PM&AL 2015;9(1)7-13.html

L’infortunio lavorativo e la malattia professionale in un mondo del lavoro che cambia. Trattazione e obblighi del medico di base

Giuseppina Dino 1

1 Dirigente medico di 1° livello, Sede INAIL Palermo

Abstract

This article describes functions and tasks of INAIL (the Italian insurance institute for workplace injury and work related illness), given the changes in the world of work with its relevant legislation. In addition, the article explains the mission of INAIL, in the prevention, insurance and rehabilitation.

The main concepts that characterize the work injury and occupational disease are defined. Then the legal obligations of family doctors in the treatment of injuries and work related illnesses are highlighted.

Keywords: Workplace injury; Work-related illness; Family doctor

The workplace injury and work-related illness in the changing world of work. Legal obligations of the family doctor

Pratica Medica & Aspetti Legali 2015; 9(1)7-13

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v9i1.1160

Corresponding author

Giuseppina Dino

g.dino@inail.it

Disclosure

L'autore dichiara di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

L’INAIL: mission e competenze

L’INAIL, Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, ente pubblico non economico, gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. La tutela del cittadino lavoratore è statuita dall’art. 1 della nostra Costituzione: «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro», e dall’art. 38 della stessa Carta Costituzionale: «i lavoratori hanno diritto che siano previsti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità vecchiaia e disoccupazione involontaria». Le prestazioni previste dal Testo Unico delle disposizione per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, n. 1124/65 [1], e fornite dall’INAIL sono le seguenti:

  • una indennità giornaliera per inabilità tem­poranea;
  • una rendita per inabilità permanente e ai superstiti, con assegno una tantum in caso di morte;
  • cure mediche e chirurgiche, accertamenti clinici in convenzione con le regioni;
  • apparecchi protesici, cure idrofangotermali e soggiorni climatici.

Ulteriori disposizioni, previste dal T.U. 1124/65, permettono l’erogazione di prestazioni speciali, quali: quote integrative alle rendite degli assicurati, previste per inabilità di congiunti disabili; rendita di passaggio in caso di silicosi ed asbestosi; assistenza ai grandi invalidi e tutela degli orfani e dei caduti sul lavoro.

Fino al 1978, l’INAIL forniva le cure mediche agli infortunati sul lavoro e ai tecnopatici, in regime esclusivo, presso i Centri Traumatologici Ortopedici e presso i propri ambulatori medici.

La legge 833/78, “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”, nell’intento di rendere le prestazioni sanitarie uguali per tutti i cittadini, ha eliminato tutti gli enti previdenziali esistenti e ha tolto anche all’INAIL tutte le funzioni e le strutture a disposizione esclusiva dei lavoratori. Resosi conto il legislatore del vuoto assistenziale creatosi, nel 1988, con la legge finanziaria 67 [2] si restituisce all’INAIL la possibilità di dotarsi di ambulatori detti di “Prime cure”, al fine di prestare idonee cure agli infortunati.

Gli ambulatori “Prime cure” sono oggi presenti nella maggior parte delle sedi INAIL d’Italia; presso i centri Polidiagnostici regionali sono disponibili specialisti e apparecchiature per esami strumentali; presso alcune sedi sono stati anche aperti Centri di Fisioterapia, ad esclusivo uso degli infortunati, a cui vengono prestate, nel corso del periodo d’inabilità temporanea assoluta, le cure fisioterapiche necessarie, per il recupero della capacità lavorativa e del cosiddetto “gesto lavorativo”.

La mission dell’INAIL oggi si identifica con la “presa in carico totale del lavoratore”: ci si prefigge di ottenere un recupero, in tempi brevi e il più completo possibile, della capacità lavorativa degli assicurati, erogando particolari prestazioni agli invalidi sul lavoro e ai grandi invalidi.

In ambito di prevenzione, l’INAIL ha sviluppato progetti mirati all’attuazione e alla diffusione delle misure preventive più idonee per la salute e la sicurezza dei lavoratori, a partire dalla popolazione scolastica. Con il progetto NAPO, destinato agli alunni della scuola primaria, si educano i bambini, futura popolazione lavorativa, a riconoscere e fronteggiare i rischi più frequenti sui luoghi di lavoro. Non è un caso che con la legge 122/2010, che ha istituito il “Polo salute e sicurezza”, l’INAIL abbia inglobato anche l’ISPESL, l’ente preposto allo studio e all’emanazione delle linee guida sui rischi lavorativi.

Sul versante riabilitazione, i Centri Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (BO) e presso il CTO di Roma si occupano della fornitura agli invalidi sul lavoro di protesi costruite su misura, con caratteristiche tecniche fra le più avanzate, quale è ad esempio il ginocchio elettronico. In tali centri lavorano ingegneri, tecnici ortopedici, fisiatri e fisioterapisti che seguono i pazienti anche in regime di ricovero.

Altresì l’INAIL, grazie alla convenzione con i Sistemi Sanitari Regionali, prevista dalla Conferenza Stato Regioni, può mettere a disposizione i propri ambulatori e specialisti anche agli assistiti del Servizio Sanitario Nazionale.

Si può affermare che per l’INAIL, anche a seguito delle recenti innovazioni normative, la tutela nei confronti dei lavoratori, abbia assunto sempre più le caratteristiche di “sistema integrato”: in ambito prevenzione con gli interventi di prevenzione nei luoghi di lavoro; in ambito assicurativo con le prestazioni sanitarie ed economiche per gli assicurati fino alla guarigione; e in ambito riabilitativo, con interventi mirati per il reinserimento nella vita sociale e lavorativa di coloro che hanno subìto danni fisici a seguito di infortunio o malattia professionale.

L’infortunio e la malattia professionale

Per la corretta trattazione dell’infortunio e della malattia professionale, occorre che essi siano definiti, sia come oggetti dell’assicurazione INAIL, sia dal punto di vista medico-legale [1,3,4].

L’art. 2 del T.U. 1124/65 definisce l’oggetto dell’assicurazione INAIL come «tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta, in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o una inabilità permanente al lavoro assoluta o parziale, ovvero una inabilità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro per più di 3 giorni».

Pertanto l’infortunio sul lavoro per l’INAIL, dal punto di vista assicurativo è indennizzabile solo se si concretizzano i 3 elementi: causa violenta; occasione di lavoro; danno lavorativo (Tabella I).

Dal punto di vista medico-legale, l’infortunio sul lavoro si può definire come un «evento fortuito e non prevedibile, determinato da una causa violenta, concentrata nel tempo ed avvenuta in occasione di lavoro» (Tabella I).

Dal punto di vista assicurativo

  • Causa violenta
  • Occasione di lavoro
  • Danno lavorativo

Dal punto di vista medico-legale

  • Evento fortuito e non prevedibile
  • Causa violenta, concentrata nel tempo
  • Occasione di lavoro

Tabella I. Elementi chiave per la definizione di infortunio sul lavoro

In primo luogo, l’evento infortunistico deve essere “accidentale e fortuito”, deve avere cioè caratteristiche di involontarietà e di imprevedibilità; non deve essere provocato dallo stesso lavoratore, altrimenti si parlerebbe di dolo, che esclude di per sé l’indennizzabilità dell’evento. Può verificarsi però, per colpa o dolo di terze persone, oppure per negligenza, imperizia e imprudenza dello stesso lavoratore o di altri, e anche in questo caso l’infortunio è indennizzabile, salvo poi l’Istituto rivalersi sugli eventuali terzi “colpevoli”, se ovviamente la controparte risulta identificabile, come ad es. assicurazioni private oppure datore di lavoro inadempiente alle leggi sulla sicurezza.

Per “causa violenta” si intende quell’agente meccanico, fisico, chimico, ma anche biologico, esterno all’individuo, che agisce con una vis lesiva tale (causa efficiente), non necessariamente di violenza estrema, da determinare un danno, anche non permanente o nell’immediato, sull’organismo. La causa violenta può non dare effetto nell’immediato (come nel caso coltello-ferita), ma può agire anche nel corso di un intero turno lavorativo, come accade nel caso di una fuga di gas o di un’inalazione acuta da sostanze chimiche. La causa violenta può non essere identificabile con certezza, come nel caso delle malattie determinate da agenti biologici, quali batteri, virus, miceti. Nel caso di trasmissione parenterale, come per i virus delle epatiti e dell’AIDS, potrebbe non essere individuabile il momento in cui l’agente è entrato in contatto con l’individuo, tramite ad es. una puntura d’ago accidentale, in alcune attività a rischio quali infermieri, chirurghi, ecc.; per tali casi, dopo adeguato iter istruttorio da parte INAIL, più che altro di esclusione di altri fattori di rischio (trasfusioni pregresse, interventi chirurgici, comportamenti a rischio), scatta comunque l’indennizzo, applicandosi il criterio giuridico della “presunzione semplice d’origine”.

Tutte le malattie causate da agenti biologici infettivi sono pertanto trattate dall’INAIL come infortuni, ad eccezione dell’anchilostomiasi, inserita nella tabella delle malattie professionali (MP). La tubercolosi, vista la diffusione della malattia, fino a qualche anno fa prevedeva una trattazione speciale da parte INPS, ma adesso, dato il ridursi del fenomeno, è considerata a tutti gli effetti malattia infortunio, così come la malaria.

La causa violenta deve avere anche caratteristiche di abnormità, distinguendosi così da quegli atti, anche sforzi, che vengono normalmente svolti dai lavoratori nel corso della loro abituale attività lavorativa; per essere identificata come sforzo abnorme l’azione che viene abitualmente compiuta deve quindi avere richiesto un espletamento di energia superiore, esorbitante quella normalmente impiegata, ad es. a causa di sollevamento di carichi superiori a quelli previsti per legge, oppure per resistenza del peso sollevato, oppure ancora per posizioni anomale, incongrue, che il lavoratore ha assunto nel compiere l’atto di forza.

Per configurarsi l’“occasione di lavoro”, l’infortunio deve avvenire in ambiente lavorativo e/o in situazioni che riguardino il lavoro. È indennizzabile dall’INAIL il caso dell’agricoltore che si trova sul trattore in aperta campagna e, aggredito da uno sciame di vespe, muore per shock anafilattico; oppure il caso del postino che consegna la posta in un casolare di campagna e subisce l’aggressione dei cani da guardia. In entrambi i casi è facilmente riconoscibile l’occasione di lavoro. Altresì deve essere presente la finalità di lavoro, intesa come la “limitazione spazio temporale” dell’evento. La limitazione temporale trova nel turno di lavoro i suoi confini; la limitazione spaziale è dilatabile, estendibile anche oltre i confini del posto di lavoro strettamente inteso. Sono questi i casi dei rappresentanti di commercio oppure dei lavoratori in missione.

Un discorso a parte merita “l’infortunio in itinere”, da non confondere con gli infortuni che riguardano i rappresentanti di commercio o i lavoratori in missione. L’infortunio in itinere è quello che colpisce il lavoratore durante il percorso per recarsi dal luogo di lavoro al proprio domicilio e viceversa. L’art. 12 del D.L. 38/2000 [5] ha stabilito che: «il lavoratore è assicurato contro gli infortuni che si verificassero durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega i due luoghi di lavoro, nel caso il lavoratore abbia più rapporti di lavoro e qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di abituale consumazione dei pasti, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro e comunque non necessitate (cioè dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali od improrogabili o nell’adempimento di obblighi penalmente rilevanti)». Viene previsto l’uso del mezzo privato SOLO nel caso di luoghi di lavoro non collegati o mal collegati con i mezzi pubblici, e/o nel caso in cui gli orari e turni di lavoro o pronta reperibilità, rendano necessario l’uso del mezzo privato per raggiungere il luogo di lavoro; in questo caso l’uso del mezzo privato deve essere autorizzato.

Per malattia professionale (MP) si intende una «malattia contratta a causa o in corso di attività lavorativa o per l’ambiente lavorativo».

L’art. 3 del T .U . 1124/65 stabilisce che: «l’assicurazione (INAIL) è altresì obbligatoria per le malattie professionali, indicate nella tabella allegata, le quali siano contratte nell’esercizio ed a causa delle lavorazioni specificate nella stessa tabella allegata».

Per comprendere meglio la definizione di malattia professionale, occorre definire il concetto di rischio lavorativo. In generale, il rischio si può definire quale la «probabilità che si verifichi un evento, in conseguenza di una determinata azione». Ogni nostra azione o comportamento, oltre a determinare un effetto desiderato, può comportare il rischio che si verifichi un danno; anche il non agire può essere causa di danno! Da ciò ne discende che non potrà mai verificarsi una situazione a “rischio zero”: il rischio che si verifichi un danno, con i comportamenti e le azioni adeguate, si può ridurre al massimo ma il rischio in sé, non si potrà mai annullare. Il rischio lavorativo è rappresentato pertanto, da tutti quegli elementi (es. macchinari, agenti fisici, chimici e biologici) presenti sul luogo di lavoro, che possono determinare malattia o infortuni.

La principale distinzione tra infortunio e malattia professionale è rappresentata dall’azione nel tempo della causa violenta. Nell’infortunio, la causa violenta agisce in tempi brevi, mentre nella malattia professionale la sua azione si estrinseca diluita nel tempo: l’agente nocivo presente nell’ambiente di lavoro e/o nel ciclo lavorativo specifico agisce così avvelenando, a poco a poco il lavoratore.

Paracelso, medico e naturalista del ’500, fu uno dei primi studiosi ad accorgersi degli effetti delle sostanze chimiche sull’organismo umano, le loro azioni e le conseguenze dannose, in relazione non solo alla qualità ma anche alla quantità di esse; egli inoltre praticava la cosiddetta “iatrochimica”, cioè la trattazione delle malattie con le sostanze chimiche o naturali, concetto alla base dell’attuale omeopatia. Affermava Paracelso: «Tutto è veleno e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto». Persino l’acqua, se assunta infatti in quantità abnormi, può determinare effetti tossici sull’organismo umano.

Ribadendo l’impossibilità dell’annullamento totale dei rischi, specialmente in campo lavorativo, si è ritenuto necessario identificare non soltanto precisi rischi lavorativi, ma anche le malattie professionali più comuni, derivanti da tali lavorazioni.

Sulla scorta di tale principio, nel T.U. 1124/65 veniva così inserita una tabella con l’individuazione di 52 malattie professionali, contratte a causa e sul luogo di lavoro, per cui veniva riconosciuta la presunzione legale d’origine. Tale elenco di malattie tabellate permetteva all’INAIL di poter riconoscere e indennizzare le malattie professionali, più frequenti all’epoca, senza troppe difficoltà o pastoie burocratiche.

Era prevista una tabella di malattie per l’industria e una per l’agricoltura. Le tabelle erano così concepite: in una prima colonna veniva identificata la malattia professionale (es. ipoacusia, asma, bronchite, dermatite), in una seconda colonna la lavorazione specifica che esponeva il lavoratore all’azione dell’agente nocivo e in una terza colonna era indicato il periodo massimo di indennizzabilità, da parte INAIL, dalla cessazione del lavoro. Questi periodi andavano da un minimo di 3 ad un massimo di 30 anni, come nel caso delle manifestazioni neoplastiche.

Una trattazione a parte era prevista per due particolari malattie professionali, la silicosi e l’asbestosi, malattie gravi, un tempo molto frequenti, con tutela privilegiata e disposizioni particolari, inserite nel T.U. 1124/65.

Con il progredire delle scoperte scientifiche, si è reso necessario aggiornare l’elenco delle malattie professionali: oggi vige la nuova tabella delle MP prevista dal D.M. 9/4/2008 [6] con inserimento di nuove malattie quali l’ernia discale lombare o le malattie da sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore (es. tunnel carpale) o inferiore (es. borsite nei piastrellisti). Il legislatore, nella stesura di tale elenco, ha anche voluto ampliare la possibilità di riconoscimento di queste malattie, inserendo nella colonna delle lavorazioni, fino a quel momento precisamente identificate, la dicitura generica: «lavorazioni svolte in modo non occasionale».

Con Sentenza della Corte Costituzionale n. 178/88 [7] è stato introdotto il cosiddetto “sistema misto”, per il riconoscimento anche di malattie professionali non espressamente previste in tabella; in questi casi però l’onere della prova, non potendosi applicare la presunzione legale d’origine, è a carico del lavoratore. L’INAIL, a seguito di tale sentenza, si è dotata di un organismo detto CONTARP (Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione) che valuta, attraverso le consulenze di ingegneri, chimici, geologi, l’esistenza o meno di specifici rischi professionali. La legge 626/94 relativa alla sicurezza sul lavoro, aggiornata dalle leggi 81/2008 e 106/2009, nel pretendere da parte dei datori di lavoro la stesura obbligatoria del DVR (Documento di valutazione dei rischi) ha sicuramente facilitato l’individuazione dei rischi più comuni nei vari ambienti lavorativi.

Per precise direttive da parte della comunità europea, particolare attenzione nell’ultimo decennio è stata prestata alla problematica relativa allo stress lavoro correlato, che può andare dalla costrittività organizzativa fino al mobbing. Oggi, dall’INAIL, viene presa in considerazione solo la cosiddetta “costrittività organizzativa”, quale malattia non tabellata, con onere della prova a carico del lavoratore, ritenendosi il mobbing materia da trattare in ambito penalistico.

Malattie professionali possono essere anche alcune neoplasie. È noto che alcuni tumori possono derivare da rischi lavorativi specifici, come le leucemie correlate ad esposizione a radiazioni ionizzanti, oppure il tumore del rinofaringe derivato da esposizione a polveri di legno. Oggi si evidenzia purtroppo il fenomeno, sempre più in crescita, della comparsa di patologie tumorali correlate all’esposizione ad amianto. L’esposizione ad asbesto, prima dell’entrata in vigore della legge 257 del 12/03/1992, era un rischio realmente presente, ma molto sottovalutato, per i lavoratori dei cantieri navali e dell’indotto (ditte che lavoravano in sub appalto) e per i lavoratori delle ferrovie, ma anche per quei lavoratori e non che entravano in contatto con materiali quali Eternit, costituito da fibre di asbesto (noto è il caso della cittadina piemontese di Casale Monferrato). Quando, con la legge 257/92, l’amianto è stato posto fuorilegge in Italia, con l’adeguamento dei luoghi di lavoro a tali disposizioni, sembrava che il problema fosse stato superato. Purtroppo invece, dopo circa 30 anni, vi è stato un incremento esponenziale della comparsa di mesoteliomi e di tumori, prevalentemente polmonari, sicuramente in parecchi casi correlabili alla pregressa esposizione lavorativa. Lavoratori, anche pensionati da parecchi anni, possono quindi manifestare tali patologie; una anamnesi lavorativa accurata può far emergere facilmente la correlazione con la pregressa attività lavorativa; in questi casi, anche dopo l’exitus, è possibile per gli eredi, presentare la domanda di reversibilità all’INAIL.

La carta dei servizi INAIL

Ai lavoratori infortunati, l’INAIL, dopo il terzo giorno di inabilità al lavoro, eroga una indennità giornaliera, fino alla guarigione.

Per “inabilità temporanea assoluta” (ITA) si intende il periodo di tempo in cui il lavoratore presenta assoluta incapacità ad attendere alle proprie mansioni lavorative (attività lavorativa specifica). Tale periodo è necessario al lavoratore per sottoporsi alle cure per il recupero della capacità lavorativa; terminato tale periodo, il lavoratore può essere “guarito senza postumi” oppure “stabilizzato con postumi permanenti”.

Al fine di stabilire il termine del periodo d’inabilità temporanea, è importante comprendere il concetto di “stabilizzazione”, che non coincide con il concetto di “guarigione”. Una volta verificatosi un danno permanente, non più passibile di cure e/o miglioramenti, tale danno si definisce stabilizzato.

Considerando solo l’idoneità lavorativa generica del lavoratore, compito dell’INAIL è provvedere alla definizione dell’ITA, valutando il danno residuo. Dalla definizione in poi, saranno altre figure, quale ad es. il medico competente, figura prevista dalle Leggi 626/94 e 106/2009, a provvedere alla valutazione dell’idoneità lavorativa specifica del soggetto, tenuto conto delle mansioni. In ambito INAIL non è prevista l’inabilità temporanea parziale, cioè quello stato per cui il soggetto può lavorare e nel contempo si sottopone alla fisioterapia.

La valutazione dei postumi permanenti, derivanti da infortunio sul lavoro o MP, compete solo ai medici INAIL e a questo scopo sono state previste apposite tabelle di legge, inserite nel T.U. 1124/65, una per l’industria e una per l’agricoltura, che consentono la valutazione dei danni espressi in termini di riduzione della capacità lavorativa.

Tali tabelle sono state in vigore fino all’avvento del D. L g s 38/2000; in tale decreto è stata stilata una nuova unica tabella, valida sia per l’industria che per l’agricoltura, che si applica dalla data del 25 luglio 2000; con tale tabella viene valutato il cosiddetto “danno biologico” (DB), intendendo con tale termine la menomazione dell’integrità psico-fisica del soggetto e non più quella relativa alla sola capacità lavorativa. Ad esempio, nelle tabelle ante D.Lgs 38/2000, non erano considerati i danni agli organi della riproduzione, in quanto ininfluenti sulla capacità lavorativa del soggetto; adesso tali danni vengono considerati, poiché viene tenuto in debito conto l’aspetto psico-fisico del danno alla persona.

Le tabelle allegate al T.U. 1124/65 restano comunque valide per la valutazione dei danni alle casalinghe, oppure nel caso d’incollocabilità, ossia per quegli istituti definiti accessori, necessari per l’inserimento del lavoratore nelle liste di collocamento.

Fermo restando che la valutazione del DB è di esclusiva competenza dei medici INAIL, la proposta di valutazione del danno, in sede di contraddittorio (opposizione ai provvedimenti ex art. 104/T.U. 1124/65), può essere espressa dai medici di patronato, medici legali, ma anche dal medico curante come nel caso delle casalinghe (per infortuni domestici) utilizzando l’apposita modulistica prevista dalle Leggi 493/1999 e 296/2006.

Il grado d’inabilità valutato (e non d’invalidità, che compete all’INPS) può derivare da una singola menomazione oppure da più menomazioni; in questo caso, il medico, applicando appositi criteri medico-legali dovrà operare una valutazione complessiva che, comunque, non potrà MAI essere pari alla somma algebrica delle singole menomazioni; questo perché in medicina legale la massima valutazione consentita è il 100%.

I danni plurimi possono essere:

  • “monocroni”, se avvenuti tutti nello stesso momento;
  • “policroni” se in più tempi;
  • “concorrenti” se riguardano il medesimo organo o apparato;
  • “coesistenti” se riguardano organi o sistemi funzionali diversi.

I danni inoltre possono essere tutti di natura lavorativa, oppure essere anche di natura extra-lavorativa. In caso di danni policroni è importante valutare lo stato anteriore del soggetto: tale stato anteriore deve essere tenuto in conto sia in corso di valutazione della regolarità dell’infortunio, ma anche per la regolarità del prolungamento del periodo di inabilità temporanea (e non di malattia) e ancora per la valutazione complessiva del danno.

Trattazione degli infortuni e delle MP da parte del medico di base e obblighi derivanti

Il medico di base che visita un lavoratore che ha subìto un infortunio sul lavoro o che risulta affetto da una malattia di origine professionale o correlata al lavoro ha alcuni obblighi previsti dalla legge, come quello di redigere la certificazione relativa, di stilare il referto ex art. 365 C.P. e la denuncia ex art. 139.

I certificati redatti per l’INAIL hanno finalità assicurative previdenziali e la modulistica relativa è reperibile online sul sito www.inail.it.

In caso di infortunio lavorativo, in genere, il primo certificato medico viene redatto da un Pronto Soccorso. Il medico curante deve comunque redigere il primo certificato qualora l’assicurato lo richieda.

Il modello 1 SS è utilizzabile per la redazione di primo certificato, continuativo o definitivo; in tale certificato è prevista una parte, da compilare obbligatoriamente e interamente dal curante, come le cause e circostanze dell’infortunio, la diagnosi e l’esame obiettivo rilevato; in caso di certificato continuativo, andranno indicati gli accertamenti e le visite specialistiche effettuate e soprattutto i motivi che protraggono lo stato d’inabilità temporanea, compresa l’obiettività; nel certificato definitivo verranno indicati se residuano postumi che saranno poi valutati dal medico INAIL. È fatto obbligo di denunciare anche gli infortuni con prognosi inferiore a 3 giorni o per cui si preveda una inabilità permanente, come i casi di puntura d’ago, in cui si possa prevedere una infezione virale quale epatite o AIDS.

Il primo certificato medico di infortunio [8] è un atto necessario che consente all’INAIL di avviare l’istruttoria per l’erogazione delle prestazioni nei confronti dell’assicurato; ha quindi un importante risvolto economico per l’assicurato. È previsto dall’articolo 53 del T.U. 1124/65 e deve essere rilasciato all’interessato, cioè al lavoratore infortunato, che lo trasmette immediatamente al proprio datore di lavoro. Il datore di lavoro, a sua volta, inoltra all’INAIL il certificato e la denuncia, entro due giorni o entro 24 ore se si tratta di infortunio mortale o di infortunio per il quale si prevede il pericolo di morte. La modulistica prevista dall’INAIL è in triplice copia: la copia per l’infortunato e la copia per l’INAIL sono complete di diagnosi, la copia per il datore di lavoro è priva di ogni riferimento alla diagnosi.

Il certificato continuativo documenta il protrarsi dell’inabilità temporanea assoluta.

Il certificato definitivo attesta la possibilità dell’assistito di riprendere le proprie mansioni lavorative.

Anche nel caso di malattia professionale il medico curante può stilare un certificato che può essere primo, continuativo o definitivo, sul modello 5 SS. In caso di MP, il certificato deve essere rilasciato all’interessato, cioè al lavoratore ammalato per causa lavorativa, che deve trasmetterlo entro 15 giorni al proprio datore di lavoro. Il datore di lavoro inoltra all’INAIL il certificato e la denuncia entro i 5 giorni successivi.

Compilato il primo certificato di MP, ai sensi dell’art. 365 del Codice Penale è previsto l’obbligo di riferirne all’Autorità Giudiziaria per coloro che esercitano una professione sanitaria e che prestano la propria assistenza od opera, nei casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. Infatti, secondo quanto disposto dall’articolo 590 del Codice Penale, «tutti i fatti che abbiano determinato una malattia professionale con lesione grave o gravissima, possono presentare il carattere di un delitto perseguibile d’ufficio». Alcune Procure, con specifiche direttive, hanno individuato nei servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (PSAL) delle ASL, i destinatari dei referti di malattia professionale. I servizi PSAL pertanto assolvono le funzioni di Polizia Giudiziaria.

Il referto deve essere stilato anche nel solo sospetto di malattia professionale, non solo quando questa sia stata accertata, sempre per il principio di presunto reato; si rammenta inoltre l’obbligo da parte di TUTTI i medici che prestano la propria opera professionale nei casi descritti di stilare il referto anche se è già stato stilato da altro sanitario. Il referto non deve essere compilato qualora si esponga l’assistito a procedimento penale, come nel caso di titolari artigiani, in quanto essi stessi datori di lavoro.

Altro obbligo è la denuncia-segnalazione ex articolo 139, che ha valore conoscitivo-epidemiologico, con precise finalità preventive. È prevista dall’articolo 139 del T.U. 1124/65. L’elenco delle malattie da denunciare è costituito da tre liste:

  • la prima contiene le malattie «la cui origine lavorativa risulta essere di elevata probabilità»;
  • la seconda quelle per le quali l’origine lavorativa è di «limitata probabilità»;
  • la terza quelle per le quali l’origine lavorativa è solo «possibile».

Per le malattie di cui alla prima e seconda lista, nella segnalazione deve essere riportato anche il codice identificativo della malattia correlata all’agente, codice riportato nelle stesse liste. La denuncia va trasmessa alla Direzione Provinciale del Lavoro, alla ASL competente per il territorio dove è situata l’azienda e all’INAIL competente in base al domicilio dell’assicurato.

Bibliografia

  1. Decreto Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Gazzetta Ufficiale n. 257 del 13 ottobre 1965 – Supplemento ordinario
  2. Legge 11 marzo 1988, n. 67. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988). Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 1988
  3. Cazzaniga A, Cattabeni CM, Luvoni R. Compendio di medicina legale e delle assicurazioni. Dodicesima edizione. Torino: UTET, 2006
  4. Luvoni R, Bernardi L, Mangili F. Guida alla valutazione medico- legale del danno biologico e dell’invalidità permanente. Prima edizione. Milano: Giuffré editore, 2009
  5. Decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38. Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144. Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2000
  6. Decreto Ministero del lavoro e della previdenza sociale 9 aprile 2008. Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura. Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2008
  7. Corte Costituzionale , 13 dicembre 1988 sentenza n. 178
  8. Inail Direzione Regionale Lombardia. Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia. Obblighi dei medici nei casi di infortunio e malattia professionale. Milano: INAIL, 2007. Disponibile online su http://www.asl.varese.it/files/lavoratori/Guida%20denuncia%20malattie%20professionali_3020_276.pdf (ultimo accesso febbraio 2015)

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