PM&AL 2013;7(3)67-73.html

Danno biologico persistente: il presupposto dottrinale

Valerio Cirfera 1, Cosimo Prete 2, Marco Polo 2, Giovanna Muci 3

1 Dermatologo, Copertino (Le). CeSIDeL “Vanni Labrini” (Centro Studi Italiano Dermatologia di interesse Legale)

2 Avvocato, Foro di Lecce. CeSIDeL “Vanni Labrini” (Centro Studi Italiano Dermatologia di interesse Legale)

3 Dottoressa in Legge. CeSIDeL “Vanni Labrini” (Centro Studi Italiano Dermatologia di interesse Legale)

Abstract

At present the medical-legal doctrine and jurisprudence do not consider as separate items forms or types of biological damage intermediate between the temporary disability and the permanent disability, or all those temporal categories of psychological and physical harm to the person that improve up to regress completely in time, after their stabilization to healing of the disease. Our study group named those items with the term of “Persistent biological damage properly said”.

The purpose of this work is to increase awareness of specialists and experts in the biological damage, as well as scientific institutions and industry regulatory bodies competent to assess the fairness and reasonableness of the persistent biological damage as a new term in the assessment of psychological and physical harm to the person, since its existence is indisputable real and effective, both theoretical and practical.

The path to greater clarity and methodological correctness of persistent biological damage must necessarily start from the knowledge of its definitional aspects, that is illustrated in the first part of the work, and then passed on the guidelines that describe the clinical, forensic and legal issues.

Keywords: Persistent biological damage; Definition; Legal evaluation

Persistent biological damage: the doctrinal assumption

Pratica Medica & Aspetti Legali 2013; 7(3): 67-73

Corresponding author

Valerio Cirfera

valeriocirfera@libero.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.

Introduzione

Nel diritto italiano il danno biologico consiste nella lesione ingiusta e non patologica dell’integrità psico-fisica della persona, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, suscettibile di accertamento e valutazione medico-legale e risarcibile, indipendentemente dalla capacità di produrre reddito da parte dello stesso, così come sostanzialmente previsto dalla definizione dottrinaria proposta dalla SIMLA, Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, nell’ambito del Convegno Nazionale, tenutosi a Riccione dal 9 all’11 maggio 2001 [1]. A tali articolate conclusioni si è giunti tenendo conto del principio, di rango costituzionale, secondo cui la salute è un bene inviolabile, e, quindi, tutelato [2], non solo nella sua accezione classica di assenza di malattia, ma anche nella sua espressione più ampia di stato di benessere psico-fisico, estetico e socio-relazionale, concetto già recepito dall’OMS, nel lontano 1948 e ribadito dalla storica sentenza della Corte Costituzionale n.184/86 [3].

Orbene, a tutt’oggi in Italia, la dottrina e lo stato dell’arte della scienza medico-giuridica recepiscono, ovvero prevedono, dal punto di vista temporale o cronologico e valutativo, solo due grandi voci autonome o categorie di danno biologico [4,5], ovvero il danno temporaneo riferito alla fase della malattia conseguente alla lesione dell’integrità psico-fisica dell’individuo e il danno permanente, riferito alla fase dei postumi di essa, stabilizzati e irreversibili o esiti. Il primo corrisponde, nella pratica, al lasso di tempo, espresso in numero di giorni, necessario per la guarigione clinica della malattia derivante da suddetta lesione psico-fisica, indispensabili per il ritorno alla normale attività del soggetto danneggiato, nel merito definito come ITT (acronimo di inabilità temporanea totale) e ITP (inabilità temporanea parziale), che precludono, rispettivamente in modo totale e parziale, il realizzarsi delle attività quotidiane della persona offesa, sia in ambito lavorativo che extralavorativo. Il danno permanente è, invece, identificabile con gli esiti stabilizzati-irreversibili “vita natural durante” della lesione di cui sopra, esprimibile in percentuale di invalidità permanente, fatto 0% l’assenza di esiti e 100% la totale perdita della validità psico-fisica della persona. Ad avviso degli scriventi le due categorie di danno biologico su indicate non sono omnicomprensive di tutte le tipologie o voci valutative di danno, ovvero non prevedono quelle ad esse intermedie, che quindi sfuggono, per così dire, alle classiche forme temporali o cronologiche, non in esse inquadrabili, ma interposte tra la guarigione clinica della malattia postuma all’evento dannoso e l’eventuale permanenza dell’invalidità. In altri termini, a seguito di un evento dannoso, possono derivare delle lesioni personali, che potremmo definire persistenti“, che permangono per un lasso di tempo più o meno lungo, a seconda dei casi, mediamente in termini di alcuni mesi o diversi anni dalla guarigione clinica della malattia, fino a regredire del tutto, non rivestendo la connotazione della permanenza per tutta la vita; non sono quindi da confondere con il classico danno biologico temporaneo inabilitante precedente la guarigione della malattia, né con i postumi irreversibili o esiti ad essa successivi, per durevoli per tutta la vita. Lo stato dell’arte attuale non prevede nessuna specifica metodologia valutativa per tale categoria di danno, ossia c’è un “vulnus”, un vuoto, una lacuna, un problema valutativo che si cercherà di affrontare e, si spera e si auspica, risolvere

Danno biologico persistente (DBP)

Per danno biologico persistente propriamente detto, o di tipo A, si intende la lesione stabilizzata ma reversibile dell’integrità psicofisica dell’individuo, persistente per un periodo temporale variabile, successivo o postumo alla guarigione della malattia, derivante da evento dannoso di interesse medico-legale. Il DBP è da differenziare, assolutamente, dal danno, eventualmente, persistente di tipo B, ossia dall’inabilità temporanea, derivante dalla malattia conseguente all’evento dannoso, nei casi di particolare persistenza della stessa, dovuta, ad esempio, a complicanze post-lesive che ne condizionano il perdurare o il prolungamento, in media di alcuni mesi, fino alla guarigione, non configurabile quindi, come è a tutti noto, come un postumo. Il presente lavoro ha come oggetto l’inquadramento definitorio del danno biologico persistente propriamente detto o di tipo A, ad avviso degli scriventi meritevole di essere considerato una nuova voce temporale di danno, autonoma dal punto di vista nosologico e valutativo, non ancora recepita dalla dottrina medico-legale e giuridica e inquadrabile come danno biologico non permanente, successivo alla guarigione della malattia, intendendo con tale concetto il momento in cui cessa il complesso di azioni e reazioni dell’organismo che hanno caratterizzato la stessa. La persona danneggiata (Figura 1 e 2) può essere interessata da una guarigione integrale senza postumi, con “restitutio ad integrum” anatomo-funzionale degli organi lesi all’atto dell’evento dannoso, oppure da postumi “quoad valetudinem” stabilizzati, da valutare in sede medico-legale come irreversibili e, quindi, permanenti, o reversibili e, quindi, persistenti, quali disturbi soggettivi psico-fisici, limitazioni funzionali, manifestazioni e disagi psico-fisici che alterano la qualità della vita quotidiana del soggetto leso, obiettivamente apprezzabili, ovvero riscontrabili e documentabili nel tempo, a variabile grado di intensità, che si riduce, progressivamente, fino ad azzerarsi nel momento in cui il DBP viene a terminare.

Gli esempi classici di tale terza via valutativa del danno biologico vanno ricercati, anzi ne sono peculiari, nel danno alla persona di natura dermo-estetica e dermo-traumatologica [6], ovvero nei postumi di ferite cutaneo-mucose, annessiali e delle pseudo-mucose; si pensi agli esiti discromici post-traumatici, specie da incidentistica stradale, oppure alle forme emergenti di danno, spesso ipervalutati, da malpractice negli interventi di medicina e chirurgia estetica, statisticamente in notevole incremento di richiesta ed effettuazione nella società moderna, con particolare riferimento ai peeling, laserterapia, luce pulsata, filler e tossina botulinica, ecc. [7]. In altri ambiti, si pensi alle variegate sindromi algo-disfunzionali, di pertinenza ortopedica o neurologica o di altra natura.

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Figura 1. Danno biologico: evoluzione clinica

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Figura 2. Postumi ed esiti dell’evento dannoso

Caratteristiche del danno biologico persistente propriamente detto

Nel merito, esso può essere descritto attraverso l’analisi di alcune sue peculiari caratteristiche o parametri identificativi.

Entità

Il grado di esso è tale da non impedire o limitare o pregiudicare in modo rilevante le attività lavorative, ma può essere, comunque, causa di persistenti alterazioni qualitative, disagi psico-fisici soggettivi e/o oggettivi nella vita quotidiana o di uno stato di salute comunque peggiore rispetto a quello precedente l’evento lesivo.

Durata

La persistenza del danno è valutabile da alcuni mesi ad alcuni anni, con una media, in base alla nostra esperienza, di 6 mesi - 6 anni, con grado o entità decrescente, in relazione al lasso di tempo intercorso.

Autonomia

Il DBP costituisce entità nosologica o voce di danno autonoma e indipendente, non compresa o collocabile nella inabilità temporanea e nell’invalidità permanente, temporalmente intermedia ad esse e valutabile a prescindere da esse, essendo, comunque, necessariamente successiva alla prima e antecedente alla seconda, facoltativamente concomitante con quest’ultima, come accade nel caso di presenza contemporanea di discromie transeunti e cicatrici permanenti.

Stabilità e reversibilità

Trattasi di una menomazione psico-fisica che ha superato, dal punto di vista clinico, la fase acuta e subacuta degli eventi post-lesivi, peculiari dello stato di malattia, raggiungendo, dopo la sua guarigione, un grado di alterazione tale da non prevedere più un peggioramento ulteriore, ma solo la persistenza di manifestazioni ad un certo plateau, non peggiorabili, anzi migliorabili costantemente nel tempo, fino alla loro totale scomparsa.

Postumo

Trattasi di un danno successivo alla guarigione clinica della malattia e, come tale, da accertare e valutare congruamente.

1

Anamnesi

2

Accertamento causale

3

Visite mediche

4

Certificazioni

5

Referti medici

6

Relazioni

7

Consulenze

8

Perizie

9

Iconografia con data e firma

10

Spese allegate

Tabella I. Decalogo per l’accertamento del DBP

Accertamento e valutazione

Fondamentale è ovviamente il ruolo e la funzione del medico curante, dello specialista clinico e del medico-legale in merito a tale parametro, nell’ambito di un’utile, doverosa e fattiva collaborazione. È di pertinenza del medico-clinico la valutazione classica etiopatogenetica, fisiopatologia, morfologica e clinico-terapeutica. In particolare, il medico-clinico certifica l’evento dannoso e la lesione dell’integrità psico-fisica, esprimendosi in termini diagnostici, prognostici e terapeutici, certifica la guarigione della malattia, indica la sussistenza o meno di postumi da valutare in sede medico-legale, specificando se trattasi di persistenti esclusivi o concomitanti ai permanenti o della sola sussistenza di quest’ultimi. Nel caso di postumi persistenti, potrà esprimersi sulla eventuale ulteriore durata di essi, prospettandone la prevedibile futura evoluzione, anche con giudizio preventivo sull’emendabilità, ovvero sull’incidenza migliorativa di possibili cure e interventi. È del tutto fisiologico che potrà effettuare delle visite e dei controlli periodici, preferibilmente associati ad accertamenti clinico-strumentali, se ritenuti necessari.

È di pertinenza classica del medico-legale la ricerca e l’accertamento del nesso causale di tale danno con eventi dannosi di origine illecita o illegittima, ovvero ingiusti o antigiuridici, nonché la loro valutazione quantitativa, onde consentire la successiva fase di liquidazione ed eventualmente le ripercussioni del danno persistente propriamente detto sulla qualità della vita lavorativa ed extralavorativa del soggetto leso.

Infine, il ruolo del legale o del giurista è riassumibile in quello parimenti classico della sua funzione, ovvero di far valere il diritto al ristoro del danno e far procedere alla sua liquidazione, sulla base del parere medico-legale.

In ordine al periodo della valutazione (quando valutare), non vi sono regole rigide, anche se è consigliabile farlo non prima dei 6 mesi dalla guarigione della malattia, corrispondenti, grossomodo, al periodo temporale minimo della stabilizzazione del danno, la cui valutazione dovrà tenere anche conto della presumibile o prevedibile ulteriore persistenza o durata del danno in giorni, mesi o anni, sulla base di dati scientifici e della propria esperienza professionale, evenienza che, comunque, delega al medico, così come sopra riferito, l’onere di controllare, più volte nel tempo, l’evoluzione di tale persistenza. È possibile stilare un decalogo relativamente a come accertare e provare che siamo di fronte ad una lesione da danno persistente (Tabella I )

DBP in ambito dermatologico

Discromie

Alopecie

Ipotrofie

Distrofie

Deformazioni

DBP in ambito extra-dermatologico

Sindromi algo-disfunzionali e disfunzionali post-traumatiche e/o iatrogene

Tabella II. DBP: ambiti di applicazione pratica

Campi di interesse

La “questione danno biologico persistente” incontra diversi campi di interesse e di applicazione pratica. In particolare, nasce in ambito dermo-estetico e dermo-traumatologico (Tabella II), in cui trova le sue più tipiche e importanti applicazioni pratiche, in specie di ordine discromico [8], ma può essere oggetto di interesse anche in altri campi clinici, come nelle sindromi algo-disfunzionali di natura ortopedica e neurologica, odontoiatrica ecc. (Tabella II).

Forme peculiari di DBP

La Tabella II esemplifica le forme tipiche di danno biologico persistente, di ordine estetico o dermo-estetico, che dovranno essere distinte, dal punto di vista cronologico e valutativo, sia dalle lesioni acute e sub-acute, ovvero dal danno immediatamente post-lesivo riferibile alle soluzioni di continuità e alle alterazioni cutanee-sottocutanee e loro evoluzione riparatoria (ferite) o di rimaneggiamento (infiltrazioni emorragiche o ematomi) o flogistica (infezioni, allergie, irritazioni) valutabile in termini di ITT e ITP, sia dal danno stabilizzato permanente statico (nel caso vi sia una semplice alterazione anatomica) o dinamico (nel caso sussista un’alterazione funzionale), entrambe le evenienze ben riferibili agli esiti cicatriziali a diverso grado e sede di consolidazione irreversibile o immodificabile. Anche i danni annessiali e mucosali possono essere persistenti (si pensi all’alopecia areata e alle onicopatie post-traumatiche di moderata entità) o permanenti (si pensi all’alopecia cicatriziale); senza dubbio, però, l’espressione che più di ogni altra caratterizza o riassume il DBP è il postumo discromico, ipo-acromico o ipercromico. Alla stregua della definizione classica del danno persistente generico, quello persistente estetico può essere considerata una nuova voce di danno biologico valutabile e risarcibile autonomamente, parimenti indipendentemente dal danno acuto a cui segue o dal permanente, con cui può anche coesistere per un certo lasso temporale.

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Figura 3. Danno acromico in fase di stato (A) e regredito (B)

Esemplificazione pratica

Di seguito si riporta un esempio classico di DBP [9] al centro del quale si è trovata una giovane donna di 21 anni che si era sottoposta a laser-terapia estetica per l’epilazione cutanea xifo-ombelicale. L’uso della luce determinava un’ustione di I e II grado nelle sedi trattate. Ne conseguiva una malattia da ustione locale (fase acuta) che necessitava di circa 2 mesi per la guarigione delle lesioni eritemato-edemato-bollose-crostose, previa la messa in atto di medicazioni, toilette delle ferite, lisi e asportazione dei detriti e croste, fotoprotezione, somministrazione di antidolorifici. ecc. La danneggiata non poteva lavorare nel primo mese di malattia e poteva riprendere gradualmente a lavorare nel secondo mese. Dal terzo mese in poi ritornava ad esser totalmente idonea a svolgere le sue funzioni, per cui il curante emetteva certificazione medica attestante la guarigione, con postumi da valutare in sede medico-legale. Dopo tale guarigione, persistevano, in sede lesiva, macule biancastre, segno evidente del danno lesivo subito dai melanociti dermo-epidermici, quindi un danno biologico di natura estetico-discromico, che persisteva per circa 3 anni, fino a scomparsa totale entro tale lasso di tempo. Veniva invitata, dopo 38 mesi, a visita valutativa del suddetto danno, dal medico-legale CTU, il quale non riscontrava nulla di obiettivabile sulla cute interessata dal pregresso trattamento laser contestato. Orbene, si pone il quesito: che cosa fare? Ha ragione il medico-legale, il quale si esprime in termini di assenza di danno biologico permanente; ha ragione anche la danneggiata che si chiede chi le risarcirà il danno discromico patito e persistito per 3 anni, periodo in cui non si è potuta esporre nella bella stagione, ha sofferto psicologicamente per il danno avuto, ha dovuto indossare alcuni abiti e altri no, ha dovuto sperimentare l’inibizione più o meno manifesta nell’intimità, reazione e sentimento quanto mai condivisibile per una giovane donna con gravi discromie antiestetiche xifo-ombelicali, fino al pube (Figura 3A e 3B). Si noti, nella Figura 3A, come i contorni policiclici delle acromie richiamino e rappresentino le impronte residuate agli “spot” del laser. Come dovrebbe essere valutato congruamente e risarcito tale danno e, soprattutto, come inquadrarlo se non può essere inserito e valutato in termini di inabilità temporanea e, neppure, di danno biologico permanente per tutta la vita, se permanente non è?

Ad avviso degli autori della presente esemplificazione, non c’è soluzione alcuna al quesito di cui sopra, se non riconoscendo l’inquadramento di “siffatto danno” in una nuova voce valutativa fino ad ora non considerata, cioè nel DBP. Nel passato non si è avuto, di routine, la necessità di considerarlo nel merito, a differenza di oggi, in cui il danno estetico è oramai all’ordine del giorno, non fosse altro per l’ingente ricorrenza di traumi dermatologici stradali con postumi inestetici transitori e lo sviluppo enorme delle metodiche strumentali applicabili sulla cute e ai tessuti molli, atte e finalizzate a migliorare l’aspetto esteriore della persona, non sempre, purtroppo, esenti da inconvenienti consequenziali.

Innumerevoli ulteriori esempi possono essere rappresentati, in quanto, ad avviso degli scriventi, l’applicazione di tale nuova voce di danno può essere estesa anche al di fuori del campo prettamente dermo-estetico e, quindi, ad altri campi della medicina e chirurgia; si pensi ai danni persistenti successivi ai traumi cervicali e alla sindrome cefalalgica post-traumatica, solo per citarne alcuni.

Considerazioni personali

In questi casi gli effetti negativi sullo stato psico-fisico del danneggiato non rientrano nell’ITT o nell’ITP, né nel danno biologico permanente. In altre parole, nel caso prospettato, la persona danneggiata può definirsi completamente guarita dalla fase acuta, secondo il significato proprio del termine guarigione, cioè di cessazione di quel complesso di azioni e reazioni dell’organismo che coincidono con quella alterazione morfo-funzionale, che si esprime nella necessità di riguardi e cure. Tutto ciò che presuppone quella necessità precede la guarigione, ed è, quindi, ancora malattia; tutto ciò che sta dopo, non è più malattia e, quindi, se non vi è ritorno al “pristino stato”, costituisce postumo invalidante, attualmente recepito impropriamente solo come permanente. In altri termini, l’ esempio appena richiamato costituisce un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona di rilievo costituzionale, che indipendentemente da un eventuale danno morale, peraltro possibile, impone comunque al danneggiato di condurre, per alcuni mesi o addirittura anni, nelle occasioni più minute come quelle più importanti, una vita peggiore di quella che avrebbe altrimenti condotto senza le conseguenze dell’evento dannoso. L’accertamento della esistenza o meno di una alterazione anatomica o anatomo-funzionale non permanente ma ”persistente“, conseguente alle lesioni riportate a seguito di un evento dannoso, sarà, ovviamente, materia squisitamente medico-legale. Cioè, nei casi in cui si riterrà che non siano residuati postumi invalidanti permanenti, il medico incaricato di accertare la lesione del danno alla salute potrà valutare se sia derivato un ”danno persistente“ alla persona e, una volta accertato il nesso causale tra il danno persistente e l’evento dannoso che lo ha originato, dovrà quantificarlo onde consentire la successiva fase di liquidazione.

1

Postumo stabilizzato reversibile

2

Lesione dell’integrità psico-fisica non inquadrabile nell’ITT e nell’ITP

3

Miglioramento nel tempo, fino a regressione

4

Persistenza: 6 mesi - 6 anni in media

5

Esclusivo o concomitante

6

Oggettivo e soggettivo, cutaneo ed extracutaneo

7

Competenza interdisciplinare

8

Deve essere provato

9

Criteri valutativi medico-legali variabili da caso a caso

10

Risarcibile se accertato

Tabella III. Caratteristiche fondamentali del DBP (danno biologico persistente)

ITT = Inabilità temporanea totale

ITP = Inabilità temporanea parziale

Conclusioni

Per danno biologico persistente propriamente detto (DBP) o di tipo A si intende «la lesione persistente nel tempo, stabilizzata e reversibile dell’integrità psicofisica dell’individuo, postuma alla guarigione clinica della malattia cagionata da eventi dannosi ingiusti, di entità tale da non impedire le attività professionali ed extra-professionali della vita quotidiana, ma essere, comunque, fonte di persistenti disagi psico-fisici di grado lieve-moderato o causa di uno stato di salute comunque peggiore rispetto a quello precedente all’evento lesivo, dal punto di vista temporale e valutativo non collocabile nell’IT, né nell’IP, ovvero un danno biologico intermedio alle due voci valutative estreme, circoscritto o circoscrivibile nel tempo in cui è valutabile la persistenza, non essendo di durata indefinita». Le sue caratteristiche peculiari sono riassunte nella Tabella III.

Bibliografia essenziale

  1. Convegno SIMLA. Il danno biologico. Danno base... Riccione 9-11 maggio 2001. Atti a cura di Grasso A., Del Vecchio S. Riccione: Progetto Visual Art, 2002
  2. Costituzione Italiana, articolo 32
  3. Cirfera V, Rampino G. Danno biologico e danno alla persona. Consultabile online su: http://www.dermatologialegale.it/temi_vocemenu1_sub1_vmenu1.php?id=1 (ultimo accesso luglio 2013)
  4. D. Lgs.del 23/02/2000 n. 38, articolo 13 comma 1
  5. Art. 5 comma 2, Legge del 5/03/2001 n. 57, articolo 5 comma 2
  6. Cirfera V, Prete. C. Vinci P. La prevenzione del contenzioso in dermatologia strumentale. Hi Tech Dermo2008; 2: 41-52
  7. Cirfera V. La valutazione del danno estetico. D.A. 2008; XVI (4)
  8. Cirfera V. Docenza in tema di “Norme Assicurative in Dermatologia e Medicina Estetica”, 6 Ottobre 2012, Medical SPA Roma, I.A.F. Istituto di Alta Formazione Roma
  9. Atti del Meeting di Medicina Estetica e Legale, Lecce 22/23 ottobre 2010. DL Organo Ufficiale Ce.S.I.De.L 2010 1: 32-5

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