PM&AL 2014;8(2)53-68.html

L’aggiornamento dell’anagrafe dell’handicap della Provincia autonoma di Trento

Fabio Cembrani 1, Veronica Cembrani 1, Cristina Larentis 1, Federica Merz 1, Elisabetta Cortelletti 1, Giuseppina Ciraolo 1, Marta Castellani 1

  U.O. di Medicina Legale, Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento (APSS)

Abstract

There are some good reasons that support our effort to annually update the handicap registry of the Autonomous Province of Trento. The first reason is due to the fact that in our country there is an incomprehensible dispersion of information that feed the numerous existing databases on disability. This dispersion does not allow to have precise information on the actual number of people with disabilities and their characteristics.

A second reason is that each functional articulation of the National Healthcare Systems is accountable to the community of what is enacted for the protection of the fundamental right to health, as proclaimed in Article 32 of the Constitution.

A third reason is to make statistical data accessible to policy makers and to all the government since they have a responsibility in making strategic decisions and planning the supply of social and health services dedicated to people with disabilities.

But there is a fourth and final reason that supports our obstinacy: we indicate that in the uniqueness of the protection given by our country to people with disabilities. Protection that, in absolute contrast with the general logic of our welfare system, is aimed to the right of citizenship of these people (and their families) when they are not yet hospitalized in long-term structures. With the result that this database, beyond the general macro-statistical indicators, provides a clear idea of the needs that disabled people have when they actually live in the home, witnessing the strong commitment exercised by the network of relatives and the difficulties faced by families in the care burden.

Between 1992 and 2012 the database managed by the Operative Unit of Legal Medicine, APSS (Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento), recorded 18,380 people with disabilities who have submitted 23,920 applications designed to obtain the benefits and facilities provided by the Law no. 104 (25 February 1992).

The article presents the macro-statistical indicators database (sex and age) and some other indicators that represent the complexity of the phenomenon, such as trends of applications, types of disabilities, impairments causing disability, benefits and facilities recognized.

Keywords: Handicap registry; Law no. 104 (25 February 1992); Disability

Update of the handicap registry of the Autonomous Province of Trento

Pratica Medica & Aspetti Legali 2014; 8(2): 53-68

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v8i2.917

Corresponding author

Fabio Cembrani

Fabio.Cembrani@apss.tn.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Premessa

Ci sono alcune buone ragioni che sostengono il nostro (ostinato) sforzo di aggiornare con periodicità annuale l’anagrafe dell’handicap della Provincia autonoma di Trento.

Una prima ragione è da ricondurre alla circostanza che nel nostro Paese esiste un’incomprensibile dispersione delle fonti informative che alimentano i numerosi database della disabilità: dispersione che non consente di avere informazioni precise sul numero reale delle persone che si trovano in situazione di bisogno e sulle loro caratteristiche. L’Istituto centrale di statistica (l’ISTAT) ha, infatti, stimato, con un’indagine multiscopo effettuata alcuni anni fa e aggiornata nel 2011 (l’indagine è stata effettuata con lo strumento dell’intervista telefonica e dimostra evidentissime carenze non considerando, ad esempio, i disabili in età prescolare), l’esistenza, nel nostro Paese, di 2,6 milioni di persone disabili, alle quali vanno aggiunte le circa 161.000 persone non autosufficienti ricoverate a tempo pieno nelle strutture residenziali. Queste proiezioni appaiono, tuttavia, di gran lunga sottostimate se si guarda ai dati resi disponibili da altri network informativi italiani: il CENSIS ha stimato, infatti, in 4,1 milioni il numero delle persone italiane non autosufficienti, la prevalenza delle quali (3,5 milioni) sarebbe compresa nella fascia di età degli over-65enni. Con la conseguenza, davvero paradossale vista la capillare diffusione delle reti informative nell’era della digitalizzazione, che la disabilità è un pianeta solo in parte conosciuto, stimato ancora in via presuntiva all’interno di ampie fluttuazioni, visto che il numero di queste persone sarebbe compreso tra 2,6 e 4,1 milioni di unità rappresentando, ad ogni modo, una percentuale assolutamente non trascurabile della popolazione che reclama un legittimo diritto di tutela e di cittadinanza.

Una seconda ragione è da cogliere nella necessità che ogni articolazione funzionale del Servizio sanitario nazionale ha di rendere conto alla collettività di ciò che viene realizzato per la tutela di quel diritto (fondamentale) di rango costituzionale rappresentato dalla salute (art. 32 Cost.). Tutela che si avvale non solo degli strumenti tradizionali della diagnosi e della cura, visto che la sua promozione è garantita anche dalle misure inclusive e dai diritti sociali cui si rivolge complessivamente il nostro sistema di protezione sociale. Senza dimenticare che questi diritti sono stati impressi nella tavola dei diritti inviolabili – rectius, fondamentali – riconosciuti alla persona umana (art. 38 Cost.) anche se in tempo di crisi c’è chi si ostina, purtroppo, a considerarli un lusso non più sostenibile e di cui possiamo fare a meno. Con la conseguenza di promuovere l’idea di una società poco basata sulla solidarietà intra e inter-generazionale ed una cittadinanza elitaria determinata dagli status sociali degli individui. Idee, queste, che vogliamo contrastare con la forza delle idee e con il coraggio delle azioni nella consapevolezza, irrobustita dalla nostra oramai lunga esperienza professionale, che i diritti inclusivi (di cittadinanza) iscritti nella persona umana non possono venir meno nel delicato equilibrio democratico né essere affievoliti dal debito pubblico e dalle misure di spending review necessarie per il suo progressivo contenimento e per corrispondere ai vincoli imposti dall’Europa.

Una terza ragione che ci anima è quella di rendere i dati statistici fruibili all’organo decisorio politico e a tutte le Amministrazioni pubbliche che hanno una piena responsabilità nelle scelte strategiche e nella pianificazione dell’offerta dei servizi sociali e sanitari dedicati alle persone disabili. Troppe volte i professionisti della salute sono, a ragione o a torto, accusati di non fornire dati statistici e di interpretare, a loro uso e consumo, i diversi fenomeni biologici anche sotto la pressione dei molti conflitti di interesse promossi dall’industria. Se un nostro conflitto di interesse esiste, esso deve essere indicato nella salvaguardia dei diritti iscritti nella persona umana e di quell’idea di solidarietà senza la quale la democrazia costituzionale è destinata inesorabilmente a cedere il passo ai sistemi politici di tipo autoritario. Anche perché continuiamo a credere che la solidarietà è il più forte strumento di garanzia dell’ordinamento democratico e la straordinaria espressione che tesse, in prospettiva umana, ogni relazione di cura.

Ma c’è una quarta e ultima ragione che sostiene la nostra ostinatezza: la indichiamo nella tipicità della tutela riservata dal nostro Paese alle persone in situazione di handicap. Tutela che, in assoluta controtendenza rispetto alla logica generale del nostro sistema di welfare, risulta finalizzata al diritto di cittadinanza di queste persone (e delle loro famiglie) quando esse non sono ancora residenzializzate in strutture lungo-degenziali attraverso misure di sostegno e di integrazione e prescindendo, comunque, da qualsivoglia forma di trasferimento monetario (cash benefits). Con la conseguenza che questo database, al di là dei macro-indicatori statistici generali, fornisce una chiara idea dei bisogni che le persone disabili hanno effettivamente quando esse vivono al domicilio, testimoniando, tra l’altro, il forte impegno esercitato dalla rete parentale e le difficoltà incontrate dalle famiglie nel carico assistenziale. Specie nell’assistenza agli anziani, visto che l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno che interessa indiscutibilmente tutti i Paesi industrializzati, anche se la mortalità infantile continua ad essere un grande problema dei Paesi più poveri. L’ISTAT stima che la popolazione sulla quale si concentra il maggior fabbisogno assistenziale – gli over-80enni – passeranno dal 6% del 2011 al 15,5% nel 2060 e che, nel 2030, queste persone raggiungeranno 7,7 milioni di unità con un incremento delle persone non autosufficienti: queste persone passeranno dagli attuali 2 milioni circa a 3,5 milioni di unità. Le conseguenze di questa transizione epidemiologica e il loro impatto sull’incidenza delle malattie croniche sono, purtroppo, ampiamente conosciuti. Il numero di questi malati è destinato a crescere progressivamente in tutte le nazioni occidentali avanzate, con un prevedibile incremento del loro carico assistenziale che non potrà essere generosamente supportato dalla rete familiare e parentale, visto il suo graduale indebolimento. Ciò a causa dell’allungamento della vita lavorativa per la riforma previdenziale che ha interessato anche il nostro Paese, perché la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è stata fino a qualche anno fa in incremento anche se il tasso di disoccupazione è oggi diventato una vera e propria emergenza sociale, perché l’esigenza di avere una doppia entrata reddituale è oramai una caratteristica comune a moltissime famiglie italiane, perché sono aumentate le strutture familiari atipiche e poco numerose e, non da ultimo, a causa dell’incremento dell’età media in cui la famiglia decide i tempi della maternità per cui spesso la donna si trova impegnata nel lavoro, nel compito genitoriale e nell’assistenza prestata alla persona disabile.

I macro-indicatori statistici del database

Il database gestito dall’Unità Operativa di Medicina Legale dell’Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento ha registrato, tra il 1992 e il 2012, 18.380 persone disabili che hanno presentato 23.920 domande finalizzate ad ottenere i benefici e le agevolazioni previste dalla legge 25 febbraio 1992, n. 104.

Analizzandone le caratteristiche demografiche si conferma il trend osservato negli anni precedenti (Tabella I) e, dunque, la prevalenza, statisticamente significativa (p<0,001), delle femmine rispetto ai maschi (10.553 vs. 7.827) con una percentuale che si attesta su un ordine di grandezza del 56,83% vs. 43,17% (rispetto ai valori percentuali del 57,39% vs. 42,61%, 57,01% vs. 42,9%, 57,16% vs. 42,84%, 56,51% vs. 43,49%, 56,09% vs. 43,91% e 55,4% vs. 44,6% registrati negli anni precedenti).

I dati riportati in Tabella I dimostrano l’ulteriore invecchiamento della popolazione del database, se si considera che le persone over-65 incrementano ulteriormente (dal 51,66% registrato nel 2010 al 52,89% nel 2011, al 54,44% nel 2012 e al 55,4% del 2013) riducendosi, contestualmente, la percentuale di quelle infra-18enni (11,37% vs. 11,67% del 2012, 12,25% del 2011 e 12,93% del 2010) con una sostanziale stabilità di quelle in età lavorativa (33,24% vs. 33,89% del 2012, 34,86% del 2011 e 34,42% del 2010).

Età

Maschi

Femmine

Totale

N.

%

N.

%

N.

%

0-17

1.185

15,14

904

8,57

2.089

11,37

18-64

2.860

36,54

3.249

30,79

6.109

33,24

Over-65

3.782

48,32

6.400

60,65

10.182

55,4

TOTALE

7.827

100

10.553

100

18.380

100

Tabella I. Soggetti notificati per sesso e classe di età: frequenze assolute e relative. (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

Nella fascia di età 0-18 anni prevalgono, inoltre, i disabili di genere maschile con un leggerissimo ulteriore incremento rispetto a quanto registrato nel 2012; le femmine continuano, invece, ad essere mediamente più anziane rispetto ai maschi con punte massime registrate negli over-65 dove le stesse rappresentano, analogamente al trend registrato negli anni precedenti, oltre il 62% del campione.

La Tabella II è stata predisposta, come nei Report precedenti, nell’intento di colmare una tra le più importanti lacune conoscitive delle rilevazioni ISTAT che, purtroppo, trascurano quegli indicatori capaci di stimare, anche per difetto, quanti sono, nel nostro Paese, i bambini disabili in età pre-scolare (0-5 anni).

Età

Maschi

Femmine

Totale

N.

%

N.

%

N.

%

0-5

551

46,5

435

48,12

986

47,02

6-17

634

53,5

469

51,88

1.103

52,8

TOTALE

1.185

100

904

100

2.089

100

Tabella II. Soggetti minorenni notificati per genere e classe di età: frequenze assolute e relative (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

La sua analisi dimostra che, nel periodo in esame, 986 (vs. 899 del 2012, 809 del 2011, 747 del 2010 e 677 del 2009) sono stati i bambini in età pre-scolare per i quali è stato attivato il percorso assistenziale del riconoscimento dell’handicap non finalizzato all’inserimento scolastico: dunque, il 47,2% (vs. 47,09% del 2012) dell’intero gruppo. In questa fascia di età prevalgono i maschi e questa prevalenza diventa ancora più evidente se si esamina la fascia dei minori in età scolare.

Se si analizza, ancora, la distribuzione per territorio di residenza dei disabili minori si conferma il trend registrato negli anni precedenti: la maggior parte di essi risiede, infatti, nel Distretto sanitario Centro sud e nel Distretto sanitario Centro nord con tassi standardizzati grezzi per 10.000 abitanti, rispettivamente, di 11 (vs. 10,69 del 2012 e 10,93 del 2011) e di 11,8 (vs. 11,56% e 10,33%) che, tuttavia, si invertono se si analizza l’indice SIR. Indice che nel Distretto Centro nord è di 111,49 (vs. 111,79 del 2012 e 110,1 del 2011), nel Distretto Centro sud del 103,62 (vs. 103,63 e 104,42), nel Distretto est del 90,16 (vs. 91,37 e 91,31%) e nel Distretto ovest del 91,6 (vs 90,18 e 91).

Oltre che per classe di età e per sesso, la popolazione che compone il nostro database può essere esaminata in relazione ai Distretti sanitari in cui è amministrativamente ripartita la Provincia autonoma di Trento e che, purtroppo, non sono coincidenti con il territorio delle attuali Comunità di valle (Tabella III).

Totale

%

Tasso grezzo

Tasso standard

IC inf. (diretto)

IC sup. (diretto)

SIR

IC sup. (indiretto)

Distretto ovest

3.040

16,54

15,28

13,72

14,89

14,9

86,29

0,89

Distretto centro nord

5.380

29,27

20,95

19,34

20,29

20,3

117,42

1,21

Distretto centro sud

6.356

34,58

18,25

16,68

17,75

17,76

102,38

1,05

Distretto est

3.604

19,61

15,51

14,56

15,35

15,36

88,6

0,92

TOTALE

18.380

100

17,74

16,31

17,31

17,32

100

1,01

Tabella III. Soggetti notificati per Distretto sanitario di residenza e genere: frequenze assolute e relative, tassi grezzi e standardizzati per 10.000 (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

IC = Intervallo di confidenza; SIR = Standardized Incidence Ratio

L’analisi dei dati riportati in Tabella III evidenzia una certa variabilità dei tassi grezzi: i valori più elevati sono quelli registrati nel Distretto sanitario centro nord (20,95 vs. 19,84 del 2012 e 18,07 del 2011) e, a seguire, quelli registrati nel Distretto sanitario centro sud (18,25 vs. 17,05 e 15,53), nel Distretto sanitario est (15,51 vs. 14,64 e 13.08) e nel Distretto sanitario ovest (13,72 vs. 13,72 e 12,47). Se si standardizzano i tassi eliminando l’effetto della struttura per età si osserva un parziale livellamento dei valori pur permanendo l’andamento rilevato dai tassi grezzi. Il tasso standardizzato più alto è, infatti, quello che si osserva nel Distretto sanitario centro nord e nel Distretto sanitario centro sud; i tassi standardizzati più bassi si registrano, invece, negli altri due Distretti sanitari. Ricorrendo, infine, alla standardizzazione indiretta si conferma l’eccesso, statisticamente significativo rispetto alla media provinciale, del numero dei casi osservati tra i residenti del Distretto sanitario Centro nord e quello, statisticamente inferiore, tra i residenti nel Distretto sanitario ovest con picco massimo a 1,21 e valore minimo a 0,89. Ciò conferma come, nel periodo in esame, l’accesso a questa tipologia di servizio non è avvenuto in maniera omogenea sul territorio provinciale considerato che il percorso assistenziale è stato per lo più attivato dai cittadini disabili (o dai relativi familiari) residenti nei centri urbani rispetto a quelli residenti nelle zone di valle.

Gli altri indicatori statistici del database

L’ulteriore analisi statistica del database permette, inoltre, di acquisire altri elementi conoscitivi che ben rappresentano la complessità del fenomeno dell’handicap della Provincia autonoma di Trento; a tale scopo l’elaborazione dei dati è stata effettuata, dopo il linkage con l’anagrafe degli assistiti residenti in Trentino, con l’obiettivo di descrivere le caratteristiche più importanti delle persone disabili in vita alla data del 31 dicembre 2013.

Il numero delle persone disabili in vita del database

L’incrocio tra i due database consente, innanzitutto, di stimare il numero delle persone disabili in vita alla data del 31 dicembre 2013 che formano, nel loro complesso, l’anagrafe dell’handicap della Provincia autonoma di Trento: queste persone, sul totale delle 18.380 persone registrate dal database, sono 11.851 (vs. 10.908 del 2012, 9.643 del 2011, 8.770 del 2010 e 7.471 del 2009) con un numero, pertanto, di 6.529 decessi registrati (vs. 5.450 del 2012, 4.459 del 2011, 3.554 del 2010, 2.774 nel 2009 e 2.211 nel 2008) nel lungo arco temporale. Ciò conferma la perdita di stabilità del database già registrata dagli ultimi due Report e che era stata da noi ipotizzata in considerazione del progressivo invecchiamento della popolazione che attiva il percorso assistenziale finalizzato al riconoscimento dell’handicap: con la conseguenza che anche questo settore di tutela assistenziale risente di un elevatissimo indice di instabilità di turnover delle persone che lo compongono analogamente agli altri database di disabilità trentina.

L’andamento della domanda

La Tabella IV esamina i tassi standardizzati (per anno) delle persone riconosciute in situazione di handicap standardizzandoli in riferimento alla popolazione residente nella Provincia autonoma di Trento.

Anno

Tasso Standard

IC inf. (diretto)

IC sup. (diretto)

Tasso Standard - IC inf.

IC sup. - Tasso Standard

1993

0,86

0,86

0,86

0

0

1994

1,99

1,98

1,99

0,01

0

1995

3,43

3,42

3,44

0,01

0,01

1996

4,08

4,07

4,09

0,01

0,01

1997

5,26

5,25

5,27

0,01

0,01

1998

5,22

5,22

5,23

0,01

0,01

1999

6,63

6,62

6,64

0,01

0,01

2000

5,29

5,28

5,3

0,01

0,01

2001

9,1

9,09

9,11

0,01

0,01

2002

8,93

8,92

8,94

0,01

0,01

2003

11,9

11,89

11,91

0,01

0,01

2004

14,57

14,56

14,58

0,01

0,01

2005

16,46

16,45

16,47

0,01

0,01

2006

19,41

19,4

19,42

0,01

0,01

2007

21,93

21,91

21,94

0,02

0,01

2008

26,81

26,8

26,82

0,01

0,01

2009

27,27

27,26

27,29

0,01

0,02

2010

34,56

34,54

34,57

0,02

0,01

2011

29,29

29,27

29,3

0,02

0,01

2012

38,16

38,14

38,17

0,02

0,01

2013

33,7

33,69

33,72

0,01

0,02

Tabella IV. Nuovi casi notificati per anno: tassi standardizzati per 10.000 (anni 1993-2013). Provincia Autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

I tassi standard mostrano uno strano andamento, passando dallo 0,86/10.000 del 1993 alla punta massima registrata nel 2010 (34,56%) e con la risalita del picco registrata nel 2012 quando il tasso standard si è attestatato sul valore di 38,16. In questo bizzarro andamento statistico la curva temporale può essere segmentata in tre periodi: un primo periodo (compreso dal 1993 al 1997) in cui i tassi sono cresciuti progressivamente, un secondo periodo (compreso dal 1997 al 2000) in cui i tassi si sono sostanzialmente stabilizzati e un terzo periodo (successivo al 2000) in cui i tassi sono progressivamente incrementati fino alla crescita più significativa evidenziata a partire dal 2003, pur essendo stato registrato, nel 2011, un lieve decremento della curva che sembrava aver esaurito la sua crescita esponenziale la cui ascesa è ripresa l’anno successivo.

Le tipologie dell’handicap

L’elaborazione statistica dei dati permette di rappresentare altri indicatori a cominciare dalle diverse tipologie di handicap riconosciuto dalla Commissione sanitaria prevista dall’art. 4 della legge n. 104 del 1992 (Tabella V).

Tipologia di handicap riconosciuto

N.

%

Handicap con carattere di permanenza (c.1, art. 3 L.104/92)

3.572

29,08

Handicap con carattere di temporaneità

96

0,78

Handicap con carattere di permanenza e grado d’invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alla categoria prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10.08.1950, n.648 (art. 21 L.104/92)

114

0,93

Handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità (c. 3, art. 3 L.104/92)

6.433

52,37

Handicap con carattere di permanenza e connotazione temporanea di gravità (c. 3, art. 3 L.104/92)

1.636

13,32

Non handicap (c.1, art. 3 L.104/92)

417

3,82

Tabella V. Soggetti notificati per tipologia di handicap (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia Autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

Più della metà delle persone disabili (il 52,27% vs. 53,92%, 57,99%, 59,77% e 56,55% degli anni precedenti) in vita alla data del 31 dicembre 2012 sono state riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità, mentre altre 1.636 (il 13,32% del totale vs. 12,69%, 12,72%, 12,6% e vs. 12,43% degli anni precedenti) sono state riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza e connotazione temporanea di gravità; un quarto circa delle stesse (29,08% vs. 27,97%, 2.653, 25,78% e 24,46% degli anni precedenti) sono state, invece, riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza, 114 (0,93% vs. 0,87%, 1,02%, 1,08% e 1,17% degli anni precedenti) in situazione di handicap con carattere di permanenza e grado di invalidità superiore al 67% e, per 96 (0,78%), è stato, infine, riconosciuto uno stato di handicap non in situazione di gravità con carattere però di temporaneità. Solamente 417 persone componenti il database non sono state, invece, riconosciute in situazione di handicap.

La Tabella VI rappresenta la distribuzione delle diverse tipologie di handicap incrociandole con il genere, calcolando le frequenze assolute e quelle relative.

Tipologia di handicap

Maschi

Femmine

Totale

N.

%

N.

%

N.

%

Handicap con carattere di permanenza (c.1, art. 3 L.104/92)

1.426

29,43

2.146

30,63

3.572

30,14

Handicap con carattere di temporaneità

47

0,97

49

0,7

96

0,81

Handicap con carattere di permanenza e grado d’invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alla categoria prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10.08.1950, n. 648

41

0,85

73

1,04

114

0,96

Handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità

2.510

51,81

3.923

55,99

6.433

54,28

Handicap con carattere di permanenza e connotazione temporanea di gravità

821

16,95

815

11.63

1.636

13,8

TOTALE

4.845

100

7.006

100

11.851

100

Tabella VI. Soggetti notificati per tipologia di handicap e sesso: frequenze assolute e relative (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia Autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

I dati riportati in Tabella confermano la prevalenza del genere femminile evidenziando che questa differenza è particolarmente significativa nella classe dell’handicap permanente in situazione di gravità; i maschi prevalgono, invece, solo riguardo all’handicap permanente in situazione temporanea di gravità e nelle persone che hanno attivato i benefici assistenziali indicati dall’art. 21 della legge-quadro.

La Tabella VII esamina la diversa distribuzione dell’handicap riferendola all’età delle persone comprese nel database.

Tipologia di handicap

0-17anni

18-64 anni

Over-65

Totale

N.

%

N.

%

N.

%

N.

%

Handicap con carattere di permanenza

246

17,69

1.914

40,86

1.412

24,65

3.572

30,14

Handicap con carattere di temporaneità

42

3,02

47

0,99

7

0,12

96

0,81

Handicap con carattere di permanenza e grado d’invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alla categoria prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10.08.1950, n. 648

1

0,07

107

2,26

6

0,11

114

0,96

Handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità

378

27,17

1.981

41,87

4.074

71,11

6.433

54,28

Handicap con carattere di permanenza e connotazione temporanea di gravità

724

52,05

682

14,42

230

4,01

1.636

13,8

TOTALE

1.391

100

4.731

100

5.729

100

11.851

100

Tabella VII. Soggetti notificati per tipologia di handicap e classe d’età: frequenze assolute e relative (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia Autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

Se si analizzano le singole fasce di età non trova conferma quanto evidenziato nei Report degli anni precedenti visto il leggero decremento, per le persone minorenni, del riconoscimento dell’handicap con connotazione permanente di gravità. Tuttavia, se si sommano i soggetti minorenni riconosciuti in situazione di handicap con connotazione permanente con quelli riconosciuti in situazione temporanea di gravità è da osservare come, in questa fascia di età, si riscontra il maggior numero di persone disabili in situazioni di gravità (1.102 vs. 1.391).

Delle 4.319 persone registrate nella fascia di età 18-64 anni, 1.981 (vs. 1.860 del 2012 e 1.797 del 2011) sono state riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza e in situazione di gravità e 1.914 (vs. 1.738 del 2012, 1.495 del 2011 e vs. 1.269 del 2010) in situazione di handicap permanente senza la connotazione di gravità; 682 (vs. 584 del 2012 e 467 del 2011) sono state, infine, riconosciute in situazione di handicap permanente con connotazione temporanea di gravità e 107 (vs. 92 del 2012) in situazione di handicap permanente con invalidità superiore al 67% e/o con minorazioni ascritte alla categoria prima, seconda e terza della pensionistica di privilegio.

Riguardo alle persone anziane over-65, 1.412 (vs. 1.214 del 2012 e 965 del 2011) sono state quelle riconosciute in situazione di handicap permanente, 4.074 (vs. 3.878 del 2012 e 3.428 del 2011) quelle riconosciute in situazione di gravità e 230 (vs. 187 del 2012), infine, quelle riconosciute in situazione temporanea di gravità.

Analizzando, ancora, la distribuzione per età stratificata per tipologia di handicap si evidenzia come oltre il 40% delle persone riconosciute in situazione di handicap permanente si collocano nella fascia di età dei soggetti adulti (18-64 anni). L’handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità trova, invece, una diversa distribuzione in relazione alla fascia di età mostrando punte statistiche significative tra le persone anziane over-65 anche se, come detto, è tra i minori che prevale il suo riconoscimento. Le persone riconosciute, invece, in situazione di handicap permanente con connotazione temporanea di gravità sono prevalentemente distribuite nelle prime età della vita: oltre il 50% dei casi si concentra, infatti, in questa classe di età a dimostrazione che è, in questa fase della vita, molto spesso sottovalutata a livello delle scelte di politica sanitaria, che si devono concentrare i massimi sforzi dell’organizzazione per la presa in carico di queste persone e delle loro famiglie. Praticamente tutte le persone riconosciute in situazione di handicap permanente e con grado di invalidità superiore al 67% appartengono, infine, alla classe di età 18-64 anni.

Le menomazioni all’origine dell’handicap

Dati statistici di grande interesse per descrivere il fenomeno della disabilità in Provincia di Trento si desumono dall’esame della Tabella VIII, in cui sono rappresentate, differenziandole per i settori nosologici di appartenenza, le diverse malattie (menomazioni) che, nel periodo di riferimento, sono state accertate all’origine dell’handicap pur dando atto che questa situazione è il risultato del disfunzionamento complessivo della persona condizionato da variabili biologiche e dai fattori ambientali

La Tabella VIII riporta la distribuzione delle malattie (menomazioni) accertate, segmentandole per i diversi apparati organo-funzionali individuati dal Decreto del Ministero della Sanità del 5 febbraio 1992 (427 menomazioni inserite 23 in settori nosologici diversi).

Settore nosologico

N.

%

Apparato cardiocircolatorio

676

5,79

Apparato digerente

162

1,39

Apparato endocrino

413

3,54

Apparato fonatorio

10

0,09

Apparato locomotore - arto inferiore

403

3,45

Apparato locomotore - arto superiore

55

0,47

Apparato locomotore - rachide

192

1,64

Apparato psichico

2.469

21,15

Apparato respiratorio

130

1,11

Apparato riproduttivo

150

1,28

Apparato stomatognatico

11

0,09

Apparato uditivo

291

2,49

Apparato urinario

164

1,4

Apparato vestibolare

13

0,11

Apparato visivo

350

3,0

Patologia congenita o malformativa

229

1,96

Patologia immunitaria

262

2,24

Patologia neoplastica

1.235

10,73

Patologia sistemica

35

0,3

Sistema nervoso centrale e periferico

3.163

27,09

Tabella VIII. Soggetti notificati secondo il settore nosologico delle menomazioni accertate (dicembre 1992-31 dicembre 2013). Provincia Autonoma di Trento. Anagrafe dell’handicap

Il settore nosologico più rappresentato continua ad essere quello delle malattie del sistema nervoso centrale e delle malattie del sistema nervoso periferico che sono state, per comodità di analisi dei dati, ricondotte in un unico settore nosologico. In questo settore le malattie del sistema nervoso periferico restano prevalenti rispetto a quelle del sistema nervoso centrale (18,27 vs. 18,19, 17.76%, 17,32% e 16,1% degli anni precedenti). Seguono, in ordine decrescente, le malattie psichiche che risultano ancora in leggerissimo calo rispetto a quelle registrate antecedentemente (il 21,15 vs. 21,86, 22,86%, 23,37%, 23,67%, 23,7% e 23,61% degli anni precedenti), quelle neoplastiche che risultano, invece, ancora in incremento (10,73 vs. 10,14%, 81%, 9,55%, 8,24% e 7,56% degli anni precedenti), quelle dell’apparato cardio-circolatorio (5,79% vs. 5,89%, 5,89%, 5,97%, 6,11%, 6,39% e 6,16% degli anni precedenti), quelle dell’apparato uditivo (2,69% vs. 3,02%, 3,33%, 3,97%, 4,68% e 5,48% degli anni precedenti), quelle visive (3% vs. 3,21%, 3,42%, 3,75%, 4,01%, 4,2% e 4,54% degli anni precedenti), quelle dell’apparato locomotore ad interessamento degli arti inferiori (3,45 vs. 3,49%, 3,62%, 3,44%, 3,44% e 3,52% degli anni precedenti), quelle congenite-malformative (1,96% vs. 2,12%, 2,33%, 2,39%, 2,72%, 2,8% e 3,24% degli anni precedenti), quelle dell’apparato endocrino che registrano valori percentuali sovrapponibili a quelli registrati nel 2012, quelle immunitarie (2,24% vs. 2,14%, 2,02% e 1,98% degli anni precedenti), quelle dell’apparato digerente (1,39% vs. 1,29%, 1,35% e 1,23% degli anni precedenti), quelle respiratorie (1,11% vs. 1,16%, 1,15% e 1,1% degli anni precedenti) e, a seguire, tutte le altre.

Tra i deficit neurologici prevale la disabilità nel movimento a causa di una paraparesi con deficit di forza grave o ad una paraplegia associata o non a disturbi sfinterici (923 casi, il 29,18% del totale, vs. 867 casi del 2012 e vs. 764 casi del 2011), 749 (il 23,68% del totale vs. 668 casi del 2012) sono dovuti ad una paraparesi con deficit di forza medio, 200 casi ad una sindrome extrapiramidale parkinsoniana, 150 ad una tetraparesi con deficit di forza grave e 60 casi (1,9% del totale vs. 2,07% del 2012) ad una paralisi cerebrale infantile. Riguardo agli oltre 400 casi registrati di disturbi neurologici successivi a fatti cerebrali acuti, non si rilevano differenze statisticamente significative riguardo l’interessamento dell’emisoma (dominante e non dominante): di questi casi, 125 (3,95% vs. 4,27%, 4,64%, 4,35%, 5,56% e 6,16% degli anni precedenti) sono stati ricondotti ad una emiparesi grave o emiplegia associata a disturbi sfinterici, 185 casi ad una emiparesi con interessamento dell’emisoma dominante e 60 casi ad una emiparesi dell’emisoma non dominante; il disturbo afasico grave è stato invece rilevato in 29 casi. Un’altra disabilità statisticamente rilevante è la tetraparesi registrata in 279 casi; di questi, 150 (4,74% vs. 5,05% del 2012, 5,87% del 2011 e 5,88% del 2010) sono stati diagnosticati in una tetraparesi con deficit di forza grave o tetraplegia associata o non a incontinenza sfinterica) e 129 (vs. 119 del 2012 e 113 del 2011) in una tetraparesi con deficit di forza medio. I casi di sindrome extrapiramidale parkinsoniana o coreiforme o coreoatetosica sono stati 257: di questi, 200 (6,32% vs. 6,1%, 5,97%, 5,61%, 5,59% e 4,83% degli anni precedenti) sono stati qualificati in un disturbo di tipo grave e 57 (1,8% vs. 1,66%, 1,38%, 1,36% e 1,45% degli anni precedenti) in una sindrome extrapiramidale parkinsoniana o coreoatetosica. La patologia epilettica è stata registrata in oltre 100 casi: di questi, 25 casi (0,79% vs. 0,81%, 0,84% 0,81% e 1,04% degli anni precedenti) sono stati inquadrati in una malattia epilettica con crisi annuali in trattamento, 20 casi (0,63%) in una epilessia generalizzata con crisi mensili in trattamento, 16 casi (0,51%) in una malattia epilettica con crisi plurisettimanali in trattamento, 20 casi (0,63%) in una epilessia generalizzata con crisi mensili in trattamento e 15 casi (0,47%) in una malattia epilettica generalizzata con crisi quotidiane.

Tra le malattie riconducibili alla sfera psichica le più rappresentate, in termini assoluti e percentuali, sono le patologie dementigene. Non è, questa, una novità ma una conferma rispetto a quanto evidenziato nei Report degli anni precedenti poiché nel tempo si è assistito ad un progressivo incremento statistico di questa patologia: nel 2004 i casi registrati di demenza sono stati 212, nel 2005 271, nel 2006 345, nel 2007 547, nel 2008 705, nel 2009 778, nel 2010 973, nel 2011 1.069 e nel 2012 1.195. Dei 1.259 casi registrati complessivamente nel database, 967 (vs. 929 del 2012 e 845 del 2011) sono stati qualificati in una demenza grave e 275 (vs. 249 del 2012 e 209 del 2011) ad una demenza iniziale; a questi casi dobbiamo aggiungere i casi registrati nel settore neurologico con il codice 1001 (demenza di Alzheimer con deliri o depressione ad esordio senile) per un totale di oltre 1.300 persone dementi che fanno parte del database in vita alla data del 31 dicembre 2013. Segue, per frequenza statistica, l’insufficienza mentale: i casi complessivamente registrati nel periodo in esame sono stati 698 e di questi 320 (12,96% vs. 13,66% del 2012 e vs. 14,75% del 2011) sono stati qualificati in una forma grave, 216 (vs. 210 del 2012) in una forma media e 163 (6,6%), infine, in una forma lieve. Tra le malattie psichiatriche classiche prevale la sindrome schizofrenica cronica: i casi complessivamente registrati sono stati oltre 300 (vs. del 2012) e di questi 163 casi (6,6% vs. 4,45%, 4,7%,4,48%, 4,23 e 3,97% degli anni precedenti) sono stati individuati in una sindrome schizofrenica cronica grave con autismo delirio o profonda disorganizzazione della vita sociale, 75 (3,04% vs. 3,14%, 3,06, 2,75%, 2,68 e 2,31% degli anni precedenti) in una sindrome schizofrenica cronica con disturbi del comportamento e delle relazioni sociali e limitata conservazione delle capacità intellettuali e 25 casi (1,01% vs. 0,98%, 0,82%, 0,79%, 0,57% e 0,59% degli anni precedenti), infine, in una sindrome schizofrenica cronica con riduzione della sfera istintivo-affettiva e riduzione dell’attività pragmatica. Seguono, in ordine decrescente, i disturbi depressivi: di questi, la maggior parte (50 casi, 2,03% vs. 2,12% del 2012 e 2,01% del 2011) è stato ascritto ad un disturbo depressivo endogeno di media gravità; segue il disturbo depressivo endogeno di lieve gravità (48 casi, l’1.94% del totale) e il disturbo depressivo grave (30 casi vs. 24 del 2012). Discretamente rappresentati sono anche i disturbi ciclotimici: di questi, 20 casi sono stati ricondotti al codice 2201 (disturbi ciclotimici con crisi subentranti o forme croniche gravi con necessità di terapia continua), 19 casi al codice 2203 (disturbi ciclotimici con ripercussioni sulla vita sociale) e 10 casi al codice 2202 (disturbi ciclotimici che consentono una limitata attività professionale e sociale). I casi di psicosi ossessiva sono stati 26 (1,05% vs. 1,02%, 0,96%, 1,03% e 1,2% degli anni precedenti), 6 quelli di sindrome delirante cronica e 9, infine, i disturbi del comportamento esitati a traumi di sofferenza organica.

Ben rappresentate e in incremento sono, anche, le patologie neoplastiche; complessivamente le persone in vita alla data del 31 dicembre 2011 affette da una patologia neoplastica sono 1.235 (vs. 1.094 del 2012, 940 del 2011 e 659 del 2010). Sul totale dei casi registrati, quasi la metà (47,09% vs. 48,08%, 51,6%, 58,12%, 56,6%, 60,27% e 61,6% degli anni precedenti) sono stati riferiti ad una malattia neoplastica a prognosi infausta o probabilmente sfavorevole (codice 9325), 455 (vs. 388 del 2012, 316 del 2011 e 443 del 2010) ad una malattia neoplastica a prognosi favorevole ancorché con grave compromissione funzionale e 208 casi (vs. 186 casi (del 2012), infine, ad una malattia neoplastica a prognosi favorevole con modesta compromissione funzionale.

Tra le altre condizioni patologiche all’origine della disabilità accertata discretamente rappresentate sono anche le patologie cardio-circolatorie e le menomazioni degli organi di senso (vista e udito). Tra le menomazioni dell’apparato uditivo la più frequente è il sordomutismo seguito dalle perdite uditive mono o bilaterali pari o inferiori a 275 dB; tra le patologie dell’apparato visivo le più rappresentate sono la perdita del visus monolaterale e bilaterale e la cecità binoculare. Tra le malattie dell’apparato cardio-circolatorio quella più rappresentata risulta essere l’insufficienza cardiaca e, tra quelle dell’apparato locomotore, particolarmente rappresentate risultano il trattamento chirurgico con endoprotesi d’anca, l’anchilosi del rachide lombare e la patologia artrosica dell’anca con rigidità articolare superiore al 50%. Tra le malattie endocrine, quella statisticamente più frequente (riscontrata in oltre l’80% dei casi) è la patologia diabetica; tra quelle dell’apparato urinario, l’insufficienza renale cronica in trattamento dialitico (oltre il 60,0%); tra le malattie dell’apparato digerente la più rappresentata è, infine, la fibrosi cistica del pancreas complicata da pneumopatia cronica registrata in circa un terzo dei casi.

Il confronto con i Report degli anni precedenti non dimostra, pertanto, scostamenti significativi nella prevalenza delle malattie riconosciute all’origine dell’handicap; il solo dato di rilievo risulta essere l’ulteriore lieve incremento delle malattie neurologiche e di quelle neoplastiche, la sostanziale stabilità statistica di quelle psichiche in cui predominano i disturbi cognitivi e il contestuale leggero decremento delle patologie congenite-malformative nonché di quelle degli organi di senso.

I benefici e le agevolazioni assistenziali riconosciute

L’ultimo indicatore che resta da analizzare per comprendere gli interventi assistenziali erogati nella Provincia autonoma di Trento a favore delle persone riconosciute in situazione di handicap riguarda il numero e la tipologia dei benefici e delle agevolazioni assistenziali riconosciute che, evidentemente, si vanno ad aggiungere agli interventi di natura economica (cash benefits) che, nel nostro territorio, sono di circa 60 milioni di Euro.

Il loro impatto sulla spesa pubblica non è comunque trascurabile anche se, purtroppo, nel nostro Paese non esistono né dati né stime ufficiali in grado di documentare la loro effettiva numerosità con gravi ripercussioni sul sistema di contabilizzazione della spesa pubblica.

Li analizzeremo di seguito distinguendo:

  • quelli riconosciuti a favore di persone riconosciute in situazione di handicap permanente;
  • quelli concessi alle persone in situazione di handicap in situazione di gravità.

Le agevolazioni assistenziali concesse alle persone in situazione di handicap permanente

L’elaborazione statistica effettuata sul database registra un numero complessivo di 922 (vs. 933 del 2012) agevolazioni assistenziali autorizzate alle persone disabili riconosciute in situazione di handicap permanente residenti in Provincia autonoma di Trento e in vita alla data del 31 dicembre 2013. Tra di esse quelle maggiormente rappresentate sono, in ordine decrescente: la fornitura straordinaria e la riparazione di apparecchi, attrezzi, protesi ed ausili (248 casi, 26,9%), il diritto a servizi alternativi di trasporto collettivo o individuale (179 casi vs. 189 casi del 2012), il diritto a spazi riservati per la circolazione e la sosta in deroga dei veicoli al servizio delle persone disabili (101 casi vs. 106 casi del 2012), l’accesso a centri socio-riabilitativi ed educativi diurni riservati alle persone le cui potenzialità residue non consentono idonee forme di integrazione lavorativa (110 casi vs. 112 casi del 2012), il diritto alla scelta prioritaria tra le sedi disponibili riconosciuto alle persone in situazione di handicap permanente con grado di invalidità superiore al 67% e/o con minorazioni ascritte alle prime tre categorie della pensionistica di privilegio (102 casi vs. 159 casi del 2012) e il diritto di precedenza in sede di trasferimento (84 casi vs. 78 casi del 2012).

Dunque, con una sostanziale stabilità degli indicatori statistici rispetto a quanto osservato nei Report precedenti che è da ascrivere alle intervenute modifiche dell’assetto istituzionale, e più in particolare all’individuazione di organi tecnici diversi rispetto a quello indicato dall’art. 4 della legge-quadro in materia di handicap sia per l’inserimento delle persone disabili in comunità sia per l’autorizzazione alla fornitura di ausili o di presidi non indicati dal Nomenclatore-tariffario.

A conferma di quanto indicato nel Report del 2012, il diritto alla fornitura straordinaria di apparecchiature, di attrezzature, di protesi e di sussidi tecnici mostra il decremento sia nei valori assoluti che in quelli percentuali; tale dato va interpretato in relazione alle determinazioni assunte dalla Giunta provinciale di Trento con la delibera n. 1.245 approvata il 15 giugno 2007 («Nuove direttive in materia di assistenza protesica») che, nell’intento semplificare la prassi amministrativa, ha ricondotto la fornitura straordinaria di protesi, di ausili e di apparecchiatura non comprese nel Nomenclatore-tariffario ad un soggetto istituzionale diverso e, nello specifico, ad una Commissione tecnica multi-disciplinare costituita nel Distretto sanitario centro nord. E così dicasi per l’inserimento delle persone disabili nelle comunità residenziali, che è transitato alle Unità Valutative Multidisciplinari in seguito alla riforma del Servizio sanitario provinciale.

Per siffatte ragioni le persone comprese nel database alle quali sono stati erogati questi benefici assistenziali sono quelle visitate prima delle intervenute modifiche legislative.

Le persone riconosciute in situazione di handicap finalizzato alla fornitura straordinaria di protesi, di ausili e di apparecchi sono, infatti, 248 (vs. 265, 282 e 313 degli anni precedenti) e di queste la maggior parte sono di sesso maschile e in fascia di età compresa tra i 18 e i 65 anni. In oltre la metà dei casi il riconoscimento dell’handicap è avvenuto in relazione all’esistenza di una malattia del sistema nervoso centrale e periferico che è stata qualificata, in ordine decrescente, nell’esistenza di una paraparesi con deficit di forza grave, di un’insufficienza mentale, di un’emisindrome deficitaria motoria e di una paralisi cerebrale infantile. In tutti questi casi la fornitura straordinaria ha riguardato ausili per la deambulazione non previsti dal Nomenclatore-Tariffario. Tra le menomazioni sensoriali, le più rappresentate sono le perdite del visus e le perdite uditive: di questi ultimi, la maggior parte dei casi sono stati qualificati nell’esistenza del sordomutismo. In oltre 60 casi, infine, la fornitura straordinaria di apparecchiature, di attrezzature, di protesi e di sussidi tecnici è stata sostenuta da una disabilità di natura psichica; la patologia più rappresentata, in tale settore nosologico, continua ad essere l’insufficienza mentale (spesso in disabili affetti da sindrome di Down) e la demenza grave per la quale, quasi costantemente, è stata attivata la fornitura straordinaria di personal computer e di poltrone auto-elevabili.

A beneficiare del diritto ai servizi alternativi di trasporto collettivo e/o di trasporto individuale (179 casi vs. 189 del 2012 e vs.185 del 2011) sono prevalentemente i soggetti di sesso femminile e la maggior parte di esse si colloca nella fascia d’età dei soggetti anziani over65enni; 80 di essi si collocano, invece, nella classe d’età dei soggetti in età lavorativa e una decina di casi nella classe di età dei soggetti infra-18enni. Anche in questo caso, le malattie (menomazioni) più rappresentate sono quelle del sistema nervoso centrale e periferico; in ordine decrescente la paraparesi, l’emisindrome deficitaria motoria, la tetraparesi e la paralisi cerebrale infantile. Discretamente rappresentate risultano essere anche le altre malattie: in ordine decrescente le malattie psichiche, quelle degli organi di senso e quelle, infine, dell’apparato locomotore. Tra le malattie della sfera psichica assume particolare rilievo l’insufficienza mentale grave; tra le patologie degli organi di senso quella più rappresentata è la cecità e, tra quelle dell’apparato locomotore, la patologia articolare dell’anca. Stratificando le persone che hanno diritto di accesso a spazi riservati per gli autoveicoli a servizio dei disabili per classe di età, la maggior parte di essi si colloca nella fascia di età 18-64 anni. Anche in questa circostanza, le malattie maggiormente ricorrenti continuano ad essere quelle neurologiche: in ordine decrescente la paraparesi e l’emiparesi seguite dalla tetraparesi, dall’obesità con complicanze e dall’epilessia. Le malattie psichiche all’origine di tale agevolazione assistenziale sono state, invece, accertate in oltre 20 casi; tra queste, quelle più rappresentate sono l’insufficienza mentale grave e la demenza grave. Discretamente rappresentate sono anche, per questa tipologia di agevolazione assistenziale, le malattie dell’apparato locomotore, quelle degli organi di senso, le malattie dell’apparato urinario e le neoplasie. Quasi la metà delle malattie dell’apparato locomotore accertate sono riconducibili ad esiti di trattamento chirurgico con endoprotesi dell’anca; la metà dei casi di neoplasia sono stati ascritti ad una forma a prognosi probabilmente infausta mentre quasi tutti i casi di malattia dell’apparato urinario sono stati invece riferiti ad una nefropatia in trattamento emodialitico iterativo cronico.

L’accesso a centri socio-riabilitativi ed educativi diurni riservati alle persone senza possibilità di avviamento lavorativo è stato, ancora, riconosciuto in 110 casi. Si tratta, prevalentemente, di persone di genere femminile e la fascia di età più rappresentata è quella delle persone di età tra i 18 e i 65 anni (95 casi) affetti da patologie diverse: tra queste sono prevalenti i disturbi intellettivi, la paralisi cerebrale infantile, la trisomia 21 e la schizofrenia.

Dati di interesse emergono, invece, dall’analisi dei dati statistici che riguardano le agevolazioni lavorative previste dalla legge-quadro in materia di handicap permanente: nello specifico, il diritto di scelta prioritaria tra le sedi di lavoro disponibili e il diritto di precedenza in sede di trasferimento per la persona in situazione di handicap. La prima agevolazione lavorativa è stata riconosciuta in 102 casi (vs. 89 casi del 2012 e vs. 85 del 2011): tra le disabilità prevalgono quelle degli organi di senso seguite da quella psichica. Il diritto di precedenza in sede di trasferimento è stato, infine, riconosciuto in 84 casi (vs. 70 casi del 2012 e vs. 66 casi del 2011): anche in questa circostanza prevalgono le femmine sui maschi e le malattie degli organi di senso seguite da quelle della sfera psichica e da quelle neurologiche.

I benefici e le agevolazioni assistenziali concesse alle persone in situazione di handicap con carattere di gravità

Alle persone riconosciute in situazione di handicap permanente con connotazione di gravità residenti nella Provincia di Trento in vita alla data del 31 dicembre 2012 sono stati, invece, erogati 11.693 benefici/agevolazioni assistenziali con un trend in incremento rispetto agli anni precedenti (vs. 10.712 del 2012, 8.801 del 2011 e 7.324 del 2010): in 5.814 casi (il 49,72% del totale vs. 5.393, 4.795, 4.403 e 3.596 degli anni precedenti) il permesso retribuito di tre giorni per fornire l’assistenza al genitore/parente/affine non ricoverato a tempo pieno, in 1.803 casi (15,42% vs. 1.676, 1.612, 1.428 e 1.270 casi degli anni precedenti) le agevolazioni fiscali previste dalla normativa vigente, in 632 casi (il 5,4% vs. 596 casi del 2012) il diritto del genitore o del familiare che assiste la persona di non essere trasferita in altra sede di lavoro senza il suo consenso, in altrettanti casi (vs. 588 casi del 2012) il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio del genitore o del familiare assistito, in 213 casi (vs. 204 casi del 2012) il permesso retribuito del genitore per assistere il minore di tre anni non ricoverato a tempo pieno, in altrettanti casi il diritto al prolungamento del periodo di astensione dal lavoro del genitore del minore di tre anni, in 645 casi (vs. 562 casi del 2012) il permessi di due ore al giorno per il lavoratore riconosciuto in situazione di handicap con connotazione di gravità, in 626 casi (vs. 545 casi del 2012) il permesso in alternativa di tre giorni al mese per lo stesso lavoratore, in 467 casi (vs. 382 casi del 2012) il diritto del lavoratore a scegliere il luogo di lavoro più vicino al domicilio e in 440 casi (vs. 360 casi del 2012) il diritto del lavoratore di non essere trasferito in altra sede di lavoro.

Tra i benefici/agevolazioni assistenziali riconosciute alle persone che si trovano nella situazione prevista dall’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, particolare attenzione deve essere riservata, nell’analisi descrittiva, alle distinte situazioni fattuali previste da quella legge-quadro distinguendo:

  1. i benefici e le agevolazioni concesse a chi presta l’assistenza a queste persone disabili;
  2. i benefici e le agevolazioni concesse al lavoratore in situazione di handicap con connotazione di gravità per poter continuare l’attività lavorativa.

Quelle di cui al punto 1) sono benefici e agevolazioni orientate a dar sostegno della rete familiare dedicata all’assistenza della persona non istituzionalizzata e come tali vanno discusse esaminando la situazione trentina relativamente al riconoscimento dei benefici di cui all’art. 33, comma terzo, della legge-quadro1 (permesso retribuito per il genitore/parente/affine che assiste la persona con handicap con connotazione di gravità, tra il primo e il terzo anno di vita e successivamente al terzo anno di vita, non ricoverata a tempo pieno). Al riguardo occorre innanzitutto evidenziare che queste agevolazioni assistenziali, destinate a dar sostegno della rete familiare, sono le più numerose. Oltre la metà delle agevolazioni concesse riguarda, infatti, il diritto del lavoratore a fruire, anche in via frazionata, di tre giorni mensili per prestare l’assistenza al genitore, parente o affine purché non ricoverato a tempo pieno: questo diritto è stato riconosciuto in 5.814 casi (vs. 5.393 del 2012) anche se con un modesto calo percentuale rispetto a quanto osservato nel Report precedente (49,72% vs. 50,35%) al punto che se si volesse trovare il senso più profondo assunto dalla legge-quadro esso andrebbe individuato nel sostegno dato alla rete familiare occupata nell’assistenza della persona disabile non istituzionalizzata.

Dunque le persone in vita alla data del 31 dicembre 2013 che, in Provincia di Trento, hanno riconosciuto il diritto del familiare a tre giorni di congedo retribuito mensile non risultando istituzionalizzate sono quasi 6 mila: con un’assistenza prestata a 2.233 persone di genere maschile e a 3.591 femmine. Stratificandole per classe di età, queste agevolazioni lavorative sono state riconosciute in questa misura percentuale: in 767 casi (vs. 715 del 2012 e vs. 669 del 2011) a favore di persone minorenni oltre il terzo anno di vita, in 1.274 casi (vs. 1.153 del 2012 e vs. 1.069 del 2011) a favore di adulti in età lavorativa e in 3.733 casi (vs. 3.525 del 2012) a favore di anziani over-65enni. Il dato dimostra, pertanto, come l’assistenza domiciliare prestata alla persona anziana sia la circostanza più frequente all’origine dell’erogazione di questo beneficio assistenziale anche perché l’analisi statistica del database dimostra come le agevolazioni assistenziali previste a favore dell’assistenza prestata ai minori di tre anni non istituzionalizzati sia stata attivata in maniera di gran lunga inferiore. Ciò a causa di menomazioni diverse che impegnano il genitore nell’assistenza dei figli disabili: tra di esse, il ritardo intellettivo, le tetraplegie e i disturbi degli organi di senso. Con un inequivoco cambio di prospettiva rispetto alla persona anziana: perché mentre l’assistenza di queste persone si può avvalere, al momento, oltre che della rete familiare, anche dell’assistenza domiciliare, ciò non accade per i bambini disabili che, spesso, costringono uno dei due genitori, se entrambi lavoratori, al licenziamento anche per garantire al figlio quel supporto genitoriale, oltre che assistenziale, assolutamente necessario in queste situazioni che, di regola, richiedono un forte impegno assistenziale ed educativo.

Analogamente a quanto evidenziato nei Report precedenti non sono le malattie del sistema nervoso centrale e periferico quelle all’origine dell’agevolazione concessa per l’assistenza di persone anziane bensì quelle della sfera psichica e, in particolare, le malattie dementigene. Queste patologie sono state, infatti, accertate in 1.321 casi con un incremento statisticamente significativo che testimonia, sia pur indirettamente, il forte bisogno di assistenza richiesto al domicilio da questi malati e le difficoltà incontrate dalla rete familiare anche per la carenza nel nostro territorio di quell’offerta semiresidenziale assolutamente necessaria in queste situazioni. Tra i disturbi della sfera psichica all’origine di questo diritto merita ricordare il disturbo intellettivo e quello schizofrenico; seguono le altre patologie tra cui, in ordine decrescente, le malattie neurologiche, le neoplasie, le cardiopatie e la disabilità visiva.

Le agevolazioni di cui al punto 2) riguardano, invece, il lavoratore e, diversamente dalle precedenti, sono in qualche modo finalizzate a rendere compatibile la prestazione dell’attività lavorativa svolta dalle persone divenute disabili e, alternativamente, a garantire l’assistenza dagli stessi prestata alla persona disabile. Si tratta, dunque, di agevolazioni assistenziali con finalità diverse che possiamo così individuare:

  • il diritto del lavoratore a due ore al giorno di permesso retribuito;
  • le agevolazioni di cui all’art. 33, comma 52, della stessa legge (diritto di scelta, ove possibile, della sede di lavoro più vicina al domicilio del genitore o familiare che assiste con continuità la persona handicappata);
  • il diritto di chi assiste la persona disabile non essere trasferito in altre sedi di lavoro (art. 33, comma 6).

Iniziamo esaminando queste ultime agevolazioni assistenziali.

Il diritto di scelta, ove possibile, della sede di lavoro più vicina al domicilio del genitore o del familiare che assiste con continuità la persona disabile non istituzionalizzata è stato riconosciuto in 644 casi (vs. 588, 547, 496, 429 e 387 casi degli anni precedenti) e con una prevalenza, riguardo al genere, delle femmine. Stratificando la loro età, in 140 casi (vs. 129, 117, 114 e 103 casi degli anni precedenti) il diritto è stato riconosciuto a persone che assistono la persona disabile minorenne, in 150 casi (vs. 142, 130, 117 e 108 casi degli anni precedenti) a persone che assistono la persona disabile in età compresa tra i 18 e i 64 anni e in 342 casi (vs. 317 del 2012) a lavoratori che assistono persone anziane over-65 in situazione di handicap permanente con connotazione di gravità. A conferma di quanto nel passato osservato, le menomazioni più rappresentate sono riconducibili alle malattie della sfera psichica e in primo luogo alla demenza; seguono, per frequenza, le malattie del sistema nervoso centrale e periferico (la paraparesi, la sindrome extrapiramidale parkinsoniana, la paralisi cerebrale infantile), l’insufficienza mentale, le menomazioni degli organi di senso, le neoplasie e la patologia diabetica.

Il diritto del genitore o del familiare che assiste con continuità la persona disabile di non essere trasferito in un’altra sede di lavoro senza il proprio consenso è stato, invece, riconosciuto in 632 casi (vs. 596, 541, 498, 413 e 364 casi degli anni precedenti) anche in questo caso con differenze legate al genere. Anche in questa circostanza la fascia di età degli anziani ultra-65enni è quella più rappresentata (345 casi vs. 317, 290 e 266 casi degli anni precedenti); in 151 casi (vs. 150, 136, 125 e 101 degli anni precedenti) l’agevolazione assistenziale è stata concessa a familiari di disabili minorenni e negli altri casi a familiari di persone in età lavorativa. Anche in questo caso prevalgono i disturbi cognitivi, l’insufficienza mentale e la sindrome schizofrenica cronica. Anche le malattie neurologiche con disturbi del movimento sono ben rappresentate: la paraparesi è stata accertata in 65 casi. Seguono le neoplasie, il diabete complicato, i gravi disturbi dell’acuità visiva e la paralisi cerebrale infantile.

Un discorso a parte merita il diritto riconosciuto ai lavoratori di fruire di permessi retribuiti: questa agevolazione è stata riconosciuta in 626 casi nella forma dei tre giorni al mese e in 645 casi nella forma delle due ore al giorno di permesso retribuito, anche in questo caso con una leggera prevalenza delle femmine. Stratificando l’età, la stragrande maggioranza dei soggetti (oltre il 97%) si colloca, come è naturale attendersi, trattandosi di un permesso concesso ai soggetti in costanza di lavoro, nella fascia dei soggetti adulti in età lavorativa. Analizzando le malattie che hanno condizionato il riconoscimento dell’handicap in situazione di gravità e il conseguente diritto alla fruizione dei permessi lavorativi retribuiti, tutti i settori nosologici risultano essere ben rappresentati anche se con un’inversione di tendenza rispetto a quanto in precedenza osservato: in questa circostanza le malattie più rappresentate sono, infatti, le neoplasie e le malattie del sistema nervoso, mentre il disturbo cognitivo è stato accertato in una unica circostanza. La patologia più frequente rappresentata è, dunque, in questa circostanza, quella neoplastica, seguita dai disturbi del movimento riferiti prevalentemente ad un disturbo paraparetico con deficit di forza grave spesso associato paraparesi a disturbi sfinterici. Discretamente rappresentate sono, nel riconoscimento di tale diritto assistenziale, anche le malattie della sfera psichica, quelle degli organi di senso e le malattie dell’apparato urinario; tra le prime prevale la sindrome schizofrenica cronica e il deficit intellettivo, tra le seconde la perdita del visus è quella percentualmente più registrata e, tra le malattie dell’apparato urinario, prevale l’insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico. Anche il diabete complicato e le malattie di origine autoimmune sono discretamente rappresentate: in ordine decrescente l’artrite reumatoide, il lupus eritematosus sistemico, la sclerodermia e la polimiosite.

Analogamente a quanto osservato per il permesso retribuito lavorativo di tre giorni mensili, anche il beneficio assistenziale dei permessi retribuiti giornalieri è stato quasi esclusivamente riconosciuto a favore di soggetti adulti in età lavorativa; anche in questo caso prevalgono le femmine sui maschi e la distribuzione delle patologie, raggruppate per settore nosologico, è del tutto simile a quella in precedenza analizzata. Anche in questa circostanza le malattie più rappresentate sono quelle neoplastiche e quelle del sistema nervoso centrale. Tra le prime prevalgono nettamente le patologie neoplastiche a prognosi grave rispetto a quelle a prognosi migliore sia pur comportanti una grave compromissione funzionale. Tra le malattie del sistema nervoso si conferma la prevalenza del disturbo paraparetico, la tetraparesi e le emisindrome deficitarie. Ben rappresentati anche i disturbi della sfera psichica tra cui prevale la schizofrenia seguito dal disturbo ciclotimico e da quello depressivo. Seguono, per frequenza, l’insufficienza renale in trattamento emodialitico, l’artrite reumatoide, la cecità, le cardiopatie gravi, la patologia diabetica, la sclerodermia e i trapianti di organo.

Il diritto di accedere all’ampia gamma delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa vigente è stato riconosciuto in 1.803 casi (vs. 1.676, 1.612, 1.482 e 1.270 casi degli anni precedenti), senza particolari differenze statistiche significative riguardo al genere. La stratificazione per classi di età porta, invece, ad osservare come la maggioranza di queste persone si collochi nella fascia 18-64 anni (960 vasi vs. 880 del 2012) e come un terzo circa delle stesse (603 casi vs. 567 del 2012) si collochi nella fascia delle persone anziane ultra-65enni osservandosi, al riguardo, un ulteriore invecchiamento della popolazione che beneficia delle agevolazioni fiscali rispetto al numero dei minori (240 casi vs. 229 del 2012). Le malattie prevalentemente riconosciute all’origine di tale diritto sono quelle del sistema nervoso centrale e periferico (circa il 30%) seguite dalle malattie degli organi di senso e dalle malattie psichiche. Tra le malattie degli organi di senso, la minorazione più rappresentata è il sordomutismo; tra le malattie del sistema nervoso la paraparesi con deficit di forza grave e con deficit di forza medio, l’emisindrome deficitaria motoria e la tetraparesi; tra le malattie dell’apparato psichico l’insufficienza mentale grave, le demenze e, infine, l’insufficienza mentale.

Sinossi dei dati statistici

L’aggiornamento dell’anagrafe dell’handicap della Provincia autonoma di Trento e l’elaborazione statistica completata dimostrano:

  • la presenza, nel database, di 18.380 persone (vs. 16.358 del 2012) che, a partire dal 1992, hanno presentato oltre 23 mila domande finalizzate ad ottenere i benefici e le agevolazioni assistenziali previste dalla legge-quadro in materia di handicap;
  • come quelle in vita alla data del 31 dicembre 2011 sono 11.851 con un numero, pertanto, di oltre 6 mila decessi registrati (nel lungo arco temporale che dimostra, rispetto ai Report degli anni precedenti, la non stabilità del database);
  • il lieve decremento registrato della domanda con un tasso che, nel 2012, si è attestato sul valore del 33,7/10.000 abitanti;
  • il progressivo ulteriore invecchiamento della popolazione del database (le persone over-65 passano dal 48,63% registrato nel 2009 al 55,4% del 2013) e la graduale riduzione percentuale dei minori (dal 16,8 registrato nel 2006 all’11,37% del 2013) anche se, in questa fascia di età, continua ad essere prevalente la percentuale delle persone disabili riconosciute in situazione di handicap permanente e/o temporaneo con connotazione di gravità;
  • come le donne disabili continuano ad essere mediamente più anziane rispetto ai maschi e come tale rapporto si inverta nella fascia di età 0-18 anni dove prevalgono, invece, i disabili di sesso maschile pur non emergendo, nella fascia di età 18-65 anni, variazioni statisticamente significative in rapporto al genere;
  • la presenza, nel database, di una fascia non trascurabile della popolazione disabile in età pre-scolare: 986 sono stati i bambini compresi in questa fascia di età per i quali è stato attivato il percorso assistenziale finalizzato all’accertamento dell’handicap non ai soli fini della frequenza scolastica;
  • la prevalenza del riconoscimento dell’handicap in situazione di gravità: 6.433 (vs. 6.114 del 2012 e 5.592 del 2011) sono state le persone disabili riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza e connotazione di gravità e 1.636 (vs. 1.439 del 2012 e 1.227 del 2011) quelle riconosciute in situazione di handicap con carattere di permanenza e connotazione temporanea di gravità;
  • la prevalenza delle malattie neurologiche che producono, a conferma dei dati resi noti dall’ISTAT, il più alto tasso di disabilità anche nel nostro contesto territoriale (le malattie del sistema nervoso centrale e del sistema nervoso periferico rappresentano il 27,09% vs. 27,37% del 2012) e il progressivo incremento di quelle psichiche (dei disturbi dementigeni in particolare) che, se esaminate in relazione alle persone over-65, sono i più rappresentati;
  • il riconoscimento, per i soggetti in vita alla data del 31 dicembre 2012, di oltre 12 mila benefici/agevolazioni assistenziali con un trend in incremento rispetto agli anni precedenti: in 5.814 casi il permesso retribuito di tre giorni per fornire l’assistenza al genitore/parente/affine non ricoverato a tempo pieno, in 1.803 casi le agevolazioni fiscali previste dalla normativa vigente, in 632 casi il diritto del genitore o del familiare che assiste la persona di non essere trasferita in altra sede di lavoro senza il suo consenso, in altrettanti casi il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio del genitore o del familiare assistito, in 213 casi il permesso retribuito del genitore per assistere il minore di tre anni non ricoverato a tempo pieno, in altrettanti casi il diritto al prolungamento del periodo di astensione dal lavoro del genitore del minore di tre anni, in 645 casi il permessi di due ore al giorno per il lavoratore riconosciuto in situazione di handicap con connotazione di gravità, in 626 casi il permesso in alternativa di tre giorni al mese per lo stesso lavoratore, in 467 casi il diritto del lavoratore a scegliere il luogo di lavoro più vicino al domicilio e in 440 casi il diritto del lavoratore di non essere trasferito in altra sede di lavoro;
  • la persistente disomogeneità di accesso al servizio erogato, per lo più attivato dai cittadini disabili (o dai relativi familiari) residenti nei grandi centri urbani rispetto a quelli residenti in periferia e nelle zone di valle.

Conclusioni

In questo momento storico di crisi esistono, a nostro modo di vedere, alcune legittime priorità che vogliamo sottoporre alla riflessione pubblica essendo trascorso oramai più di un ventennio dall’approvazione della legge-quadro in materia di handicap. Legge che resta, sia pur con qualche cono d’ombra, un esempio di come il legislatore italiano sappia promulgare buone leggi. E ciò per almeno due ordini di ragioni: in primo luogo perché con essa ha interrotto quel (perverso) circuito orientato a dare una risposta sociale alla disabilità con la sola erogazione di cash benefits di cui non conosciamo al momento gli outcomes in termini di salute; in secondo luogo per aver indicato a tutti (professionisti compresi) un concetto moderno di disabilità rendendolo indipendente da quelle variabili etiologiche che l’hanno trasformata in mille rivoli diversi per considerarla come uno stato aperto e dinamico e come il risultato tra la disorganicità biologica e l’ambiente in cui la persona vive, inteso naturalmente in direzione ampia e non solo come amplificatore del bisogno.

Una buona legge, dunque, che ha voluto offrire una risposta ai bisogni di salute delle persone disabili non istituzionalizzate a tempo pieno sostenendo non solo la loro domiciliarità ma anche i lavoratori impegnati nell’assistenza familiare tramite il riconoscimento di quei congedi parentali che, come si è visto, rappresentano il percorso assistenziale più frequentemente azionato in Provincia di Trento. A dimostrazione che questa legge fornisce una risposta forte (e non equivoca) anche se insufficiente a quelle reti familiari composte anche da lavoratori impegnati nell’assistenza delle persone disabili.

Se così è occorre, a nostro modo di vedere, invertire quella rotta di tendenza che ha visto, soprattutto nel nostro territorio, privilegiare le forme di long term care realizzate attraverso un esagerato investimento sulle strutture extra-familiari residenziali cui è stata delegata l’assistenza delle persone disabili non autosufficienti e anziane. Ciò non solo a causa degli elevatissimi costi sociali di queste strutture ma anche perché questo investimento ha dimenticato che tra la domiciliarità e la residenzialità esistono forme di assistenza semi-residenziale che occorre realizzare nel breve periodo per sostenere la famiglia sia in condizioni di ordinarietà sia di straordinarietà (ricoveri di sollievo). Anche perché le moderne politiche sociali non possono dimenticare che, oltre alla persona disabile, l’impegno pubblico deve anche sapersi prioritariamente orientare al sostegno della famiglia che viene messa a dura prova nel carico assistenziale e che è, dunque, esposta a molte forze vettoriali che su di essa agiscono in maniera negativa. Non dimenticando che la struttura della famiglia italiana è profondamente cambiata negli ultimi decenni (essa non è più allargata ed in essa la donna non assolve più a quella funzione di maternage che la stessa ha esercitato per secoli) e che questa repentino cambiamento sociologico richiede di pensare al suo sostegno attuato non solo attraverso i trasferimenti monetari che, spesso, fungono da volano per la (de)responsabilizzazione dell’Ente pubblico e dei professionisti della salute.

Occorre, dunque, intervenire sulla domiciliarità senza però scaricare sulle famiglie il peso (e la solitudine) dell’assistenza, che viene spesso affidata a personale (le assistenti domiciliari) poco formato in termini professionali e che occorre, in qualche modo, specializzare pensando a formule di integrazione tra l’Ospedale (e le Residenze Sanitarie Assistenziali – RSA) e il territorio, valorizzando le risorse distrettuali e, soprattutto, il ruolo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta quali snodi davvero capaci di modulare l’assistenza socio-sanitaria.

Occorre, ancora, investire di più sui servizi di assistenza territoriale e integrare quel formidabile sistema informale che è rappresentato dalle libere associazioni, dal mondo del volontariato, dagli enti con finalità religiosa all’interno di quel sistema a rete da più parti auspicato ma mai realizzato davvero e sperimentare formule spendibili di long term care ad elevata integrazione socio-sanitaria; ciò richiedendo non solo la conoscenza dei bisogni, ma soprattutto la messa in rete dei servizi (sociali e sanitari), la loro capacità di adattarsi, flessibilmente, ai bisogni della persona disabile e di saper misurare gli esiti degli interventi realizzati non più in termini autoreferenziali.

Ed occorre, infine, individuare un’unica regia istituzionale dedicata a questo settore della cura perché non è più possibile che il mondo del sociale e quello sanitario lavorino a compartimenti stagni, con linguaggi diversi e con finalità spesso non coincidenti anche se la riforma istituzionale trentina ha deciso, infelicemente, di dare assetti istituzionali diversi a questi due mondi ponendoli rispettivamente dentro le Comunità di valle e il Servizio sanitario provinciale. Regia che deve essere capace di individuare i bisogni della persona e di personalizzarli prima di porre in essere quegli interventi economici ed assistenziali previsti dal nostro sistema di welfare che occorre valorizzare e ottimizzare. Non già per dubitare della buona fede di qualcuno ma per orientarli al bisogno di salute della persona e al sostegno della rete familiare, che restano gli obiettivi della solidarietà sociale.

In questa direzione speriamo si voglia andare con il coraggio delle idee e con la forza delle azioni assumendoci la nostra parte di responsabilità: alla politica spetta il compito di riformare il sistema di welfare non già impoverendolo con i soli tagli trasversali per far cassa e/o con provvedimenti poco rispondenti ai diversificati bisogni sociali (in tal senso è da auspicare che la disciplina data in Trentino all’assegno di cura sappia fare una marcia indietro rispetto alla scelta di monetizzazione a pioggia della disabilità), ma sapendolo sviluppare nella direzione da noi più volte auspicata; ai tecnici (speriamo, illuminati) spetta la forte ricerca di sinergia tra gli interventi sociali e sanitari che debbono prendere davvero in carico i bisogni delle persone più fragili; ai medici e agli operatori del sociale, la voglia di cambiare, di sperimentare forme di intervento non più basate sulle sole logiche prestazionali e la sensibilità di promuovere davvero i diritti delle persone più deboli assumendosene la responsabilità.

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1 Art. 33 (Agevolazioni): «[…] 3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente».

2 «5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.

7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.»

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