PM&AL 2012;6(2)41-41.html

Il giudizio prognostico nell’evento malattia

Angelo Testa 1

1 Presidente Nazionale Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani (SNAMI)

La certificazione di malattia per fini lavorativi viene redatta dal medico di medicina generale (MMG) stabilendo non la prognosi clinica della malattia e il tempo necessario al paziente per la restitutio ad integrum, bensì la sua rilevanza rispetto all’idoneità al lavoro specifico svolto.

L’art. 24 del codice deontologico precisa che il medico curante è tenuto ad attestare i dati clinici direttamente constatati e/o oggettivamente confermati, comportandosi con la massima diligenza, registrando i dati attentamente e correttamente e formulando giudizi obiettivi e scientificamente corretti.

La certificazione di malattia ai fini lavorativi, ha, in effetti, una sua ricaduta precisa sui diritti del lavoratore e sulle prestazioni economiche erogate dagli enti previdenziali: in effetti, se dalla malattia, secondo quanto dichiarato dal MMG, scaturisce un’infermità comportante incapacità lavorativa e la totale impossibilità temporanea della prestazione, l’art. 2 del D.L. 663/1979 sancisce il diritto per il lavoratore di beneficiare dei mezzi di sostentamento adeguati alle sue esigenze di vita. Tale diritto è anche tutelato a livello costituzionale, e testimoniato dalla certificazione del medico di famiglia. In caso di malattia è poi garantito dall’art. 2110 del Codice civile il diritto al trattamento economico e alla conservazione del posto di lavoro nella misura e nei tempi determinati dalla legge e dalle norme contrattuali. L’indennità è riconosciuta in caso di infermità comportante incapacità lavorativa comunicata e certificata nei termini di legge o di contratto al datore di lavoro e/o all’INPS.

Tuttavia, oltre alle difficoltà diagnostiche a cui il MMG, come qualunque altro medico, può trovarsi di fronte, egli deve anche fare i conti con alcune problematiche specifiche legate alla certificazione di malattia ai fini lavorativi, e cioè il falso malato, il malato immaginario e il malato vero che vuole lavorare.

L’evenienza di più frequente riscontro, con ogni probabilità, è quella del falso malato. Si sospetta che si tratti di un’eventualità comune, ma la quantificazione della sua frequenza risulta al momento impossibile per via della difficoltà riscontrata nello “smascheramento” dei lavoratori che simulano. Data l’obiettiva esistenza di malesseri non misurabili con strumentazioni o rilevabili tramite visita medica  ma in grado di compromettere temporaneamente l’abilità al lavoro (si pensi alle cefalee, per esempio), il MMG ha la facoltà di rilasciare la certificazione di malattia sulla base del malessere meramente riferito, purché egli lo ritenga attendibile in scienza e coscienza. Tuttavia, lavoratori esperti nella simulazione possono trarre in inganno il medico, ottenendo la certificazione di uno stato di malattia che in realtà è inesistente o molto meno grave del dichiarato. Una sentenza della Cassazione penale (10 giugno 1999 n. 7468; Cassazione 27 luglio 1994 n. 6982) stabilisce che il comportamento di tale lavoratore è qualificato come falso ideologico in certificato ex artt. 48 e 480 del Codice penale.

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Dott. Angelo Testa

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