PM&AL 2012;6(3)75-77.html

La normativa regionale in materia di fragilità

Massimo Savio 1

1 Coordinatore infermieristico. Centrale Operativa di Continuita’ Assistenziale. ASL TO 4 – Regione Piemonte

Introduzione

In linea generale, le leggi nascono come mediazione tra interessi di gruppi sociali per normare i bisogni e le risposte a tali bisogni, le azioni e i comportamenti, individuali e sociali, e per determinare l’allocamento risorse.

Dal punto di vista della struttura, nelle leggi è possibile individuare:

  • i principi e i valori;
  • rimandi alla normativa precedente;
  • la descrizione per cui…;
  • la tesi prevalente che sostanzia la necessità di legiferare;
  • la decisione presa.

A queste regole generali si attengono anche le leggi in materia sanitaria.

Descriveremo qui brevemente, a partire dalle principali norme nazionali, i decreti che a livello della Regione Piemonte regolamentano la cura e l’assistenza degli anziani.

La normativa nazionale: le grandi riforme in ambito sanitario

La pietra miliare delle grandi riforme nazionali è certamente individuabile nella L. 833/78 che ha di fatto istituito il servizio sanitario nazionale (SSN). Il SSN viene definito come l’insieme di tutte le strutture e i servizi destinati non soltanto al recupero della salute (quindi alla cura), ma anche al suo mantenimento e alla sua promozione: la legge evidenzia quindi l’importanza della prevenzione quale punto cruciale del sistema sanitario. Con tale normativa si evidenzia inoltre il concetto di uguaglianza, identificata dal passaggio dal diritto alle cure dei lavoratori e dei propri famigliari al diritto universale di accesso alle cure. Prima di tale legge, infatti, gli interventi di cura erano prevalentemente affidati agli Enti mutualistici, che garantivano i propri servizi esclusivamente ai propri iscritti, con la conseguenza che alcuni soggetti, come i disoccupati, gli inabili al lavoro o gli “invalidi”, erano spesso esclusi dall’accesso alle cure.

A livello locale, la tutela della salute dei cittadini viene posta nelle mani della rete di unità sanitarie locali (USL), che si occupano quindi di tutti gli aspetti che vanno dall’educazione sanitaria all’assistenza sia domiciliare che ambulatoriale che ospedaliera.

Successivamente, i D. lgs. 502/92 e 517/93, pur mantenendo i principi fondanti della L. 833/78, modificano le USL, istituendo al loro posto le Aziende Sanitarie (distinte in Aziende USL – le odierne ASL, Azienda Sanitaria Locale – e ASO, Azienda Sanitaria Ospedaliera), con autonomia organizzativa, amministrativa e patrimoniale. In termini di cure, si può dire che con tali decreti si determina il passaggio dal bisogno subito soddisfatto all’analisi del bisogno, dalla politica alla tecnica, ma anche dalla illimitatezza delle risorse al pareggio di bilancio.

La successiva legge 328/00, “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, ha invece come scopo la realizzazione di particolari interventi sociali o socio-sanitari a favore di persone disabili, anziani non autosufficienti e famiglie attraverso progetti individualizzati. I Comuni:

  • possono erogare i servizi individuati in forma singola o associata (Consorzi Socio Assistenziali);
  • possono erogare i servizi in forma diretta (ad esempio assegni cura per favorire l’assistenza al domicilio);
  • possono avvalersi di strutture pubbliche (IPAB) o di strutture private accreditate (ne sono esempio i ricoveri di sollievo che permettono un recupero psicofisico alle famiglie che assistono loro congiunti affetti da patologie altamente invalidanti, come ad esempio l’Alzheimer);
  • debbono attuare modalità congiunte con la parte sanitaria per un’integrazione socio-sanitaria che agevoli l’accesso ai servizi da parte dei cittadini;
  • debbono attuare un monitoraggio continuo delle fragilità sociali, in accordo con le componenti più significative della comunità (associazioni di volontariato, terzo settore, ecc.) e programmare gli interventi secondo priorità, attraverso i Piani di Zona.

La normativa regionale

In ambito piemontese, il Piano sanitario regionale 1997-99, ponendosi come obiettivo quello di enunciare le linee strategiche generali che informano l’azione della Regione nel campo della Sanità, pone le basi per la strutturazione delle ASL, delle ASO, della rete residenziale e semiresidenziale. Delinea inoltre le procedure di programmazione con rendicontazione finanziaria.

Fa seguito il piano socio-sanitario regionale per il triennio 2007-2010, che si è connotato per l’enfasi posta sul concetto di salute. Nella premessa vi si legge infatti: «La salute non è semplicemente assenza di malattia o di infermità, ma è lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale delle donne e degli uomini e della collettività che si configura socialmente e politicamente come bene comune e come diritto umano inalienabile».

Da tale definizione vengono fatti derivare i principi fondanti del piano, riassumibili come segue:

  • maggior valore alla prevenzione, intesa come rimozione di tutti quei fattori (ambientali, socio-economici, biologici) che possono mettere a rischio la salute;
  • importanza dei dati epidemiologici come base di evidenza clinica per la programmazione, con la conseguente proposta di istituire un struttura regionale per il technology assessment e il data quality control biostatistico ed epidemiologico;
  • l’istituzione di gruppi di cure primarie. Secondo la definizione dell’OMS, le cure primarie rappresentano «l’ambito, all’interno di un sistema sanitario, di solito la comunità territoriale del paziente, nel quale avviene il primo contatto con un professionista sanitario». Nello specifico esse sono correlate alla presenza di una rete organizzata di attività attraverso le quali il territorio è in grado di fornire al cittadino risposte in termini di assistenza e cura, ma anche di prevenzione, coinvolgendo in modo integrato tutti i professionisti sanitari e socio assistenziale. Tale concetto è legato a quello dell’integrazione socio-sanitaria, fondamentale per raggiungere gli obiettivi assistenziali;
  • l’istituzione dei PEPS (Profilo e Piano di Salute), ossia gli strumenti con cui vengono definiti a livello locale i profili di salute, individuando quindi obiettivi e producendo linee di indirizzo volte ad orientare le politiche del territorio.

Il 3 aprile 2012 è stato poi approvato il nuovo Piano socio-sanitario regionale (2012-2015) che ha posto particolare attenzione alle risorse economiche limitate, evidenziando quindi la necessità di maggiori controlli delle spese di gestione. A tal fine, il piano prevede la costituzione di 6 Federazioni, a cui faranno capo attività di acquisto, stoccaggio e distribuzione, e che avranno appunto il compito di verificare e contenere le spese. Il Piano prevede inoltre la riorganizzazione della rete ospedaliera (con maggiore gerarchizzazione degli ospedali e strutturazione per intensità di cure), del 118 e dei DEA (Dipartimento di Emergenza e Urgenza) e pronto soccorso, oltre che un potenziamento dei servizi territoriali.

Per quanto riguarda la cura degli anziani, la regione Piemonte ha emanato una serie di norme che interpretano e declinano la normativa nazionale precedentemente descritta, soprattutto in riferimento alla L. 328 del 2000.

Ricordiamo brevemente che si passa da strutture di accoglienza e ricovero (IPAB) per cittadini le cui necessità erano riconducibili a prestazioni di tipo alberghiero versus situazioni di vera e propria assistenza completa alla persona. Infatti, con il miglioramento della qualità delle condizioni sociali e igienico sanitarie dal dopoguerra in poi, si è assistito a un progressivo aumento delle aspettative di vita, con conseguente richiesta di assistenze specifiche.

La Regione Piemonte ha emanato quindi la Deliberazione GR del 9 gennaio 1995, n. 41-42433, “Progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani””, con la quale ha inteso disciplinare le modalità di realizzazione di una rete integrata di presidi sanitari e socio-assistenziali attraverso requisiti strutturali e organizzativi omogenei su tutto il territorio, secondo le caratteristiche dei cittadini:

  • le RSA per anziani non autosufficienti, ossia una struttura a prevalente valenza sanitaria per persone che richiedono un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica, riabilitativa) integrato da un livello alto di assistenza tutelare e alberghiera. Tali RSA sono deputate a ricoverare persone non assistibili a domicilio per carenza o insufficienza di supporto familiare o di ambiente adatto alle loro necessità;
  • le RAF, ossia residenze socio-assistenziali di “ospitalità permanente”, che possono realizzare un sufficiente livello di assistenza sanitaria (infermieristica e riabilitativa) integrato da un livello medio di assistenza tutelare ed alberghiera. Tali residenze collettive sono destinate ad anziani non autosufficienti, per i quali non sia possibile attivare un programma di ADI e che non necessitano delle cure e prestazioni sanitarie tipiche della RSA.

Per tali strutture il decreto stabilisce anche la quota sanitaria e quota alberghiera per le rette residenziali. Il DGR 41/02 definisce i criteri e le procedure di accesso alle prestazioni socio-assistenziali domiciliari, caratterizzate da intensità di prestazioni domiciliari (alta, media, bassa); identifica inoltre le caratteristiche di una centrale operativa che operi in raccordo con le strutture ospedaliere ed è propedeutica alla DGR 72/04 che definisce i percorsi di continuità assistenziale ospedale-territorio. L’idea di base è quella della gestione del paziente anziano che sempre più frequentemente manifesta riacutizzazioni di patologie croniche e può contare sempre meno su un tessuto di sostegno famigliare (da famiglia patriarcale, a nucleare, a mono nucleare) per una permanenza al domicilio e quindi trova nelle degenze dei pronti soccorso o nelle degenze inappropriate delle corsie una risposta altamente costosa.

Pertanto questa DGR dispone:

  • un allontanamento rapido dal dipartimento di emergenza per quelle situazioni non riconducibili a criticità sanitarie ma prevalentemente sociali;
  • un inserimento in una struttura socio-sanitaria territoriale per un tempo massimo di 60 giorni con quota completamente a carico della Regione;
  • nel frattempo una valutazione multidimensionale integrata socio-sanitaria;
  • infine una predisposizione di progetto per un inserimento definitivo in struttura o un rientro integrato al domicilio.

A dieci anni dall’emanazione della DGR 41/95, la Regione adegua i requisiti strutturali e soprattutto organizzativi con la DGR 17/05.

La filosofia che sottende questa revisione è quella di adattare la struttura ai cambiamenti del cittadino e non come prima che al mutare della autonomie, il cittadino, anziano e fragile, doveva cambiare la struttura e quindi l’ambiente e le persone che conosceva, a volte con gravi conseguenze di disorientamento.

Si sottolinea come anche in questo caso venga definita una intensità (alta = ex RSA; media = ex RAF; bassa = ex RAB) di assistenza similarmente alle cure domiciliari. Coerentemente ai principi del Chronic Care Model, si realizzano percorsi graduali di recupero funzionale, che sono stati ripresi nel recente Piano Socio-sanitario 2012-2015 per le strutture ospedaliere, configurando una scaletta graduale di discesa assistenziale dalla più alta intensità a una più bassa fino al rientro al domicilio o a un definitivo ricovero in strutture.

La DGR 38/09 definisce i requisiti strutturali e organizzativi per situazioni più specifiche legate alla malattia di Alzheimer così come la DGR 62/10 per persone in Stato Vegetativo

Questo per quanto riguarda le strutture e i servizi erogati, mentre riguardo agli strumenti di valutazioni uniformi che le ASL, congiuntamente ai Consorzi, devono adottare su tutto il territorio regionale si evidenziano:

  • la DGR 42/08, che ha definito il modello regionale per la richiesta di valutazione geriatrica;
  • il modello della cartella geriatrica;
  • le linee guida per la compilazione del PAI (Piano Assistenziale Individuale).

Con il DGR 39/09 vi è la revisione del contributo economico per lungo-assistenza domiciliare. La valutazione è analoga a quella per l’assegno di cura, ma per integrazione delle prestazioni domiciliare a valenza prevalentemente socio-sanitaria. Diversamente dalle prestazioni a valenza sanitaria come l’Assistenza Domiciliare Integrata o il Servizio Infermieristico Domiciliare che sono completamente a carico del Servizio Sanitario Regionale , in questa formulazione il cittadino compartecipa in base al reddito, proprio perché sono gli interventi a prevalenza socio-assistenziale con una minima partecipazione sanitaria .

Volutamente non sono state segnalate le DGR che si sono succedute nel tempo e che affrontavano adeguamenti economici o contrattualistici per le quali letture e approfondimenti si rimanda al sito:

www.comune.torino.it > canale tematico Sanità e Servizi Sociali > informazioni disponibili Ufficio Vigilanza > Elenco normativa nazionale e regionale.

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