PM&AL 2015;9(2)49-54.html

Alla ricerca della sicurezza e della qualità: il modello di miglioramento dell’Oncologia nel Policlinico Universitario di Palermo

Antonio Russo 1, Anna Russo 1, Ignazio Carreca 1, Concetta La Seta 2, Paolo Procaccianti 3, Giacomo De Leo 4, Alberto Firenze 5, Luigi Aprea 6, e coautori*

1 Dipartimento di Oncologia, Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica, Palermo

2 Dipartimento dei Servizi Centrali di Ospedale, Direttore UOC di Farmacia - AOUP “Paolo Giaccone”, Palermo

3 Dipartimento di Biopatologia, Biotecnologia e medicina forense, Università di Palermo

4 Direttore Scientifico AOUP “Paolo Giaccone”, Palermo

5 Direttore U.O.S. Risk Management AOUP “Paolo Giaccone”, Palermo

6 Direttore Sanitario AOUP “Paolo Giaccone”, Palermo

Abstract

Over the past 20 years the field of oncology has product therapeutic innovations that have radically changed the prognosis of the most prevalent malignancies, since introduction of so-called targeted molecular agents. As a result of these changes, also the management of cancer patients has become more complex requiring technologies and skills that involve many professionals (medical oncologists, biologists, molecular geneticists, surgeons, pathologists, radiologists, nurses and psychologists), each engaged in a different stage of the disease, with the common goal of ensuring the patient the best treatment available today.

So as well as have the chemotherapy changed, have also changed the needs of patients during the execution of the chemotherapeutic program. These changes have affected several areas of therapeutic sphere and in particular the aspect of safety during prescription, preparation, distribution and administration of chemotherapy, and the psychological aspect of the cancer disease, which focused on the acceptance of the disease by using tools such as music, sports, painting and initiatives for the care of the physical appearance (make-up). Not only. The patient wants to be treated today with the guarantee that the proposed protocols are adhering to the most authoritative international guidelines and that staff are highly qualified in the management of all stages of the disease and possible toxicity observed during treatment.

Here’s the experience of the Oncology Unit of the University Hospital of Palermo that proposes itself as a leader of a movement to improve the quality of care to offer today to cancer patients in Italy.

Keywords: Chemotherapy; Management of cancer patients; Safety; Dragon Boat; Rehabilitation

In search of safety and quality: the improvement model proposed by the Oncology Department of the Palermo University

Pratica Medica & Aspetti Legali 2015; 9(2): 49-54

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v9i2.1177

*Altri coautori

Giuseppe Badalamenti 1, Giuseppe Cicero 1, Fabio Fulfaro 1, Gaetana Rinaldi 1, Sergio Rizzo 1, Antonio Galvano 1, Francesca Lo Vullo 1, Andrea Pasquale 2, Erminia Taormina 2, Dario Piazza 1, Rossella De Luca 1

Corresponding author

Antonio Russo

antonio.russo@usa.net

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Introduzione

Al termine di un periodo difficile, che ha investito le strutture sanitarie italiane, e siciliane in particolare, e che ha avuto notevoli ripercussioni e creato disagi, in qualche caso dai risvolti tragici, sulla collettività, l’unità operativa di Oncologia Medica del Policlinico di Palermo diretta dal Professor Antonio Russo ha deciso di scendere in campo facendosi promotrice di un movimento teso a migliorare la gestione e la vivibilità del reparto, rendendolo in questo modo un ambiente più accogliente e meglio vivibile dai pazienti, cercando costantemente di ripensare un nuovo modello organizzativo finalizzato a garantire il massimo della sicurezza e della qualità nell’erogazione delle cure in ambito oncologico all’interno del Policlinico di Palermo. Le tematiche che sono state oggetto di un audit clinico appositamente studiato per permettere la verifica delle criticità e delle rispettive soluzioni hanno investito numerose aree sanitarie e possono essere riassunte in:

  • analisi del percorso terapeutico;
  • umanizzazione del reparto e dinamiche psicologiche della malattia oncologica;
  • livelli di eccellenza [1].

Analisi del percorso terapeutico

Il primo punto oggetto di studio non poteva non essere il miglioramento del percorso terapeutico. Per permettere la migliore organizzazione possibile di un’unità operativa, sono state predisposte procedure operative per definire e regolamentare le strutture e le professionalità sanitarie (medici, infermieri, OSS, personale amministrativo), descrivendone compiti e responsabilità.

Il percorso terapeutico ha inizio nel momento in cui il paziente oncologico giunge nei locali della struttura e necessita di essere accolto. Punto fondamentale per garantire il miglior comfort e l’aderenza al progetto di cura è quello di dotare la struttura di locali idonei a tale scopo poiché la qualità dell’ambiente costituisce un fattore di forte impatto psicologico sul paziente [2]. È auspicabile che tali locali siano dotati di climatizzazione, punti intrattenimento dotati di televisione e PC con libero accesso alla rete internet (dove poter leggere un buon libro, magari messo a disposizione dalla struttura) e punti ristoro (dove poter fare uno spuntino nell’attesa della visita medica o della preparazione della chemioterapia da parte dell’Unità Farmaci Antiblastici – UFA) [3]. Durante questa prima fase il paziente viene dotato di un numero seriale e identificato mediante documento di riconoscimento, venendo quindi registrato in elenchi separati a seconda che debba essere sottoposto a visita medica o a chemioterapia. In quest’ultimo caso viene dotato di un braccialetto identificativo che riporta l’anagrafica del paziente, così da permettere un immediato riconoscimento da parte del personale infermieristico addetto alla somministrazione della chemioterapia, e viene sottoposto alla registrazione dei parametri vitali: pressione arteriosa omerale, frequenza cardiaca e temperatura corporea. Non appena giunge il suo turno, il paziente viene informato mediante un cercapersone a vibrazione, consegnato nel momento dell’accoglienza: l’uso di tali impulsi permette di avvisare ogni paziente garantendone l’anonimato, nel rispetto delle norme vigenti in materia di privacy [4]. È anche in questo momento che il personale infermieristico è protagonista di un primo incontro con l’ammalato con il fine di fornire informazioni generali e raccogliere eventuali disagi e problematiche che possono essere comunicate ai medici e agli psicologi per una loro più attenta valutazione [5].

Un paziente su tre soffre di ansia e depressione, poiché la malattia oncologica ha un impatto decisivo non solo sulla qualità della vita, ma anche sulla compliance terapeutica e nel confrontarsi con i limiti della propria esistenza umana. Per queste ragioni all’interno delle procedure è garantita la presenza di uno psicologo cui sono indirizzati i pazienti che manifestano disagio di tipo psicologico. Inoltre è necessario focalizzare l’attenzione anche sulla famiglia che, in quanto parte attiva nei percorsi di cura, va tutelata rispetto al disagio psicologico che spesso viene espresso dai suoi membri durante e dopo la malattia del proprio caro. L’intervento psicologico è suddiviso in due fasi: la prima è fase di accoglienza in cui, attraverso un colloquio psicologico e la somministrazione di strumenti clinici e test psicometrici, il paziente manifesta i propri bisogni e preoccupazioni. Lo scopo è di accogliere e conoscere le persone che afferiscono alla struttura e individuare eventuali soggetti a rischio di sviluppo di disturbi psicopatologici. La seconda fase invece è costituita dall’intervento psicologico mirato in cui, nel corso di colloqui clinici, vengono indagate in particolare le richieste e le aspettative del paziente, la sua dimensione cognitivo-comportamentale, le capacità di adattamento e la qualità di vita [6].

Il tumore è spesso vissuto come un evento inatteso e destabilizzante, come un’esperienza che compromette la percezione di integrità dell’individuo e minaccia il senso di continuità psicofisica della persona. Attraverso la prevenzione e l’intervento sul disagio psichico, si intende favorire il complesso adattamento del paziente alla nuova realtà, aiutandolo ad integrare la malattia nella propria esperienza di vita e a dare un senso all’accaduto, favorendo inoltre, favorire l’empowerment e il processo di decision making. L’obiettivo è incentivare un miglior benessere psicologico e una migliore qualità di vita del paziente oncologico.

La sicurezza della somministrazione della chemioterapia (CT) rappresenta un momento delicato, e un errore in tale fase può mettere a repentaglio la vita del malato oncologico. Pertanto, al fine di rendere quanto più sicuro possibile il percorso terapeutico, il reparto di Oncologia è stato dotato di un doppio sistema di controllo della prescrizione della chemioterapia, cartaceo e informatico, che permette più facili e tempestivi controlli circa dose, modo e tempistica di somministrazione della chemioterapia, con sistemi di allerta che bloccano un eventuale sovradosaggio [7]. La sicurezza della prescrizione e della somministrazione della chemioterapia sono garantite tramite 5 livelli di controllo, come illustrato in Figura 1.

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Figura 1. Miglioramento del percorso diagnostico-terapeutico del paziente mediante l’istituzione di controlli accurati sulla prescrizione delle chemioterapie (5 diversi livelli di controllo)

DH = Day Hospital; DS = Day Service; UFA = Unità farmaci antiblastici

Inizialmente, al momento della visita in ambulatorio, viene compilata una richiesta informatizzata della chemioterapia da parte dell’oncologo prescrittore (1° livello di controllo). Tale richiesta informatizzata viene rivista e controfirmata da un secondo medico oncologo, con funzione convalidante il protocollo chemioterapico (2° livello di controllo). La terapia viene quindi inviata alla UFA dove i farmacisti (3° livello di controllo) rivalutano la prescrizione e fanno allestire le preparazioni, controllati a loro volta dagli infermieri dell’UFA (4° livello di controllo). Intanto il paziente viene sistemato in una delle sale per la somministrazione della chemioterapia, dove ha la possibilità di accedere a una poltrona o a un letto, secondo le proprie esigenze e preferenze. Una volta che la terapia giunge in reparto, gli infermieri (5° livello di controllo) verificano la corretta assegnazione della CT preparata in farmacia e procedono alla somministrazione. Al termine della CT infusionale il paziente ritorna in ambulatorio per verificare il corretto decorso della somministrazione e consegnare la relazione di dimissione. La definizione e l’attuazione di questo percorso standardizzato ha consentito di garantire la sicurezza della somministrazione e ottimizzare i tempi di attesa per lo svolgimento dell’attività di Day Hospital [8]. Un ulteriore passo avanti è stato reso possibile mediante l’introduzione della tempistica di rotazione delle poltrone, che ha permesso di ottimizzare i tempi di attesa, limitando i disagi per i malati e per i familiari in attesa.

Umanizzazione del reparto e dinamiche psicologiche della malattia oncologica

Il percorso terapeutico che viene stabilito e concordato tra medico e paziente non può permettersi di tralasciare l’impatto che la malattia oncologica ha sulla vita dei pazienti e su quella dei loro familiari o su chi si prende cura di loro. È proprio per questi motivi che la figura professionale dello psiconcologo fa parte del team multidisciplinare che, di fatto, si prende cura del percorso assistenziale degli ammalati, con l’obiettivo di garantire il migliore adattamento dei pazienti alla nuova realtà oncologica.

Vista la possibilità di dare al reparto oncologico un significato emozionale e umano, con l’obiettivo di prendersi cura della persona e non solo della sua malattia, si realizza una nuova modalità di assistenza che integra l’aspetto emotivo, cognitivo, comportamentale e sociale dell’individuo con le cure mediche, considerando tutte quelle dinamiche psicologiche che nascono dalla malattia oncologica. Questo rappresenta la seconda attività oggetto di analisi e di miglioramento attraverso il programma di umanizzazione del reparto di Oncologia. L’obiettivo primario consiste nel cercare di risolvere i problemi dei pazienti minimizzando l’impatto negativo tradizionalmente trasmesso dall’ingresso in ospedale, e in particolare in un reparto oncologico, cercando di stabilire una comunicazione empatica tra medici e pazienti stessi.

Il nostro progetto si propone di portare all’interno della realtà ospedaliera momenti di distensione e di “vita normale”, con attività musicali sotto forma di concerti e con interventi di animazione musicale. La possibilità di fruire di momenti di svago in un contesto di monotonia o di sofferenza ha certamente delle ricadute positive sul piano emotivo dei pazienti in quanto sentirsi destinati ad un’attenzione particolare che va oltre la cura della malattia e le esigenze materiali, produce effetti positivi sullo stato di salute psicofisico dei degenti, che vengono distratti, anche se temporaneamente, dai loro problemi fisici [9]. Questo programma si avvale di numerosi progetti e attività di carattere ludico-ricreative che coinvolgono numerose forme d’arte (musicoterapia, mostre di pittura e pittura estemporanea) durante l’infusione della terapia, con l’intento di distrarre gli ammalati dalle problematiche inerenti il proprio stato di salute. Come è noto, la musica e le arti in genere, il divertimento e il sorriso, in cui la valenza esperenziale substanzia la possibilità di esprimere le emozioni e i vissuti attraverso un linguaggio non verbale, sono terapeutiche di per sé, per l’effetto di distensione e di miglioramento dell’umore [14, 15].

Anche l’attesa, il più delle volte snervante, può essere addolcita tramite l’utilizzo di cuffie collegate ad impianti stereo o la presenza di musica dal vivo (ad es. grazie a convenzioni che è possibile stringere con associazioni musicali del territorio).

Interventi particolari riguardano inoltre la valorizzazione dell’aspetto fisico, soprattutto per le pazienti donne, la possibilità di praticare un’attività fisica sportiva e uno spazio dedicato ai giovani.

Per le donne sottoposte a chemioterapia è ad esempio prevista la possibilità di partecipare ad un laboratorio di make-up per ritrovare la propria femminilità, molto spesso compromessa dalle tossicità dei trattamenti che sono costrette a ricevere. Oltre all’attenzione verso il make-up vi è la possibilità di prendersi cura della pelle e di usufruire di parrucche e protesi mammarie [10]. Un’altra problematica relativa alle pazienti operate per carcinoma della mammella è rappresentata dal linfedema, conseguente alla linfoadenectomia ascellare, aggravato talvolta dalla chemioterapia e dalla radioterapia. In queste pazienti è possibile ottenere un drenaggio linfatico attraverso esercizi fisici che coinvolgono gli arti superiori.

Questi benefici sul piano fisico hanno un’importante ricaduta dal punto di vista psicologico, con conseguente miglioramento dello stato psicofisico delle pazienti. Promuovere e favorire tutte quelle iniziative utili a guidare le donne a rischio e le pazienti con carcinoma della mammella verso un cambiamento dello stile di vita, è utile a migliorare la qualità della vita e allontanare il rischio di complicanze legate a tale neoplasia [11]. Gli interventi chirurgici a cui seguono trattamenti come la chemioterapia o la radioterapia hanno un impatto traumatico a cui segue un affaticamento generale che si ripercuote in tutte le attività della vita quotidiana. La pratica regolare dell’attività fisica è efficace per aumentare il livello di energia fisica, la forza e la capacità muscolare e per migliorare la qualità della vita, a partire dallo stato psicologico.

Il Dragon Boat è uno sport adatto alle donne operate per tumore al seno, ideato da un gruppo di medici presso il Centro di Medicina Sportiva della University of British Columbia di Vancouver, in Canada, che si proponevano di verificare l’esistenza di una correlazione tra attività fisiche ripetitive che interessassero la parte superiore del corpo, quella più coinvolta in caso di carcinoma della mammella, e lo sviluppo di linfedema nelle pazienti operate per tale neoplasia. Alcuni studi hanno evidenziato come questo tipo di attività sia in grado di migliorare il funzionamento dell’articolazione, prevenire l’atrofia muscolare, stimolare il sistema immunitario, funzionando in maniera equivalente al linfodrenaggio. Attraverso questo tipo di attività fisica, e soprattutto grazie allo spirito di squadra, si ottengono importanti benefici sia a livello fisico che psicologico.

Il reparto di Oncologia Medica si propone di partecipare al progetto Dragon Boat grazie alla collaborazione con la sezione di Palermo “Arenella” della Lega Navale Italiana, che mette a disposizione la sua sede nautica e i suoi istruttori federali di canoa/kayak, con il supporto di guide ambientali e associazioni ambientalistiche del territorio. A bordo di imbarcazioni di tipo canoe outrigger (da 1, 2, 4 o 6 posti), canoe-kayak (da 1, 2° 4 posti) e dragon boat (canoa cinese da 10 o 20 passeggeri) vengono organizzati percorsi didattici ed escursioni a mare rispettando tutte le norme di sicurezza [12].

Il progetto “Area giovani”, attualmente in corso di realizzazione, mira invece alla creazione di uno spazio dedicato a tutti i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 30 anni con l’obiettivo di offrire un luogo adatto alle loro esigenze, facendo convergere le competenze non soltanto di medici specialisti ma anche di psicologi, collaborazione fondamentale per un perseguimento di un obiettivo comune: la guarigione. L’area deve essere dunque non soltanto un luogo di cura, ma anche un luogo in cui i giovani pazienti possano non abbandonare del tutto la normalità della vita quotidiana, continuando così a coltivare passioni e curiosità, per praticare attività sociali e cognitive [13].

Livelli di eccellenza

L’ultima parte da affrontare riguarda i livelli di eccellenza. Il miglioramento in questo settore rappresenta il cardine del riammodernamento di cui necessitano le strutture oncologiche. È dimostrato infatti che i centri ad alto volume rappresentino una garanzia di risultato e di applicazione di linee guida e protocolli rispetto alle piccole istituzioni periferiche. Da qui l’importanza di diventare polo di attrazione non soltanto per quanto riguarda i pazienti, che in questo modo limiterebbero la quota d’ansia e paura circa le aspettative riposte verso chi è responsabile delle proprie cure, ma anche per quanto riguarda le risorse e i finanziamenti, al fine di garantire la migliore opportunità terapeutica disponibile sul mercato per ciascun tipo di patologia, evitando in questo modo i viaggi della speranza cui talvolta i familiari dei pazienti si fanno carico, senza, il più delle volte, risultati significativi. Per questi motivi sono fondamentali i centri di riferimento per le singole neoplasie, che consentono l’attuazione del più adeguato percorso diagnostico terapeutico con un approccio multidisciplinare che coinvolge vari specialisti (anatomopatologo, radiologo, chirurgo, oncologo, genetista e psiconcologo) e la disponibilità di cure altamente innovative in linea con i più importanti centri d’eccellenza a livello nazionale e internazionale. In considerazione di ciò, per gli elevati standard raggiunti negli ultimi 10 anni la nostra struttura è stata designata come “Centro di Riferimento Regionale per la cura e la diagnosi dei Tumori Rari e delle Neoplasie Eredo-Familiari dell’adulto”. In particolare, è stato creato il sito internet Rete Tumori Rari Sicilia (http://www.rtrsicilia.it) fruibile sia dal personale medico che dai pazienti stessi dove possono essere reperite le informazioni riguardo la gestione dei tumori rari. Inoltre, il nostro centro è stato inserito all’interno della Rete dei Tumori Rari che consente, tra l’altro, anche la possibilità di condividere e discutere i casi più difficili attraverso il teleconsulto avvalendosi dei più illustri consulenti in ambito nazionale e internazionale (Figura 2).

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Figura 2. Gestione del paziente con sospetto/diagnosi di carcinoma eredo-familiare della mammella

A questo proposito, è stata attivata una collaborazione internazionale con strutture di eccellenza in ambito oncologico che consente un miglioramento della formazione degli specializzandi e dei medici di ruolo mediante la possibilità di effettuare periodi all’estero, in collaborazione con il Dipartimento Oncologico dell’Università di Anversa, diretto dal Professor Marc Peeters) [16]. Il miglioramento qualitativo dei servizi offerti dal nostro centro ha inoltre permesso il conferimento da parte dell’ESMO (European Society for Medical Oncology) della qualifica di Centro di Eccellenza per l’Oncologia e le Cure Palliative. Ultima ma non per importanza è la collaborazione istituita con diverse associazioni di pazienti, come l’Associazione Italiana Malati di Candro (AIMaC) e la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) che, attraverso l’individuazione delle esigenze dei malati, permettono di operare un continuo miglioramento dei servizi offerti dalla nostra struttura.

Conclusioni

Il percorso di miglioramento intrapreso qualche anno fa dalla nostra struttura ha prodotto numerosi progressi in svariati servizi offerti oggi ai nostri pazienti, ma non si può ancora definire concluso. Molti sono infatti i momenti difficoltosi che vengono quotidianamente affrontati per garantire i più elevati standard ai nostri malati. La creazione di una Rete oncologica ha permesso di trasformare potenziali fonti di contrasto in opportunità di continuo scambio di informazioni che, oltre a permettere la crescita del personale medico, garantisce ai pazienti di potere usufruire dei migliori standard oggi disponibili per la cura della loro patologia.

Bibliografia

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  4. Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196. “Codice in materia di protezione dei dati personali”. GU n.174 del 29-7-2003 - Suppl. Ordinario n. 123
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  16. Thibault C, Fizazi K, Barrios D, et al. Compliance with guidelines and correlation with outcome in patients with advanced germ-cell tumours. Eur J Cancer 2014; 50: 1284-90. doi: 10.1016/j.ejca.2014.01.026

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