PM&AL 2016;10(1)9-13.html

Ustioni da elettrobisturi: contributo casistico e considerazioni medico-legali

Elvira Ventura Spagnolo 1, Cristina Mondello 2, Luigi Cardia 2, Giulio Cardia 2

1 Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute, Materno Infantile, Sezione di Medicina Legale, Università degli Studi di Palermo

2 Dipartimento Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali, Università degli Studi di Messina

Abstract

In general and specialist surgical practice the use of the electrosurgical unit is consolidated for minimally invasive interventions, due to the ability to control the bleeding of the operative field and the interaction between the cutting and coagulative mechanisms.

The authors take inspiration from four cases of personal observation, related to thermal injury produced by electrosurgery, to conduct a brief review of the literature on this issue and present some medical and legal aspects derived from their expert’s observation, in terms of healthcare liability.

The authors underline the importance of an accurate knowledge of the procedures for the safe operation of the equipment and the monitoring of adverse reactions related to the use of the instrument itself, even in the global risk management approach.

Keywords: Burns; Electrosurgical injuries; Adverse event; Medical malpractice

Electrosurgery burns: case series and medico-legal issues

Pratica Medica & Aspetti Legali 2016; 10(1): 9-13

http://dx.doi.org/10.7175/PMeAL.v10i1.1215

Corresponding author

Elvira Ventura Spagnolo

elvira.ventura@unipa.it

Disclosure

Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo

Introduzione

Nella pratica chirurgica, sia essa generale che specialistica, è ormai consolidato l’impiego di dispositivi medici che, in base alla normativa vigente [1-6], sono da intendersi come «qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto… destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo ai fini di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap». I dispositivi sono suddivisi nelle classi I, IIa, IIb, III in base al rischio che deriva dal loro utilizzo, in rapporto a caratteristiche di durata (temporanea, a breve termine, a lungo termine); invasività (non invasivo, invasivo, invasivo di tipo chirurgico – « che penetra nel corpo attraverso la superficie corporea mediante o nel contesto di un intervento chirurgico»); attività.

Tra i dispositivi medici trova largo impiego, in sala operatoria, soprattutto per interventi di carattere mininvasivo, l’elettrobisturi sia per la capacità di controllo sul sanguinamento del campo operatorio, sia per l’interazione tra il meccanismo di taglio e quello coagulativo. Il suo principio di funzionamento è assai semplice: la corrente elettrica (alternata ad alta frequenza) transita nei tessuti attraverso elettrodi metallici con due distinti meccanismi che caratterizzano rispettivamente la tecnica monopolare e quella bipolare [7].

Nella tecnica monopolare si ha un elettrodo attivo di superficie contenuta, costituito dallo strumento impugnato dal chirurgo, e un elettrodo neutro (piastra) di superficie notevole, che chiude il circuito elettrico consentendo il ritorno della corrente al generatore, senza dispersioni che potrebbero determinare lesioni di tipo termico al paziente. La notevole diversità di superficie fa sì che i due diversi elettrodi siano percorsi da densità di corrente notevolmente differente e di intensità inversa alla superficie di ciascun elettrodo. Occorre sottolineare che, nel caso in cui gli elettrodi non siano opportunamente isolati, essi possono fungere da elemento di trasmissione per la corrente attraverso percorsi addizionali. Sono inoltre ben noti gli effetti indesiderati di ustione nella zona specifica di applicazione dell’impugnatura e della piastra di riferimento nel caso vengano utilizzate correnti troppo alte rispetto alla effettiva necessità di impiego. Sono altresì segnalati casi di ustioni che si possono verificare a causa di elettrodi, ivi compresa la piastra, non a perfetto contatto con la cute del paziente e nel caso in cui vengano, per di più, bagnati da liquidi conduttivi che creano un cammino alternativo alla corrente ad alta intensità, riuscendo così a provocare effetti dannosi anche in distretti non a diretto contatto con gli elettrodi stessi.

La tecnica bipolare, invece, utilizza il passaggio della corrente attraverso due elettrodi, attivo e neutro, entrambi posizionati sullo stesso manipolo e la cui vicinanza, nel momento in cui viene compreso tra di essi il tessuto bersaglio, consente di chiudere il circuito.

Da un esame della letteratura consultata [8-13], nonostante il miglioramento dei dispositivi di prevenzione e le raccomandazioni poste in essere dalle Ditte produttrici e dal Ministero della Salute, non è, tuttavia, eccezionale il riscontro di eventi avversi con danno al paziente connessi all’impiego dell’elettrobisturi, assai più frequentemente del monopolare, per lo più rappresentate da ustioni.

Sulla base di dette premesse, riportiamo quattro casi di ustione conseguenti ad impiego di elettrobisturi, giunti alla nostra osservazione peritale.

Casistica clinica

Caso 1

Bambino di 13 anni, affetto da sordità, veniva sottoposto, presso struttura pubblica, ad intervento chirurgico di applicazione di impianto cocleare, a destra. Durante l’intervento si verificava un’anomalia nel funzionamento dell’elettrobisturi che rendeva necessario, agli operatori sanitari, spegnere e riaccendere il dispositivo, con successiva ripresa del funzionamento. Al termine dell’intervento venivano evidenziate ustioni cutanee di I grado alla regione scapolare destra, ai glutei e ai talloni (Figura 1). Il paziente veniva sottoposto, nei giorni seguenti, a consulenze specialistiche di chirurgia plastica e veniva trattato con terapia topica a base di cortisone. Il caso veniva definito in sede transattiva, sulla base della sola valutazione espressa dai componenti del Comitato aziendale di valutazione dei sinistri, espressisi in termini di danno biologico e danno morale per le sofferenze patite in rapporto al protrarsi dei tempi di guarigione delle ustioni, produttive di pregiudizio estetico di lieve entità.

Caso 2

Donna di 24 anni veniva ricoverata presso struttura pubblica per essere sottoposta ad intervento di asportazione di cisti pilonidale. Al termine dell’intervento venivano evidenziate ustioni cutanee di I e II grado alle ginocchia, regione sottorotulea, più evidenti a sinistra, conseguenti a mal funzionamento dell’elettrobisturi. La paziente veniva sottoposta a medicazioni giornaliere, in regime di ricovero in day hospital e successive medicazioni ambulatoriali per i due mesi seguenti. In seguito, per il persistere di cicatrici cheloidee al ginocchio sinistro, la donna veniva sottoposta ad applicazione di lamine di silicone nonché a consulenze specialistiche di chirurgia plastica. Il caso non è stato definito in sede transattiva per divergenze sull’entità del risarcimento divenendo oggetto di citazione in giudizio in sede civile ed è tuttora pendente. Alla visita di consulenza, effettuata a distanza di due anni dall’evento traumatico in questione, veniva rilevata la sussistenza, a livello del ginocchio sinistro, regione sottorotulea, estendentesi sino al margine superiore della faccia anteriore del terzo prossimale della gamba, di esito cicatriziale ipocromico, a margini irregolari e frastagliati, rilevato rispetto al piano cutaneo, di 12,5 x 6,5 cm in direzione orizzontale e di 11 x 8,5 cm in direzione verticale (Figura 2).

img_01_01.jpg

Figura 1. Ustione di I grado alla regione scapolare destra, dopo malfunzionamento dell’elettrobisturi

img_01_02.jpg

Figura 2. Esito cicatriziale stabilizzato al ginocchio sinistro

Caso 3

Donna di 41 anni, con riscontro all’esame ecografico di due formazioni cistiche, del diametro di 40 e 47 mm, all’annesso di sinistra, veniva ricoverata presso l’U.O. di Ginecologia di una struttura pubblica per essere sottoposta ad intervento di salpingo-ovariectomia sinistra per via endoscopica. Al termine dell’intervento veniva evidenziata ustione di II-III grado alla regione addominale in sede sovra pubica sinistra, trattata con medicazioni quotidiane durante il ricovero e, dopo la dimissione, in regime ambulatoriale. A distanza di circa un mese dalla dimissione, la donna veniva ricoverata nella UO di Chirurgia plastica ove veniva evidenziata, in sede sopra-pubica, la presenza di escara di forma ovalare, a decorso obliquo, del diametro massimo di 4 cm. Per tale motivo veniva sottoposta ad intervento di escarectomia. Il caso non è stato definito in sede transattiva per divergenze sull’entità del risarcimento divenendo oggetto di citazione in giudizio in sede civile. Alla visita di consulenza, effettuata a distanza di un anno dall’evento traumatico in questione, veniva rilevata la sussistenza, di esito cicatriziale, di circa 3 cm, di forma irregolarmente ovalare alla regione sovra pubica. Il caso veniva concluso con il riconoscimento di un pregiudizio estetico ricadente nell’ambito della prima fascia dei baremes di riferimento tabellari.

Caso 4

Uomo di 65 anni, affetto da calcolosi della colecisti ed ernia ombelicale, veniva ricoverato presso il Reparto di Chirurgia Generale di una Casa di Cura convenzionata, per essere sottoposto ad intervento di colecistectomia videolaparoscopica ed ernioplastica. Al termine dell’intervento veniva evidenziata la presenza di tre aree di ustione di II grado alla regione glutea di destra, che venivano trattate con medicazioni quotidiane presso l’U.O. di Chirurgia plastica. Il caso non è stato definito in sede transattiva per divergenze sull’entità del risarcimento divenendo oggetto di citazione in giudizio in sede civile. Alla visita di consulenza, effettuata a distanza di quattro anni dall’evento traumatico in questione, veniva rilevata la sussistenza al gluteo destro di tre esiti cicatriziali, normotrofici, ipercromici, rispettivamente di 2,5 x 2 cm, 4 x 2,5 cm e 1,5 x 1,5 cm. Il caso veniva concluso con il riconoscimento di 5 punti di danno biologico, quale pregiudizio estetico di lieve entità aggravato da disturbo post-traumatico da stress.

Discussione

I casi in questione giungono alla nostra osservazione a seguito di richiesta di risarcimento dei danni ai chirurghi e alla struttura sanitaria, lamentati dai pazienti.

In tema di accertamento della responsabilità sanitaria l’indagine medico legale è volta ad individuare se la responsabilità dell’evento di danno al paziente sia da attribuire alla condotta colposa dell’equipe operatoria (chirurgo, anestesista, infermiere) ovvero del singolo professionista (nello specifico alla figura infermieristica, alla luce delle leggi 42/99 [14] e 251/00 [15] che gli hanno conferito specifica autonomia professionale), oppure a difetti/anomalie delle apparecchiature dagli stessi utilizzate, con eventuali ulteriori implicazioni in termini di responsabilità in capo al personale tecnico delle Aziende sanitarie deputato alle operazioni di manutenzione periodica/straordinaria ovvero ancora in capo alla Ditta produttrice del dispositivo medico, laddove emergano specifiche carenze tecniche.

Dalla letteratura in argomento consultata [8-13] risulta innanzitutto che il verificarsi di lesioni da ustione – quali quelle di nostra osservazione – implica in via presuntiva la responsabilità colposa degli operatori sanitari in caso di utilizzo di detto dispositivo medico chirurgico oltre i termini di scadenza previsti dalla manutenzione ordinaria. Di contro, per il suo utilizzo entro i tempi previsti dalla manutenzione ordinaria, qualora dovesse verificarsi – come nei casi di specie – un suo malfunzionamento, lo stesso non potrebbe essere imputabile all’operatore sanitario in quanto evento non prevedibile e quindi non prevenibile.

Dai dati presenti nella documentazione medica esaminata relativa ai casi in questione, risulta che gli operatori sanitari, nello specifico la componente infermieristica, prima dell’intervento, come da prassi procedurale, evidenziabile dalla check-list di sala operatoria, aveva verificato il warm-up dello strumentario e delle sue funzioni e che tale prova era stata superata senza alcuna difficoltà.

Nel primo dei casi in esame, pur essendo emerso un malfunzionamento dell’elettrobisturi in corso di intervento chirurgico, è stata ammessa la responsabilità colposa degli operatori sanitari, sia dell’infermiere che del chirurgo, in quanto le lesioni da ustione prodotte dall’elettrobisturi non si sarebbero verificate laddove gli operatori sanitari avessero posto in essere la dovuta diligenza, chiedendo la sostituzione – in corso di intervento – dello strumentario nel momento del verificato malfunzionamento.

Nel secondo caso l’analisi dell’apparecchio elettromedicale, condotta dall’ingegneria clinica della casa produttrice, alla presenza – in contraddittorio – di esperti delle singole Aziende, consentiva di evidenziare anomalie determinanti dispersione elettrica, escludendo pertanto la responsabilità degli operatori sanitari e dell’Azienda Sanitaria.

Nel terzo caso in esame è chiaramente emersa la responsabilità dell’equipe operatoria poiché la lesione era stata determinata dalla punta dell’elettrodo attivo, lasciata incautamente sull’addome della paziente e attivato accidentalmente da personale presente in sala operatoria.

Infine, nel quarto caso è stata riconosciuta la responsabilità della componente infermieristica di sala operatoria in quanto, pur avendo proceduto al warm-up dello strumentario, aveva omesso la prevista compilazione della check-list, documentativa del dato.

Non si può non osservare, ancora, che il rischio di complicanze, anche di carattere tecnico (nelle quali rientrano quelle verificatisi in alcuni dei casi in esame), connesse all’uso dello strumentario chirurgico regolarmente manutenzionato, avrebbe comunque imposto ai chirurghi di informarne i pazienti prima dell’attuazione dell’intervento stesso: ciò al fine di conferire validità al consenso all’atto medico chirurgico. Nulla tuttavia è risultato dagli atti in merito a detta informazione.

Peraltro, nell’ipotesi di riscontro di difetti nella strumentazione, pur a prescindere dal verificarsi del danno al paziente, si dovrà ottemperare agli obblighi di segnalazione previsti dalla vigente normativa. A tal proposito è stata infatti sottolineata, a livello europeo, la necessità di sicurezza e garanzia nell’utilizzo di dispositivi medici introducendo un sistema di prevenzione dei possibili eventi avversi causati dall’impiego dei dispositivi medici. Tra l’altro è stata prevista l’attività di segnalazione da parte degli operatori sanitari degli incidenti verificatisi nell’utilizzo di tali dispositivi al Ministero della Salute che poi provvede alla classificazione e alla valutazione dei dati. Lo stesso onere di comunicazione è stato posto a carico dei legali rappresentati delle Aziende sanitarie, pubbliche e private, e del fabbricante.

La volontà del legislatore di ridurre al minimo le ipotesi di rischio derivante dall’utilizzo dei dispositivi medici, quale quelli verificatisi nei casi in questione, trova ulteriore riprova nella previsione ministeriale di obbligo di segnalazione degli “eventi sentinella” secondo quanto previsto dalle iniziative di risk management e nell’ottica della gestione del rischio clinico.

Conclusioni

Ne deriva, in definitiva, l’importanza – per gli operatori sanitari – di un attento e scrupoloso rispetto delle procedure previste per il corretto impiego della strumentazione in funzione delle attività chirurgiche, da svolgere secondo le norme generali di sicurezza e prevenzione degli eventi avversi, che sono chiaramente esposte nei manuali tecnici delle case produttrici, oltre che nella letteratura specifica in argomento. È inoltre tassativamente da escludere l’utilizzo di strumenti non in perfette condizioni che non consentirebbero il monitoraggio del warm-up. Peraltro, nell’ipotesi di riscontro di difetti nella strumentazione, pur a prescindere dal verificarsi del danno al paziente, si dovrà ottemperare agli obblighi di segnalazione previsti dalla vigente normativa, cioè la direttiva europea 93/42 [5], successivamente recepita dal nostro ordinamento mediante il decreto legislativo 46 del 24 febbraio 1997 [1], emendato con il D. lgs. n. 37 del 25 gennaio 2010 [4] in recepimento della Direttiva 2007/47/CE [6].

Bibliografia

  1. Decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46. «Attuazione della direttiva 93/42/CEE concernente i dispositivi medici». Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 1997. Suppl. Ordinario n. 49
  2. Decreto ministeriale 22 settembre 2005. «Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici (CND)». Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 286 del 9 dicembre 2005
  3. Decreto ministeriale 20 febbraio 2007. «Approvazione della classificazione nazionale dei dispositivi medici (CND)». Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 200. Supplemento Ordinario
  4. Decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 37. «Attuazione della direttiva 2007/47/CE che modifica le direttive 90/385/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi, 93/42/CE concernente i dispositivi medici e 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi» (10G0053). Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2010
  5. Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (DDM 93/42). Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 169 del 12 luglio 1993
  6. Direttiva 2007/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007 , che modifica la direttiva 90/385/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi, la direttiva 93/42/CEE del Consiglio concernente i dispositivi medici, e la direttiva 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi (Testo rilevante ai fini del SEE). Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 247/21 del 21 settembre 2007
  7. Vilos GA, Rajakumar C. Electrosurgical generators and monopolar and bipolar electrosurgery. J Minim Invasive Gynecol 2013; 20: 279-87; doi: 10.1016/j.jmig.2013.02.013
  8. Wu MP, Ou CS, Chen SL, Yen EY, Rowbotham R. Complications and recommended practices for electrosurgery in laparoscopy. Am J Surg 2000; 179: 67-73
  9. Smith TL, Smith JM. Electrosurgery in otolaryngology-head and neck surgery: principles, advances, and complications. Laryngoscope 2001; 111: 769-80
  10. Tuncel U, Ozgenel GY. Thermal injury due to electrosurgery. Ulus Travma Acil Cerrahi Derg [Turkish journal of trauma and emergency surgery] 2005; 11: 76-7
  11. Odell RC. Surgical complications specific to monopolar electrosurgical energy: engineering changes that have made electrosurgery safer. J Minim Invasive Gynecol 2013; 20: 288-98; doi: 10.1016/j.jmig.2013.01.015
  12. Demir E, O’Dey DM, Pallua N. Accidental burn during surgery. J Burn Care Res 2006; 6: 895-900
  13. Lipscomb GH, Givens VM Preventing electrosurgical energy-related injuries. Obstet Gynecol North 2010; 37: 369-77; doi: 10.1016/j.ogc.2010.05.007
  14. Legge 26 febbraio 1999, n. 42. «Disposizioni in materia di professioni sanitarie». Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 1999
  15. Legge 10 agosto 2000, n. 251. «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica». Gazzetta Ufficiale n. 208 del 6 settembre 2000

Refback

  • Non ci sono refbacks, per ora.


Copyright (c) 2016