PM&AL 2011;5(4)131-134.html

La potestà prognostica del medico di controllo e la qualità nelle cure

Giuseppe Vitiello 1

1 Coordinatore medico legale regionale INPS

Abstract

In Italy the “medico di controllo” is the physician checking diagnosis, prognosis and fitness for the job of an ill worker absent from work, whose disease is certified by the general practitioner. Unfortunately, this control is too often limited to assessing the presence of the worker at home. This article describes in detail the responsibilities of this class of physicians, analysing the actions to be done in the light of case law and INPS policies, such as the possibility for the workers to contest the judgement of the physician, the VMC/REF form to fill, the actions to do in case the worker is away from home, etc.

Keywords: Medico di controllo; INPS; Prognostic responsibility; VMC/REF form

The prognostic responsibility of the “medico di controllo” and the quality of treatment

Pratica Medica & Aspetti Legali 2011; 5(4): 131-134

La potestà prognostica del medico di controllo

L’attività del medico di controllo, tenuto non soltanto a verificare la presenza della malattia nel lavoratore, ma anche ad accertare le conseguenze di tale patologia sull’attività lavorativa, è spesso oggetto di contestazioni. In particolare si sostiene che spesso il medico di controllo non fa altro che confermare la prognosi indicata dal medico curante. Come ebbe modo di scrivere Ichino, nel corso delle visite i medici di controllo «non svolgono alcuna attività diagnostica, limitandosi di fatto alla pura e semplice constatazione della presenza o assenza del lavoratore nel suo domicilio; se il lavoratore viene reperito presso il suo domicilio la convalida della prognosi del curante è praticamente certa, salvo i rarissimi casi in cui un medico ispettore particolarmente zelante ravvisa un’incongruenza tra la diagnosi di un’infermità di minima entità e la lunghezza dell’impedimento al lavoro diagnosticato; nel qual caso tuttavia il medico ispettore non dichiara mai che il lavoratore è sano e che l’astensione dal lavoro è abusiva, ma si limita a dichiarare che il lavoratore stesso può riprendere il lavoro entro un termine più breve rispetto a quello prescritto dal medico curante; e al lavoratore che ciononostante intende proseguire nell’assenza basta farsi certificare la sera stessa o la mattina seguente dal proprio medico curante una ricaduta della malattia» [1].

Al contrario di quanto pare emergere da queste critiche, la visita medica di controllo è un’attività medico-legale a tutti gli effetti, poiché si tratta di un accertamento sanitario eseguito per controllare le condizioni di salute di una persona attributive di particolari diritti e ostative di determinati doveri.

Oggetto della visita medica di controllo è l’accertamento non tanto di uno stato di malattia a sé stante, quanto di una incapacità lavorativa temporanea, assoluta e specifica derivante dalla malattia.

La visita medica di controllo ha pertanto il fine di accertare se il soggetto è in grado o meno di riprendere il lavoro, indicando altresì la prognosi.

Il DM del 15 luglio 1986, all’art. 6, indica infatti che «nell’assolvimento del controllo affidatogli il sanitario è tenuto a redigere in quattro esemplari, su apposito modulo fornito dall’INPS, il referto indicante la capacità o incapacità al lavoro riscontrata, la diagnosi e la prognosi».

Il medico di controllo è una figura professionale che si distingue dal semplice osservatore del fenomeno per la capacità tecnica di valutare lo stato di malattia sotto il profilo medico-legale-assicurativo.

La legge non impone alcuna limitazione professionale nella formulazione prognostica contestualmente all’accertamento dello stato di salute del lavoratore. L’unico limite alla formulazione prognostica è quello della ragionevolezza, cioè della congruità tra la mansione effettivamente svolta dal lavoratore e l’incapacità al lavoro riscontrata.

La Cassazione civile ha evidenziato che «l’accertamento sanitario disposto dai competenti servizi ispettivi degli Istituti previdenziali non ha valore privilegiato, ed è soggetto alla libera valutazione del giudice il quale può sottoporlo a controllo nel contesto più ampio di tutte le prove acquisite, avvalendosi se del caso dell’ausilio di un consulente tecnico» [2].

Pertanto, nel contrasto tra l’accertamento predetto e la disposta consulenza tecnica, il giudice di merito è tenuto a porre in confronto le diverse risultanze, allo scopo di stabilire quale sia maggiormente attendibile e convincente; e il raffronto, costituendo il risultato di un apprezzamento valutativo, è sottratto al sindacato di legittimità ove correttamente e logicamente motivato.

Sempre secondo la Cassazione civile, «la visita medica di controllo ha il solo scopo di accertare l’esistenza della malattia denunciata dal lavoratore, e non quello di stabilire l’esatto periodo di convalescenza» [3]. Inoltre, «nel caso di contrasto tra il contenuto del certificato del medico curante del lavoratore e gli accertamenti eseguiti dal medico di controllo il giudice di merito deve procedere alla loro valutazione comparativa, al fine di stabilire, anche avvalendosi dei poteri istruttori conferitigli dalle leggi, quale delle contrastanti certificazioni sia maggiormente attendibile» [4].

Si tratta di un orientamento ormai consolidato, come confermato da altre successive sentenze della Cassazione civile [5-7].

Nella sentenza del 14 febbraio 2008 [7], i giudici hanno stabilito che, nel caso di contrasto tra il contenuto del certificato del medico curante e gli accertamenti compiuti dal medico di controllo, il giudice del merito deve procedere alla loro valutazione comparativa al fine di stabilire quale delle contrastanti motivazioni sia maggiormente attendibile, atteso che le norme che prevedono la possibilità di controllo della malattia, nell’affidare la relativa indagine a organi pubblici per garantirne l’imparzialità, non hanno inteso attribuire agli atti di accertamento compiuti da tali organi una particolare e insindacabile efficacia probatoria che escluda il generale potere di controllo del giudice.

Sull’argomento l’INPS si è espresso specificando che il giudizio prognostico del medico di controllo può essere espresso in termini di inidoneità al lavoro, o di idoneità per il giorno successivo o comunque entro il terzo giorno [8].

Laddove il medico di controllo accerti l’idoneità al lavoro per il giorno successivo o comunque entro il terzo giorno deve biffare la casella 1 del quadro A del modello VMC/REF, indicando di fianco la data in cui il lavoratore deve riprendere il lavoro. Se il medico di controllo accerta che il lavoratore non può riprendere il lavoro entro il terzo giorno dalla visita, deve biffare la casella 2 del quadro A del modello VMC/REF, indicando di fianco la durata della prognosi, essendo in questo caso sufficiente il rinvio alla prognosi del medico curante.

Si pone poi il caso in cui il lavoratore non accetti l’esito della visita di controllo. Ciò è spesso legato al fatto che il lavoratore contesta la possibilità di accertare in una visita medica di pochi minuti la reale incidenza di un’infermità sulla capacità lavorativa. In tale eventualità egli «deve eccepirlo, seduta stante, al medico che avrà cura di annotarlo sul referto. In tal caso il giudizio definitivo spetta al coordinatore sanitario della competente sede dell’Istituto nazionale della previdenza sociale» [9]. Da parte sua, il medico «è tenuto ad informare il lavoratore stesso che deve eccepire il dissenso seduta stante, come previsto dall’art. 6 del decreto ministeriale 15 luglio 1986; contemporaneamente lo deve invitare a sottoporsi a visita di controllo, nel primo giorno utile, presso il gabinetto diagnostico della sede INPS interessata, per il giudizio definitivo del coordinatore sanitario previsto dall’art. 6 citato» [10].

La qualità nella medicina di controllo

Affinché possa rappresentare un effettivo atto medico-legale, la visita di controllo deve svolgersi in accordo con precise caratteristiche di qualità. È principio fondamentale della medicina legale quello secondo cui l’accertamento deve operarsi interpretando con una speciale norma di pensiero, formata dalla conoscenza del rapporto giuridico al quale l’indagine si riferisce e dalla consapevolezza di una esigenza probatoria, i medesimi dati che vengono utilizzati sul piano clinico.

Questa norma di pensiero altro non è che il metodo medico-legale, che è allo stesso tempo rigorosa rilevazione dei dati, logica e razionale elaborazione degli stessi, prudenza nell’esprimere valutazioni, e conoscenza del rapporto giuridico di volta in volta in discussione.

La medicina legale è una disciplina culturale e tecnica che si sostanzia come “medicina dei diritti”, e in quanto tale caratterizzata da terzietà verso gli interessi che contingentemente si vengono a contrapporre.

Essa deve necessariamente soddisfare ineludibili requisiti di imparzialità e garanzia, qualunque sia il destinatario o il richiedente della prestazione.

Secondo la definizione generale dell’ISO (International Organization for Standardization), l’organizzazione internazionale che si occupa di qualità sia nel campo industriale sia nel settore dei servizi, la qualità è da intendersi come «l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto e/o di un servizio che conferiscono allo stesso la capacità di soddisfare i bisogni espliciti e impliciti del cliente/fruitore».

Tuttavia ciò non definisce i criteri che accreditano i bisogni del cliente: dobbiamo, per fornire un servizio di qualità, soddisfare tutti i bisogni impliciti ed espliciti del cliente?

La definizione di qualità quindi, per quanto riguarda la nostra analisi, cambia come segue: «insieme delle caratteristiche che determinano la rispondenza di un prodotto alla funzione per la quale è utilizzato».

I paradigmi della qualità sono i seguenti:

  • efficacia, ossia la capacità di produrre gli effetti desiderati: fare ciò che è utile, e farlo nel migliore dei modi possibile;
  • efficienza, ossia la capacità di produrre gli effetti desiderati: fare ciò che è utile, e farlo nel migliore dei modi possibile;
  • accessibilità, ossia la prestazione deve essere resa in favore di tutti coloro che ne hanno bisogno;
  • appropriatezza, ossia la prestazione deve essere resa esclusivamente nei confronti di chi ne ha veramente bisogno;
  • competenza, ossia la prestazione deve essere resa da chi è competente a farlo.

Una definizione di “qualità”, più specifica per l’ambito sanitario, può essere:

  • fare solo ciò che è utile (efficacia teorica);
  • farlo nel modo migliore (efficacia pratica);
  • farlo con il minor costo (efficienza);
  • farlo a chi ne ha bisogno (accessibilità);
  • farlo soltanto a chi ne ha veramente bisogno (appropriatezza);
  • farlo fare a chi è competente per farlo (competenza).

Per quanto riguarda le visite mediche di controllo, alcuni spunti possono essere utili per migliorarne la qualità.

In primo luogo è utile sottolineare che il medico di controllo deve operare in stretta collaborazione con il Centro medico-legale dell’INPS, attraverso una comunicazione e una consultazione biunivoca nel reciproco dei ben definiti ruoli. In particolare nell’esecuzione delle visite mediche di controllo è tenuto a rispettare le indicazioni del Centro medico-legale INPS per quanto attiene alla data e alla fascia oraria in cui la visita deve essere eseguita, consegnando poi tempestivamente al Centro i referti delle visite eseguite.

Nell’accedere al domicilio del lavoratore, il medico deve identificarsi mediante esibizione del tesserino dell’Ordine dei Medici o del cartellino rilasciato da INPS. Nel caso di assenza del lavoratore al domicilio deve rilasciare l’invito per la visita medica di controllo ambulatoriale presso INPS (o presso l’ASL) seguendo le regole per la notifica dettate dagli art. 137 e 139 c.p.c., ossia:

  • inserimento dell’avvio in busta chiusa;
  • consegna della busta a persona di famiglia (purché non minore di 14 anni e non palesemente incapace);
  • deposito della busta nella cassetta postale;
  • consegna della busta al portiere o vicino di casa, che devono rilasciare apposita ricevuta.

Il medico di controllo deve quindi assumere il consenso dell’interessato in merito a persone che intendono assistere alla visita medica di controllo, informando l’assicurato sulle finalità della visita medica di controllo.

Nel corso della visita il medico di controllo non deve esprimere alcuna valutazione critica nei confronti della diagnosi o della prognosi del medico curante, né esporre suggerimenti terapeutici di alcun genere [11]. La visita medico-legale deve essere improntata all’obiettività dei riscontri e al rigore interpretativo dei dati, che rappresentano i cardini della metodologia medico-legale.

Mod. VMC/REF

Sez. A

  • Indicare il giudizio prognostico (caselle 1 e 2), eventualmente in riferimento alla funzione di ristoro delle ferie (per malattia insorta nel periodo feriale)
  • Indicare con chiarezza se la malattia accertata è rapportabile a infortunio lavorativo o a responsabilità di terzi
  • Riportare l’eventuale dissenso firmato del lavoratore in ordine al prognostico

Mod. VMC/REF

Sez. B

Indicare con chiarezza il rilascio dell’invito a visita medica di controllo ambulatoriale, in caso di assenza del lavoratore al domicilio

Tabella I. Il modello VMC/REF

Il medico deve poi compilare correttamente, e con grafia leggibile, le sezioni A e B del mod. VMC/REF (Tabella I), nei quali è tenuto a:

  • riportare una dettagliata anamnesi lavorativa, da cui risulti la mansione effettivamente svolta dal lavoratore nel contesto aziendale;
  • dettagliare l’anamnesi patologica, limitatamente a quanto di interesse ai fini della valutazione medico-legale;
  • dettagliare l’esame obiettivo, limitato agli organi di interesse ai fini della valutazione medico-legale;
  • esprimere una diagnosi congruente con l’esame clinico, e con particolare riguardo al grado di alterazione funzionale;
  • esprimere una prognosi che risulti congruente con il diagnostico, in relazione alla specifica attività lavorativa svolta dall’assicurato.

Disclosure

L’Autore dichiara di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.

Bibliografia

  1. Ichino P. Assenteismo abusivo e formalismo dei giudici. Riv It Dir del Lav 1998; 17: 337
  2. Cassazione civile, sentenza del 14 febbraio 1980
  3. Cassazione civile, sentenza n. 716 del 1 settembre 1987
  4. Cassazione civile, sentenza n. 5027 del 5 settembre 1988
  5. Cassazione civile, sentenza n. 2953 del 4 aprile 1997
  6. Cassazione civile, sentenza n. 6564 del 11 maggio 2001
  7. Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 3767 del 14 febbraio 2008
  8. Circolare INPS n. 2747 del 9 maggio 1987
  9. DM 15 luglio 1986, art. 6
  10. DM 12 ottobre 2000, art. 10, comma 1
  11. Codice di Deontologia Medica, art. 63

Corresponding author

Giuseppe Vitiello

giusepp.vitiello@inps.it

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