PM&AL 2018;12(1) 31-40.html

La mediazione trasformativa nell’era della patient revolution. Un modello per la gestione del rischio clinico e legale nelle ASL italiane

Antonio Dodaro 1, Virginia Recchia 2

1 Giurista e mediatore sanitario, Lecce

2 Ricercatrice esperta in comunicazione medico-paziente, CNR-IFC Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Fisiologia Clinica, Lecce

Abstract

Nowadays, too many patients do not perceive that their doctors are exclusively dedicated to care them. This is probably because current health systems are too focused on physicians and diseases, rather than on patients. Such systems are also expensive, fragmented, inefficient and often cynical, generating not only the anger but also the willingness to bring legal claims from many patients. Many scholars, in fact, claim that "too much medicine" can bring more harm than good to the patients and to the health systems themselves, therefore promoting a more sober and respectful medicine. This is the vision of the "patient revolution" and the idea that inspires some other movements that aim to break the vicious circle of greed and cynicism that damages not only patients but also health professionals. Within the same vicious circle, an exponential increase in litigations takes place, as an additional negative effect of the system focused on the disease and on the doctors instead of on the patient.

In the present article, we assume that a greater participation of the patient in the choices concerning his/her own health is the fertile ground in which concrete solutions can be found to many problems arising from the current medicine. We therefore analyze the main advantages of active patient participation, which in turn generate a reduction in health conflicts.

Based on this analysis, we propose a model in which through various approaches, tools and methods - starting from the upstream prevention of the conflicts - we can also manage them downstream, for the benefit of both patients and health professionals.

Finally, we show that within this framework, transformative mediation is an essential approach for weakening many legal disputes and repairing the relational damage generated upstream, where communication has failed or is completely lacking in the clinical practice.

Keywords: Patient revolution; Transformative mediation; Physician-patient communication; Engagement; Risk management

Transformative mediation in the era of the patient revolution. A model for the management of clinical and legal risk in Italian health facilities

Pratica Medica & Aspetti Legali 2018; 12(1): 31-40

https://doi.org/10.7175/pmeal.v12i1.1386

Corresponding author

Antonio Dodaro

antonio.dodaro@hotmail.it

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non aver conflitti di interesse in merito agli argomenti trattati nel presente articolo.

Introduzione

Ogni professionista della salute si trova, nella propria pratica clinica, di fronte al paziente solo ed esclusivamente per curarlo. Oggigiorno, tuttavia, troppi pazienti non percepiscono questa dedizione durante i colloqui con i propri medici. Ciò avviene probabilmente perché i sistemi sanitari attuali sono troppo incentrati sui medici e sulle malattie, anziché sui pazienti. E questo determina che tali sistemi siano costosi, frammentari, inefficienti e spesso insensibili, generando non solo l’ira ma anche la volontà di intentare cause legali da parte di molti cittadini [1]. A conferma di ciò, molti studiosi noti a livello internazionale sono convinti che l’assistenza sanitaria contemporanea sia una deriva che allontana da una medicina personalizzata, attenta e accurata nei confronti del singolo. E sono questi stessi ricercatori che sostengono che “troppa medicina” possa portare più danni che benefici al paziente e al sistema sanitario, e che quindi occorra promuovere una medicina più sobria e rispettosa. Questa è, ad esempio, la visione di Victor Montori, noto ricercatore della MayoClinic, promotore della “Patient Revolution” [1]. Ma le stesse idee hanno generato iniziative come il programma “Choosing Wisely” della Fondazione dell’American Board of Internal Medicine [2], la campagna “Too Much Medicine” del BMJ [3] o quella “Less is More” sostenuta dal JAMA Internal Medicine [4], o ancora il progetto “Slow Medicine” in Italia [5] (Tabella I). Tutte prospettive di una tendenza globale che pare inarrestabile e che si propone di rompere il circolo vizioso di avidità e cinismo che danneggia oggi non solo i pazienti ma anche gli stessi professionisti della salute. Tutte visioni che - all’interno dello stesso circolo vizioso – collocano un aumento esponenziale del contenzioso, anche questo effetto negativo del sistema incentrato sulla malattia e sui medici anziché sul paziente [6-9]. Tale contenzioso si genera spesso in presenza di errori che ricadono sotto la responsabilità di medici e strutture sanitarie qualora i pazienti si ritengano danneggiati. A monte del contenzioso, tuttavia, c’è quasi sempre una mancata o incompleta partecipazione del paziente alle scelte che riguardano il suo percorso diagnostico-terapeutico, che a sua volta genera un contrasto o un conflitto comunicativo-relazionale con uno o più professionisti sanitari [9,10]. Il circolo vizioso è determinato dal fatto che i professionisti sanitari reagiscono ai rischi legali attraverso la medicina difensiva. Temendo il contenzioso, prescrivono più medicine, analisi ed esami di quelli di cui un paziente avrebbe bisogno, generando quindi prestazioni che spesso sono inutili o addirittura dannose, e talvolta rifiutando le dovute diagnosi o cure se un paziente è considerato “litigioso”. La pratica della medicina difensiva, tuttavia, genera sempre più errori, malcontento e relativo contenzioso, in una spirale da cui gli stessi sanitari non sanno come liberarsi [11,12].

Movimento/iniziativa e sito web

Quando nasce

Chi lo promuove

Fondamenti

Obiettivi

Patient Revolution

https://patientrevolution.org

2009

Victor Montori, co-fondatore dell’omonima organizzazione no-profit

La medicina è diventata un’industria e la sua finalità – prendersi cura delle persone malate – è stata messa da parte. In primo luogo, l’attenzione si è spostata sulle persone in salute, trasformando in malattie condizioni che non erano considerate tali. In secondo luogo, si è ricorso sempre più agli screening. Il risultato è la crescente medicalizzazione della vita, per la sovradiagnosi e il conseguente sovratrattamento

Aiutare a scegliere in maniera consapevole, per prendere le distanze da ciò che non è necessario, inefficace o non desiderato dal paziente, riducendo il consumo di prestazioni senza modificare – se non migliorandola – la qualità della vita della persona

Choosing Wisely

www.choosingwisely.org

2012

ABIM Foundation (Fondazione dell’American Board of Internal Medicine)

Molti esami e trattamenti chirurgici e farmacologici largamente diffusi non supportati da prove di efficacia non apportano benefici per i pazienti e anzi rischiano di essere dannosi. Si continua a prescriverli per molteplici ragioni: abitudine, pressanti richieste dei pazienti, timore di sequele medico-legali, convinzione che spiegare ai pazienti che non sono necessari richieda più tempo, interessi economici, organizzazioni sanitarie che premiano la quantità delle prestazioni più che la loro qualità e appropriatezza

Promuovere l’alleanza e il dialogo continuo tra medici e pazienti. Ciò per contrastare l’idea che la salute si possa assicurare con un crescente numero di prestazioni e interventi che – anche se inutili – non sarebbero comunque dannosi. In realtà, ogni intervento comporta dei rischi e per quelli inutili o inappropriati il rapporto rischio-beneficio è altamente sfavorevole. Per diffondere questo messaggio, è stato chiesto a molte società scientifiche di produrre una lista di 5 prestazioni ritenute obsolete o inappropriate

Too Much Medicine

https://www.bmj.com/too-much-medicine

2002

British Medical Journal (BMJ)

Oggi c’è troppa medicina e poca cura a causa di: definizioni dilatate di malattia, adozione acritica di screening, mercificazione della malattia e medicalizzazione, interessi commerciali, convinzioni cliniche fortemente radicate, aumentate aspettative dei pazienti, contenzioso, paura dell’incertezza, nuove tecnologie

Evidenziare le minacce alla salute umana che sono generate dall’overdiagnosi e dallo spreco di risorse in cure non necessarie

Less is More

https://jamanetwork.com/collections/44045/less-is-more

2010

JAMA Internal Medicine

Negli Stati Uniti, il tasso di utilizzo di prestazioni mediche comuni varia notevolmente, ma gli indicatori di salute non sono migliori nelle aree in cui sono forniti più servizi. In realtà, alcuni indicatori di salute sono peggiori nelle aree in cui si ricevono più servizi sanitari

Evidenziare le situazioni in cui l’uso eccessivo delle cure mediche può causare danni e in cui è probabile che una minore cura porti a una salute migliore

Slow Medicine

www.slowmedicine.it

2010

Gruppo di professionisti sanitari che a Torino ha elaborato un nuovo modello di medicina

Cure appropriate e di buona qualità e un’adeguata comunicazione fra le persone riducono i costi dell’organizzazione sanitaria, riducono gli sprechi, promuovono l’appropriatezza d’uso delle risorse disponibili, la sostenibilità e l’equità dei sistemi sanitari, migliorando la qualità della vita dei cittadini nei diversi momenti della loro vita

Riunire cittadini, pazienti, professionisti che si confrontino e si impegnino per costruire un modello di salute sintetizzato da tre parole chiave: sobria, perché agisce con moderazione, gradualità e senza sprechi; rispettosa, perché è attenta alla dignità della persona e al rispetto dei suoi valori; giusta, perché impegnata a garantire cure appropriate per tutti

Tabella I. Movimenti o iniziative che criticano l’utilizzo eccessivo di tecnologie e trattamenti medici, proponendo nuovi modelli incentrati sui pazienti

La mediazione è uno dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie o “Alternative Dispute Resolution”, teorizzato e applicato principalmente per affrontare il conflitto a livello affettivo e relazionale (emozioni, bisogni, esperienze), più che a livello razionale (risorse). La mediazione è quindi un processo attuato per risolvere divergenze in cui una parte formata ad hoc, neutrale e terza (il mediatore) aiuti le parti in causa nel tentativo di raggiungere un accordo reciprocamente accettabile e volontario. Secondo alcuni approcci, come quello della “mediazione trasformativa”, la ricostruzione della relazione tra le parti in causa è l’obiettivo perseguito, che può consentire l’accordo anche sui contenuti della controversia [13]. Tale approccio propone negli anni ’90 in modo innovativo di abbandonare il “classico” filone della mediazione orientata al “problem solving”, per lavorare invece sulla capacità e sulla possibilità dei due contendenti di trovare da soli una soluzione alla propria controversia. Ciò trasformando gradualmente la qualità della loro interazione da oppositiva/conflittuale a costruttiva/collaborativa. Nel compiere questi progressi, la natura dell’interazione si trasforma in meglio e tale risultato va oltre qualunque effetto specifico ottenuto o concordato rispetto all’oggetto della controversia. Il ruolo principale del mediatore consiste, quindi, nel facilitare questo processo di cambiamento ogniqualvolta se ne crei l’opportunità nell’incontro con le parti.

Nel presente articolo, partiamo dal presupposto che una maggiore partecipazione del paziente alle scelte che riguardano la propria salute (che identifichiamo come sinonimo della “patient revolution”) sia il terreno fertile in cui si possano trovare soluzioni a molti problemi derivanti dagli attuali sistemi incentrati sulle malattie e sui medici. Analizziamo, quindi, i principali vantaggi della partecipazione attiva del paziente, che generano a loro volta una riduzione dei conflitti sanitari. Sulla base di tale analisi, proponiamo un modello in cui attraverso vari approcci, strumenti e metodi - a partire dalla prevenzione a monte degli stessi conflitti - si possa anche gestirli a valle, a beneficio sia dei pazienti che degli stessi professionisti sanitari. Dimostriamo, infine, come nell’ambito di tale modello la mediazione trasformativa rappresenti un metodo essenziale per depotenziare molte liti legali e consentire di riparare al danno relazionale che si è generato a monte, laddove la comunicazione ha fallito oppure è mancata del tutto.

Analisi: i vantaggi della partecipazione attiva del paziente o patient revolution

Molti studiosi suggeriscono che la partecipazione dei pazienti e il loro coinvolgimento nelle decisioni di salute possa essere la soluzione ideale per aumentare l’efficacia dei trattamenti sanitari [14-19]. La partecipazione del paziente è anche tra le principali soluzioni all’attuale crescente contenzioso legale e assicurativo in ambito sanitario [14, 20-24]. Ciò perché un efficace coinvolgimento della persona, oltreché essere parte integrante dell’atto clinico, garantisce l’equilibrio emotivo e relazionale che consente la piena realizzazione del processo perseguito nell’atto clinico stesso, cioè la diagnosi, la prognosi e la terapia [14]. In uno studio fondamentale pubblicato nel 1997, Levinson ha rilevato che i pazienti scelgono di intentare causa al medico che li ha curati non tanto per la sua incompetenza o negligenza professionale, quanto per il modo in cui li ha trattati a livello interpersonale [25].

Tra i principali vantaggi della partecipazione attiva del paziente che possono generare una significativa riduzione del contenzioso legale e assicurativo, identifichiamo: (a) l’aumento della compliance da parte del paziente; (b) l’aumento dell’appropriatezza; (c) la riduzione degli errori e del rischio clinico; (d) l’aumento della soddisfazione del paziente; (e) l’aumento della soddisfazione del medico e degli altri professionisti sanitari; (f) la riduzione dei tempi di diagnosi e cura [14].

Aumento della compliance

Per migliorare la motivazione da parte dei pazienti, l’aderenza alle terapie e la conseguente compliance, i medici devono fornire informazioni complete sui rischi di eventi avversi, sulle complicanze e sui comportamenti da adottare, verificando che la comunicazione sia efficace attraverso continui feedback dai pazienti [26,27]. In questa prospettiva, il paziente diventa sempre più esperto e contribuisce a determinare il percorso diagnostico-terapeutico, attraverso un confronto ampio e continuo con i professionisti sanitari, che genera inevitabilmente scelte condivise e consapevoli.

Aumento dell’appropriatezza

La campagna “Less is more” lanciata da JAMA Internal Medicine indaga sulle molteplici cause dell’uso inappropriato di risorse in sanità. Secondo questa serie di studi, un ruolo chiave è giocato dall’informazione e dalla comunicazione medico-paziente. Laddove questo processo è ottimale, anche l’appropriatezza delle prestazioni migliora notevolmente [18,28-32]. Ogniqualvolta si coinvolgono i pazienti nelle decisioni, attraverso strumenti che li aiutino a bilanciare rischi e benefici, si riduce anche il numero di procedure, aumentandone al contempo l’appropriatezza [31,33].

Riduzione degli errori e del rischio clinico

L’efficacia dell’interazione medico-paziente viene identificata come una delle più rilevanti soluzioni agli errori medici [34]. I medici preferiscono spesso rischiare eventi avversi legati ad un intervento, piuttosto che affrontare le eventuali conseguenze di un mancato intervento. Questo atteggiamento – denominato “commission bias” – consiste nella tendenza a fare in ogni caso qualcosa, e certamente genera un numero maggiore di errori [28]. Secondo uno studio di Rothberg et al. (2015) [29], «i medici tendono a trasmettere la loro imprecisa percezione del rischio ai pazienti, e ciò porta a sovrastimare i benefici e a minimizzare i rischi del trattamento». Il rischio insito in determinate opzioni diagnostiche o terapeutiche rappresenta invece un contenuto da condividere secondo precise modalità e tecniche, in modo tale che il paziente possa ottenere una visione imparziale, sintetica e comprensibile su cui orientare le proprie scelte in base a personali esigenze, valori, preferenze e aspettative [14].

Aumento della soddisfazione del paziente

La soddisfazione del paziente rispetto alla comunicazione e all’interazione con il medico su una prestazione sanitaria influisce notevolmente sulla sua soddisfazione in merito agli esiti complessivi della stessa prestazione sanitaria [19,35,36]. Viceversa, una comunicazione inefficace determina spesso un’imperfetta aderenza alle indicazioni del medico e, in mancanza di risultati appaganti, l’insoddisfazione del paziente [25].

Aumento della soddisfazione del medico e degli altri professionisti sanitari

Lo stadio successivo del circolo virtuoso della buona comunicazione medico-paziente è la soddisfazione dello stesso medico all’interno di una relazione terapeutica soddisfacente. D’altra parte, è dimostrato che l’incuria degli aspetti relazionali produce insoddisfazione, stress e demotivazione nel medico, sintomi alla base della sindrome da burn out, significativamente in crescita negli ultimi anni [37]. La stessa medicina difensiva ed i relativi costi possono notevolmente diminuire nel momento in cui i medici e gli altri professionisti sanitari percepiscono come appaganti gli esiti della comunicazione con i propri pazienti.

Riduzione dei tempi

Uno studio riguardante l’assistenza sanitaria primaria smentisce la convinzione comune che un’attività comunicativa ottimale allunghi la durata della visita [38]. Secondo un’indagine che analizza visite per cure primarie e chirurgiche, i medici che rispondono con empatia ai bisogni emotivi dei pazienti hanno visite addirittura più brevi di 2,5 minuti in media rispetto a coloro che li ignorano [39]. Secondo una ricerca condotta da Langewitz e colleghi [40], il medico interromperebbe l’esposizione del paziente sui propri sintomi circa 22 secondi dopo l’inizio. Se nella fase vitale dell’ascolto si lascia parlare il paziente anche solo per un minuto in più, si possono acquisire informazioni sul 75% dei sintomi. Se, invece, lo si interrompe all’inizio, si rischia di incanalare erroneamente il percorso diagnostico-terapeutico, facendo perdere tempo e risorse sia al paziente che al sistema sanitario nel suo complesso.

Modello: approcci, strumenti e metodi a monte e a valle del conflitto sanitario

I principali approcci, metodi e strumenti che prolifereranno oggi e in futuro nel contesto della patient revolution in Italia sono svariati e suddivisibili su due assi, collocandosi: a monte o a valle del conflitto; a livello volontario o a livello obbligatorio per legge (Figura 1).

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Figura 1. I principali approcci, metodi e strumenti a monte e a valle del conflitto sanitario

Per “conflitto” intendiamo un disaccordo interpersonale, o contrasto tra due o più individui, generato a causa di differenze di opinione, competizione, percezioni negative, aspettative di ruolo scarsamente definite o mancanza di comunicazione [41, 42]. In ambito sanitario, il conflitto si genera in modo esplicito spesso a seguito di errori che causano danni al paziente. È, però, presente in forma latente ogniqualvolta - pur in assenza di errori - vi è una mancata o imperfetta comunicazione con il personale sanitario.

A monte del conflitto sanitario, e quindi per prevenirlo, abbiamo a disposizione:

  • l’health literacy, l’empowerment e l’engagement del paziente, a livello volontario (quadrante A);
  • il consenso informato, a livello legale, e le decisioni condivise, a livello intermedio tra il volontario e il legale (quadrante B).

A valle del conflitto sanitario esistono:

  • i servizi di ascolto e mediazione, a livello volontario (quadrante C);
  • la mediazione obbligatoria e il contenzioso legale e assicurativo a livello obbligatorio, ossia laddove tutto il resto fallisce e il paziente voglia vedere riconosciuti i suoi diritti di risarcimento per i danni subiti (quadrante D).

L’area rappresentata dal contenzioso legale e assicurativo è quella più temibile per le aziende sanitarie locali italiane, in quanto genera un notevole dispendio di energie, tempo e risorse economiche.

Health literacy

È l’insieme delle competenze e abilità che consentono al cittadino di interagire con il sistema sanitario in maniera funzionale ed efficace sulle scelte che riguardano la propria salute. Si sostanzia nel saper leggere, decodificare ed elaborare informazioni relative alla propria salute, che vanno dal comprendere un referto medico all’orientarsi all’interno dei servizi sanitari, al compiere scelte consapevoli per il proprio benessere [43]. Implica il raggiungimento di un livello di conoscenze, di capacità e di fiducia in se stessi tali da spingere gli individui ad agire per migliorare la propria salute e quella della collettività, modificando lo stile e le condizioni di vita personali [43-46].

Empowerment ed engagement

L’health literacy dipende in larga parte dalle condizioni socio-economiche e dal livello di istruzione del paziente, ma deve essere incrementata da politiche ad hoc, al fine di favorire i processi attraverso i quali la gente acquisisca un maggiore controllo sulle decisioni e azioni che riguardano la propria salute (empowerment) [43,46]. Una maggiore e più efficace partecipazione richiede che il paziente non solo sia in grado di svolgere compiti relativi alla propria salute, ma anche che sia attivo ed emotivamente coinvolto (engagement) [48,49]. Secondo questa accezione, quindi, il concetto di engagement definisce il tipo di relazione che il paziente instaura con il suo sistema sanitario di riferimento, nelle diverse fasi del suo percorso di cura [50,51].

Decisioni condivise

Lo “shared decision making” è definibile come un approccio in cui i medici e i pazienti condividono le migliori evidenze disponibili nel momento in cui devono affrontare un compito che richiede di assumere decisioni, ed in cui i pazienti sono supportati nel considerare le varie opzioni, per raggiungere in modo informato gli obiettivi che preferiscono [52].

Consenso informato

Il consenso informato è una forma di autorizzazione concessa dal paziente al fine di sottoporsi ad una procedura diagnostica o terapeutica, sulla base di un’informazione necessaria e personalizzata fornita da parte del personale sanitario proponente [18,31,32]. Il malato ha il diritto e il dovere di conoscere tutte le indicazioni disponibili sulla propria salute, nonché di chiedere al professionista sanitario eventuali ragguagli, per avere la possibilità di scegliere se sottoporsi ad una determinata terapia o esame diagnostico, in quella o in altra struttura. Il fine del consenso informato è, dunque, quello di favorire l’autonomia o libertà di scelta dell’individuo nell’ambito delle decisioni cliniche. Il consenso informato è – prima che ogni altra cosa – un processo comunicativo e relazionale che deve coinvolgere il paziente in una decisione che lo interessa direttamente [9,10].

Servizi di ascolto e mediazione

I servizi di ascolto e mediazione, nati in Italia in via volontaria attraverso un percorso ispirato alla “mediazione trasformativa” [13], si propongono di ripristinare la comunicazione tra l’utente e l’operatore sanitario quando la relazione è compromessa da un conflitto sorto nel processo di diagnosi e cura [54,55]. Si avvalgono di una metodologia che prevede una serie di incontri individuali ed eventualmente bilaterali, che seguono una procedura volontaria di ascolto e mediazione e che non entrano nel merito dei contenuti clinici né si propongono di stabilire chi ha ragione e chi ha torto [54,55]. Hanno l’unico obiettivo di depotenziare il conflitto ed evitare il contenzioso, ri-costruendo il senso di fiducia, rinsaldando il legame sociale e il senso di appartenenza alla comunità e alle sue istituzioni [56]. Secondo le esperienze già avviate in alcune ASL del Nord, gli incontri individuali di ascolto spesso sono sufficienti per ridurre il contenzioso [54].

Mediazione obbligatoria ex D. Lgs. n. 28/2010

In base all’art. 1 del D. Lgs. n. 28/2010 [57], per mediazione intendiamo: «L’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti […] nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia». L’obbligatorietà di mediazione si coglie – nel suo rapporto propedeutico con un eventuale processo civile – in tutta una serie di materie sancite dall’art. 5 dello stesso D. Lgs., tra cui rientra il «risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria». In altri termini, l’art. 5 esplicita come il solo tentativo di mediazione, pur se infruttuoso, sia tecnicamente indispensabile per poi eventualmente giungere ad un processo civile sul medesimo oggetto del contendere. Tale forma di mediazione istituzionalizzata ha luogo presso appositi Organismi pubblici o privati autorizzati e vigilati dal Ministero di Giustizia.

È importante evidenziare come, anche in questa tipologia di mediazione, sia utile ispirarsi concretamente all’approccio “trasformativo” sopra menzionato per i servizi di ascolto e mediazione. Il mediatore trasformativo non propone soluzioni compositive del conflitto esistente tra le parti, ma ha come obiettivo primario quello di supportare le stesse nella specifica situazione, aiutandole ad auto-analizzarsi più chiaramente e favorendo in tal modo le conseguenti decisioni [13].

Contenzioso legale e assicurativo

Il continuo aumento di cause per responsabilità medica sta attualmente spingendo molti medici a preoccuparsi per una crisi dell’intero Servizio Sanitario Nazionale [58]. Si tratta di 30.000 liti ogni anno che la giustizia civile non riesce a smaltire in tempi accettabili. La magistratura italiana ha nel tempo ritenuto opportuno ampliare i confini delle pratiche deplorevoli, assoggettandole ad un obbligo sempre più gravoso di risarcimento. Allo stesso tempo, le corti italiane – come registrato in un report del Consiglio d’Europa nel 2013 – risultano essere le meno efficienti del continente [59]. Inoltre, la grande maggioranza dei sinistri è passata in regime di autoassicurazione, in carico direttamente alle Asl o ai fondi regionali. I dati, infine, dimostrano che il tradizionale strumento della controversia legale mette a repentaglio il buon effetto del rapporto medico-paziente e ritarda il conseguimento del rimborso [58]. Al contrario, come descritto più in dettaglio nel prossimo paragrafo, la mediazione (sia volontaria che obbligatoria) consente un dialogo più aperto tra il paziente e i professionisti sanitari, migliorando al contempo gli standard del servizio offerto.

La mediazione trasformativa come metodo chiave nella gestione del rischio in sanità

Se è vero che molti degli eventi avversi potrebbero essere evitati con un’efficiente gestione del rischio, e se è vero che la buona comunicazione è identificata come uno degli elementi chiave per prevenire il rischio di errori medici [34], allora è anche sensato credere che la mediazione trasformativa a valle del conflitto sanitario possa servire per comprendere a fondo la genesi di molti errori, non solo per poter gestire il conflitto in sé ma anche per poter prevenire le malpractice. In tal senso, la cultura colpevolizzante o “blame culture” deve divenire una cultura operativa che si proponga una riflessione continua sugli errori, per poterli analizzare e controllare. Gli eventi avversi devono essere condivisibili all’interno dell’organizzazione, in modo funzionale al cambiamento e alla qualità del servizio reso [60].

È quindi vitale la creazione di un contesto che faciliti la comunicazione tra operatori e utenti, al fine di fronteggiare in modo appropriato e tempestivo tutti gli aspetti coinvolti negli eventi avversi [54]. Ciò perché a volte i conflitti nascono da “incomprensioni e malintesi, insoddisfazioni e tensioni” anche in assenza di veri e propri errori, oppure da eventi di natura strettamente “iatrogena”, ma privi di profili di responsabilità [61]. Inoltre, come idea fondante della mediazione trasformativa vi è l’evidenza che molte relazioni conflittuali nascano dalla mancata soddisfazione di un bisogno di riconoscimento [62].

Il servizio di ascolto e mediazione realizzato presso molte ASL del Nord Italia [54,55] presuppone un aspetto qualificante della mediazione trasformativa, e cioè ricomporre emotivamente una relazione tra paziente e medico, interrotta da un evento avverso [13]. A differenza degli approcci più tradizionali, quello trasformativo non cerca la soluzione del problema, ma persegue il riconoscimento reciproco delle parti coinvolte. È diverso anche il ruolo del mediatore, che punta a potenziare la capacità delle parti su due fronti. Da un lato, le parti sono facilitate nel gestire efficacemente il conflitto, analizzando la propria situazione e prendendo decisioni autonome e responsabili (“empowerment”). Dall’altro, sono guidate nel capire le ragioni dell’altro, evitando di giudicarlo in modo improduttivo (“recognition”).

Unica critica da muovere a tale servizio di ascolto e mediazione attiene ai soggetti che, seppure debitamente formati, dovrebbero concretamente realizzarlo, interfacciandosi con pazienti e familiari. I soggetti previsti sono, infatti, riconducibili al sistema sanitario e quindi costituiscono parte in causa. Ciò, purtroppo, rischia di compromettere la fruttuosità dell’intera procedura, in quanto la figura del mediatore è sempre “terza” rispetto alle parti in conflitto. Il metodo in sé, tuttavia, presenta comunque aspetti positivi rilevanti, tra cui il riavvicinamento delle parti coinvolte, attraverso il loro riconoscimento reciproco [13]. Pertanto, questo tentativo di ricomposizione volontaria del conflitto può fornire importanti elementi di ricostruzione relazionale da valorizzare anche qualora si giunga alla mediazione obbligatoria, che per legge è sempre a disposizione delle parti.

Conclusioni

Tradurre nella pratica quotidiana dei servizi sanitari concetti come “patient-centered care”, “patient empowerment”, “patient engagement” non è semplice, perché richiede un cambiamento di paradigma rispetto al modo in cui la medicina è tradizionalmente praticata e un cambiamento di questa portata trova sempre una resistenza. Ma l’innovazione è iniziata e la “patient revolution” è un processo ormai inevitabile, dovuto ad alcuni acceleratori quali l’innalzamento del livello di istruzione, l’aumento dell’“health literacy” e la diffusione delle nuove tecnologie. Il contenzioso, a sua volta, si presenta ogniqualvolta c’è uno stato di resistenza e di inerzia da parte dei professionisti della salute a voler coinvolgere il paziente nelle decisioni inerenti la sua salute. Nella nostra società e sempre più questo sarà inaccettabile. Perché aumenterà i costi del sistema sino a livelli insostenibili. La partecipazione attiva del paziente già oggi non è più accessoria ma indispensabile al governo del sistema sanitario a tutti i livelli.

Quando tutto quello che si può fare per prevenire il conflitto non si fa o fallisce per qualche motivo, prima di arrivare al contenzioso legale e assicurativo - area molto costosa e molto temuta sia dai professionisti sanitari che dai manager delle ASL italiane - esiste ancora un’area di “salvezza”, rappresentata dalla mediazione trasformativa.

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