Aspetti critici delle nanotecnologie nella sperimentazione clinica e ruolo del Comitato di Etica
Antonio G. Spagnolo 1, Viviana Daloiso 2
1 Professore Ordinario, Direttore dell’Istituto di Bioetica, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”, Università Cattolica del S. Cuore, sede di Roma
2 Dottore di ricerca in Bioetica, Docente a contratto di Bioetica, Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Macerata
Abstract
There is no doubt that nanotechnologies are wonderful and extraordinary technologies; they are the expression of human ability to manipulate the matter in order to manufacture new tools with higher properties. As enabling technologies, on one side nanotechnologies represent an important mean, but on the other present incertitude, at least in accordance with the current knowledge about them. In the complex relation between risks and benefits, the Ethics Committee (EC) may play a key, if not decisive, role, because it represents the public guarantor of the respect of the rights and the welfare of patients, contributing to improve knowledge about human health participating to clinical trials.
Keywords: nanotechnologies, nanomedicine, clinical trials, Ethics Committee
Critical aspects of nanotechnologies in clinical trials, and the role of Ethics Committee
Pratica Medica & Aspetti Legali 2011; 5(2): 53-56
Introduzione
Le nanotecnologie, ovvero la possibilità di utilizzare le caratteristiche della dimensione atomico-molecolare (compresa tra 1 e 100 nm) – e dunque le caratteristiche delle relazioni tra atomi – per costruire materiali e prodotti con proprietà specifiche legate alla dimensione, sono oramai entrate a pieno titolo nei pubblici dibattiti, ma ancor di più sono riuscite in breve tempo a entrare in ogni settore della vita umana, spaziando dalle scienze computeristiche, a quelle ingegneristiche, fino ad arrivare alle scienze mediche. La straordinarietà di queste tecnologie si presenta in diversi modi. Innanzitutto, le nanotecnologie sono il frutto della convergenza di molteplici ambiti del sapere: informatico, elettronico, chimico, biologico e ingegneristico. In secondo luogo si tratta di tecnologie per le quali non è stata ad oggi formulata una definizione unanimemente condivisa: sono variamente definite in base alle proprietà, in base alle molteplici applicazioni, oltre che secondo le problematiche bioetiche che le loro applicazioni sono in grado di generare.
In terzo luogo, la capacità di queste tecnologie di sfruttare le caratteristiche insite nella scala atomico-molecolare rende ipotizzabili suggestive applicazioni come la “teragnostica”, ovvero la combinazione di terapia e diagnostica (ad esempio l’imaging con contemporaneo rilascio della terapia adeguata).
Tuttavia, la possibilità di rendere multifunzionali le nanoparticelle si scontra proprio con i rischi associati alla loro grandezza. A questa dimensione, infatti, le leggi della fisica classica lasciano il posto a quelle della fisica quantistica, modificando notevolmente le proprietà dei materiali utilizzati, nella conduzione, nell’elettricità, ma anche nella solubilità. Si tratta di un fenomeno che va oltre la “semplice” riduzione di dimensioni, fenomeno per il quale più piccola è la particella, più essa diventa tossica. Nello specifico, poiché la maggior parte delle reazioni chimico-fisiche avviene sulla superficie delle particelle, più piccola diventa la superficie della particella, maggiore è la concentrazione dei suoi atomi; ciò sta a significare che il volume aumentato della particella determina il numero potenziale di gruppi reattivi, causando e amplificando l’effetto di tossicità. Di fatto, elementi che allo stato naturale non presentano una particolare tossicità, possono diventare nocivi nella dimensione nanometrica.
Gli studi fino ad oggi condotti sulla tossicità delle nanoparticelle, benché ancora lontani dal poter essere rappresentati in studi epidemiologici, hanno infatti ampiamente dimostrato che molte delle proprietà dei nanomateriali esaminate possono tradursi in rischi importanti per la salute umana. Ciò nonostante, non esiste ancora una metodologia sistematica di valutazione del rischio a esse associato. La gran parte delle metodologie attualmente in uso, infatti, si è rivelata, nel caso delle nanotecnologie, insufficiente, date le peculiarità da queste esibite.
Il fattore “esposizione” assume, dunque, un rilievo significativo nel caso delle nanotecnologie poiché nella sua valutazione sono determinanti il quantitativo delle nanoparticelle e la superficie che queste occupano. Diventa, perciò, significativa la considerazione della quantità delle nanoparticelle e non invece l’elemento “massa”, come accade per i materiali di dimensioni superiori, determinando tra le conseguenze proprio l’impossibilità di utilizzare, per i nanomateriali, i tradizionali metodi di valutazione del rischio.
Va da sé che questo panorama abbastanza frastagliato ha profonde ricadute anche nell’individuazione e nella valutazione delle problematicità bioetiche di queste tecnologie. Nello specifico, l’impossibilità di inquadrare sistematicamente le nanotecnologie non contribuisce a chiarire i termini in questione, ma lascia spazio a fraintendimenti e confusioni, soprattutto quando si utilizzano definizioni vaghe, interpretate in termini di speranze e paure.
Lo stesso discorso può essere fatto per quanto riguarda la sfera normativa; anche qui le nanotecnologie rappresentano una sfida davvero interessante: la creazione di nanoprodotti biomedici rende, infatti, l’attuale sistema di classificazione del prodotto e del rischio davvero sfumato poiché tali prodotti non rientrano in nessuna delle categorie previste oggi dal diritto (prodotti medicali, dispositivi biomedici).
Nanotecnologie, ricerca clinica e problematiche bioetiche: il ruolo dei Comitati di Etica
La sperimentazione rappresenta una parte molto importante dell’applicazione delle nanotecnologie in medicina (sull’argomento si veda anche [1]). Le nanotecnologie presentano indubbi vantaggi anche in questo ambito contribuendo alla riduzione dei tempi della scoperta e dell’immissione sul mercato di nuovi principi attivi, e anche alla formulazione di farmaci e dispositivi meno invasivi e più efficaci. Esse, tuttavia, presentano altrettanto rilevanti problematicità con riguardo proprio alle diverse fasi della sperimentazione, all’interno della quale, ad esempio, la determinazione del rischio e la sua minimizzazione assumono particolare rilievo.
Le nanotecnologie, e più specificamente i nanomateriali e i nanoprodotti, presentano infatti un grado di rischio che ad oggi non è compiutamente determinabile: il “fattore rischio” è infatti determinato da diversi elementi tra cui:
- le vie di esposizione al materiale;
- la diversa tipologia dei nanomateriali;
- le differenti caratteristiche dei nanomateriali che variano secondo la forma, la dimensione e le proprietà fisico-chimiche delle (nano)particelle.
Questi ultimi elementi, insieme al “fattore ambiente”, determinano, a loro volta, oltre agli effetti di tossicità, anche la traslocazione nel corpo umano delle particelle o la loro persistenza all’interno di organi e tessuti. Ad esempio, una volta entrate nel corpo umano le nanoparticelle possono aggregarsi tra loro producendo comportamenti diversi da quelli prodotti dalla stessa particella non aggregata. Inoltre, alle note modalità di esposizione [2], per assorbimento da parte della cute e successiva migrazione nei linfonodi, e per inalazione (le particelle traslocano direttamente nel tratto respiratorio e da qui nei linfonodi, nel sistema circolatorio e all’interno dei neuroni), occorre aggiungere quelle derivanti dalla somministrazione di farmaci che contengono particelle ingegnerizzate alla nanodimensione [3,4], i cui effetti oggi sono ancora poco conosciuti.
L’impiego di nanomateriali sul e nel corpo umano può presentare dunque rischi legati alle modificate proprietà [5]:
- fisiche: la conducibilità, il colore, la trasparenza, la densità;
- chimiche: le proprietà catalitiche, la reattività, la struttura;
- biologiche: la capacità di passare attraverso le membrane, le proprietà di diffusione.
Volendo generalizzare, la difficoltà di definire una sistematica strategia di valutazione del rischio associato all’impiego di nanoparticelle può essere riferita al fatto che la distinzione tra materiali, strumenti e dispositivi nano-based diventa vaga soprattutto con riferimento alle applicazioni in biomedicina: in questo settore infatti l’applicazione (biomedica) è spesso il risultato della combinazione dei tre elementi (materiali, strumenti e dispositivi). A ciò si deve aggiungere la molteplicità delle vie di esposizione ai nanomateriali e della loro conseguente distribuzione nel corpo umano [6]. Inoltre, come accennato in precedenza, mentre per i macromateriali gli effetti da esposizione sono derivati dalla “massa”, per le nanotecnologie oltre alla massa si dovrà tenere conto anche di elementi come la grandezza della particella, la superficie, la forma e le proprietà fisico-chimiche.
Difficilmente determinabili sono, infine, gli effetti a lungo termine dell’impiego di nanomateriali: molti degli effetti derivanti dall’esposizione possono infatti verificarsi in un tempo molto lontano dall’avvenuta esposizione. Questo potrebbe avere, ad esempio, un riflesso anche sulla copertura delle polizze di assicurazione per la sperimentazione, come diremo più avanti.
I due elementi critici di ogni sperimentazione sono da un lato la valutazione oggettiva da parte del Comitato Etico (CE) del rischio in sé connesso con la sperimentazione, dall’altro del consenso da parte del soggetto, che, dopo essere stato informato su tutti gli aspetti rilevanti dello studio, decide di parteciparvi. Si tratta di un momento molto delicato nel quale la comunicazione svolge un ruolo assai importante: è infatti solo dopo che al soggetto sono stati prospettati i benefici e gli eventuali rischi ipotizzati per quel particolare tipo di sperimentazione – ritenuti proporzionati da parte del CE – che questa può avere inizio.
Nella loro complessità, nel loro essere nuove frontiere della tecnologia in diversi ambiti, nella loro straordinaria versatilità, e anche nella loro difficile individuazione circa la tossicità correlata, le nanotecnologie danno luogo a un particolare tipo di rapporto rischio/beneficio, poiché, a fronte di prospettati benefici, esibiscono rilevanti rischi, almeno allo stato attuale delle conoscenze. In questa situazione il CE può giocare un ruolo importante [7-9], se non decisivo, proprio in quanto garante pubblico del rispetto dei diritti e della protezione dei soggetti di ricerca, favorendo allo stesso tempo il progresso della scienza. In particolare ha la responsabilità di verificare la giustificazione etica dello studio proposto oltre che la validità delle informazioni contenute nella scheda informativa, nonché quelle necessarie per ottenere un consenso realmente informato. In questa prospettiva, la valutazione etica e scientifica di un protocollo di ricerca da parte del CE, valutazione che implica proprio un giudizio con riguardo al rispetto della vita umana, al rispetto dell’integrità fisica e psichica del soggetto di sperimentazione, assume un rilievo assai significativo nel caso di sperimentazioni che hanno come oggetto le nanotecnologie, in considerazione del fatto che le informazioni ad oggi conosciute sulla tossicità di molte delle nanoparticelle utilizzabili non sono del tutto note.
Il ruolo del CE diventa decisivo nel momento in cui è chiamato a verificare che la metodologia scelta per la conduzione della sperimentazione clinica sia adeguata non solo alle finalità dichiarate nel protocollo, ma anche e ancor di più alla tutela dei soggetti di sperimentazione, onde evitare che questi siano ingiustamente e sproporzionatamente esposti a un rischio che, nelle nanotecnologie, come ricordato poc’anzi, non è del tutto noto e per certi aspetti conoscibile soprattutto nel lungo periodo.
Il CE, in particolare, dovrebbe verificare che il rischio sia almeno inquadrato e pensato in termini di probabilità, grandezza e durata, verificando allo stesso tempo, all’interno del protocollo, la presenza di tutti quegli elementi che possono contribuire ad aumentare e/o a modificare la portata del rischio precedentemente valutato. A tale riguardo, è opportuno che all’interno del protocollo siano riportate alcune indicazioni minime per un impiego il più sicuro possibile dei nanomateriali: ad esempio, con riguardo all’utilizzo, sarebbe utile riportare gli elementi identificatori della sostanza impiegata e dunque riguardanti le proprietà specifiche del prodotto o della sostanza, così pure i possibili pericoli, almeno quelli ipotizzati o ipotizzabili sulla base delle conoscenze possedute circa quella specifica sostanza, e con particolare riguardo al possibile comportamento della particella all’interno dell’organismo umano (nello specifico: la possibile formazione di radicali liberi, l’accumulo in organi e tessuti); e ancora particolarmente rilevanti, stando alla copiosa letteratura scientifica, sono le proprietà fisico-chimiche. È importante quindi fornire le indicazioni il più circostanziate possibili.
Il CE dovrebbe dunque accertarsi che nel protocollo siano state previste quelle misure idonee a prevenire il rischio, per quanto possibile, a minimizzarlo, gestirlo e monitorarlo: la determinazione dei livelli di rischio e dei benefici potenziali associati a quel particolare tipo di impiego nanotecnologico rappresenta infatti una modalità importante di protezione del soggetto di ricerca, in attesa che si giunga a una normativa specifica per le nanotecnologie. In questa direzione sarebbe anche auspicabile che all’interno del CE ci sia una figura specifica di riferimento, un nanotecnologo – analogamente a quanto oggi previsto dalla normativa quando il CE esprime il parere su un device – che possa, pur rimanendo l’incertezza di fondo, delineare almeno gli aspetti noti del rischio associato alle nanotecnologie.
Conclusioni
I CE hanno già di fronte la realtà delle sperimentazioni con nanotecnologie [10]: sul sito http://clinicaltrials.gov erano riportati fino a qualche settimana fa già 19 sperimentazioni – alcune in fase di arruolamento, altre appena iniziate – con le nanotecnologie come oggetto. Per quanto riguarda l’Italia, sul portale della ricerca clinica sui farmaci dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA; http://ricerca-clinica.agenziafarmaco.it) dal 2007 sono stati registrati due soli studi nel campo della nanomedicina. In generale, le sperimentazioni riguardano i settori della diabetologia, dell’odontoiatria, della cardiologia, dell’ematologia e della neurologia, in particolare della sclerosi multipla, e si rende necessaria dunque, da parte del CE, una specifica valutazione che implica anche una maggiore cautela, o meglio una specifica attenzione al rapporto rischio/beneficio così da assicurare che tale rapporto non sia intrinsecamente sfavorevole per i soggetti di ricerca. Nel fare ciò, una particolare attenzione dovrebbe essere prestata proprio al consenso informato e all’effettiva capacità del soggetto di fornire il suo consenso alla ricerca sperimentale, non tanto in riferimento alla capacità di intendere e volere, quanto alla particolare condizione di vulnerabilità in cui si viene a trovare, nella prospettiva dei potenziali benefici in rapporto ai rischi, tenendo presente la possibilità che quel consenso possa essere condizionato dalla gravità della patologia.
Nelle sperimentazioni condotte con l’ausilio o l’introduzione di nanoprodotti e nanodispositivi emergono problematiche bioetiche ma anche medico-legali peculiari, dettate dalla novità costituita dai rischi generati da questi particolari materiali. Si è detto che l’esposizione ai nanomateriali genera effetti di tossicità ancora non pienamente prevedibili; pertanto occorrerà ripensare al profilo assicurativo volto a coprire l’estensione nel tempo dell’insorgenza dei rischi, analogamente a quanto oggi è stato definito per i farmaci oncologici.
Rimane il fatto che le caratteristiche sopra riportate fanno della sperimentazione che utilizza le nanotecnologie in ogni loro forma (farmacologica, come medical device, ma anche come miniaturizzazione di device già esistenti) una sperimentazione particolare, ma soprattutto difforme dalle altre, poiché presenta caratteristiche specifiche della nanodimensione, sperimentazione che pertanto va valutata caso per caso e richiede una nano-etica [11,12]. In questo contesto, il ruolo del Comitato Etico diventa decisivo, poiché esso è chiamato non solo a valutare la scientificità della sperimentazione e la sua eticità, ma anche a valutare questi elementi a fronte di straordinarie possibilità e benefici altrettanto importanti, e soprattutto di rischi altrettanto significativi che nello specifico delle nanotecnologie oggi sono solo in parte conoscibili.
Disclosure
Gli Autori dichiarano di non avere conflitti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo.
Bibliografia
1. Resnik DB, Tinkle SS. Ethical issues in clinical trials involving nanomedicine. Contemp Clin Trials 2007; 28: 433-41
2. Oberdörster G, Maynard AD, Donaldson K, Castranova V, Fitzpatrick J, Ausman K et al; ILSI Research Foundation/Risk Science Institute Nanomaterial Toxicity Screening Working Group. Principles for characterizing the potential human health effects from exposure to nanomaterials: elements of a screening strategy. Part Fibre Toxicol 2005; 2: 8
3. Hoet PHM, Brüske-Hohfeld I, Salata O. Nanoparticles – Known and unknown health risks. J Nanobiotechnology 2004; 2: 12-25
4. Gwinn MR, Vallyathan V. Nanoparticles: health effects – pros and cons. Environ Health Perspect 2006; 114: 1818-25
5. Bainbridge WS, Roco MC (a cura di). Managing Nano-Bio-Info-Cogno innovations: converging technologies in society. Dordrecht: Springer, 2006
6. Borm PJA, Robbins D, Haubold S, Kuhlbusch T, Fissan H, Donaldson K et al. The potential risks of nanomaterials: a review carried out for ECETOC. Part Fibre Toxicol 2006; 3: 11
7. Spagnolo AG, Daloiso V. Outlining ethical issues in nanotechnologies. Bioethics 2009; 23: 394-402
8. Daloiso V, Spagnolo AG. Nanotecnologie: la riflessione etica in alcuni paesi europei. Medicina e Morale 2009; 1: 11-29
9. Daloiso V, Spagnolo AG. La sperimentazione in nano medicine. Paper presentato al Congresso “Le nuove frontiere della sperimentazione clinica: una sfida per la bioetica” promosso dal CE per le attività Biomediche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, dicembre 2010 [in corso di stampa]
10. AA.VV. Proof in humans of RNA interference using targeted nanoparticles. Science Daily 23 marzo 2010. Disponibile all’indirizzo http://www.sciencedaily.com/releases/2010/03/100321182915.htm (ultimo accesso aprile 2011)
11. Spagnolo AG, Daloiso V. C’è bisogno di una “nano-etica”? Medicina e Morale 2006; 5: 1053-6
12. Daloiso V. Un progetto ELSI anche per le nanotecnologie? Medicina e Morale 2007; 3: 643-6
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