Appunti di storia e di etica del consenso informato per la donazione di organi e tessuti da cadavere allo scopo di trapianto
Carlo Petrini 1, Michele Farisco 2
1 Unità di Bioetica, Ufficio del Presidente, Istituto Superiore di Sanità, Roma
2 Biogem IRGS, Istituto di Ricerca “Gaetano Salvatore”, Ariano Irpino (AV)
Abstract
This is an overview on the main Italian laws about the consent for post mortem organ donation. In 1957 a law established that organ donation could happen only if the subject had made his/her consent clear. In 1975 the presumed consent became a law, but relatives were allowed to present written opposition. Finally in 1999 silence as informed assent was asserted, that is to say that local health service had to notify to the citizens the request about the declaration on their will regard to organ donation. After that, they have to declare their choice: in case of lack of declarations, their will is considered in favour of donation. The problem is that the planned computerised registry office was never set up, thus preventing to be certain that the citizen has been informed, and making “silence as assent” principle inapplicable.
Keywords: transplantation, organ donation, silence as assent, donor
History and ethics of informed consent for organs and tissues donation from cadavers for transplantation
Pratica Medica & Aspetti Legali 2011; 5(3): 89-94
Introduzione
Il trapianto di organi e di tessuti a fini terapeutici può presentare due fattispecie differenti a seconda che la donazione avvenga da vivente o da cadavere [1,2].
Nel caso di donazione tra viventi una prima fonte normativa è rappresentata dall’art. 5 del Codice civile (cc), secondo il quale gli atti di disposizione del proprio corpo a vantaggio di terzi, tra cui in particolare la donazione di organi, sono consentiti purché non producano una diminuzione permanente dell’integrità fisica del disponente il proprio corpo, oppure non siano contrari all’ordine pubblico o al buon costume. La chirurgia dei trapianti iniziò, però, a insidiare il principio dell’intangibile integrità del corpo. Il principio generale, infatti, subì una prima deroga con la legge 458 del 1967 [3], con cui si consentì e disciplinò il trapianto di rene tra vivi: quando tra donatore vivente e ricevente intercorre una relazione di consanguineità o affettiva, la perdita dell’integrità fisica per il primo è compensata dalla considerazione del beneficio che ottiene il secondo. La legge 458/1967 ha, dunque, carattere derogatorio (il trapianto da vivente è tollerato in ragione della sua apprezzabilità come atto di solidarietà) e insiste sulla gratuità dell’atto. Accertata la gratuità e la spontaneità della decisione del donante, al legislatore sembrò, dunque, fondata l’eccezione al divieto previsto dal cc, sulla base della meritoria oblatività del gesto. Un ruolo importante viene attribuito al giudice, che tra l’altro deve verificare l’età del donatore (che deve essere maggiorenne), il possesso della capacità di intendere e di volere e il carattere libero e spontaneo del consenso, comunque sempre revocabile. Queste stesse disposizioni di deroga all’art. 5 del cc vengono estese, con la legge 483 del 1999 [4], al trapianto di fegato. La legge suscitò opinioni contrastanti, per esempio relativamente all’opportunità di trattare i due casi allo stesso modo e alla difficoltà di distinguere, nel caso del trapianto di fegato, tra terapia e sperimentazione [5]. In entrambe le leggi è sottolineato il carattere rigorosamente gratuito della donazione: il richiamo costituzionale al rispetto della dignità personale prevale sul principio di solidarietà cosicché non si giustifica il prelievo coattivo.
La normativa relativa ai trapianti di organi e di tessuti da cadavere ha una storia più lunga, in quanto la prima legge in merito è la 235 del 1957 [6]. L’evoluzione storica della legislazione mostra un significativo passaggio, evidentemente connesso ai progressi della medicina, da una posizione di chiusura, nella quale si elencano gli organi che è possibile trapiantare, a una di apertura, nella quale si specificano soltanto quelli che non è possibile trapiantare, ossia encefalo e gonadi (legge 644/1975 [7] e legge 91/1999 [8]).
Evoluzione della normativa riguardante la volontà di donazione
Nel seguito si farà riferimento all’espressione di volontà per quanto riguarda la donazione dopo la morte. Un punto centrale nella legislazione sui trapianti è il consenso del donatore, rispetto al quale si è passati da un consenso espresso a un consenso presunto al cosiddetto silenzio-assenso [9]. Nella legge 235/1957 è consentito il prelievo di organi a fini di trapianto solo se il soggetto ha dato consenso esplicito, con l’eccezione dei deceduti sottoposti a riscontro diagnostico per i quali vale il consenso presunto (prelievo consentito a meno che il soggetto non abbia espresso il proprio rifiuto esplicitamente e per iscritto) [6]. Il consenso presunto diviene la regola con la legge 644/1975 [7], con la quale, però, si introduce la possibilità di opposizione scritta da parte dei parenti (coniuge non separato o, in mancanza, figli di età non inferiore a 18 anni o, in mancanza, genitori), con l’eccezione dei soggetti sottoposti a riscontro diagnostico o a operazioni autoptiche ordinate dall’autorità giudiziaria.
Legge 235/1957 |
È consentito il prelievo di organi a fini di trapianto solo se il soggetto ha dato consenso esplicito, con l’eccezione dei deceduti sottoposti a riscontro diagnostico per i quali vale il consenso presunto |
Legge 644/1975 |
Il consenso presunto diviene la regola. Si introduce la possibilità di opposizione scritta da parte dei parenti, con l’eccezione dei soggetti sottoposti a riscontro diagnostico o a operazioni autoptiche ordinate dall’autorità giudiziaria |
Legge 91/1999 |
Si introduce il consenso-assenso: se il paziente è stato informato, il suo silenzio in merito alla disposizione dei suoi organi diviene assenso alla donazione. La famiglia non può opporsi alla volontà espressa in vita dal paziente, a meno che sia in possesso di una sua dichiarazione sottoscritta successiva a quella in possesso del centro interregionale o regionale |
Tabella I. Evoluzione della regolamentazione italiana del consenso alla donazione di organi post mortem
La legge 91/1999 ha introdotto un meccanismo di consenso al prelievo completamente nuovo rispetto al precedente principio volontaristico, in base al quale era prevista, in vita, un’esplicita manifestazione di volontà favorevole alla donazione degli organi dopo la morte [8]. La legge prevede che le Aziende Sanitarie Locali notifichino ai cittadini la richiesta di dichiarare la propria libera volontà rispetto alla donazione di organi e di tessuti. Successivamente alla ricezione di tale richiesta i cittadini «sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione» (art. 4, comma 1 [8]).
Il cittadino è quindi considerato donatore sia nel caso in cui abbia dichiarato la propria volontà in tal senso, sia nel caso in cui non l’abbia dichiarata, a meno che manchi la notifica della richiesta di manifestazione della volontà. In tal caso, il cittadino deve essere considerato non donatore (art. 4, comma 4 [8]). Per tale ragione, più che di semplice silenzio-assenso, si dovrebbe più correttamente parlare di silenzio-assenso-informato [10]. La Tabella I riassume l’evoluzione della legislazione italiana in merito al consenso alla donazione di organi post mortem.
La promozione dell’informazione
La promozione dell’informazione rappresenta un elemento prioritario della legge, nonché una rilevante novità rispetto all’ordinamento precedente. Essa è inserita nelle disposizioni generali della legge, specifica previsioni di spesa ed è considerata un obiettivo essenziale tramite il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati.
L’art. 23 comma 4 afferma che «il Ministero della sanità […] promuove una campagna straordinaria di informazione sui trapianti, secondo le modalità previste dall’art. 2 comma 1». Inoltre, per la messa in opera di tale promozione dell’informazione è previsto uno specifico coinvolgimento di soggetti pubblici e privati. La logica sottesa a tale priorità attribuita all’informazione è la fondazione della ricerca del consenso su una corretta educazione sanitaria.
Nel citato art. 2 sono individuati come strutture coinvolte con compiti di informazione il Centro Nazionale per i Trapianti, il Ministero della Sanità, i medici di medicina generale, il Ministero della Pubblica Istruzione, le scuole, gli enti locali e di volontariato, il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, le società scientifiche, le ASL e le strutture sanitarie. Quale oggetto particolare della campagna di informazione sono indicati la stessa legge 91/1999 [8], la legge 578/1993 [11] (relativa alla definizione di morte), il decreto ministeriale 582/1994 [12] (recante le modalità per l’accertamento e la certificazione di morte), gli stili di vita che possono prevenire le patologie potenzialmente necessitanti di trapianto, le potenzialità terapeutiche del trapianto e le conoscenze scientifiche relative ai trapianti. I destinatari particolari dell’informazione sono, inoltre, individuati nei cittadini e nel personale sanitario.
Sull’intera procedura della dichiarazione di volontà in ordine alla donazione ha però gravato in modo determinante la mancata istituzione dell’anagrafe informatizzata (artt. 4 e 5 [8]), che, impedendo di avere la certezza che il cittadino sia stato informato, ha di fatto reso inapplicato il principio del silenzio-assenso.
Fino all’istituzione dell’anagrafe informatizzata restano in vigore le disposizioni transitorie stabilite con l’art. 23, che prevede, tra l’altro, che i familiari possano opporsi al prelievo di organi da defunto qualora questi non si fosse espresso in vita. Tale possibilità deve essere interpretata non tanto come l’espressione della volontà dei familiari rispetto alla donazione, ma come l’interpretazione, da parte dei medesimi familiari, di quale fosse la volontà del defunto rispetto a tale interrogativo.
Gli elementi essenziali dell’informazione
In generale è possibile rendere manifesta la propria volontà o con una dichiarazione scritta che il cittadino porta con sé unitamente agli altri documenti personali, oppure tramite registrazione della volontà presso gli sportelli ASL. Gli elementi essenziali della dichiarazione di volontà sono specificati nel decreto dell’8 aprile del 2000 [13], nel quale sono indicati i dati anagrafici, la dichiarazione di volontà, la data della dichiarazione e la firma del dichiarante. Più nello specifico il decreto in oggetto distingue tra le dichiarazioni di volontà espresse dai cittadini successivamente alla notifica del meccanismo di silenzio-assenso, dichiarazioni che devono essere rese entro il periodo di 3 mesi, e quelle su base volontaria (non precedute, cioè, da notifica) per le quali il cittadino può usufruire dei punti di accettazione attivati da tutte le ASL italiane.
La combinazione della legge 91/1999 [8] e del decreto 8/04/2000 [13] definisce il seguente quadro operativo [10]: il rianimatore o coordinatore locale nel colloquio con la famiglia deve:
- chiedere se il defunto ha una dichiarazione di volontà tra i suoi documenti;
- interpellare il centro interregionale o il centro regionale per ricevere copia della posizione del soggetto relativamente all’espressione della volontà: positiva/negativa/assente;
- verificare dalla famiglia l’esistenza di eventuali dichiarazioni successive a quella in possesso del centro interregionale o regionale;
- procedere senz’altro all’espianto qualora esista dichiarazione favorevole del soggetto, oppure non procedere in caso di espressa contrarietà;
- far firmare il verbale di avvenuta informazione oppure di opposizione al familiare avente titolo;
- far firmare il verbale di assenso al prelievo di cornee (legge 301/1993 fino alla completa e ufficiale attivazione del sistema informativo nazionale trapianti [14]).
Rispetto alla legge 644/1975 [7] viene ridefinito il ruolo della famiglia (ossia coniuge non separato o convivente more uxorio o, in mancanza, figli maggiori di età, o, in mancanza, genitori ovvero rappresentante legale), la cui eventuale espressione di contrarietà non è più sufficiente a bloccare la donazione nel caso in cui il potenziale donatore abbia espresso in vita il proprio assenso, a meno che la famiglia non presenti un successiva dichiarazione del soggetto in questione in cui questi esprime volontà contraria alla donazione. Nel caso in cui, però, il potenziale donatore, pur essendo stato informato del meccanismo del silenzio-assenso, non abbia espresso prima della morte la propria contrarietà al trapianto, la famiglia può presentare, entro i termini corrispondenti al periodo di osservazione ai fini dell’accertamento della morte, un’opposizione scritta (cfr. art. 23 commi 1, 2, 3 [8]).
La legge 91/1999 [8], inoltre, tutela i soggetti “deboli”. Il comma 3 stabilisce, nel caso particolare dei minori di età, che la dichiarazione di volontà in ordine alla donazione deve essere manifestata dai genitori esercenti la potestà di comune accordo, non essendo possibile procedere alla donazione se non vi fosse accordo tra di loro. Nel caso di nascituri, soggetti non aventi la capacità di agire nonché minori affidati o ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o privati non è consentita la manifestazione di volontà.
Alcune considerazioni generali
In conclusione, la legge 91/1999 [8], allo stato attuale documento legislativo di riferimento per la disciplina della donazione post mortem di organi e tessuti, disciplina la donazione perseguendo i seguenti obiettivi particolari:
- permettere al cittadino di compiere una scelta consapevole;
- rispettare la scelta formalmente espressa dal cittadino;
- sollecitare periodicamente il cittadino a esprimere la propria scelta (art. 5 comma 1 lett. D [8]);
- permettere al cittadino di modificare la propria scelta in ogni momento (art. 5 comma 1 lett. E [8]);
- specificare al cittadino che qualora egli sia stato informato il suo silenzio vale come assenso (art. 4 comma 1 [8]).
Sotto il profilo dell’etica, l’approccio del silenzio-assenso informato, introdotto con la legge 91/1999 pare accettabile, essendo fondato proprio sul principio dell’informazione.
A questo proposito è anche opportuno considerare che probabilmente non poche persone preferiscono non esprimersi esplicitamente non tanto perché intendano opporsi alla donazione degli organi, quanto perché forse preferiscono evitare di occuparsi della propria morte. In questo senso, rifiutare che costoro siano donatori potrebbe di fatto significare negare ai medesimi l’opportunità di compiere un gesto altruistico e di alto valore sociale.
Allo stesso tempo, occorre anche considerare che, in caso di assenza di manifestazione esplicita di volontà da parte del defunto, qualora vi fosse un dissenso al prelievo da parte dei familiari, il prelievo dal cadavere potrebbe suscitare perplessità sotto il profilo dell’etica: si determinerebbe infatti una forzatura dal forte impatto emotivo per i familiari in lutto. Pertanto, alcuni hanno visto con favore la persistenza del regime transitorio previsto dall’art. 23, il quale, come si è detto, prevede la possibilità di rifiuto da parte dei familiari nel caso che non vi sia un consenso espresso in vita dalla persona ora defunta.
In sintesi, ancora sotto il profilo dell’etica, è dunque doveroso che ogni prelievo di organi sia legittimato dal consenso del donatore o, almeno, dalla non opposizione espressa in vita dal defunto, sulla base di un’adeguata informazione. Non pare invece corretto interpretare la non espressione di volontà come un rifiuto, essendo questa probabilmente motivata, come si è accennato, più da difficoltà a pensare alla propria morte che da una reale opposizione.
In questo senso, la legge vigente pare un efficace compromesso tra le diverse esigenze.
Non sembrerebbero perciò del tutto giustificati i timori successivi all’entrata in vigore della legge 91/1999 relativi a una possibile donazione illecita degli organi di soggetti che non hanno esplicitamente manifestato in vita la propria contrarietà. Anzi, vi è stato chi ha messo in discussione i vincoli quasi troppo stringenti posti dalla suddetta legge alla donazione da parte di soggetti non informati o di minori [9,15,16]. Resta il fatto che la legge 91/1999 [8] ha attribuito chiaramente la responsabilità della decisione di donare propri organi o tessuti ai cittadini.
La Tabella II elenca le principali fonti legislative italiane riguardanti i trapianti.
Decreto legislativo n. 116 – 16 aprile 2010 |
Regolamento per lo svolgimento delle attività di trapianto di organi da donatore vivente |
Decreto legislativo n. 16 – 25 gennaio 2010 |
Attuazione delle direttive 2006/17/CE e 2006/86/CE, che attuano la direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda le prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani, nonché per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità, la notifica di reazioni ed eventi avversi gravi e determinate prescrizioni tecniche per la codifica, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani |
Decreto Del Ministero Della Salute – 11 Aprile 2008 |
Aggiornamento del decreto 22 agosto 1994, n. 582 relativo al “Regolamento recante le modalità per l'accertamento e la certificazione di morte” |
Decreto del Ministero della Salute – 11 marzo 2008 |
Integrazione del decreto 8 aprile 2000 sulla ricezione delle dichiarazioni di volontà dei cittadini circa la donazione di organi a scopo di trapianto |
Decreto legislativo n. 191 – 06 novembre 2007 |
Attuazione della direttiva 2004/23/CE sulla definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani |
Legge n. 219 – 21 ottobre 2005 |
Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati |
Decreto del Ministero della Salute – 02 agosto 2002 |
Criteri e modalità per la certificazione dell’idoneità degli organi prelevati al trapianto (art. 14, comma 5, legge 1 aprile 1999, n. 91) |
Decreto del Ministero della Sanità – 08 aprile 2000 |
Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti, attuativo delle prescrizioni relative alla dichiarazione di volontà dei cittadini sulla donazione di organi a scopo di trapianto |
Legge n. 483 – 16 dicembre 1999 |
Norme per consentire il trapianto parziale di fegato |
Legge n. 91 – 01 aprile 1999 |
Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti |
Decreto del Ministero della Sanità n. 582 – 22 agosto 1994 |
Regolamento recante le modalità per l’accertamento e la certificazione di morte |
Legge n. 578 – 29 dicembre 1993 |
Norme per l’accertamento e la certificazione di morte |
Legge n. 301 – 12 agosto 1993 |
Norme in materia di prelievi e innesti di cornea |
Legge 172/1990 |
Disposizioni sul prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico |
Legge 644/1975 |
Disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell’ipofisi da cadavere a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico |
Legge n. 458 – 26 giugno 1967 |
Trapianto del rene tra persone viventi |
Legge 235/1957 |
Prelievo di parti del cadavere a scopo di trapianto terapeutico |
Art. 5 cc |
Atti di disposizione del proprio corpo |
Tabella II. Principali fonti legislative italiane sui trapianti
Disclosure
Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.
Bibliografia
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