PM&AL 2012;6(2)59-63.html

Le patologie da stress lavoro-correlato: peculiarità della diagnosi clinico-eziologica

Rodolfo Buselli 1, S Bozzi 1, S Baldanzi 1, A. Cristaudo 1

1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Ambulatorio per il Disadattamento Lavorativo U.O. Medicina Preventiva del Lavoro, Pisa

Abstract

Work-related stress is the adverse reaction people have to excessive pressures or other types of demand placed on them at work. Its prevalence is growing, probably because of changes in the workplace and work organization related to globalization. Its definition, diagnosis and aetiology are difficult to delimitate. The Authors report an analysis, based on data of the Pisa Centre, on possible causes of this disorder. The analysis highlights that most of the cases of work-related stress are related to the presence of adjustment disorders and suggests that in many cases this disorder may represent the first step of other psychiatric disorders related to occupational stress. From a legal point of view, it’s difficult to establish standard and objective criteria in order to classify this disorder as a professional disease.

Keywords: Work-related stress; Adjustment disorders; Mobbing

Work-related stress diseases: peculiarities of clinical and aetiological diagnosis

Pratica Medica & Aspetti Legali 2012; 6(2): 59-63

Introduzione

Lo stress lavoro-correlato è un rischio lavorativo che sta diventando sempre più importante nel moderno mondo del lavoro. Nel 2004 le forze sociali a livello Europeo hanno prodotto un documento in cui si precisano alcuni riferimenti per la sua gestione in ambiente lavorativo [1]. La recente normativa italiana sulla sicurezza dei luoghi di lavoro (decreto 81/2008 e s.m.i.) ha adottato integralmente tale accordo; oggi quindi nel nostro Paese tale accordo ha valore di legge. Secondo questo accordo (art. 3) lo stress lavoro-correlato è definito «una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro». L’Agenzia Europea per la Sicurezza sul Lavoro, attraverso le valutazioni fatte dal suo osservatorio epidemiologico, considera lo stress lavoro-correlato un rischio emergente di malattia professionale. Un rischio professionale è considerato emergente quando è nuovo o quando è in aumento. Lo stress sul lavoro non è un rischio nuovo, ma, a causa dei cambiamenti globali e dell’organizzazione del lavoro, sta diventando sempre più importante.

L’European Foundation for the Improvement of Living Condition, nel suo “Fourth European Survey on Working Condition 2005” [2], riferisce che il 20% dei lavoratori dei 25 Stati membri dell’Unione Europea ha creduto che la propria salute fosse a rischio a causa dello stress sul lavoro.

Pur essendo stime condizionate dalla modalità di rilevamento, è indubbio che il fenomeno possieda dimensioni tali da costituire una fra le più importanti cause per le patologie correlabili al lavoro (nelle valutazioni effettuate ogni cinque anni dalla Fondazione Europea per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro lo stress è sempre al secondo posto dopo le patologie osteoarticolari [2], tanto che anche l’INAIL [3] ha ritenuto doveroso assumere chiare posizioni nella gestione di questo mutamento della tipologia delle patologie professionali).

In una recente audizione al Senato (27 ottobre 2011) del Direttore centrale delle prestazioni dell’INAIL sui dati relativi a queste patologia, è emerso che sono circa 500 i casi riconosciuti dall’Istituto per stress collegato al lavoro, a fronte delle quattromila denunce presentate negli ultimi 10 anni. Sulla base dei dati gestionali rilevati nel corso degli anni è risultato che per il 64% dei casi di malattia da stress collegato al lavoro è stata riconosciuta dall’INAIL un’indennità in capitale, mentre solo il 9% ha ricevuto una rendita e al 27% è stata riconosciuta un’indennità per inabilità temporanea al lavoro o non è stato riconosciuto alcun indennizzo.

La percentuale di casi riconosciuti per questa malattia è molto inferiore rispetto alle altre malattie professionali (pari al 13% contro il 40% delle altre malattie professionali; indicativamente su 40mila domande all’anno circa 16mila sono riconosciute). Questa è infatti una malattia non tabellata e l’onere della prova è a carico del lavoratore, che deve dimostrare che lo stress è collegato al lavoro. Proprio per questa ragione è più difficile che pervengano denunce per tale tipologia di malattia.

Bisogna sottolineare, inoltre, come le malattie professionali correlate allo stress rappresentino un fenomeno oggettivamente complesso da delimitare. I dati forniti a questo riguardo interessano esclusivamente le malattie psichiche, quali il disturbo da disadattamento cronico e il disturbo post traumatico da stress. L’accertamento del nesso di causalità è particolarmente complesso, considerato che la letteratura fornisce, come supporto per le cause di tali patologie psichiche, soprattutto vicende collegate alla sfera personale, più che a quella lavorativa. Lo stress, comunque, non produce soltanto patologie psichiche, ma può essere causa, o concausa, di patologie fisiche o psicosomatiche, per lo più a genesi multifattoriale.

Criteri diagnostici

Dopo la stesura del primo documento di consenso [4] per la gestione dei casi di lavoratori oggetto di molestie morali sul posto di lavoro, altri Centri, facendo seguito all’esperienza del Centro per lo Studio del Disadattamento Lavorativo della Clinica del Lavoro di Milano, hanno iniziato un’attività assistenziale che utilizza le metodologie e i protocolli proposti nel documento. Fra questi si annovera il Centro per il Disadattamento Lavorativo nell’ambito dell’Ambulatorio di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa.

In accordo con le esperienze degli altri centri italiani, le disamine delle casistiche [5] effettuate dal Centro di Pisa hanno messo in evidenza che quella di disturbo post traumatico da stress rappresenta una diagnosi, seppur possibile, estremamente rara per questo tipo di rischio. Quindi la diagnosi che può rivestire il maggior interesse come malattia professionale è rappresentata dal disturbo dell’adattamento. In molte situazioni della casistica esaminata [5] vi erano pazienti con sintomatologia iniziale fortemente correlata agli eventi stressanti e che poteva condurre a formulare diagnosi di disturbo dell’adattamento, che successivamente è evoluto in quadri tipici di altri disturbi di asse I (depressione maggiore e disturbo di panico). Questo attualmente può creare qualche difficoltà nel riconoscimento delle malattie professionali legate allo stress lavoro-correlato.

L’INAIL, infatti, nella sua Circolare ha identificato nelle patologie psichiatriche che la letteratura descrive come correlabili a stress occupazionale, quelle causabili da costrittività organizzative: disturbo dell’adattamento (DDA) e disturbo post traumatico da stress (DPTS). Sono quindi queste patologie – ossia quelle appartenenti ai disturbi d’ansia e dell’umore, nonché le sole per le quali il DSM IV-TR [6] precisa un ruolo eziologico riferito a eventi stressogeni – a costituire l’oggetto della nostra valutazione. Anche per questo tipo di disturbi della sfera psichica è oltremodo importante valutare, nella stima del nesso causale, insieme alla situazione lavorativa il peso svolto dai fattori extra-lavorativi, quali scarsa disponibilità di risorse soggettive necessarie a superare situazioni stressanti (coping), oppure presenza di un quadro socio-relazionale di riferimento non supportivo o percepito come tale; o ancora l’interferire di alcune caratteristiche di personalità con il contesto di lavoro. Pur consentendoci di percepire il livello di disagio del soggetto, questi elementi non sono sufficienti ad assegnare ad esso un’eziologia lavorativa. Non è infrequente, infatti, il caso di una commistione di cause, nonché addirittura quello di un’inversione del processo causale: dal disagio personale al disagio lavorativo anziché dal disagio lavorativo al disagio personale.

Valutare e definire gli eventi stressanti è sempre complesso. Possiamo comunque considerare eventi stressanti tutti gli stimoli che comportano la necessità di riadattamento dell’individuo e che provocano un cambiamento dell’omeostasi dell’organismo.

Una facilitazione dal punto di vista medico legale viene dal fatto che non viene richiesta una causalità esclusiva, ma che la causa lavorativa sia efficiente (adeguata per la circolare INAIL n. 70 del 2001) a provocare quel danno e che le cause extralavorative non siano tali da interrompere il nesso.

È quindi necessario escludere le altre diagnosi cliniche in maniera rigorosa e successivamente “pesare” le cause lavorative. L’assenza o la trascurabilità dei fattori extra-lavorativi renderà più agevole l’opera di valutazione, altrimenti è sufficiente che questi non siano così rilevanti da interrompere il nesso causale.

È anche necessario verificare che la raccolta degli eventi lavorativi abbia un supporto probante, documentale e/o di testimonianze. In ogni caso è necessario che le strutture di secondo livello diagnostico, che si occupano di queste tematiche, abbiano contatti con i servizi di medicina del lavoro e con le sedi INAIL, enti che con i loro ispettori hanno la possibilità di intervenire sul posto di lavoro e verificare la situazione organizzativa e relazionale che il lavoratore ha denunciato.

Bisogna ricordare che l’approccio multidisciplinare a questo tipo di fenomeno è da ritenersi fondamentale per potersi esprimere sugli elementi principali dell’iter diagnostico (personalità premorbosa, esame delle funzioni neuropsicologiche di base, diagnosi clinica psichiatrica, diagnosi di compatibilità).

Il punto chiave, sotto l’aspetto medico-legale, è cercare di individuare che cosa possa essere psicolesivo e in quale misura. La questione è che lo stress lavorativo implica meccanismi lesivi, la cui efficacia è collegata alla ricettività di chi lo subisce. A differenza dello stress, la violenza morale (mobbing) [7] contiene aspetti che hanno rilevanza penale ed è quindi necessario identificare con precisione le cause per poter attribuire responsabilità individuali specifiche.

Uno dei primi problemi che nascono dalla valutazione medico-legale è che in psichiatria non esistono esami strumentali che siano di efficace supporto per rendere più obiettiva la diagnosi e che consentano la quantificazione della gravità della malattia. La malattia psichica individua aspetti soggettivi e non solo oggettivi; si riferisce infatti anche al vissuto e non solo ai dati obiettivi. Inoltre per la valutazione del nesso causale gli strumenti a disposizione della psichiatria forense sono per lo più applicabili a eventi traumatici acuti. Esistono le scale di rilevanza degli eventi psicotraumatizzanti [8], derivate dal tentativo di obiettivare l’evento psicotraumatizzante, che sono il frutto di elaborazioni effettuate su ampie casistiche di soggetti malati e di soggetti sani, ai quali è stato chiesto di posizionare su una scala di valore crescente eventi di vita e professionali. Tali scale possono rappresentare un aiuto solo parziale in questo senso, perché si riferiscono sostanzialmente a situazione acute. Nella fase cronica di un disturbo da stress, invece, ha un ruolo di primaria importanza il substrato psicologico del soggetto colpito. A questo proposito è utile citare un costrutto ormai noto in letteratura come resilience (o resilienza), che racchiude l’insieme delle caratteristiche individuali di tolleranza allo stress. Considerato che la patologia stress lavoro-correlata ha sempre un andamento cronicizzante, è utile valutare in modo particolare in questa fase, la presenza di eventuali fattori di vulnerabilità individuale che, come accennato in precedenza, possono allentare la forza del nodo causale tra i fattori lavorativi e lo stress. Laddove si incontreranno soggetti con anamnesi personale e familiare positiva per patologie psichiche, deboli supporti sociali, anomalie nello sviluppo cognitivo-emozionale, o presenza di tratti patologici di personalità, avremo il compito di rivedere la correlazione tra il disagio lavorativo e la cronicizzazione dei sintomi di stress alla luce dei fattori di resilienza individuale.

Il problema rimane comunque gestire la soggettività laddove essa può ricoprire un ruolo nell’eziologia della malattia professionale. In psichiatria infatti si parla più facilmente di fattori di rischio che di cause e questi fattori di rischio possono aumentare la probabilità di insorgenza di una patologia, ma possono anche incrementare la probabilità di una riacutizzazione di un disturbo già presente in passato. Le situazioni estreme rappresentano delle situazioni di valutazione relativamente più semplici, perché nelle reazioni psicopatologiche l’importanza dei fattori individuali diminuisce in relazione all’intensità dello stimolo stressogeno.

Mentre per il disturbo post traumatico da stress esistono criteri ben precisi per la diagnosi clinica ed eziologica, il disturbo dell’adattamento invece basa la sua diagnosi sostanzialmente su un criterio di esclusione, sia per la diagnosi clinica sia per quella eziologica [9]. Laddove, specialmente per la determinazione del nesso causale, non è possibile escludere concause extralavorative, i criteri medico-legali del nesso possono aiutarci a raggiungere quell’elevato grado di probabilità che la causalità adeguata richiede nel caso del riconoscimento della malattia professionale. Proprio perché si tratta di applicare un criterio di esclusione, è necessario il maggior rigore possibile e tale rigore può derivare solo dalla multidisciplinarietà e da un rigoroso metodo scientifico; infatti l’apporto di discipline diverse in momenti diversi, oltre a consentire un maggior grado di obiettività, permette un’alta qualità di diagnosi differenziale, anche per quanto riguarda l’identificazione delle cause.

Uno studio di alcuni degli Autori [10] ha esplorato la possibilità di elaborare un metodo per differenziare il ruolo eziologico dei fattori lavorativi rispetto a quelli extralavorativi. Il metodo propone di attribuire valori eziologici ai fattori di rischio individuati, lavorativi e non. Il processo di valutazione si concretizzerebbe nel sommare i suddetti valori e successivamente calcolare la “frazione eziologica lavorativa” di interesse medico-legale. Con il termine di “frazione eziologica lavorativa” (da non confondere con analoghe espressioni di tipo epidemiologico), gli Autori vogliono indicare concettualmente la quota parte di patologia che nello specifico caso è stimabile essere dovuta al lavoro.

Lo stress lavoro-correlato presenta alcune analogie con rischi che sono condivisi dalla popolazione generale e per questa caratteristica potrebbe essere considerato un rischio generico aggravato, che non appartiene preferenzialmente ad alcune categorie. Si è basata su questa considerazione la posizione espressa dal Consiglio di Stato [11], che con questa motivazione ha ritenuto di non poter considerare il mobbing come causa di malattia professionale. Infatti per la tutela della malattia professionale bisogna identificare un rischio specifico per quella attività lavorativa. L’approccio della normativa di prevenzione per lo stress lavoro-correlato orienta a considerare questo rischio come un rischio trasversale e quindi potenzialmente riscontrabile in tutti gli ambienti di lavoro. Però la scelta di questo tipo di approccio potrebbe comportare il rischio di minor chiarezza sul tipo di tutela del lavoratore relativamente allo stress lavoro-correlato, che secondo questa interpretazione richiederebbe un percorso differente rispetto ai rischi professionali più tradizionali.

Conclusioni

In sintesi, per riconoscere una malattia professionale da stress lavoro-correlato è necessario che sia stata posta una delle diagnosi riconosciute dall’INAIL (DDA o DPTS) e che siano presenti degli adeguati supporti documentali alle vicende lavorative oggetto della valutazione. Il documento di valutazione dei rischi sullo stress lavoro-correlato, che il Decreto 81 e s.m.i. richiedono per tutti gli ambienti di lavoro, potrà essere un riferimento ufficiale su cui costruire la valutazione dell’elemento causale. È vero però che in alcuni casi la valutazione dello stress può essere solo un documento formale; le indicazioni del recente documento del Coordinamento Tecnico delle Regioni [12] sull’interpretazione della circolare del 18 novembre 2010 [13] potranno far sì che il processo di valutazione dello stress lavoro-correlato sia più efficace nel gestire opportuni interventi preventivi inquadrando anche con maggior chiarezza le disfunzioni organizzative come possibile causa delle eventuali malattie professionali.

In ogni caso è sempre opportuno, laddove siano disponibili, fare riferimento a strutture pubbliche di diagnosi che possano offrire la consulenza specialistica multidisciplinare, basata su importanti casistiche di riferimento e con il vantaggio, in molti casi, di essere strutture inserite in una rete territoriale, che le pone nella condizione di meglio relazionarsi con enti di riferimento (INAIL, SPRESAL).

Disclosure

Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.

Bibliografia

  1. Accordo Europeo sullo stress sul lavoro (Bruxelles, 8 ottobre 2004)
  2. European Risk Observatory Report, OSH in figures: stress at work — facts and figures. European Agency for Safety and Health at Work, 2009
  3. Circolare n. 71 del 17 dicembre 2003, “Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia”, Decreto 27 aprile 2004
  4. Gilioli R, Adinolfi M, Bagaglio A, et al. Un nuovo rischio all’attenzione della medicina del lavoro: le molestie morali. Consensus Document. Med Lav 2001; 92: 61-9
  5. Raimondi F, Milani F, Sbrana A, et al. Psicopatologia e situazioni mobbizzanti. Giornale Italiano di Psicopatologia 2009; 16
  6. DSM IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Masson, 2007
  7. Buzzi F, Vanini M. Il danno biologico di natura psichica. CEDAM, 2001
  8. Cassitto MG, Fattorini E, Gilioli R, et al. Raising Awareness of Psychological Harassment at Work, Protecting Workers’ Health Series 2003; 4
  9. Pozzi G. Salute mentale e ambiente di lavoro. Milano: Franco Angeli, 2008; pp. 135-9
  10. Buselli R, Cristaudo A, Carnevali C. Patologie da disadattamento lavorativo: proposta metodologica diagnostica e valutativa. Congresso INAIL 2004
  11. Consiglio di Stato, sezione VI, n. 1576 del 17 marzo 2009
  12. Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro. Decreto legislativo 81/2008 s.m.i. Indicazioni per la corretta gestione del rischio e per l’attività di vigilanza alla luce della lettera circolare del 18 novembre 2010 del ministero del lavoro e delle politiche sociali. Gennaio 2012
  13. Commissione Consultiva Permanente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Indicazioni della commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro-correlato. Novembre 2010

Corresponding author

Dott. Rodolfo Buselli

Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Ambulatorio per il Disadattamento Lavorativo U.O.

Medicina Preventiva del Lavoro, Via S. Maria 110, 56100 Pisa

Tel. 050-993815, Fax 050-993822

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