La sicurezza del paziente in ambiente ospedaliero e la responsabilità professionale dei vertici strategici
Elvira Ventura Spagnolo 1, Cristina Mondello 2, Serena Scurria 2, Luigi Cardia 2, Patrizia Gualniera 2, Giulio Cardia 2
1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute e Materno Infantile, Sezione di Medicina Legale, Università degli Studi di Palermo
2 Dipartimento Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali, Università degli Studi di Messina
Abstract
The authors underline the evolution of legislation concerning the creation of Hospital Companies and the reasons for the implementation of clinical risk management activities, then analyse the responsibilities involving the top figures of the top hospital management. In particular, the authors highlight the obligation and responsibilities of the strategic apex of a Hospital Company and show that, sometimes, the technical consultants – who express a medical-legal advice – underestimate the responsibility of these figures.
It is a management responsibility that determines the obvious and inevitable consequences on those who work in contact with the patient and who bear the obligations and responsibilities. In some cases, the responsibility of the top figures is indisputable and obvious, but there is no awareness about the possibility of the top management involvement within the assessment evaluation.
Keywords: Risk Management; Medical malpractice; Health management
Patient safety in the hospital setting and the professional responsibilities of top managers
Pratica Medica & Aspetti Legali 2016; 10(3): 59-63
http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v10i3.1257
Disclosure
Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo
Con il D. Lgs. 502/92 [1], successivamente integrato dal D. Lgs. 517/93 [2], è stato sancito il radicale cambiamento delle strutture sanitarie in Aziende Sanitarie. L’azienda sanitaria rappresenta, dunque, un ente dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, che opera nel quadro del servizio sanitario nazionale quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari, diretto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività (art. 3, comma 1 bis, D. Lgs. 502/92) [1]. È, comunque, con il D. Lgs. 229/99 [3] che all’Azienda Sanitaria è stata conferita anche un’autonomia imprenditoriale che, recependo la Legge 724/94 [4] e applicando quanto previsto dal D.P.R. 14 gennaio 1997 [5], obbliga le figure verticistiche a dichiarare il possesso – o meno – di quei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi individuati con il D.P.R. del 1997 [5] ai fini del riconoscimento dell’accreditamento istituzionale. Parimenti è stato chiesto, negli anni, agli operatori sanitari di uniformare la propria attività a criteri di efficacia, efficienza e infine anche di qualità, così come sancito dal D.M. 5 marzo 2003 in termini di gestione del rischio clinico [6]. Alla trasformazione delle Strutture Sanitarie in Aziende, inoltre, ha fatto seguito anche un cambiamento dell’assetto organizzativo.
Per quanto riguarda l’assetto verticistico, si osserva che sono organi dell’Azienda il Direttore generale e il collegio sindacale. Il Direttore generale viene nominato dalla Regione (per i Policlinici universitari viene nominato di concerto con il Rettore dell’Università) e, oltre ad adottare l’atto aziendale, è responsabile della gestione complessiva dell’Azienda (funzionamento, verifica, tipo e qualità delle prestazioni, scelte strategiche).
Il Direttore generale nomina con decreto interno i responsabili dei Dipartimenti Assistenziali e delle Unità Operative dell’Azienda ed è titolare, in maniera esclusiva, dei poteri di gestione, nonché della rappresentanza dell’Azienda. Al Direttore generale compete, in particolare, anche attraverso l’istituzione di un apposito servizio di controllo interno, di verificare – mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati – la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite e introitate, nonché l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa. Nell’espletamento delle sue funzioni il Direttore generale è coadiuvato dal Direttore sanitario, dal Direttore amministrativo, dal Consiglio dei sanitari e dal Collegio di direzione (art. 3 del D. Lgs. 502/92) [1]. Ne deriva che dev’essere fatta ricadere su ciascuna di dette figure apicali la responsabilità verticistica – intesa sotto le due accezioni del sostantivo – degli atti espletati.
Il Direttore sanitario è preposto alla direzione dei servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al Direttore generale sugli atti relativi alle materie di sua competenza. Il Direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell’Azienda Sanitaria. Il Consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell’Azienda con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal Direttore sanitario. In ogni Azienda viene costituito il Collegio di direzione, di cui si avvale il Direttore generale per il governo delle attività cliniche, la programmazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie e di quelle ad alta integrazione sanitaria, nonché per l’elaborazione del programma di attività dell’Azienda e per l’organizzazione e lo sviluppo dei servizi, anche in attuazione del modello dipartimentale e per l’utilizzazione delle risorse umane. Il Collegio di direzione concorre alla formulazione dei programmi di formazione, delle soluzioni organizzative per l’attuazione dell’attività libero-professionale intramuraria e alla valutazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi clinici.
Accanto a queste figure, nelle Aziende Sanitarie, in staff alla Direzione strategica (generale, sanitaria e amministrativa), sono presenti alcune Unità Operative (U.O.) che svolgono un ruolo di supporto al Direttore generale. Tra queste si annoverano quelle denominate: Controllo di gestione, Centro di costo, Qualità e accreditamento della struttura sanitaria, Risk management, Governo clinico. Le U.O. sono dotate – a seconda che si tratti di unità operativa complessa o semplice – di un Direttore di struttura complessa o di un Responsabile di struttura semplice, che espletano la propria attività all’interno del Reparto, e a cui competono il coordinamento e il controllo dei Servizi ospedalieri, nonché le funzioni di indirizzo e verifica delle prestazioni di diagnosi e cura (art. 7 e art. 63 del D.P.R. 761/1969) [7].
Ruolo centrale, in termini di sicurezza del paziente, è oggi svolto dal Risk Manager (RM), figura di cui molto si parla, ma la cui attività risulta ancora, purtroppo, vaga e/o poco nota a taluni. Il RM all’interno di un’Azienda sanitaria è una figura professionale dotata di un ruolo di elevata responsabilità e autonomia decisionale: su esso ricade, infatti, il compito di prevenire e gestire ogni tipo di rischio che può avere ripercussioni sui bilanci dell’Azienda. Per tale motivo deve essere in grado di identificare in modo corretto i rischi nelle diverse aree di attività ospedaliera. È il tecnico che, all’interno di un’Azienda, effettua l’analisi dei rischi connessi al funzionamento delle apparecchiature e di tutto ciò che contribuisce al buon funzionamento del processo clinico-diagnostico assistenziale. Normalmente ha a che fare con tutti i reparti aziendali e ne deve conoscere a fondo ogni aspetto. Lavora quindi in continuo contatto con i responsabili delle singole Unità Operative, per analizzare in dettaglio ogni fase dell’attività clinico-assistenziale ed identificare i possibili passaggi critici.
Viste le competenze e le responsabilità attribuitegli, il Risk Manager si inquadra all’interno della struttura aziendale ai livelli dirigenziali e risulta infatti inserito quale struttura in staff alla Direzione strategica. Finora la figura del Risk manager, contrariamente alla funzione di Risk management, non ha trovato nelle Strutture Sanitarie (Aziende Sanitarie e Ospedaliere) un obbligo giuridico e una chiara definizione di ruolo; spesso la sua funzione è stata, e ancora purtroppo lo è, ricoperta dal Direttore sanitario, ovvero viene inserita nel contesto dell’Unità Operativa di Controllo del rischio clinico, ovvero ancora, in alcune Strutture Sanitarie è emerso che il ruolo del RM è stato ricoperto da biologi, con i rischi connessi ai limiti di conoscenze specifiche di problematiche mediche che, per questioni scientifiche e di specifica competenza medica, possono avere.
Si è dovuta aspettare la legge istitutiva dei Comitati Aziendali di Valutazione dei Sinistri, e ancora il disegno di Legge Gelli, per trovare un esplicito riferimento alla figura di RM in termini di possesso di requisiti specifici. Il Risk Manager ha anche l’obbligo di effettuare, con continuità, l’analisi dei rischi, e per tale motivo si trova fin dall’inizio ad assumere molte decisioni connesse alle attività specifiche che si espletano in una Azienda Sanitaria (con assunzione diretta di responsabilità decisionale, a cui inevitabilmente consegue la responsabilità legale), anche al fine di ottimizzare il rapporto tra i costi di copertura dei rischi e i benefici sulle attività aziendali. L’approccio necessario del suddetto ruolo è quindi multidisciplinare.
Alla luce di queste analisi, in definitiva, sul Risk Manager ricade l’obbligo di predisporre un piano strategico per la protezione dell’Azienda, ricorrendo sia a interventi di carattere organizzativo o strutturale, sia alle possibili coperture, trattando direttamente, per le problematiche connesse al risarcimento di eventuali danni, con l’Ufficio Sinistri, ovvero con l’U.O. di Medicina Legale (ove esistente nell’Azienda ospedaliera) e ancora con il Comitato Aziendale di Valutazione dei Sinistri.
La parte più importante del lavoro del RM consiste in realtà nello studio delle cause degli eventuali eventi avversi e nella valutazione del rapporto tra l’esposizione ai rischi e le spese per la copertura. Il Risk Manager è dunque una figura trasversale e multifunzionale: ogni reparto ha le proprie caratteristiche, egli, tuttavia, deve conoscerle tutte e decidere il da farsi tenendo sempre conto dell’interesse generale del paziente e della struttura sanitaria. Il Risk Manager è, dunque, una figura professionale su cui gravano notevoli responsabilità, considerato che una volta individuati i potenziali rischi (evento avverso, near missing), il RM deve definire, con urgenza, le misure di eliminazione o prevenzione degli stessi.
A parte le Strutture e gli Organi sopra menzionate, all’interno dell’Azienda devono essere individuati i singoli Dipartimenti assistenziali su cui ricadono dirette responsabilità in materia clinico-organizzativa e gestionale. Il Direttore di dipartimento (nominato dal Direttore generale tra i dirigenti con incarico di struttura complessa) deve vigilare sulle attività che vengono espletate all’interno del Dipartimento. Egli dovrà predisporre annualmente il piano delle attività e dell’utilizzazione delle risorse disponibili. All’interno dei Dipartimenti assistenziali si distinguono le strutture organizzative (complesse, semplici a valenza dipartimentale e semplici), cioè articolazioni aziendali in cui si concentrano competenze professionali e risorse (umane, tecnologiche e strumentali) finalizzate allo svolgimento delle funzioni di assistenza diretta ai pazienti, nonché di amministrazione, di programmazione e di committenza, quindi di produzione di prestazioni e di servizi sanitari.
Nella complessità delle Aziende sanitarie, quindi, si rende necessario suddividere le procedure clinico-diagnostico-assistenziali in singole fasi, all’interno delle quali individuare ruoli e funzioni. In tale contesto, al fine della riduzione delle circostanze produttive di eventi avversi (che per altro verso, se produttivi di danno al paziente, possono ricadere nell’ambito della responsabilità professionale, con aggravio di costi per l’Azienda), il Ministero della Salute ha promosso una serie di iniziative, e sono stati pubblicati numerosi documenti in tema di governo clinico, sicurezza dei pazienti e gestione del rischio [8-11].
Nonostante le varie iniziative e attività, tuttavia, ad oggi il fenomeno del contenzioso giudiziario gravante sulle strutture sanitarie non solo non si è ridotto, ma ha al contrario subito un incremento esponenziale con un ingente numero di procedimenti civili e penali relativi a presunta o vera responsabilità professionale medica. Da una analisi da noi svolta a tal proposito è emerso, però, che una buona parte del contenzioso che investe le strutture sanitarie non è afferente alla ipotesi che vede solo nel professionista d’area sanitario l’unico responsabile della malpractice, essendo talora – come già in precedenza rilevato – detta responsabilità connessa ad eventi del tutto indipendenti dalla colpa professionale medica, nell’ambito della quale l’errore può talora essere legato anche alla difficoltà di comunicazione medico-paziente, come rilevabile dallo stesso evolvere della giurisprudenza. Indubbia rilevanza nel contesto della c.d. malpractice ha, inoltre, il tema del rischio iatrogeno, con indubbia ricaduta sul contenzioso che si instaura a carico delle strutture sanitarie, a cui segue la relativa incidenza economica e gli aspetti mediatici. Gli eventi iatrogeni, che indubbiamente incidono sulla salute e sulla sicurezza del paziente, però, in alcuni casi, non sono causati da errore dell’esercente la professione sanitaria (o per lo meno non sono ascrivibili solo ad errori di questi ultimi), ma sono da porre in correlazione ad “eventi avversi” del tutto indipendenti dalla condotta degli operatori, quali, ad esempio, il cattivo funzionamento di quei dispositivi preposti all’esplicazione della prestazione erogata al paziente.
In tale contesto è evidente che, su colui che viene chiamato a valutare, ricade l’onere di individuare le responsabilità dei singoli, in relazione a quei ruoli ricoperti e alle specifiche competenze, essendo comprese in queste ultime gli obblighi che ricadono sui vertici – ovvero sulle figure apicali – di un’Azienda ospedaliera, in termini di imperizia e imprudenza.
Ne deriva che eventuali responsabilità per insufficienza e/o inefficienza organizzativa (assegnazioni di cariche o incarichi a soggetti che non hanno i requisiti tecnici o legali), ovvero ancora per difetti delle strutture (in cui rientra, ad esempio, l’inadeguatezza delle sale operatorie per sostanziale possibile difficoltà di sterilizzazione degli ambienti, a cui sono da correlare le infezioni iatrogene che vengono quasi sempre poste a carico di colui che espleta attività medica e assistenziale), ovvero inadeguatezza delle attrezzature sanitarie (attrezzature obsolete, strumentazione e/o attrezzature sanitarie non idonee, indisponibilità di strumenti di uso complesso ma necessari alle attività routinarie, deficit della manutenzione dei medesimi, ed altre) potranno essere da ricercare all’esterno delle U.O. ospedaliere e quindi nell’operato delle figure professionali apicali, cioè dei cd. manager, con particolare riferimento, ad esempio, al Direttore sanitario, al Direttore generale e/o ad altri. Di contro, la responsabilità per l’organizzazione interna della U.O. (organizzazione dei turni di lavoro, disposizioni interne per il personale, carenze organizzative e di personale, verifica attività) viene fatta ricadere nella figura del Direttore della Struttura Complessa – ovvero semplice a valenza dipartimentale – laddove le carenze non siano state tempestivamente e adeguatamente segnalate alle figure verticistiche.
Le specifiche responsabilità delle singole figure verticistiche non sono però facili da delineare in relazione alla presenza di disposizioni variabili da Regione a Regione e da struttura a struttura, anche in merito alla partecipazione, alle decisioni, di organismi consuntivi che rendono di fatto difficile l’attribuzione esclusiva della responsabilità rispetto ad un disservizio. Se sul piano civilistico detta ripartizione potrebbe, però, risultare di difficile inquadramento, non altrettanto può dirsi per l’ambito penalistico nel quale risulta fondamentale dimostrare la correlazione causale fra il difetto organizzativo, il danno al paziente e il comportamento talora non adeguato e/o non corretto delle singole figure professionali, tra le quali trovano anche collocazione le figure verticistiche, considerando a tal proposito come penalmente rilevante possa essere l’attività omissiva.
Emblematica, in tal senso, riteniamo sia una recente sentenza di merito emessa dal Tribunale penale di Palermo [12]. Nella stessa infatti, sebbene siano stati individuati dal giudicante «voragini di inefficienza» e «disorganizzazione della struttura sanitaria, l’assenza di procedure di sicurezza organizzate dalla Direzione Sanitaria ed Aziendale che trasmodarono in omissioni nella organizzazione», oltre ad «assenza totale di procedure di sicurezza» con la conseguente integrazione di «una vera e propria criminale omissione» e relativo riconoscimento di corresponsabilità dei vertici nell’evento lesivo che determinò la morte della paziente, si riscontra esclusivamente la condanna del responsabile civile (l’Azienda sanitaria) al risarcimento dei danni, in solido con gli imputati. Il giudicante, dunque, non ha ritenuto di applicare alcuna sanzione penale alle figure verticistiche aziendali, né di rinviare gli atti al Pubblico Ministero per proseguire le indagini ai fini della individuazione di altre eventuali responsabilità.
Vi è da rilevare, ancora che nella realtà dei fatti, considerata la tendenza attuale a transitare dalla classica responsabilità individuale a più ampie ipotesi di responsabilità di équipe, si potrebbero considerare nell’ambito di detta tipologia di responsabilità, in senso allargato, tutti i soggetti coinvolti nella gestione medico-assistenziale, procedendo anche alla valutazione delle attività organizzativo/gestionali della struttura sanitaria.
Detto principio, a parere di chi scrive, potrebbe anche essere applicato per il riconoscimento e quindi l’attribuzione della responsabilità penale delle figure verticistiche, di cui si è detto in precedenza, naturalmente dopo un’attenta valutazione delle specifiche funzioni e del ruolo concretamente avuto nelle singole evenienze e con particolare riferimento alle attività delegabili, e ancora con la dovuta cautela, in riferimento alle imposizioni dettate dalla “spending review” che inevitabilmente finiscono per incidere sulla gestione delle strutture sanitarie.
In conclusione appare evidente, a parere di chi scrive, come sussista ad oggi una mancata consapevolezza dell’evoluzione normativa relativa alle molteplici cariche professionali in ambito di attività sanitaria espletata nelle Aziende ospedaliere, con annessa ritrosia nel valutare eventuali responsabilità verticistiche in ambito giudiziario.
Ciò riteniamo sia da porre in relazione alle intrinseche difficoltà di conoscenza delle varie figure aziendali, ma soprattutto dei ruoli e degli obblighi ricadenti sulle figure verticistiche. Si fa riferimento agli inquirenti e ai magistrati giudicanti, agli avvocati, ma soprattutto a coloro che assumono incarichi in ambito di consulenza tecnica d’ufficio ovvero peritale. Ciò in considerazione del fatto che sembrerebbero essere pregiudizievoli per la sicurezza del paziente quasi esclusivamente le attività di pertinenza degli operatori sanitari (medici, infermieri, ostetriche, ecc…) e non anche quelle di specifica pertinenza organizzativo-gestionale. Ne consegue che si pone con sempre maggiore urgenza la necessità di rivedere, sul piano penalistico, il tema della responsabilità professionale che dovrebbe essere valutata considerando le specifiche competenze delle diverse figure professionali che, a vario titolo, e quindi non solo medico-assistenziale, operano in ambito ospedaliero.In definitiva, non solo tenendo in considerazione le “linee guida” ma estendendo il raggio valutativo della responsabilità professionale sanitaria a tutti i livelli aziendali.
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- Decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517. «Modificazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421». Gazzetta Ufficiale n. 293 del 15 dicembre 1993. Suppl. Ordinario
- Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229. «Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della L. 30 novembre 1998, n. 419». Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 luglio 1999. Suppl. Ordinario
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- Sentenza n. 6614/15 del 14 dicembre 2015, Tribunale di Palermo, V sezione Penale
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