PM&AL 2011;5(1)15-20.html

“Codice psichico” e “Codice giuridico”

Roberto Infrasca 1

1 Servizio di Salute Mentale, U.O. di Psichiatria ASL5, La Spezia

Abstract

The paper analyses the similarities between the so-called “Psychic Code” and the “Legal Code”. In this perspective, the first Code – from which the second is derived – is owned and produced by the “Paternal function”, a symbolic and historical dimension which provides the “Law” to the children, giving prohibitions and limits of their mental processes, and conditioning the consequent behaviour. This educational model is internalised by taking the task and the role of “moral conscience” of the individual, psychodynamic organization that will guide the individual action, while providing for the penalty to the violations of the “Internal Rules” (guilt). This particular profile assumed by the “Psychic code” to the very common “Legal code”, a dimension that is organised and operates starting from the rules to which a community has adopted. If the main function of this dimension is law enforcement, and the possible sanction at the time of its transgression, it also assumes an important symbolic meaning. The period defined as “postmodern”, among other phenomena, also saw the disappearance of the “Father”, his symbolic dimension, his authority, his ability to impose rules. If the “Psychic Code” fades and loses credibility, even the “Legal Code” follows the same path, with negative consequences.

Keywords: Psychic Code, Legal Code, Law, Paternal function

“Psychic Code” and “Legal Code”

Pratica Medica & Aspetti Legali 2011; 5(1): 15-20

Note storiche

Qualsiasi comunità ha bisogno di una serie di codici che possano regolare e dare significato alle diverse realtà vissute. Dare significato diviene nell’uomo un imperativo universale, tanto che anche il comportamento umano è sottoposto a questo indispensabile sistema semantico.

Per tale ragione, nel corso dei millenni l’uomo si è progressivamente dotato di un sistema di codici che potessero dare delle regole condivise al vivere comunitario. Tra questi codici, in posizione non secondaria, troviamo anche quello del “diritto”, essenziale dimensione che detta le norme che assegnano un significato al comportamento adattivo e a quello deviante. La storia dell’uomo è così scandita anche da principi giuridici che – rispetto alla cultura della comunità – sanciscono quello che è un “comportamento lecito” separandolo nettamente da quello che si propone come illecito.

La storia dell’uomo è anche scandita dal “Principio paterno”, organizzazione cui viene demandata la funzione di dare regole e norme etiche ai figli, poi cittadini, dimensione simbolica le cui origini affondano nella notte dei tempi. A tale riguardo, in “Totem e tabù” (1913) Freud parla di «orda barbarica» [1], riferendosi al branco primordiale formato da maschi e femmine, portatori di sentimenti ambivalenti verso il padre, quali amore e odio, ammirazione e invidia, bisogno di essere amati e di annientare il suo potere. Questi sentimenti rancorosi portarono a uccidere tale figura cibandosi del suo corpo, atto cannibalico attraverso il quale interiorizzarono simbolicamente le caratteristiche del padre: «realizzarono la identificazione con il padre, ognuno si appropriò di una parte della sua forza».

Freud afferma che da questo atroce atto si originarono pesanti sentimenti di colpa e di spinte affettive nei riguardi del padre. Come atto riparatore di tale tragedia, i fratelli che avevano compiuto l’omicidio proiettarono la figura paterna in un sostituto simbolico, il Totem (raffigurato in un animale, una pianta o un elemento naturale). Questo sostituto simbolico fu sacralizzato, vale a dire considerato l’antenato mitico del gruppo tribale, depositario delle leggi fondamentali a cui ogni componente del gruppo doveva sottoporsi, primitivo tentativo di dotare la tribù di norme, regole e proibizioni.

Codice psichico e Codice giuridico

Il Principio paterno organizza precocemente (infanzia) alcune importanti dimensioni psichiche. Freud afferma che dall’identificazione e introiezione del codice etico-morale genitoriale (prevalentemente paterno) si organizza nel bambino l’istanza psichica del Super-Io, mentre l’identificazione e l’introiezione degli ideali genitoriali (particolarmente quelli paterni) porta alla nascita dell’istanza psichica definita “Ideale dell’Io” [2]. La rimozione dei desideri sessuali edipici è all’origine del Super-Io (che esercita le funzioni di auto-osservazione, censura e critica sui desideri e comportamenti del soggetto), e dell’Ideale dell’Io (modello ideale di sé cui l’Io cerca di uniformarsi). Dal confronto tra Super-Io e Io consegue il “sentimento di colpa”, mentre dal confronto tra Ideale dell’Io e Io consegue il “sentimento di inferiorità”.

Il Super-Io si forma nei primi anni di vita (dalla nascita ai sei anni), e comprende le regole sociali e le norme morali interiorizzate attraverso la prassi educativa (punizioni, proibizioni, raccomandazioni, premi e apprezzamenti, nei confronti della tipologia del comportamento attuato dal bambino o che lo stesso vorrebbe mettere in atto). Il Super-Io è la censura morale, l’insieme dei divieti sociali sentiti dalla psiche come costrizione e impedimento alla libera soddisfazione del piacere e delle pulsioni, tanto da poter essere definita come “coscienza morale” dell’individuo.

Organizzazione intrapsichica paragonabile a un codice personale nel quale sono scritte le regole morali dell’individuo, il Super-Io esercita così una funzione di controllo, di critica e di repressione delle spinte istintuali provenienti dall’Es (particolarmente la pulsione sessuale e quella aggressiva), e verso le scelte operate dall’Io che risultano trasgressive rispetto alle regole interiorizzate. Mediatore tra le richieste provenienti dall’Es e dal Super-Io, e quelle derivanti dalla realtà, l’Io ha così il difficile compito di mantenere un equilibrio dinamico tra le diverse componenti intrapsichiche e il mondo esterno.

Il Super-Io è il prodotto dei conflitti psichici implicati nella fase edipica: identificandosi con il padre, il bambino acquisisce una maggiore capacità di organizzare le difese e di controllare i propri desideri patricidi e incestuosi. Queste ultime fantasie rappresentano il primitivo bisogno del possesso-appropriazione di qualcosa che non appartiene al bambino (la madre), mentre il “Principio Paterno” ristabilisce il rispetto non della proprietà, bensì del diritto all’appartenenza: la madre appartiene solamente al padre. In questo stadio evolutivo vengono così gettate le basi etiche per il rispetto dei diritti dell’Altro, primo momento che si dispiegherà successivamente nelle relazioni personali, sociali e istituzionali.

Per Freud il complesso edipico svolge così un ruolo fondamentale nella sviluppo della civiltà, essendo in grado di sostituire desideri e sentimenti arcaici e brutali, con sentimenti più elevati, quali l’affetto, il rispetto dell’Altro, le norme familiari e sociali, il senso di colpa e dei propri limiti (“inferiorità”).

Nella fase evolutiva argomentata avvengono ulteriori e importanti modificazioni. La strutturazione del Super-Io produce nell’identità infantile nuovi fattori che permettono al bambino una migliore gestione psico-comportamentale dell’organizzazione personologica e relazionale. Il principio del piacere che caratterizzava la prima infanzia (sino ai 3 anni) tende a un graduale accomodamento con quello di realtà. Tale modificazione, pur determinando nel bambino alcune restrizioni e il differimento della gratificazione dei bisogni, vede affiorare il sentimento di autostima, una maggiore autonomia e l’accettazione da parte dell’ambiente [3].

Attraverso alcuni meccanismi dell’Io (imitazione, identificazione e introiezione degli atteggiamenti parentali), il graduale abbandono del principio del piacere e l’adesione a quello di realtà, determina un significativo avvicinamento tra leggi interne e leggi esterne. Il processo di formazione del Super-Io implica per il bambino una certa quantità di angoscia (di separazione dalla madre, di castrazione, di rivalità con il genitore dello stesso sesso, ecc.), che sarà superata grazie all’integrità dell’organizzazione bio-psicologica del bambino e di un ambiente familiare gratificante e rassicurante.

Di fatto, il Super-Io paterno si esprime in due principali ambiti: quello individuale e quello istituzionale. Nel versante individuale organizza nel figlio/a una serie di dimensioni psico-comportamentali capaci di garantire e preservare una civile interazione comunitaria. Queste dimensioni assumono il profilo e prendono forma nel senso di colpa, nella capacità di controllo sul comportamento impulsivo, nella tolleranza alla frustrazione, nell’indipendenza dall’ambiente, nell’etica della responsabilità.

A livello istituzionale le caratterizzazioni del Super-Io sociale sollecitano e impongono l’organizzazione di strutture societarie connotate dalla disciplina, dalla coerenza, dal rispetto per l’Altro, dalla lealtà verso la struttura, oppure in sanzioni nei confronti degli atteggiamenti irrispettosi verso tali norme. Il Super-Io sociale si oppone così a un maternage deresponsabilizzante dove tutte le “fonti di piacere” sono lecite e praticabili senza eccezione e limite (siano esse il potere, la carriera, il denaro, la sessualità, ecc).

In tempi recenti (gli ultimi due decenni) l’offuscamento del Principio paterno – fenomeno chiaramente messo in luce da un’ampia letteratura [4-11] – ha visto una parallela delegittimazione di un’altra importante dimensione societaria e culturale.

Ci riferiamo al “Principio Giuridico”, simbolica e autorevole istanza che informa e sorregge storicamente una società civilizzata in quanto fondata sul Diritto, quindi sulla Giustizia, particolare ambito che non può essere oggetto di alcuna “negoziazione” (peraltro come i principi etico-morali imposti dalla “Funzione Paterna”).

L’ambito istituzionale della Giustizia (la “Legge”) è stato scelto per la notevole somiglianza che evidenzia con quello culturale paterno (la “Legge del Padre”). Non pare casuale che il simbolo della Giustizia sia proprio la “bilancia”, cui sono associati equilibrio ed equità, condizioni che questa istituzione ha il compito di conservare o di ristabilire. Di fatto, queste due funzioni sono orientate allo stesso scopo, e traggono la loro autorevolezza dall’investitura simbolica che le caratterizza.

Nella prospettiva delineata, ogni individualità è letteralmente avvolta e regolata da due fondamentali codici. Il primo, emanazione diretta della “Funzione Paterna”, prende forma nella “Legge” dettata dal Super-Io che si trasforma nel “Codice interno”. Il secondo, emanazione diretta del Diritto, è la “Legge Giuridica”, che assume il ruolo di “Codice esterno”. Le dimensioni proposte assumono così la funzione di schemi normativi di riferimento per l’agire individuale e l’agire sociale, concetto conosciuto come “Etica della responsabilità”, vale a dire rispondere a qualcuno (persona) o a qualcosa (istituzione) del proprio comportamento. L’agire secondo l’etica delle responsabilità rimanda quindi a rispondere delle conseguenze prevedibili delle nostre azioni.

A tale riguardo, Weber ritiene che la Politica è intimamente connessa all’etica della responsabilità: deve agire tenendo sempre presenti le conseguenze del suo agire [12]. Baudrillard ritiene che il tramonto dell’etica della responsabilità, tipico fenomeno dell’epoca postmoderna, ha generato individui privi di attenzione verso il loro agire e le conseguenze dell’azione [13].

Nel contesto delineato, il “Codice psichico” (Super-Io) precede a livello temporale, il “Codice giuridico” (Diritto) determinando una solidarietà dinamica tra norme individuali e norme giuridico-sociali. “Legge del padre” e “Legge giuridica” trovano in questo terreno una profonda comunanza di intenti, essendo orientate al rispetto delle regole e dei principi dati, sanzionando – pur con modalità culturali e metodologiche differenziate – la trasgressione. In Tabella I sono elencate le principali similitudini tra queste due funzioni.

Codice giuridico

Codice paterno

Esige il rispetto del dettato normativo

Esige il rispetto del dettato paterno

Pone confini e limiti al comportamento individuale

Pone confini e limiti al comportamento dei figli

Sanziona la trasgressione e l’irresponsabilità

Sanziona la trasgressione e l’irresponsabilità

Tende ad azzerare il narcisismo («Io posso farlo!»; «A me è concesso!»; ecc.)

Tende ad azzerare il narcisismo (per es. «Io posso!») inserendo il principio di realtà

Pone confini e limiti al concetto di libertà individuale

Pone confini e limiti al concetto di individualismo

Legittima il concetto di uguaglianza tra gli individui

Legittima il concetto di uguaglianza tra i figli

Impone il concetto che tutti gli individui sono uguali di fronte alla Legge (imparzialità)

Impone il concetto che la Legge paterna è uguale per tutti i figli (imparzialità)

Tabella I. Similitudini tra la Legge giuridica e la Legge paterna

Si nota agevolmente come i due dettati coincidano pressoché totalmente, ulteriore verifica della loro analoga funzione nel modellare figli e cittadini capaci del rispetto di sé e quindi del rispetto dell’Altro.

Muovendo dal presupposto che la “Funzione paterna” è anche il fondamento simbolico del diritto, e la negazione di questo fondamento rende l’assetto societario confuso e caotico, quindi disregolato, possiamo affermare che anche la negazione della funzione simbolica del Giudice – quella di “portatore della Legge”, di “portatore della legalità” – delegittima la sua investitura simbolica, riducendo il suo operato a una mera opinione espressa da un uomo qualsiasi, e quindi priva di significato condiviso (istituzionale e simbolico), cui conseguirebbe lo sgretolarsi di una delle colonne portanti dell’assetto democratico.

Constatiamo come – se disinvestito dalla funzione simbolica di “rappresentante della Legge” – il magistrato perde la sua autorevolezza divenendo “uno dei tanti”; allo stesso modo la figura paterna, dato il declino della sua investitura simbolica (rappresentante della Legge del padre), e privato dell’originaria autorevolezza, finisce per essere soltanto un uomo comune, un padre fisico, “uno dei tanti”.

Destituite dai loro fondamenti storici, culturali e simbolici, la Legge e la Legge del padre assumono un profilo “liquido” e inconsistente. La prima viene sostituita dalla “legge del più forte” (a livello personale, sociale, politico, economico, ecc.), barbaro principio che spinge l’individuo ad aderire alla “filosofia del branco”, modalità altrettanto primitiva (per quanto attualmente sofisticata) a sua volta produttrice di barbarie. La seconda lascia il posto a una figura paterna indistinta e dai contorni sfumati, profilo elastico basato sull’incapacità del padre di usare la “Funzione normativa” e responsabilizzante, vuoto che viene assunto dal gruppo dei pari, alimentando nei figli la deresponsabilizzazione, un’identità fluida e quindi la possibilità di comportamenti che si distaccano da una visione dello “stare al mondo” normata e civile.

Inoltre, la mancanza della funzione simbolica del padre – la Legge del padre – (che possiede la capacità di conciliare la legge con il desiderio senza contrapporli), può sollecitare nell’individuo il rimpianto e la ricerca di una legge “forte e autoritaria”, capace di supplire a livello fantastico all’impotenza paterna.

Da quanto argomentato si comprende come Codice paterno e Codice giuridico intrattengano una stretta parentela storica e sociale, essendo entrambi deputati al rispetto delle regole e delle norme etiche in tutte le espressioni umane. In questa prospettiva se il Codice paterno subisce uno storico arretramento e svalorizzazione (attacco all’autorità insita nella simbologia del padre), anche il Codice giuridico sarà sottoposto allo stesso destino, essendo una derivazione sociale del primo.

Se il Codice paterno tende ad essere svalorizzato perdendo la sua storica autorevolezza, anche quello giuridico sarà trascinato nella stessa deriva culturale, divenendo svalorizzato, sottoposto a negativizzazione, quindi privato della sua autorevole simbologia, condizione che toglie anche al Giudice il suo significato simbolico (colui che fa rispettare la legge) rendendolo un “uomo tra tanti”.

In questa ottica il venire meno dell’attendibilità storico-culturale del Codice paterno ha originato gradualmente un parallelo scemare del “principio di autorità”, elemento essenziale per una convivenza civile che voglia dirsi tale. L’ “eclissi del padre” – fenomeno tipico della società postmoderna – è direttamente collegata con il declino dell’autorevolezza del Codice giuridico, delicata dinamica oggetto di una colpevole sottovalutazione.

Il venire meno della autorevolezza del Principio paterno (imposizione delle norme comportamentali a livello individuale), verifica una parallela delegittimazione della autorevolezza del Principio giuridico, che regolamenta, ed eventualmente sanziona, il comportamento individuale.

Un’attendibile verifica di quanto affermato viene offerta dalla “personalità psicopatica”, concetto psicopatologico ormai abbandonato e sostituito da quello di “Disturbo antisociale di personalità” [14], pur se presente nel MMPI-1 e nel MMPI-2 (scala clinica Pd- Psychopathic deviate). Questa tipologia di personalità descriveva individui con disordine del comportamento, instabilità emotiva, irresponsabilità, immaturità psichica, insofferenza alla frustrazione, freddezza e indifferenza verso il comportamento agito e, soprattutto, una profonda incapacità di critica e di autocontrollo, tratti sui quali spiccava l’assenza del senso di colpa (Super-Io).

A livello psicodinamico, non casualmente, la “personalità psicopatica” presenta un Io debole e un Super-Io assente, con conseguente incapacità di gestione delle spinte pulsionali dell’Es (particolarmente quella aggressiva e quella sessuale), che sono agite immediatamente e non differite ed elaborate, nella più completa noncuranza dei danni conseguenti (assenza del rispetto di sé, degli altri e della legge) [15].

Nella situazione descritta, la mancanza di un “Codice psichico” (normativo ed etico) nella personalità psicopatica rende questa struttura estremamente vulnerabile ad agiti delinquenziali, comportamento deviante che il Codice giuridico sanziona, penalmente e puntualmente.

Nonostante questo ultimo e inevitabile intervento, si nota come la mancanza del Codice paterno lasci a quello giuridico un compito nel contempo totale e parziale, essendo questo Codice inadeguato a intervenire sulle cause dinamiche che hanno agevolato o sollecitato la manifestazione delinquenziale (solitamente un ambiente infantile che vede un eccesso materno, cui corrisponde una forte precarietà di “paterno”, quindi dei principi normativi ed etici) [16].

Inoltre, la mancanza di una base autocritica e quindi autoregolativa (conseguente al rimorso e al senso di colpa insiti nelle prescrizioni del Super-Io), rende anche la funzione “rieducativa” della pena (art. 27 comma 3° della Costituzione) del tutto inefficace. Tale caratteristica innesca così una circolarità del comportamento deviante che si traduce in un interminabile e sistematico conflitto con la società e con la “Legge”, non riconosciuta come un autorevole sistema normativo, bensì come una minaccia alla soddisfazione dei propri “bisogni” patologici.

Conclusioni

Negli ultimi due decenni, l’affacciarsi sulla scena familiare e sociale dei nuovi padri, che Argentieri chiama “mammi” [7] e Pietropolli Charmet “padri materni” [5], ha sottoposto il Principio paterno a un graduale ma inesorabile appiattimento, cui consegue un parallelo appiattimento dell’istanza interna detentrice della norma e dei divieti morali (Super-Io).

Durkheim definisce questa situazione con il concetto di “anomia” (dal greco a – senza e nomos – norma), riferito a un contesto sociale incapace di proporre norme e valori sociali condivisi e riconosciuti, senza i quali l’individuo entra in una situazione di disorganizzazione personale e sociale [17]. Privato dei criteri interni che orientano ed eventualmente sanzionano il suo atteggiamento mentale e comportamentale, l’individuo diviene insofferente ad ogni regola o norma che lo assoggetti al rispetto della stessa, nutrendo sentimenti di svalorizzazione e di attacco nei confronti del loro non negoziabile dettato. Secondo Durkheim l’individuo è più insofferente verso le regole quando queste perdono la loro autorità: se la condizione di deregolamentazione o di anomia si rafforza, l’individuo perde il senso del limite, e ogni limitazione, regolamento individuale e collettivo gli appare più insopportabile [17].

L’attacco e la delegittimazione del padre – autorevole figura che impone le norme limitando il dispiegarsi di un concetto esasperato e caotico di libertà (dire e fare tutto quello che l’individuo desidera, vuole e pretende), dimensione che non trova similarità con il “padre padrone” – cui si è assistito e si assiste nella società postmoderna, coincide, non accidentalmente, con una progressiva e parallela delegittimazione del Diritto, e conseguentemente del suo costituzionale rappresentante, la Magistratura.

Il tramonto o lo sbiadimento del Codice paterno (principi normativi ed etici) non poteva che riverberarsi sul Codice giuridico (il Diritto), pericoloso appannamento di due storici “codici simbolici” che regolano con modalità diverse ma convergenti, i valori orientativi della vita dell’individuo.

Come le norme insite nel Codice paterno per funzionare hanno bisogno di una progressiva dinamica che le trasformi da esterne in interne (interiorizzate), così il Codice giuridico non può rimanere esterno – quando non estraneo – all’individuo, bensì divenire qualcosa di interno, quindi sempre presente nella consapevolezza individuale, nell’etica della responsabilità (rispondere del proprio comportamento).

Il soggetto che ha interiorizzato le “Norme del padre” (etiche, sociali, relazionali e comportamentali, nonché valoriali) è profondamente agevolato nell’accettare e interiorizzare anche le “Norme Giuridiche”. Il soggetto che ha interiorizzato le Norme del padre non ha quindi bisogno di un censore fisicamente presente, così come non abbisogna di un censore istituzionale (forze dell’ordine, Magistratura) che gli imponga (o ripristini) un comportamento rispettoso della legalità, controlli che vengono ragionevolmente attuati dai codici interni (autocontrollo).

In questa prospettiva, l’essenziale e indispensabile correttivo dei fenomeni degenerativi a livello individuale e istituzionale cui frequentemente si assiste, viene rintracciato nel promuovere una forte ri-legittimazione della “Funzione paterna” (la riscoperta del “padre”), in modo che anche la “Funzione Giuridica” possa parallelamente riacquisire un profilo simbolico e autorevole che la sottragga e la metta al riparo da valutazioni che la releghino in un ambito di mera soggettività.

Inoltre, risulta chiaro che è il rispetto verso la Funzione paterna che permette a quella giuridica di essere oggetto dello stesso rispetto, mentre la dinamica inversa è destinata al fallimento. Senza il recupero dell’autorevolezza del Principio paterno (portatore della Legge del padre), il Principio giuridico diviene oggetto di svalutazione e di attacchi aggressivi.

In conseguenza della delegittimazione del Principio paterno – capace di inserire gradualmente il concetto di “confine” e quello di “limite”, unitamente alla capacità di autocritica (Super-Io) – il concetto di libertà vissuto dall’individuo si snatura, assumendo un profilo diffuso e indistinto che Pirandello in “Uno, nessuno centomila” pare descrivere efficacemente.

In questo terreno le multiformi libertà organizzate da multiformi soggettività diviene il pericoloso assioma sul quale poggia la “società postmoderna” (una società orfana del Codice paterno), produce una libertà senza più “steccati” e “limiti”, facendo sì che questa istanza assuma un profilo informe che ogni individuo modella a suo piacimento, secondo bisogni estemporanei, ludici e bizzarri incapaci di governare una collettività.

Se il concetto di libertà si espande con tali modalità, testimonianza dell’assenza e della delegittimazione del Principio paterno, anche quello giuridico viene sottoposto ad uno stesso destino, essendo letto e vissuto come costrittivo, irragionevole, protervo e arrogante, in definitiva un impedimento alla «manifestazione della propria e libera individualità».

In definitiva, il Codice paterno ridimensiona ampiamente il vissuto infantile «Io sono, quindi posso fare tutto», riconducendolo al ragionevole e civile «Noi siamo». Inserendo la dimensione dell’Altro, operatività che muta sostanzialmente il vivere individuale e sociale di ogni membro della (e delle) comunità, il Codice paterno impone il concetto umano di “rispetto” e di “etica della responsabilità”, gli stessi che, applicati dal Codice giuridico, impongono il “rispetto della Legge”, quindi di sé, dell’altro e delle regole condivise in una comunità.

Disclosure

L’Autore dichiara di non avere conflitti di interesse in merito ai temi trattati nel presente articolo.

Bibliografia

1. Freud S. Totem e tabù (1912-1913). In: Opere (vol. 7). Torino: Bollati Boringhieri, 1989

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16. Galimberti U. Dizionario di Psicologia. Torino: UTET, 1994

17. Durkheim E. Il suicidio (1897). Torino: UTET, 1969

Corresponding author

Dott. Roberto Infrasca

Dipartimento di Psichiatria ASL5 – La Spezia

Via Nino Bixio 56a, 19122 La Spezia Tel. 0187 604457

E-mail: roberto.infrasca@asl5.liguria.it

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