PM&AL 2016;10(2)49-52.html

L’infortunio psichico da causa lavorativa

Giuseppe Taino 1, Andrea Battaglia 2, Enrico Oddone 2, Marcello Imbriani 2

1 Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del lavoro (UOOML), IRCCS Fondazione “S. Maugeri”, Pavia

2 Dipartimento di Sanità pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università di Pavia; Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del lavoro (UOOML), IRCCS Fondazione “S. Maugeri”, Pavia

Abstract

In Italy the recognition of the occupational injury, caused by acute damage to the mental health of the worker, is still difficult and exceptional. The study points out the clinical case of a worker, recently published, that in the scientific literature is probably, to date, the only event of psychic damage related to work in which an occupational cause has been found and the recognition of an accident at work has been done. A worker, after a verbal, animated dispute with some colleagues and superiors, had an acute psychiatric agitation attack and went to the nearest emergency room where, on the strength of the anamnesis, the physicians diagnosed an anxiety crisis reactive to the work environment. The worker has been off work for 110 days because of an anxious and depressive syndrome, due to the verbal conflict. In a later assessment, INAIL recognized only the first 30 days of the employee’s time off as injury at work, while judging the following period off work as related to affectivity disturbance due to common disease, not related to work environment. This case opens new perspective for the occupational physician in the assessment of ASD as work injury and of PTSD as professional disease, suggesting to put more attention to psychiatric health of workers.

Keywords: Work injury; Reactive anxiety crisis; Chronic adjustment disorder

Psychological work-related injury

Pratica Medica & Aspetti Legali 2016; 10(2): 49-52

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v10i2.1242

Corresponding author

Giuseppe Taino

giuseppe.taino@fsm.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Introduzione

Ancora oggi in Italia, mentre l’attribuzione dell’origine lavorativa di un evento infortunistico è un processo proceduralmente ormai ben definito e ampiamente applicato e riconosciuto per i danni alla integrità e salute fisica, lo stesso percorso e lo stesso riconoscimento sono di difficile ed eccezionale applicazione per i danni acuti relativi alla salute psichica del lavoratore.

Per stabilire se un evento è attribuibile ad un antecedente ci si basa sull’assunto che ad ogni effetto deve corrispondere una causa (rapporto di causalità materiale o fisica); questo vale anche per l’ambito medico-legale: per attribuire un fatto di natura medica con rilevanza giuridica ad un antecedente, e quindi alla condotta di un soggetto agente, è necessario stabilire se tra l’evento antecedente e l’evento conseguente vi sia una relazione, che si valuta rispetto ai ben noti criteri medico-legali: cronologico, topografico, di idoneità qualitativa e quantitativa, di continuità fenomenica e di esclusione (Tabella I) [1,2].

N

Criterio

Descrizione

1)

Criterio cronologico

Intervallo di tempo tra l’azione dell’antecedente e la manifestazione della conseguenza compatibile con la natura della malattia prodotta dall’antecedente stesso

2)

Criterio topografico

Corrispondenza tra la regione anatomica interessata dall’azione lesiva e la sede d’insorgenza della malattia (diretto, indiretto e da contraccolpo).

3)

Criterio di idoneità qualitativa e quantitativa

Idoneità quali/quantitativa di una vis lesiva a produrre la malattia rilevata; deve esistere la compatibilità tra i due elementi e la proporzione.

4)

Criterio della continuità fenomenica

Continuità nell’evoluzione fenomenologica (sindrome a ponte) senza interruzione fra l’azione lesiva e la comparsa della malattia.

5)

Criterio di esclusione

Esclusione di ogni altra possibile causa circoscrivendo il solo fattore eziologico.

Tabella I. Criteri medico-legali per l’attribuzione dell’origine lavorativa ad un evento [1,2]

Anche se tali criteri possono valere sia per gli infortuni lavorativi sia per le malattie professionali, vi sono sostanziali differenze giuridiche fra i due eventi. In Italia, l’infortunio sul lavoro tutelato dall’Istituto assicuratore (INAIL) è quello determinato da una causa violenta e lesiva in occasione di lavoro, da cui può derivare un’inabilità permanente o assoluta, temporanea superiore ai 3 giorni, oppure addirittura la morte. La malattia professionale, invece, è un evento lento e progressivo contratto nell’esercizio e a causa, con nesso di casualità diretto, di un’attività lavorativa che ne può essere la causa esclusiva oppure concorrente. Quindi, mentre l’infortunio è un evento improvviso e violento che danneggia l’integrità psico-fisica del lavoratore, la malattia professionale è un evento lento e diluito nel tempo. Inoltre, affinché un evento sia considerabile infortunio sul lavoro deve essere riconoscibile una relazione di causa tra evento e lavoro che determina la cosiddetta finalità di lavoro, ovvero il fatto che il lavoratore si espone al (maggior) rischio di verificazione di un evento avverso per adempiere ad una obbligazione contrattuale che ha stipulato con una terza persona (il datore di lavoro), e non già per sua libera scelta o per accidentalità.

Il D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 distingue chiaramente queste due diverse qualificazioni giuridiche di eventi lesivi oggetto di tutela che, legittimando domande con una diversa causa petendi (agente patogeno che agisce in modi e tempi diversi) e un diverso petitum (diversa prestazione dovuta dall’Istituto assicuratore), richiedono conseguentemente sul versante processuale una distinta articolazione delle prove con riguardo anche al nesso eziologico [1].

Analisi della letteratura

Alla luce di queste necessarie premesse medico-legali, si vuole ricordare il caso clinico recentemente pubblicato sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia [3] di un lavoratore che, a seguito di animato diverbio e litigio con superiori e colleghi di lavoro, ha lamentato episodio di agitazione psichica e si è rivolto al Pronto Soccorso di riferimento. Gli approfondimenti clinici del caso non hanno evidenziato alterazioni neuropsichiche di rilievo, ma hanno consentito di porre diagnosi di «crisi d’ansia reattiva» giudicata dai medici psichiatri che l’hanno esaminato, sulla base della ricostruzione anamnestica, reattiva all’ambiente di lavoro. Il lavoratore è rimasto assente dal lavoro per 110 giorni a causa del persistere di un quadro di «sindrome ansioso-depressiva» successiva all’evento traumatico; per tutto questo periodo la certificazione medica che giustificava l’assenza dal lavoro attribuiva all’evento traumatico lavorativo il quadro clinico. A seguito di rivalutazione, l’INAIL ha riconosciuto come conseguente ad infortunio sul lavoro i primi 30 giorni di assenza, mentre ha giudicato dovuto a patologia comune non attribuibile all’ambiente occupazionale il successivo periodo di assenza. L’anno successivo all’evento infortunistico il lavoratore ha lamentato un aggravamento del quadro clinico, attribuito dallo stesso lavoratore alla reiterazione di atti persecutori e discriminatori nei suoi confronti sul luogo di lavoro da parte di superiori e colleghi. Per tale ragione ha presentato istanza di riconoscimento di malattia professionale con diagnosi di «disturbo dell’adattamento cronico con reazione depressiva prolungata e ansia somatizzata, sviluppatisi all’interno di una protratta situazione occupazionale di marcata conflittualità». L’INAIL ha respinto tale richiesta, ma nello stesso anno il lavoratore ha inoltrato una nuova denuncia all’ente assicuratore di malattia professionale per “mobbing” che, dopo due anni, è stata respinta in quanto «i fatti lamentati non presentavano un carattere di unitarietà tale da delineare una condotta protratta nel tempo e avente le caratteristiche della persecuzione».

Uno studio europeo ha evidenziato che le patologie psichiche possono essere riconosciute anche come infortunio lavorativo. Per tale riconoscimento è necessario che all’origine della patologia vi sia un evento inatteso, traumatizzante e concentrato nel tempo, come per esempio possono essere gli atti di violenza o i traumi causati dal coinvolgimento in un incidente stradale o nell’infortunio di un collega. [4].

In Italia non sono noti in letteratura altri casi di infortunio lavorativo di tipo psichico, mentre i dati INAIL mostrano come dal 2005 ad oggi, nell’arco di 10 anni, siano state riconosciute circa 500 malattie professionali conseguenti a danni alla salute psichica dei lavoratori [5].

Nel 2006, a seguito di sentenza del Tribunale di Venezia, l’INAIL ha riconosciuto da causa di lavoro un caso di suicidio, ma come evento conseguente a malattia professionale (sindrome da stress lavorativo) [6]. In Belgio e in Francia, invece, il suicidio correlato a cause lavorative viene qualificato come infortunio sul lavoro [4].

In letteratura sono descritte manifestazioni acute e croniche a carico della sfera psichica, riconducibili a Acute Stress Disorders (ASD) o a Post Traumatic Stress Disorders (PTSD), in lavoratori che siano stati vittime di gravi eventi traumatici con minaccia di danno grave o di morte per sé o per altri. Nel caso trattato, tuttavia, l’evento acuto non è rappresentato da una concreta minaccia di morte o di gravi lesioni personali, bensì da un diverbio esclusivamente verbale; si tratta cioè di un evento conflittuale nell’ambito del lavoro svolto e relativo alla complessa sfera delle relazioni interpersonali. Non risultano riportate in letteratura situazioni analoghe che siano state riconosciute come infortunio sul lavoro. Al contrario, in letteratura sono descritti casi nei quali alterazioni della salute psichica conseguenti a situazioni di costrittività organizzativa ed esitate in un PTSD o in una «sindrome da disadattamento cronico» siano state riconosciute come malattie di origine professionale. D’altronde l’INAIL riconosce e indennizza il disturbo dell’adattamento e il PTSD come malattie di origine professionale [7,8]. La particolarità del caso in esame è invece rappresentata dal fatto che sia stato indennizzato come infortunio sul lavoro un quadro di «crisi d’ansia reattiva», manifestazione acuta assimilata a un disturbo acuto da stress (classificato dal DSM IV tra i disturbi d’ansia).

Conclusioni

Nella letteratura scientifica in ambito assicurativo sul lavoro, il caso ricordato [3] rappresenta probabilmente l’unico caso di lesione psichica di origine occupazionale nel quale sia stata identificata una origine lavorativa e sia avvenuto il riconoscimento di infortunio sul lavoro. Il caso descritto pone in evidenza la necessità, oggi peraltro sempre più sentita, di un particolare riguardo alla salute psichica del lavoratore anche rispetto ad insulti provenienti dal contesto occupazionale e dall’attività lavorativa svolta che possono configurarsi, anche ai fini medico-legali, come antecedenti causali o concausali dell’effetto acuto che nel suo manifestarsi viene a rispettare i criteri e requisiti necessari per la configurazione di un infortunio sul lavoro.

In conclusione crediamo che, in Italia e in ambito occupazionale, dovrebbe essere prestata e promossa una maggiore e specifica attenzione ai danni acuti a carico della salute psichica dei lavoratori sia da parte dei medici competenti che rappresentano spesso il primo anello della catena di rilevazione e segnalazione, sia da parte dei medici INAIL deputati alla ricostruzione, analisi e verifica dell’attribuzione a causa lavorativa dell’evento infortunistico. Parallelamente, si segnala la necessità da parte dei datori di lavoro di una più accurata e oggettiva valutazione dei rischi occupazionali che possono agire negativamente sulla salute psichica dei lavoratori, sia rispetto ai possibili effetti acuti (infortuni), sia rispetto alle conseguenze che questi rischi possono produrre nel tempo (malattie professionali).

Bibliografia

  1. Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124. Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”. Gazzetta Ufficiale n. 257 del 13 ottobre 1965
  2. Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38. Ripubblicazione del testo del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, recante «Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144», corredato delle relative note. Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2000, suppl. ordinario n. 47
  3. Taino G, Pezzuto C, De Icco R, et al. Crisi d’ansia reattiva e disturbo dell’adattamento cronico: un caso particolare di infortunio sul lavoro e di sospetta malattia professionale. G Ital Med Lav Ergon. 2014; 36: 118-123
  4. Report Eurogip 81/E. What recognition of work-mental disorders? A study on 10 European countries. 2013. Disponibile online su http://www.europeanforum.org/documents/24/eurogip_81en_recognition_wr_mental_disorders_europe.pdf (ultimo accesso maggio 2016)
  5. INAIL. Direzione Centrale e Prestazioni. Disturbi psichici da stress lavoro-correlato: l’andamento del fenomeno. ottobre 2011
  6. ANMILinforma (internet). Stress, mobbing e suicidio della lavoratrice: riconosciuta la rendita INAIL al marito della vittima grazie alla professionalità dell’Avv. della Sede ANMIL di Venezia Saveria Aversa. Disponibile online su http://www.anmil.it/ANMILinforma/Stressmobbingesuicidiodellalavoratrice/tabid/2507/Default.aspx
  7. Circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003. Disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro. Rischio tutelato e diagnosi di malattia professionale. Modalità di trattazione delle pratiche
  8. Delibera INAIL del Consiglio di Amministrazione n. 473 del 26 luglio 2001. Definizione di percorsi metodologici per la diagnosi eziologica delle patologie psichiche e psicosomatiche da stress e disagio lavorativo

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