PM&AL 2019;13(1)37-44.html

La valutazione medico-legale delle ipoacusie in ambito assistenziale (invalidità civile e sordità civile) e previdenziale INPS

Michele Sammicheli 1, Marcella Scaglione 1

1 Medico legale libero professionista, medico esterno convenzionato INPS - CML di Siena

Abstract

The authors address the issue of hearing loss assessment for civil incapacity and INPS social security disability benefits

The purpose of this work is to compile an easy-to-use handbook for the public and for doctors unfamiliar with legal medicine who need to address the complex issue of performing a medical-legal assessment of hearing loss for INPS social security disability and civil incapacity.

General practitioners often incorrectly fill out INPS online application forms to obtain subsidies from Local Health Authorities (ASL / ASP) for the purchase of hearing aids for entitled citizens recognised as legally disabled due to loss of hearing. Frequently, instead of «civil incapacity», doctors select the term «legal deafness», introduced in 2006 as the legislative definition for deaf-mute individuals, i.e. persons with congenital deafness or hearing impairments acquired during childhood that have affected the normal learning of speech.

Keywords: Hypoacusis; Deafness; Audiometry; Civil Incapacity; INPS working disability

Medical-legal assessment of hearing loss for civil incapacity, legal deafness and INPS social security disability.

Pratica Medica & Aspetti Legali 2019; 13(1): -44

https://doi.org/10.7175/pmeal.v13i1.1445

Corresponding author

Michele Sammicheli

sammicheli@alice.it


Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse in merito agli argomenti trattati nel presente articolo

Il concetto di ipoacusia: nomenclatura e fondamenti anatomici e fisiopatologici

Il termine ipoacusia (dal greco ιπο [ipo] = riduzione e ἄκουσις [ákoysis] = percezione) identifica la «diminuzione unilaterale o bilaterale della capacità uditiva» [1]. Trattasi, quindi, dello scadimento della percezione uditiva, che può riguardare un solo orecchio o entrambi gli orecchi, cagionato da alterazioni funzionali di una qualsiasi delle sedi anatomiche implicate, sia nell’orecchio propriamente detto che a livello nervoso periferico e/o centrale, alla trasformazione dell’energia sonora in stimolo nervoso. Il massimo grado dell’ipoacusia unilaterale è l’anacusia (dal greco αν [an] = perdita e ἄκουσις [ákoysis] = percezione), cioè la perdita completa della discriminazione uditiva in un orecchio. Si parla invece, più correttamente, di cofosi (dal greco κοφοςις [kphōsis] = sordità) nel caso di perdita bilaterale e completa della capacità di discriminazione uditiva.

È doveroso, sin da ora, ricordare come, nel linguaggio medico-legale, con il termine sordità si indichi la riduzione grave o la perdita completa della capacità uditiva in epoca prelinguale (sordità prelinguale), insorta cioè prima dei 12 anni di età e tale da compromettere la fisiologica acquisizione del linguaggio parlato. In questo contesto l’ambito medico legale estende al 12° anno di vita il concetto “prelinguale” che, in ambito clinico, invece, identifica le sordità insorte entro il 18° mese di vita. Quella di sordità prelinguale è, in sostanza, la definizione che in medicina legale, dal 2006 per previsione normativa della legge n. 95 [2], ha sostituito il termine di sordomutismo, come previsto dalla legge 381/70 [3] (vedasi il paragrafo “La sordità prelinguale e la sua tutela in forma di sordità civile e per lo status di handicap ex-lege 104/92”).

A seconda della sede anatomica interessata, si riconoscono ipoacusie di trasmissione o trasmissive quando sono dovute a compromissione funzionale delle strutture deputate alla trasformazione dell’energia meccanica vibratoria (suono) in energia nervosa: tra queste si annoverano le anomalie funzionali del timpano e della catena ossiculare. Si definiscono, invece, ipoacusie recettive quelle cagionate da alterazioni funzionali della coclea e delle strutture retro-cocleari. Infine, sono ipoacusie di percezione o percettive quelle dovute ad alterazione delle strutture nervose e corticali deputate al recepimento dello stimolo nervoso uditivo.

A seconda dell’epoca di comparsa le ipoacusie si differenziano in congenite e acquisite. Le forme congenite sono già rilevabili alla nascita e riferibili a patologie ereditarie (tra le più frequenti le sindromi di Down e quella di Alport) o a patologie decorse durante la gravidanza e il parto (diabete gestazionale; infezioni quali la rosolia, il morbillo o la malattia da citomegalovirus; esotossici assunti nel periodo gestazionale, quali alcool e droghe, etc).

Le ipoacusie acquisite, invece, possono trovare cause diverse, parafisiologiche o imputabili a patologie sopraggiunte o a noxae ambientali.

Tra le condizioni parafisiologiche deve menzionarsi la presbiacusia (dal greco πρεςβις [presbys] = anziano e ἄκουσις [ákoysis] = percezione, udizione) cioè lo scadimento della capacità uditiva riconducibile ai processi di invecchiamento delle strutture deputate alla conversione del suono in stimolo nervoso. Anche in questo tipo di ipoacusia si riconosce una variante sensoriale, caratterizzata da degenerazione cocleare, una variante neurale, caratterizzata da degenerazione delle cellule gangliari ed una variante cocleare cagionata dalla perdita di elasticità della membrana basilare della coclea. La presbiacusia, in quanto legata all’invecchiamento sincrono delle strutture deputate alla ricezione uditiva, è tipicamente una perdita uditiva progressiva e simmetrica, interessando entrambi gli orecchi ed aggravandosi nel tempo. Inizialmente, si apprezza un innalzamento della soglia uditiva alle alte frequenze (8 kHz), che si estende lentamente e progressivamente anche alle basse frequenze. Pur trattandosi di un evento parafisiologico legato all’età, la presbiacusia è accelerata nella sua manifestazione clinica ed aggravata nella sua espressione funzionale in presenza di condizioni patologiche quali il diabete, il fumo, l’ipertensione arteriosa.

Tra le ipoacusie acquisite una menzione a parte, per le sue importanti ripercussioni sull’inquadramento medico legale, spetta all’ipoacusia da rumore o tecnoipoacusia, sovente legata all’espletamento protratto di attività lavorative in ambiente rumoroso e, come tale, tutelata come malattia professionale dall’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro). Il rumore cronico, infatti, causa un danno progressivo alle cellule ciliate esterne della coclea, alle strie vascolari e, persino, alle strutture nervose deputate al trasporto dello stimolo uditivo [4]. Trattasi, infatti, di ipoacusia percettiva (il danno è a carico dell’organo del Corti) e mai trasmissiva (le forme trasmissive non sono mai di natura tecnopatica), bilaterale e simmetrica, con il tipico tracciato audiometrico tonale (vedasi il paragrafo successivo) che mostra incisura attorno alle frequenze di 3000 - 4000 Hz per poi risalire alle frequenze di 6000 - 8000 Hz, producendo il tipico aspetto «a scodella» [5]. Talora si repertano, però, tracciati audiometrici tonali asimmetrici anche nelle tecnoipoacusie [6], che rendono più difficoltosa l’attribuzione dell’ipoacusia all’esposizione cronica al rumore in ambiente di lavoro.

L’accertamento dell’ipoacusia ai fini medico-legali assistenziale e previdenziale.

Essendo l’audiometria vocale, cioè la quantizzazione della perdita uditiva tramite stimolazione dell’orecchio direttamente con la voce umana (parole) non validato ai fini medico-legali per la scarsa affidabilità nei casi di simulazione o accentuazione dell’ipoacusia [7], lo strumento principe e routinario per la disamina del grado dell’ipoacusia è l’audiometria tonale.

L’esame audiometrico tonale è un esame strumentale effettuato in cabina silente (che presenta rumore ambientale inferiore a 35 decibel - dB) con l’utilizzo di una cuffia. Nel caso venga effettuato in soggetti già protesizzati o con presenza di impianto cocleare, va attuato in assenza di protesi o di impianto [8]. Viene condotto, nella maggioranza dei casi, in condizioni vicine alla soglia di udibilità (audiometria tonale liminare), più raramente per valori sopra la soglia (audiometria tonale sovra-liminare): si tenga presenta, infatti, che l’estensione vocale umana, cioè la gamma dei suoni che la voce umana può produrre, varia tra gli 80 Hz ed i 1500 Hz, essendo più grave negli uomini (100 – 125 Hz), più acuta nelle donne (200 – 250 Hz) ed ancora di più per la voce «bianca» infantile (400 – 450 Hz). Viene prima saggiata la frequenza di 1000 Hz; successivamente le frequenze pari a 2000, 4000, 8000, 500 e 250 Hz. Solo in casi particolari la soglia viene rilevata per le frequenze di 125, 750, 1500, 3000 e 6000 Hz [9]. Le misurazioni liminari producono dei diagrammi, detti audiogrammi, che esprimono la perdita uditiva in rapporto alla frequenza sonora: il grafico cartesiano riporta, sull’ascissa, la frequenza del suono espressa in Hertz (Hz) usualmente compresa tra i 125 ed i 10.000 Hz; sull’asse delle ordinate, invece, viene indicata la perdita, in decibel (dB), della percezione uditiva. Gli audiogrammi possono essere effettuati sia per via aerea sia per via ossea. Nel caso della via aerea, la via fisiologica di percezione di un suono, lo stimolo arriva all’orecchio interno dopo aver attraversato l’orecchio esterno e medio. Nell’audiogramma per via ossea, invece, lo stimolo prodotto da un vibratore applicato alla mastoide, arriva direttamente all’orecchio interno. Il confronto fra gli audiogrammi espletati per via aerea e per via ossea può aiutare a stabilire se la causa dell’ipoacusia è attribuibile ad anomalie funzionali dell’orecchio medio (patologie timpanico-ossiculari) o invece dell’orecchio interno.

Ai fini di un’agevole lettura del tracciato audiometrico vengono utilizzati idonei simboli per indicare i due orecchi e la via indagata:

  • O indica la valutazione della conduzione per via aerea nell’orecchio destro;
  • X indica la valutazione della conduzione per via aerea nell’orecchio sinistro;
  • > o ] indica la valutazione della conduzione per via ossea nell’orecchio destro;
  • < o [ indica la valutazione della conduzione per via ossea nell’orecchio sinistro.

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Figura 1. Esempio di audiogramma

La classificazione audiometrica tonale proposta dal BIAP (Bureau International d’Audiophonologie) nel 1997 [10] calcola la perdita uditiva sulla media delle frequenze della voce di conversazione (a 500, 1000 e 2000 Hz). Sulla base di tale perdita si riconoscono:

  1. normoacusia: il deficit tonale medio non supera i 20 dB;
  2. deficit uditivo lieve: la perdita tonale media è tra 21 e 40 dB. La parola è percepita a voce normale, la percezione diviene però difficile se la voce di conversazione è bassa o lontana;
  3. deficit uditivo medio: la perdita tonale media è tra 41 e 70 dB. La parola è percepita solo se si alza la voce. L’interlocutore comprende meglio guardando in viso chi parla, aiutandosi quindi con i movimenti delle labbra;
  4. deficit uditivo grave o severo: la perdita tonale media è tra 71 e 90 dB. La parola è percepita solo se pronunciata a voce forte e vicino all’orecchio;
  5. deficit uditivo profondo: la perdita tonale media è tra 91 e 119 dB. La parola non viene percepita nemmeno se pronunciata vicino al padiglione auricolare. Solo i rumori molto forti vengono percepiti;
  6. deficit uditivo totale (cofosi): si raggiunge quando la perdita tonale media è pari o superiore a 120 dB. Corrisponde alla condizione clinica nella quale nessun suono viene percepito.

L’audiologia medico-legale ha affiancato negli ultimi decenni all’audiometria tonale altri strumenti, che potremmo definire di “seconda linea”, ai quali ricorrere per smascherare casi di amplificazione o simulazione dell’ipoacusia. Tra le principali metodiche al riguardo si ricordino le emissioni otoacustiche (OAEs), nelle varianti spontanea (SOAEs), a stimoli transienti (TEOAEs) o di intermodulazione (DPOAEs). Tali metodiche sono utilizzate per indagare la funzionalità cocleare, testando l’attività delle cellule ciliate esterne della coclea.

Particolare utilità in campo medico legale, per la capacità di smascherare i casi di enfatizzazione dell’ipoacusia o di simulazione [11], presentano i potenziali evocati uditivi o acustici (PEA) noti anche con gli acronimi ABR (Auditory Brainstem Response) o BAEP (Brainstem Auditory Evoked Potential). Si tratta di una metodica strumentale che ha una specificità pari all’85-90% ed una sensibilità superiore al 90%. Il test consiste nella registrazione di potenziali elettrici evocati a livello corticale o del nervo acustico e per il suo espletamento implica che gli organi periferici uditivi (timpano, catena ossiculare, coclea, etc.) svolgano ciascuno le loro funzioni fisiologiche, seppur in maniera compromessa. Il test, in sostanza, consente di identificare la presenza o meno di una compromissione uditiva in quanto indaga direttamente lo stimolo nervoso che nasce dalla conversione del suono in stimolo elettrico. Gli ABR non consentono, però, di identificare né la sede né la causa del danno uditivo. Si comprende facilmente come la presenza di un’alterazione uditiva a livello centrale comprovi, dal punto di vista medico-legale, l’esistenza di una condizione ipoacusica, smascherando gli eventuali casi di simulazione.

La valutazione medico-legale dell’ipoacusia in invalidità civile e per lo status di handicap ex lege 104/92

Le tabelle valutative attualmente in vigore per la determinazione della compromissione della capacità lavorativa generica in invalidità civile [12] riportano un’apposita sezione dedicata alle patologie del sistema uditivo. In tale sezione vengono elencate condizioni patologiche specifiche, quali le timpanopatie croniche che rendono inapplicabile la protesi acustica che, nella variante monolaterale (voce tabellare 4013), viene valutata pari al 15% di riduzione della capacità lavorativa generica mentre, nella variante bilaterale (voce tabellare 4012), pari al 30% (entrambe le condizioni, in sostanza, identificano il soggetto come «non invalido civile», essendo definito invalido civile il soggetto con riduzione della capacità lavorativa generica superiore ad un terzo, cioè pari al 34% [13]).La perdita uditiva bilaterale superiore a 275 dB nell’orecchio migliore (voce tabellare 4004) è stimata pari al 65% di riduzione della capacità lavorativa generica (nel caso di soggetto ultrasessantacinquenne [dal 1° gennaio 2019 ultrasessantasettenne] avente difficoltà persistenti nell’espletamento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età di tipo lieve).

Nella quotidiana pratica valutativa medico-legale assistenziale emerge, però, come nella maggior parte dei casi di soggetti ipoacusici che giungono in C.M.I. (Commissione Medica Integrata) di invalidità civile venga applicata la voce tabellare 4005 («perdite uditive mono o bilaterali pari o inferiori a 275 dB»); per l’applicazione di tale voce tabellare è stata predisposta una tabella dei deficit uditivi allegata al Decreto Ministeriale (D.M.) del febbraio 1992 (Tabella I) [12]. La tabella presenta, in ascissa, la somma delle perdite uditive in decibel alle frequenze di 500, 1000 e 2000 Hz nell’orecchio migliore, in ordinata, l’analoga somma nell’orecchio peggiore. La coordinata risultante indicherà il valore della perdita percentuale della capacità lavorativa generica del soggetto.

70-80

0

85-95

1

4.5

100-110

2

6

9

115-125

3

7

10

13.5

130-140

4.5

8

11

15

18

145-155

6

9

12

16

19

22.5

160-170

7

10

13.5

17

20

24

27

175-185

8

11

15

18

21

25

28

31.5

190-200

9

12

16

19

22.5

26

29

33

36

205-215

10

13.5

17

20

24

27

30

34

37

40.5

220-230

11

15

18

21

25

28

31.5

35

38

42

45

235-245

12

16

19

22.5

26

29

33

36

39

43

46

49.5

250-260

13.5

17

20

24

27

30

34

37

40.5

44

47

51

54

265-275

15

18

21

25

28

31.5

35

38

42

45

48

52

55

58,5

70-80

85-95

100-110

115-125

130-140

145-155

160-170

175-185

190-200

205-215

220-230

235-245

250-260

265-275

Tabella I. Tabella dei deficit uditivi (riferiti alla perdita della capacità lavorativa generica) [12]

Nel caso dell’audiogramma del soggetto presbiacusico ultrasessantasettenne riportato in Figura 1, ad esempio, la somma delle perdite uditive in decibel è pari a 215 in orecchio destro e a 190 in orecchio sinistro. La coordinata risultante dalla tabella di cui sopra sarà pari a circa 37%, valutazione che riconosce il soggetto quale «invalido ultrasessantacinquenne con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni ed i compiti propri dell’età di tipo lieve (pari ad invalidità 34-66%)». La curva che emerge dall’audiogramma tonale è riferibile ad un’ipoacusia percettiva bilaterale con caduta sulle frequenze medio-alte di entità grave. Le curva dell’audiogramma vocale (in basso in Figura 1) espletato con cuffia in camera silente, che assume la caratteristica forma «a cupola», conferma che trattasi di ipoacusia percettiva a verosimile sede retrococleare [14].

L’accurata stima della percentuale di invalidità civile prodotta dall’ipoacusia diviene di importanza particolare in alcuni casi: ad esempio, per i cittadini che richiedono, alle ASL di appartenenza, il contributo per la fornitura dell’apparecchio protesico acustico. L’articolo 1 del Decreto del Ministero della Sanità del 2 marzo 1984 stabilisce infatti che «agli invalidi civili vengano forniti gratuitamente i presìdi connessi all’invalidità, elencati dal Nomenclatore tariffario delle protesi emanato con Decreto del Ministero della Sanità ai sensi dell’articolo 26 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833» [15]. Solo, quindi, il riconoscimento dello status di invalido civile (pari al 34% di riduzione della capacità lavorativa generica nel caso di soggetto in età lavorativa o di cittadino ultrasessantasettenne avente difficoltà persistenti nell’espletamento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età di tipo lieve) è possibile la fornitura della protesi in regime agevolato, previo contributo economico fornito dall’ASL/ASP di appartenenza.

Ai fini del riconoscimento dello status di handicap ex lege 104 del febbraio 1992 [16], il soggetto ipoacusico può essere valutato, a seconda delle condizioni di gravità dell’ipoacusia, come soggetto non handicappato o soggetto handicappato comma 1, art 3 della legge 104/1992. Discussa e fonte di contrasto valutativo tra i medici delle ASL/ASP e quelli dei Centri Medico-Legali INPS competenti per il territorio, l’attribuzione del comma 3, articolo 3 della legge 104/1992, anche in caso di cofosi, cioè di completa sordità bilaterale (vedasi il paragrafo seguente).

La sordità prelinguale e la sua tutela in forma di sordità civile e per lo status di handicap ex lege 104/92

La tutela sociale del sordomutismo fonda le sue radici in epoca fascista quando, con il Regio Decreto n. 3126 del 31 dicembre 1923 lo stato italiano dispose le norme a tutela dell’istruzione dei cittadini ciechi e sordomuti, cioè di coloro che soffrissero di sordità grave con compromissione del linguaggio parlato.

Seguirono poi, in epoca repubblicana, la legge n. 698/1950 [17] che istituiva l’Ente nazionale per la protezione dei sordomuti (ENS) con sede in Roma e la legge n. 308/1958 [18] che ne stabiliva le norme per il collocamento lavorativo obbligatorio.

Il fondamento medico-legale della tutela del sordomutismo in epoca repubblica venne, però, promulgato con la già citata legge n. 381 del 26 maggio 1970 [3]. La legge, per la prima volta nella storia della tutela sociale del sordomutismo, prevedeva una provvidenza economica (detta «indennità di comunicazione») per i sordomuti maggiorenni, da erogarsi in forma di assegno mensile; tale provvidenza, come stabilito dall’articolo 10, si trasformava in assegno sociale al raggiungimento dell’età pensionabile. L’articolo 1 della legge 381/1970, infatti, recita: «A decorrere dal 1° maggio 1969 è concesso ai sordomuti di età superiore agli anni 18 un assegno mensile di assistenza di lire 12.000. Agli effetti della presente legge si considera sordomuto il minorato sensoriale dell’udito affetto dasordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio» [3].

Dal 2006, il termine di sordità prelinguale ha sostituito quello di sordomutismo come da previsione normativa della legge n. 95 del 26 febbraio 2006 [2].

Il parametro medico-legale sul quale si fonda la tutela sociale della sordità prelinguale è che la condizione di sordità debba aver impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato. Se tale limitazione è palese nelle forme gravi o profonde di sordità congenita, cioè già presenti alla nascita, lo diviene meno nelle forme di sordità acquisita, cioè che si presentano in epoca successiva al parto. Fino a che età, infatti, una sordità acquisita può compromettere il normale apprendimento del linguaggio parlato? Il legislatore ha stabilito, sulla base di studi otoiatrici, neuropsichiatrici e psicologici che l’apprendimento del linguaggio può considerarsi concluso, in un bambino, attorno ai 12 anni di età [19].

I dodici anni, in altre parole, vengono considerati lo spartiacque tra il soggetto (>12 anni) che ha completato l’apprendimento del linguaggio parlato ed il soggetto (<12 anni) nel quale ancora una normale udizione consente un’evoluzione della sua fonazione. Recependo questa considerazione clinico-evolutiva, le tabelle allegate al D.M. del febbraio 1992 [12] hanno attribuito, ai fini del riconoscimento dello status di sordo prelinguale, una maggiore gravità alla sordità che interessi il soggetto al disopra dei 12 anni di età rispetto a quella che colpisce il soggetto infradodicenne:

  1. soggetto infradodicenne (< 12 anni): è prevista una perdita di almeno 60 dB alle frequenze di 500 – 1000 e 2000 Hz nell’orecchio migliore, da stimarsi tramite esame audiometrico tonale liminare soggettivo;
  2. soggetto ultradodicenne (> 12 anni): è prevista una perdita di almeno 75 dB alle frequenze di 500 – 1000 e 2000 Hz nell’orecchio migliore, da stimarsi tramite esame audiometrico tonale liminare soggettivo.

Si tengano presenti alcune precisazioni legislativo-dottrinarie e pratico-operative in merito alle predette definizioni:

  1. la valutazione medico-legale della sordità civile a seguito dell’emanazione delle tabelle allegate al D.M. del febbraio 1992 si fonda, principalmente, sul riconoscimento della perdita uditiva dimostrabile tramite audiometria tonale liminare soggettiva alle frequenze di 500, 1000 e 2000 Hz. È passata, quindi, in secondo piano, la dimostrazione delle tipiche fonologopatie audiogene, cioè delle distorsioni del linguaggio e della pronuncia vocale evidenziabili in un sordo durante l’espletamento dell’esame obiettivo e sul cui reperimento veniva fondata, ante 1992, la valutazione medico-legale. La legge parla, infatti, di normale apprendimento del linguaggio parlato, che può essere anche avvenuto, ma mai in maniera fisiologica, stante le gravi difficoltà uditive;
  2. le norme allegate alle tabelle del febbraio 1992 parlano di perdita di almeno 60 dB (< 12 aa) o 75 dB (> 12 aa) a determinate frequenze; non è quindi una media di deficit, come avviene nel caso della valutazione dell’ipoacusia in ambito di invalidità civile. Occorre, in altre parole, che a ciascuna delle frequenze prese in esame nell’audiogramma (500, 1000 e 2000 Hz) la perdita sia uguale o superiore al valore di riferimento;
  3. i sordi prelinguali che vengono riconosciuti tali in età infradodicenne per perdite alle tre frequenze di cui sopra comprese tra 60 e 75 dB decadono, se l’ipoacusia non si aggrava, dal riconoscimento di sordo civile al compimento del 12° anno di vita;
  4. nel riconoscimento della sordità civile, a differenza di ciò che accade nella valutazione dell’ipoacusia in invalidità civile, non possono prendersi in esame ipoacusie di trasmissione, prodotte da patologie del sistema timpanico-ossiculare.
  5. la valutazione della sordità congenita va effettuata dopo il compimento del primo anno di vita, allegando anche esami impedenzometrici che confermino la natura non trasmissiva della sordità;
  6. al soggetto riconosciuto sordo civile spetta, in ambito di invalidità civile, la valutazione dell’80% di scadimento della capacità lavorativa generica (o di invalido ultrasessantasettenne medio-grave), come previsto dalla voce tabellare n. 4008 «Sordomutismo o sordità prelinguale da perdita uditiva grave bilaterale con evidenti fonologopatie audiogene».
  7. al soggetto sordo prelinguale, infine, possono applicarsi le direttive in merito al pensionamento anticipato per motivi di salute, di cui al D.lgs. n. 503/1992 [20,21].

In ambito di valutazione medico-legale assistenziale del soggetto sordo prelinguale alla luce della legge 104/1992 (status di handicap) un’importante e non univocamente condivisa “rivoluzione” è insorta a seguito della gestione INPS della protezione sociale dei cittadini.

Nell’ottobre 2011 la Commissione Medica Superiore (C.M.S.) dell’INPS ha emanato delle linee guida nel merito della valutazione del soggetto sordo prelinguale in ambito di handicap ex legge 104/1992 [22]. La comunicazione, a firma del Coordinatore Medico Legale Generale dell’INPS recita: «Considerato che la condizione di sordo di cui alle leggi 381/1970, 508/1988 e 95/2006 è minorazione di per sé idonea a ridurre l’autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, si precisa che ai cittadini sordi interessati da accertamenti sanitari di handicap deve essere riconosciuta la connotazione di gravità a norma dell’art. 3, comma 3 della legge 104/1992 e deve essere applicato, ove possibile, il DM 2 agosto 2007 sia in fase di verifica ordinaria, sia in fase di verifica sulla permanenza dei requisiti sanitari». Con tale messaggio l’INPS ha invitato, quindi, i suoi medici a riconoscere al soggetto sordo prelinguale, la connotazione di gravità dello status di handicap, ex comma 3 dell’articolo 3 della legge 104/1992 in assenza di previsione di revisione sanitaria.

La valutazione medico-legale dell’ipoacusia in invalidità previdenziale INPS

La valutazione dell’ipoacusia in accordo alla legge 222/84 [23], fondamenta legislativa e medico legale dell’attuale sistema previdenziale a tutela dell’invalidità degli assicurati INPS, non risponde a particolari norme di legge o direttive istituzionali.

L’articolo 1 della predetta legge definisce «invalido, ai fini del conseguimento del diritto ad assegno nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, l’assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo».

Il riconoscimento dello status di invalidità del soggetto ipoacusico sarà, quindi, non solo legato alla gravità dell’ipoacusia, come avviene in ambito di invalidità civile ove la valutazione dello status di invalidità viene rapportata sempre all’unico parametro dello scadimento della capacità lavorativa generica, cioè di una capacità lavorativa prettamente manualistica che non richieda una particolare preparazione culturale; in invalidità previdenziale INPS l’ipoacusia dovrà sempre rapportarsi al novero delle attività confacenti [24] espletate dall’assicurato, essendo queste le attività espletate nel corso della propria vita lavorativa o le attività analoghe per impegno fisico e/o preparazione culturale [25,26].

È comprensibile come, alla luce di ciò, solo le gravi ipoacusie acquisite che colpiscano assicurati collocati, per la pressoché totalità della loro vita lavorativa, quali centralinisti o operatori di call center possano raggiungere il grado di riduzione previsto per legge (oltre i 2/3) della capacità lavorativa in attività confacenti. Difficilmente gli operai, i magazzinieri e gli impiegati di ufficio, se pur affetti da una grave ipoacusia o da cofosi, possono raggiungere il requisito previsto dalla legge.

Un’importante precisazione deve effettuarsi nel merito delle eventuali ipoacusie di origine lavorativa che vengano presentate dall’assicurato che deve essere valutato ai fini della legge 222/1984. L’articolo 3 della legge 335/1995 [27] consente di ponderare ai fini della stima dell’invalidità pensionabile INPS anche le eventuali patologie da causa di guerra o di lavoro. A differenza di ciò che accade in ambito di invalidità civile, quindi, le ipoacusie da causa di lavoro o di guerra possono essere conteggiate ai fini del riconoscimento dell’assicurato quale invalido INPS.

È pressoché impossibile che una sordità profonda bilaterale o, addirittura, la cofosi causi il riconoscimento dello status di inabilità INPS cioè dell’«assoluta e permanente incapacità di espletare qualsiasi attività lavorativa» come previsto dall’articolo 2 della legge 222 /84.

Conclusioni

Queste poche pagine vogliono dare al lettore delle schematiche linee guida operative sull’inquadramento medico-legale delle ipoacusie in ambito assistenziale e previdenziale INPS.

Gli Autori hanno voluto dare alla pubblicazione un taglio pratico, che renda la stessa un agevole vademecum operativo, ad uso sia dei cittadini che dei medici di famiglia. Sovente quest’ultima categoria, quella dei medici di famiglia appunto, redige domande telematiche di invalidità all’INPS barrando la richiesta di sordità per l’ottenimento del contributo per l’acquisto delle protesi acustiche. La barratura della voce «sordità» fa sì, invece, che la ASL di riferimento o l’INPS, nelle Regioni nelle quali l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale gestisce in proprio le visite di prima istanza, convochi il cittadino nell’apposita commissione di sordità civile per il riconoscimento, o meno, dei benefici economici di cui alla legge 381/70.

In altre parole, la domanda telematica di sordità civile va inoltrata all’INPS nei casi di cittadini sordi prelinguali (i sordomuti pre legge 95 del 2006) che vogliano ottenere il contributo economico dell’indennità di comunicazione che, per l’anno 2019, è pari a 256,89 Euro mensili [28]. L’ipoacusia andrà invece valutata in invalidità civile qualora la finalità sia, semplicemente, quella di ottenere il contributo previsto dall’ASL per l’ottenimento delle protesi acustiche in caso di cittadino riconosciuto invalido civile.

Conoscere le differenti leggi diviene, in questo caso, di fondamentale importanza anche per i medici di medicina generale, al fine non di sbagliare la compilazione del certificato telematico INPS che il cittadino paga, di tasca propria, al medico di famiglia.

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