione cardiaca destra (peptidi natriuretici quali il brain natriuretic peptide, BNP, o la sua porzione terminale, NT-proBNP) e di danno miocardico (troponine I o T) [4]. Il modello prognostico del 2008 proposto da ESC suddivideva il rischio di mortalità in fase acuta in alto rischio, identificato dal paziente con instabilità emodinamica (shock cariogeno, ipotensione, arresto cardiaco, calo della pressione arteriosa sistolica di almeno 40 mmHg rispetto allo standard del paziente e sostenuto per più di 15 minuti) e non alto rischio, identificato dal paziente con EP emodinamicamente stabile. Quest’ultimo veniva a sua volta suddiviso in rischio intermedio se il paziente, normoteso, presentava segni di disfunzione cardiaca destra (RHD), ecocardiografici o con biomarcatori, e/o reperti laboratoristici di danno miocardico oppure in rischio basso se tali segni risultavano contemporaneamente assenti. Il rischio di mortalità in fase acuta veniva stimato in più del 15% nel paziente ad alto rischio, 3-15% nel rischio intermedio, < 1% nel basso rischio. La Tabella III sintetizza il cosiddetto ESC prognostic model proposto nel 2008 [4]. Questo modello prognostico veniva proposto in assenza di una sua validazione in trial clinici e derivava dall’opinione di Esperti sulla base delle evidenze di letteratura disponibili fino ad allora [4]. Successivamente il modello prognostico dell’ESC è stato validato in diverse realtà cliniche ed ha dimostrato di essere, in effetti, un modello capace di identificare le classi di rischio proposte dall’ESC [6,7].

Rischio mortalità in fase acuta (%)

Presenza di shock/ipotensione

Presenza di segni di disfunzione cardiaca destra, ecocardiografici e/o biomarkers (incremento BNP o NT-proBNP)

Presenza di segni di danno miocardico (incremento di troponina I o T )

Alto (15%)

Non necessari per definire l’alto rischio

Non necessari per definire l’alto rischio

Intermedio (3-15%)

No

No

No

No

No

Basso (< 1%)

No

No

No

Tabella III. L’ESC prognostic model del 2008. Modificata da [6]

Variabile

Rischio aggiustato

Età > 70 anni

1,6

Sesso maschile

1,2

Scompenso cardiaco

1,4-2,6

Neoplasie

2,3-9,5

BPCO

1,3-1,8

Precedenti TVP

2,8

Immobilità (> 4 giorni di allettamento)

2,9

Frequenza cardiaca ≥ 110 bpm

1,8

Frequenza respiratoria ≥ 30 atti/minuto

1,5

Pressione arteriosa sistolica ≤ 90 mmHg

2,4-15,1

Temperatura corporea ≤ 36°C

1,5

Stato mentale alterato

4,5

Saturazione arteriosa di ossigeno ≤ 90% o pressione arteriosa parziale di ossigeno ≤ 60 mmHg

1,8-2,6

Tabella IV. Parametrici clinici, dati demografici ed anamnestici associati a prognosi negativa nell’EP in fase acuta. Modificata da [8]

Gli score clinici per la stratificazione prognostica

Contemporaneamente alla proposta dell’ESC le evidenze di letteratura hanno dimostrato che oltre ai parametri emodinamici e ai biomarker, esistono altri importanti fattori di rischio di mortalità in fase acuta nel paziente con embolia polmonare, che, in sintesi possono essere indicati nella compromissione degli scambi respiratori e nella comorbidità (Tabella IV) [8]. Età avanzata, anamnesi di neoplasia, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, presenza di anemia, insufficienza renale severa, insufficienza epatica, piastrinopenia o coagulopatia sono fattori che possono influenzare la sopravvivenza in fase acuta del paziente con EP, talora per la difficoltà di gestire il trattamento anticoagulante in queste condizioni, indipendentemente dalla sola compromissione emodinamica provocata dalla EP [8,9].

Negli ultimi anni, pertanto, si sono affermati diversi score clinici prognostici di facile utilizzo nella pratica clinica perché basati sulla valutazione di parametri vitali quali pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, saturazione arteriosa di ossigeno valutata mediante pulsossimetria o emogasanalisi o dati demografici (età) o anamnestici (storia di scompenso cardiaco, neoplasia, bronco pneumopatia cronica ostruttiva). Tra questi score quelli di maggiore diffusione e ricerca clinica sono rappresentati dal Ginevra Prognostic Rule e dal più noto Pulmonary Embolism Severity Index (PESI) nella sua versione originale e semplificata (Figura 1) [10-12].

img_01_01.jpg

Figura 1. Il Pulmonary Embolism Severity Index (PESI) score originale e semplificato. Modificato da [11,12]

Più di recente sono stati proposti i criteri HESTIA, lo Spanish score, il GRACE score ed il LR-PED score [9,13-15]. Questi score permettono di identificare pazienti a basso rischio di mortalità in fase acuta, definita dal paziente che ha un rischio di mortalità ≤ 1%, ed alto rischio di mortalità (≥ 10%) [11,12]. Alcuni score utilizzano solo parametri clinici e dati anamnestici, altri inseriscono parametri di laboratorio o dati strumentali. La Tabella V schematizza le proprietà degli score clinici prognostici.

Parametri clinici e/o dati anamnesi

Esami di laboratorio

Esami strumentali oltre a angio-TC

PESI originale

X

-

-

PESI semplificato

X

-

-

GINEVRA prediction rule

X

-

-

Criteri HESTIA

X

X

-

LR-PED

X

X

-

GRACE

X

X

X

Spanish score

X

X

-

Tabella V. Caratteristiche degli score clinici prognostici nell’embolia polmonare

La buona capacità predittiva del PESI score, in particolare per l’identificazione del paziente a basso rischio di mortalità, ha fatto si che tale score sia stato utilizzato in molti degli studi che hanno valutato la possibilità del trattamento domiciliare dell’EP in questa tipologia di pazienti [16,17].

Dalle premesse di cui sopra risulta intuitivo che una parte della ricerca clinica in questo settore si sia indirizzata alla valutazione del potere predittivo prognostico dell’associazione dei parametri emodinamici e dei biomarker con gli score prognostici. In effetti evidenze di letteratura hanno confermato che associando ai dati ecocardiografici od angio-TC od ai biomarcatori score come ad esempio il PESI, la capacità predittiva di identificare pazienti a diverso rischio di mortalità poteva aumentare [18-20]. Tuttavia, solo pochi studi clinici hanno valutato la combinazione dell’ESC prognostic model del 2008 con il PESI score originale o semplificato o altri score. Due di questi, tuttavia hanno dimostrato che tale combinazione potrebbe meglio stimare la prognosi dei pazienti [21,22].

Stratificazione prognostica nelle linee guida ESC 2014

Il 29 Agosto 2014 sono state diffuse le nuove linee guida ESC sul management dell’embolia polmonare in fase acuta [5]. Il capitolo della stratificazione prognostica rappresenta uno dei principali cambiamenti che emergono in queste nuove linee guida rispetto alle precedenti del 2008 [4]. È chiaramente stata sottolineata l’importanza della comorbidità nel rischio di mortalità in fase acuta ed è stato ritenuto indicata l’introduzione e la diffusione del PESI score, nella sua versione originale o semplificata [5,11,12].

Il nuovo modello prognostico proposto dall’ESC ribadisce la definizione di alto rischio che identifica pazienti con instabilità emodinamica e che non necessita di ulteriori rilievi quali la dimostrazione di RHD o danno miocardico mediante TC, ecocardio o biomarker. Dall’altra parte il nuovo modello prognostico dell’ESC propone di suddividere l’EP emodinamicamente stabile, cioè a non alto rischio, in basso rischio e rischio intermedio non più mediante la definizione emodinamica bensì mediante il PESI score, nella sua versione originale o semplificata. Così i pazienti con basso PESI score (classe I-II del PESI originale, score 0 del PESI semplificato) divengono essi stessi i pazienti a basso rischio di mortalità in fase acuta che è stimata ≤ 1% e la rilevazione di altri indicatori quali segni di RHD ecocardiografici o biomarcatori e/o di danno miocardico non sono necessari per definire il basso rischio. A loro volta i pazienti con alto PESI score (classe III-V del PESI originale, score ≥ 1 del PESI semplificato) divengono pazienti a rischio intermedio. A questo punto è fondamentale l’integrazione con l’emodinamica ed i biomarcatori. Infatti la dimostrazione o meno di RHD o danno miocardico mediante angioTC polmonare, ecocardio e/o biomarker, integrata con il PESI definisce i pazienti a rischio intermedio-basso (presenza di solo uno dei reperti di RHD o danno miocardico o assenza contemporanea degli stessi) o a rischio intermedio-alto (presenza contemporanea dei segni di RHD e danno miocardico) [5]. La Tabella VI riassume il modello prognostico ESC 2014.

Rischio mortalità in fase acuta (%)

Presenza di shock/ipotensione

Presenza di segni ecocardiografici e/o angio TC di disfunzione cardiaca destra

Incremento biomarker (BNP o NT-proBNP, troponina I o T)

PESI score

Alto (> 15%)

Non necessari per definire l’alto rischio

Non necessari per definire l’alto rischio

Non necessari per definire l’alto rischio

Intermedio-alto (15%)

No

Classi III-V PESI o sPESI ≥ 1

Intermedio-basso (3%)

No

Presenza di uno tra segni di disfunzione cardiaca destra o incremento dei biomarcatori o contemporanea assenza di entrambe le condizioni

Basso (< 1%)

No

Non necessari per definire il basso rischio

Non necessari per definire il basso rischio

Classi I-II PESI o sPESI = 0

Tabella VI. Il nuovo ESC prognostic model del 2014. Modificata da [5]

La migliore stratificazione prognostica che potrebbe derivarne ancora una volta non rappresenta una mera classificazione accademica, ma permette di cucire addosso al paziente setting assistenziale e trattamento appropriati. Il paziente ad alto rischio necessita di un setting assistenziale intensivo o sub-intensivo con stretta monitorizzazione e terapie più aggressive (trombolisi sistemica o embolectomia via catetere o chirurgica), quello a rischio intemedio-alto setting assistenziale caratterizzato da monitorizzazione per il rischio di deterioramento emodinamico e trattamento con trombolisi sistemica in casi selezionati (trombolisi di salvataggio nel caso appunto di deterioramento emodinamico, paziente < 75 anni, a basso rischio di sanguinamento, con embolia polmonare centrale ad alto rischio di successivo sviluppo di ipertensione polmonare post-embolica ecc) o con farmaci anticoagulanti parenterali e quindi orali. Il paziente a rischio intermedio-basso potrebbe essere gestito con una breve degenza ospedaliera ordinaria senza monitorizzazione e trattato con farmaci parenterali con switch ad anticoagulazione orale o con anticoagulazione orale direttamente con nuovi farmaci anticoagulanti orali. Infine il paziente a basso rischio potrebbe essere trattato in ambito domiciliare, preferibilmente con nuovi farmaci anticoagulanti orali, che, per la più facile gestione potrebbero favorire questo tipo di setting [5].

Conclusioni

In conclusione le nuove linee guida ESC sanciscono l’importanza di una valutazione a 360° per la stratificazione prognostica dell’EP in fase acuta. Insieme all’aspetto emodinamico, che rappresentava il cardine della stratificazione prognostica proposta nel 2008, le nuove linee guida integrano l’aspetto della comorbidità. È tuttavia da sottolineare che, come le linee guida del 2008 proponevano un modello prognostico basato non su trial clinici randomizzati ma sul consenso di Esperti derivante dall’analisi della letteratura, anche le nuove linee guida suggeriscono un nuovo modello che è attualmente più teorico che basato sull’evidenza scientifica. Pertanto, sono auspicabili studi clinici randomizzati controllati che dovranno dirci se effettivamente questo nuovo ESC prognostic model del 2014 potrà effettivamente migliorare la stima prognostica della mortalità in fase acuta dell’EP.

Implicazioni per future ricerche

Sono auspicabili studi clinici randomizzati controllati che validino la stima prognostica della mortalità in fase acuta dell’EP proposta dall’ESC prognostic model del 2014.

La review in breve

Quesito clinico

Illustrare le strategie prognostiche per l’EP acuta suggerite dalle linee guida ESC 2014

Tipologia di revisione

Narrativa

Conclusioni

Le linee guida ESC 2014 sanciscono l’importanza di una valutazione completa del paziente per la stratificazione prognostica dell’EP in fase acuta. Insieme all’aspetto emodinamico, che rappresentava il cardine della stratificazione prognostica proposta nel 2008, le nuove linee guida integrano l’aspetto della comorbidità

Aree grigie

Il modello prognostico proposto, in mancanza di studi di validazione, è attualmente più teorico che basato sull’evidenza scientifica

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